DIRITTO D'AUTORE


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30 marzo 2024

14/24. Patrocinio a spese dello Stato e mediazione obbligatoria conclusasi con l’accordo conciliativo: diritto del difensore al compenso (Osservatorio Mediazione Civile n. 14/2024)

=> Corte di Cassazione, 25 marzo 2024, n. 7974

Alla luce della sentenza n. 10 del 2022 della Corte costituzionale va affermato il diritto del difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato alla percezione del proprio compenso anche nei casi di mediazione obbligatoria che non sia successivamente sfociata in una lite giudiziaria. Ne deriva che va cassata la decisione di merito che ha escluso, con riferimento ad un caso di mediazione obbligatoria sine iudicio conclusasi positivamente col raggiungimento dell’accordo conciliativo, la liquidazione del compenso all’avvocato di parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato (I) (II).

(I) Si veda il d.lgs. n. 28/2010 (come novellato dalla c.d. riforma Cartabia), in Osservatorio Mediazione Civile n. 28/2023.

(II) Si veda Corte Costituzionale, 20 gennaio 2022, n. 10, in Osservatorio Mediazione Civile n.1/2022.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 14/2024

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Cote di cassazione

sezione II

ordinanza n. 7974

25 marzo 2024

Omissis 

1. MM riceveva mandato di assistenza legale da --- nel procedimento di mediazione obbligatoria n. 2300/2020 dinanzi all’Organismo di Conciliazione di Firenze, promosso ai sensi dell’art. 5, co. I bis, d.lgs. 28/2010, nei confronti di XX, avente ad oggetto la divisione giudiziale di un immobile facente parte del compendio ereditario di XX, coniuge defunto dell’istante nonché padre dei chiamati alla mediazione.

Con delibera n. 2520 del 2 dicembre 2020, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Firenze ammetteva Hlukhenka Zhanna Panteleimonivna al patrocinio a spese dello Stato. Incardinata la mediazione, all’esito di alcuni incontri, le parti pervenivano ad un accordo col quale concludevano positivamente la procedura, sottoscrivendo un verbale di conciliazione in data 28 maggio 2021.

L’avv. MM depositava, quindi, presso il Tribunale di Firenze istanza di liquidazione del compenso maturato in relazione all’attività professionale espletata, che veniva respinta con decreto n. 2592 del 15 ottobre 2021, in base alla motivazione secondo cui alla corresponsione del compenso in favore del predetto difensore osterebbe l’art. 75 d.P.R. 115/2002 (T.U. spese di giustizia), il quale, facendo riferimento ad “ogni grado e fase del processo o ad eventuali procedure che nel processo si innestino”, escluderebbe l’applicazione della normativa sul patrocinio a spese dello Stato alle procedure stragiudiziali che non sfociano in una lite giudiziaria, ovvero che, quando questa è già pendente, non si inseriscono all’interno di essa, come è nel caso della mediazione obbligatoria conclusasi con esito positivo. L’avv. MM proponeva opposizione ex art. 702 bis cod. proc. civ. avverso il decreto di rigetto, chiedendo la liquidazione, in proprio favore, di un compenso pari ad euro 5.760,00 oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai fini della riforma della decisione gravata richiamava un precedente del medesimo Tribunale (ordinanza 31 maggio 2021, R.G. n. 8356/2020) che, analogamente a quanto previsto dall’art. 10 d.lgs. 116/2005 per le controversie transfontaliere, concludeva per l’estensione del patrocinio a spese dello Stato ai procedimenti stragiudiziali obbligatori ex lege; ciò a prescindere dal successivo svolgimento della fase giurisdizionale, che i procedimenti di mediazione hanno proprio la finalità di evitare.

In prossimità della decisione, la ricorrente produceva in giudizio la sentenza n. 10/2022 della Corte costituzionale, con cui ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 74, co. II e 75, co. I, d.P.R. 115/2002, nella parte in cui non prevedono che il patrocinio a spese dello Stato sia applicabile anche all’attività difensiva svolta nell’ambito del procedimento di mediazione disciplinato dall’art. 5, co. I bis, d.lgs. 28/2010, quando nel corso dello stesso sia stato raggiunto un accordo per la composizione bonaria della lite, nonché del successivo art. 83, co. II, ove non prevede che alla liquidazione in favore del difensore provveda l’autorità giudiziaria che sarebbe stata competente a decidere la controversia.

Il Tribunale di Firenze con ordinanza del 13 aprile 2022 rigettava l’opposizione, ritenendo che la Corte costituzionale, pur avendo accolto la questione di costituzionalità delle norme censurate, avesse tuttavia inteso condividere un precedente in materia di questa Corte (cfr. Cass. Civ., sentenza n. 18123/2020).

Nella decisione de qua, proprio perché chiamato a pronunciarsi prima dell’intervento demolitorio della Consulta, questa Corte aveva statuito che il limite posto dalle disposizioni di legge richiamate – che ad oggi non consentirebbero la liquidazione dell’attività professionale svolta in sede di mediazione, quando non abbia avuto luogo la lite giudiziale – non poteva essere superato in via interpretativa, pena lo sconfinare della decisione nell’ambito della vera e propria produzione normativa.

2. Per la cassazione di tale ordinanza ha proposto ricorso MM sulla base di due motivi, illustrati da memorie. Il Ministero della Giustizia, a favore del quale è stata rinnovata la notifica del ricorso ai sensi dell’art. 377, u.c., cod. proc. civ., si è costituito in giudizio ai soli fini della eventuale discussione orale della causa.

L’altra intimata non ha svolto difese in questa fase.

3. Con il primo motivo viene dedotto, ex art. 360, co. I, n. 5, cod. proc. civ, un vizio della motivazione dell’ordinanza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo per la controversia che è stato oggetto di discussione fra le parti, rinvenuto nella sentenza n. 10/2022 della Corte costituzionale, pubblicata il 20 gennaio 2022, quindi prima dell’emissione dell’ordinanza de qua, avvenuta in data 13 aprile 2022.

Come già ricordato, con tale pronuncia è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 74, co. II, e 75, co. I, d.P.R. 115/2002, nella parte in cui escludono che il patrocinio a spese dello Stato sia applicabile all’attività difensiva svolta nell’ambito dei procedimenti di mediazione di cui all’art. 5, co. 1 bis, d.lgs. 28/2010, quando nel corso degli stessi è stato raggiunto un accordo fra le parti, nonché dell’art. 83, co. II del medesimo d.P.R. 115/2002, nella parte in cui non prevede che, in tali fattispecie, alla liquidazione in favore del difensore provveda l’autorità giudiziaria che sarebbe stata competente a decidere la controversia.

Dalla declaratoria di incostituzionalità delle disposizioni citate discenderebbe, secondo la ricorrente, l’erroneità del rigetto del ricorso in opposizione, ed in particolare la contraddittorietà ed illogicità della motivazione posta a fondamento di esso, che invero valorizza a tal fine la citata sentenza n. 18123/2020 di questa Suprema Corte – che adotta, come detto, una soluzione sfavorevole alla ricorrente – nonostante sia cronologicamente anteriore alla pronuncia di inconstituzionalità in parola e, quindi, da essa superata. Invero, la sentenza della Consulta, pur demandando al legislatore una compiuta e specifica disciplina della materia, afferma il diritto del difensore della parte ammessa al gratuito patrocinio alla percezione del proprio compenso anche nei casi di mediazione obbligatoria che non sia successivamente sfociata in una lite giudiziaria. Rileva la ricorrente, dunque, come la pronuncia del giudice delle leggi abbia travolto gli argomenti a suo tempo spesi dalla giurisprudenza di legittimità per escludere l’applicazione del beneficio in relazione a tali ipotesi, e ai quali il Tribunale di Firenze si richiama onde motivare il diniego di liquidazione, relativi al rischio di sconfinamento nella produzione normativa, all’esigenza di contenimento della spesa pubblica in materia di giustizia e, in generale, degli oneri economici statuali.

Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge (art. 360, co. I, n. 3, cod. proc. civ.) in cui sarebbe incorsa l’ordinanza impugnata per avere deciso la controversia in senso opposto a quanto statuito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 10/2022, la quale ha enunciato un principio già esistente nell’ordinamento per necessità imposta dalla Costituzione, ma la cui applicazione veniva concretamente ostacolata da una illegittima limitazione/esclusione imputabile al legislatore ordinario, che è stata in tal modo rimossa.

Deduce quindi la ricorrente che il Tribunale di Firenze ha violato gli artt. 74, co. II, 75, co. I e 83, co. II, d.P.R. 115/2002, per avere dato una lettura delle norme in questione contraria all’interpretazione costituzionalmente imposta.

4. I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati in ragione della loro connessione, sono fondati.

Quanto al primo, l’interpretazione che il giudice a quo ha offerto della sentenza n. 10/2022 della Corte costituzionale, alla luce della precedente decisione di questa Corte n. 18123/2020, è priva d’ogni fondamento logico. Invero la Corte Costituzionale, dopo l’emissione di quest’ultima sentenza, e diversi mesi prima che fosse decisa in primo grado la causa in esame, ha preso in analisi una fattispecie analoga a quella oggetto del presente giudizio e l’ha decisa nel senso prospettato dalla ricorrente, ossia reputando non conformi a Costituzione gli artt. 74, co. II, 75, co. I e 83, co. II, d.P.R. 115/2002, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., poiché circoscrivono il diritto del difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato a ricevere il compenso per l’attività difensiva svolta solo quando questa abbia natura giudiziale. Ne consegue che, dal 21 gennaio 2022 (giorno successivo alla pubblicazione della sentenza de qua), in armonia con l’art. 136 Cost. – che prevede l’espunzione dall’ordinamento e la conseguente cessazione dell’efficacia delle norme giudicate incostituzionali a partire dal giorno successivo alla pubblicazione del provvedimento ricognitivo del vizio – la norma che limitava il riferimento della disciplina sul patrocinio a spese dello Stato ai soli procedimenti giudiziali ha cessato di avere vigore e, pertanto, la decisione giudiziale che continui, ciononostante, a farne applicazione deve qualificarsi illegittima.

Plurimi sono i principi di rango costituzionale che la Corte ha ritenuto violati dalla normativa censurata.

In primo luogo, il principio di ragionevolezza, desumibile dall’art. 3, co. I, Cost., che impone il riconoscimento al difensore del compenso per l’attività stragiudiziale espletata, specialmente nei casi in cui essa ha consentito, anche grazie all’impegno dello stesso, lo scopo deflattivo perseguito dal legislatore. Invero, a detta della Consulta, “il nesso di strumentalità necessaria con il processo e la riconducibilità della mediazione alle forme di giurisdizione condizionata aventi finalità deflattive costituiscono elementi che rendono del tutto distonica e priva di alcuna ragionevole giustificazione l’esclusione del patrocinio a spese dello Stato quando la medesima mediazione si sia conclusa con successo e non sia stata in concreto seguita dalla proposizione giudiziale della domanda. In tal modo, infatti, il suddetto patrocinio risulta contraddittoriamente escluso proprio nei casi in cui il procedimento de quo ha raggiunto – in ipotesi anche grazie all’impegno dei difensori – lo scopo deflattivo prefissato dal legislatore”.

La normativa censurata, nella sua formulazione originaria comprimeva altresì il principio di eguaglianza sostanziale (art. 3, co. II, Cost.) in relazione al diritto inviolabile di difesa (art. 24 Cost.), in quanto impediva a quanti versano in condizione di non abbienza “l’effettività dell’accesso alla giustizia, con conseguente sacrificio del nucleo intangibile del diritto alla tutela giurisdizionale” (cfr. Corte cost., sentenza n. 157/2021).

Come sottolineato nella pronuncia di incostituzionalità, l’esigenza di contenimento della spesa pubblica in materia di giustizia non può impedire l’esercizio, da parte dei cittadini, di un diritto costituzionalmente garantito ed inviolabile quale quello alla difesa in giudizio; sicché le spese erariali volte a realizzarlo sono “costituzionalmente necessarie”, poiché inerenti “all’erogazione di prestazioni sociali incomprimibili”.

Ne consegue che tanto l’argomento dell’equilibrio di bilancio quanto quello dello sconfinamento nella produzione normativa – impiegati in passato anche da questa Corte per escludere l’estendibilità del beneficio alla difesa tecnica che non è stata esperita in ambito giudiziale – non sono più invocabili, in quanto definitivamente e pacificamente superati dalla sentenza della Consulta, che, quale decisione “additiva di principio”, consegna al legislatore e agli interpreti, appunto, un principio di rango costituzionale che è stato oggetto di riconoscimento anche da parte della più recente giurisprudenza di legittimità. Nell’ordinanza n. 3888/2023 questa Corte ha invero adeguato l’interpretazione della normativa censurata alla lettura che ne è costituzionalmente imposta, per come precisata dalla Consulta: “[...] per effetto dell’intervento del giudice delle leggi sussiste il diritto alla liquidazione del compenso vantato dall’avvocato che abbia assistito la parte in una procedura di mediazione, ma sul presupposto indefettibile che la mediazione abbia carattere obbligatorio”.

La sentenza della Corte costituzionale, al paragrafo 11 ha poi aggiunto che: “Rimane ferma, ovviamente, la facoltà del legislatore di valutare, nella sua discrezionalità, eventualmente anche in sede di attuazione della legge delega prima richiamata, l’opportunità di introdurre, nel rispetto dei suddetti principi costituzionali, una più compiuta e specifica disciplina della fattispecie oggetto dell’odierno scrutinio”.

Trattasi di affermazione che nell’immediato impone di dover riconoscere il diritto alla liquidazione del compenso in favore del difensore della parte beneficiaria del patrocinio a spese dello Stato che abbia positivamente concluso una procedura di mediazione obbligatoria, ma che al tempo stesso non preclude al legislatore di poter provvedere in futuro alla attività di integrazione normativa ritenuta opportuna in quanto conseguente alla pronuncia additiva.

Al riguardo proprio la Consulta ha recentemente ribadito nella sentenza n. 88/2018 che questa in presenza di pronunce di accoglimento additive di principio, da un lato è demandato “ai giudici comuni trarre dalla decisione i necessari corollari sul piano applicativo, avvalendosi degli strumenti ermeneutici a loro disposizione”; mentre al legislatore compete di “provvedere eventualmente a disciplinare, nel modo più sollecito e opportuno, gli aspetti che apparissero bisognevoli di apposita regolamentazione”.

La giurisprudenza costituzionale radicalmente esclude che siffatto meccanismo di “riparazione” alle omissioni normative sia lesivo delle attribuzioni legislative, giacché l’integrazione da parte della giurisdizione comune non si colloca sul piano della normazione generale e astratta, bensì̀ su quello della regola del caso concreto: “La dichiarazione di illegittimità̀ costituzionale di una omissione legislativa – com’è quella ravvisata nell’ipotesi di mancata previsione, da parte della norma regolatrice di un diritto costituzionalmente garantito, di un meccanismo idoneo ad assicurare l’effettività̀ di questo – mentre lascia al legislatore, riconoscendone l’innegabile competenza, di introdurre e di disciplinare anche retroattivamente tale meccanismo in via di normazione astratta, somministra essa stessa un principio cui il giudice comune è abilitato a fare riferimento per porre frattanto rimedio all’omissione in via di individuazione della regola del caso concreto” (cfr. Corte cost., sentenza n. 295/1991).

Dello stesso avviso è anche questa Suprema Corte, che nella sentenza delle Sezioni Unite n. 1946/2017 ha chiarito i rapporti della giurisprudenza costituzionale additiva con l’art. 136 Cost., proprio al fine di evitare che la prassi giurisdizionale comune finisca col vanificare la regola posta da quest’ultima previsione: “Trattandosi di una sentenza di illegittimità̀ costituzionale, essa produce gli effetti di cui agli artt. 136 Cost. e 30, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale: la norma dichiarata costituzionalmente illegittima […] cessa di avere efficacia e non [può] avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”. Quindi, il fatto che la pronuncia della Consulta si limiti a consegnare un principio, senza contestualmente introdurre regole di dettaglio self-executing, “non esonera gli organi giurisdizionali, in attesa che il legislatore adempia al suo compito, dall’applicazione diretta di quel principio”. Ciò in quanto “l’affermazione di principio contenuta nel dispositivo di incostituzionalità̀ non è semplice espressione di orientamento di politica del diritto, destinata a trovare realizzazione a condizione di un futuro intervento del legislatore che trasformi la pronuncia della Corte costituzionale in regole di diritto positivo. Essa è, invece, diritto vigente, capace di valere per forza propria, in quanto derivante dalla Costituzione: la legge alla quale il giudice è soggetto per il principio di legalità̀ nella giurisdizione (art. 101, secondo comma, Cost.) è quella che risulta dalla addizione del principio ad opera della sentenza di illegittimità̀ costituzionale”.

Di conseguenza questa Corte non può esimersi dall’osservare che, ove si riconoscessero effetti vincolanti soltanto alla parte ablatoria della decisione additiva, e invece valore meramente persuasivo al principio in essa formulato, si verrebbe a negare la stessa funzione assolta dalle sentenze di accoglimento del Giudice delle leggi, le quali apparrebbero come meramente dichiarative dell’incostituzionalità̀ di omissioni legislative e, proprio perché non seguite dall’applicazione concreta del principio da esse enunciato, non agevolmente armonizzabili con il disposto dell’art. 136 Cost. e dell’art. 30 della l. n. 87/1953, che invece postulano l’espunzione e la cessazione dell’efficacia della norma incostituzionale quale il necessario ed inevitabile effetto della dichiarazione di incostituzionalità̀.

Ne deriva che è evidentemente fondata, per tutte le considerazioni sinora svolte, la denunzia circa la violazione degli artt. 74, co. II, 75, co. I e 83, co. II, d.P.R. 115/2002 da parte dell’ordinanza impugnata, che, avendo concluso per l’esclusione ad un caso di mediazione obbligatoria sine iudicio dell’applicazione dei principi ivi aggiunti per effetto del diritto alla liquidazione del compenso, è incorsa in violazione di legge rilevante in questa sede ai sensi dell’art. 360, co. I, n. 3, codice di rito.

5. I motivi vanno pertanto accolti, e l’ordinanza deve essere quindi cassata, in relazione alle ragioni dell’accoglimento, con rinvio al Tribunale di Firenze in persona di diverso magistrato, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio e di quelle della precedente fase di merito.

PQM

Accoglie il ricorso e cassa l’ordinanza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio al Tribunale di Firenze, in persona di diverso magistrato, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

28 marzo 2024

13/24. La domanda di risarcimento danni avanzata dal cliente contro l’avvocato è soggetta a mediazione obbligatoria (dopo Cartabia), ma la norma va disapplicata in quanto fonte di costi non contenuti per le parti (Osservatorio Mediazione Civile n. 13/2024)


=> Tribunale di Verona, ordinanza 24 novembre 2023

 

La controversia azionata con domanda di risarcimento danni avanzata sul prospettato inadempimento per negligenza e imperizia del convenuto, di professione avvocato, al contratto di prestazione d’opera professionale (giusto mandato di assistenza conferitogli dall’assistito) deve ritenersi soggetta a mediazione, alla luce del disposto dell’art. 5, comma 1, d.lgs. 28/2010, come sostituito dall’art. 7, lett. e), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. riforma Cartabia), che ha ampliato, a decorrere dal 30 giugno 2023, il novero delle controversie che devono essere precedute da tale tipo di ADR, inserendovi anche quelle in materia di contratto d’opera, e quindi anche quelle in materia di contratto di prestazione d’opera intellettuale (I).

 

L’art. 5, comma 1, d.lgs. 28/2010, come sostituito dall’art. 7, lett. e), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. riforma Cartabia), è in contrasto con i principi fondamentali UE, a fortiori a seguito della entrata in vigore, il 15 novembre, del D.M. 24 ottobre 2023, n. 150, che, tra le altre cose (cfr. in particolare, gli artt. 28-32), ha elevato gli importi delle spese per la mediazione, determinando un incremento dei complessivi costi che le parti devono sostenere per la mediazione obbligatoria e che, aspetto da non dimenticare, sono comprensivi di quelli per l’assistenza difensiva obbligatoria (cfr. art. 8, comma 5, d.lgs. 28/2010, in tema di assistenza difensiva obbligatoria), alla luce degli importi dei valori medi di liquidazione del compenso d’avvocato fissati dal D.M. 147/2022 (con costo per l’assistenza difensiva per le parti che rimane significativo anche se il procedimento di mediazione dovesse concludersi al primo incontro). Pertanto, l’art. 5, comma 1, d. lgs. 28/2010, essendo fonte, sia pure indiretta, di costi non contenuti per le parti, va disapplicata in quanto in contrasto con l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (II), (III), (IV).

 

(I) Si veda il d.lgs. n. 28/2010 (come novellato dalla c.d. riforma Cartabia), in Osservatorio Mediazione Civile n. 28/2023.

 

(II) Si veda Compenso avvocato e mediazione: principali novità del d.m. 147/2022 e nuovi parametri forensi (Osservatorio Mediazione Civile n. 36/2022)

 

(III) L’ordinanza in commento richiama il proprio precedente di cui a Tribunale di Verona, 28 settembre 2017 (in Osservatorio Mediazione Civile n. 58/2017)

 

(IV) L’ordinanza in commento richiama Corte di Giustizia con la sentenza n. 457 del 14 giugno 2017 (in Osservatorio Mediazione Civile n. 48/2017)

 

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 13/2024

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

 

Tribunale di Verona

24 novembre 2023

ordinanza

 

Omissis

 

Prima di esaminare le istanze del resistente (mutamento di rito e autorizzazione alla chiamata del terzo) occorre affrontare la causa sia soggetta a condizione di procedibilità, tenuto conto che la domanda di risarcimento danni avanzata dalla ricorrente, con ricorso depositato il 3 luglio 2023, si fonda sul prospettato inadempimento per negligenza e imperizia del convenuto, di professione avvocato, al contratto di prestazione d’opera professionale (assistenza giudiziale) che egli aveva concluso con la ricorrente in relazione alla controversia meglio descritta in ricorso, mandato di assistenza che gli era stato conferito.

La ricorrente, che si è posta il problema avendo dedicato ad esso un breve paragrafo del ricorso, ha escluso di dover osservare qualsiasi condizione di procedibilità sebbene abbia aggiunto di aver comunque inviato al resistente un invito a stipulare una convenzione di negoziazione assistita, che però non ha avuto riscontro.

Contrariamente a tale assunto però la controversia dovrebbe invece ritenersi soggetta a mediazione, alla luce del disposto dell’art. 5, comma 2, del d. lgs. 28/2010, come sostituito dall’art. 7, lett.e) del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, che ha ampliato, a decorrere dal 30 giugno 2023, il novero delle controversie che devono essere precedute da tale tipo di ADR, inserendovi anche quelle in materia di contratto d’opera, e quindi anche quelle, come la presente, in materia di contratto di prestazione d’opera intellettuale.

E’ opportuno anche chiarire che, se si dovesse arrivare alla predetta conclusione, la circostanza che la ricorrente abbia esperito la negoziazione assistita non la esimerebbe dal soddisfare la condizione di procedibilità poiché tale tipo di ADR non è alternativo alla mediazione per le controversie sopra elencate.

A ben vedere però va ribadito (si vedano sul punto l’ordinanza di questo giudice del 28.9.2017) come la norma in tema di mediazione sopra citata sia in contrasto con i principi fondamentali della Ue, a fortiori a seguito della entrata in vigore, il 15 novembre, del D.M. 24 ottobre 2023, n. 150, che, tra le altre cose, ha elevato gli importi delle spese per la mediazione, determinando un incremento dei complessivi costi che le parti devono sostenere per la mediazione obbligatoria e che, aspetto da non dimenticare, sono comprensivi di quelli per l’assistenza difensiva obbligatoria.

Per comprendere come si giunga a tale conclusione occorre rammentare che la Corte di Giustizia con la sentenza n. 457 del 14 giugno 2017 ha ribadito, in linea con la sentenza Alassini del 18 marzo 2010, quali siano i presupposti per poter ritenere compatibili con il principio comunitario della tutela giurisdizionale effettiva, sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU e dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, le forme di ADR obbligatoria, a prescindere dalla qualità soggettiva delle parti.

La Corte di Giustizia ha infatti affermato che un simile giudizio di compatibilità può essere espresso qualora la procedura soddisfi congiuntamente tutte le seguenti condizioni:

1) non conduca ad una decisione vincolante per le parti;

2) non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale;

3) sospenda la prescrizione o la decadenza dei diritti in questione;

4) non generi costi, ovvero generi costi non ingenti (“very low costs” e “frais peau importants” secondo le espressioni inglese e francese utilizzate dalla Corte di Giustizia), per le parti, a patto però che la via elettronica non costituisca l’unica modalità di accesso a detta procedura di conciliazione e che sia possibile disporre di provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della situazione lo impone.

Ciò detto, ad avviso di questo giudice, la disciplina nazionale della mediazione obbligatoria, come integrata dal regolamento, non rispetta la penultima delle predette condizioni poiché, prevedendo anche l’assistenza difensiva obbligatoria (art. 8, comma 5, d. lgs. 28/2010) comporta dei costi non contenuti per le parti, tenuto conto dei criteri di determinazione del compenso di avvocato attualmente vigenti.

E’ vero che, stranamente, alla predetta previsione non è stata accompagnata quella sulle conseguenze della eventuale mancata assistenza difensiva ma, anche senza considerare l’unico precedente noto (Trib. Torino 30 marzo 2016), che ha ritenuto che, a fronte di una simile situazione, la condizione di procedibilità non è realizzata, di fatto gli organismi di mediazione richiedono che le parti si presentino agli incontri assistite dai loro avvocati e non danno corso alla procedura se ciò non accade.

Sul punto è allora opportuno innanzitutto evidenziare come la sentenza della Corte di Giustizia Ue n.457/2017, nel ribadire la necessità che la ADR obbligatoria determini costi non ingenti per le parti, non abbia inteso considerare le diverse modalità di svolgimento della procedura che possano essere state previste dalle leggi nazionali, lasciando così intendere che siffatto presupposto è imprescindibile.

Tale osservazione di carattere generale non pare essere smentita dal disposto dell’art. 141 quater, comma 4, lett. b), del d. lgs. 130/2015, che, in attuazione della corrispondente norma della direttiva 2013/11, esclude espressamente che nelle ADR di consumo i consumatori siano obbligati ad avvalersi di un avvocato.

Da esso infatti può desumersi che le norme nazionali che prevedono l’assistenza difensiva obbligatoria, in linea generale, sono compatibili con le procedure di ADR obbligatorie, ma sempre a condizione che non generino costi elevati.

Non è dubitabile poi che l'esborso al quale le parti sono tenute nei confronti dei rispettivi legali sia consistente se si considerano, in difetto della evidenza di un accordo sul punto, gli importi dei valori medi di liquidazione fissati dal D.M. 147/2022.

E' appena il caso di precisare poi che il costo per l’assistenza difensiva per le parti rimane significativo anche se il procedimento di mediazione dovesse concludersi al primo incontro tenuto conto che il suddetto regolamento non prevede nemmeno un compenso ridotto per l'avvocato che assista la parte in quella fase iniziale della procedura, di durata e impegno assai contenuti, cosicchè per la relativa quantificazione occorre far riferimento sempre ai sopra citati valori medi di liquidazione, da ridursi adeguatamente ma sempre con risultati di una certa consistenza.

Ad un contenimento dei costi di assistenza difensiva non può poi giovare il carattere ampiamente discrezionale dei parametri poiché esso, inevitabilmente, determina soluzioni diversificate mentre per raggiungere quell'obiettivo sarebbe necessaria la fissazione per via normativa di importi fissi inderogabili, ovvero una sorta di calmiere, analogamente a quanto è stato previsto per le spese di mediazione.

Si noti che proprio per tener conto dei suddetti aspetti il D.M. 180/2010 aveva stabilito marcate riduzioni del compenso per il mediatore per i casi in cui la mediazione costituissse condizione di procedibilità della domanda giudiziale (art. 16, comma 4, lettera d), del D.M. n. 180/2010) ed una indennità fissa, di importo esiguo, per l'ipotesi in cui il procedimento si arresti al primo incontro.

Il d.m. 150/2023 ha però introdotto, agli artt. da 28 a 32, significative novità anche in tema di critedi di determinazione delle spese e dei compensi per le attività di mediazione. Infatti ha previsto che si debbano versare per la sola partecipazione al primo incontro, oltre, alle spese vive le spese di avvio, variabili, in base al valore della lite, da euro 40 ad euro 110,00, e le spese di mediazione, comprendenti il compenso del mediatore, variabili, in base al valore della lite, da euro 60,00 ad euro 170,00. Tali importi vanno ridotti di un quinto quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda o quando è demandata dal giudice.

Orbene, anche tenendo conto di tale riduzione, il costo della mediazione che si arrestasse al primo incontro varia da un minimo di euro 364,00 (euro 80 per le spese della mediazione, senza spese vive, oltre ad euro 284,00 per il compenso per il difensore per la fase di attivazione) per le controversie di valore più basso ad un massimo di euro 1.596,00 (euro 226,00 per le spese della mediazione, senza spese vive, oltre ad euro 1.370,00 per il compenso del difensore per la fase di attivazione) per le controversie di valore più elevato.

Nel caso di specie, in considerazione del valore della controversia, sarebbe di euro 1.234,00.

Nessuno dei predetti importi si può però considerare poco significativo nel senso indicato dalla Corte di Giustizia.

Val la pena poi evidenziare che non può influire su tale valutazione la possibile obiezione che, per stimare la convenienza economica della mediazione, occorre tener conto del fatto che le spese sostenute per essa sono utilizzabili come credito di imposta anche in caso di insuccesso della procedura.

Infatti in tale ipotesi il credito massimo riconoscibile è di euro 250,00 ma la sua concreta determinazione dipende dal valore della controversia, dalla disponibilità di fondi da parte dello Stato e dal numero delle richieste.

Si tratta quindi di una posta incerta sia nell’an che nel quantum mentre il costo che la parte deve sostenere è effettivo e immediato.

Né potrebbe validamente obiettarsi, al fine di escludere la rilevanza del profilo in esame, che i costi sostenuti per la mediazione possono essere recuperati dalla parte che, dopo avervi preso parte, risulti vittoriosa nel successivo giudizio o, in alternativa, in virtù di una transazione raggiunta con la controparte poiché tali esiti sono incerti nell’an e nel quando mentre ciò che la Corte di Giustizia, con le indicazioni sopra riportate, ha inteso evitare è che ciascuna delle parti che partecipano alla procedura di Adr debba sostenere un onere economico immediato, o meglio, sia gravata dalla relativa obbligazione.

Alla luce delle superiori considerazioni la norma che viene qui in rilievo (art. 5, comma 1, d. lgs. 28/2010), essendo fonte, sia pure indiretta, di costi non contenuti per le parti, va disapplicata in quanto in contrasto con l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.

Tutti i profili fin qui evidenziati non sono stati esaminati dalle decisioni della Corte Costituzionale che hanno dichiarato non fondate alcune questioni di legittimità costituzionale della disciplina in tema di negoziazione assistita e in ogni caso la norma del trattato Ue sopra citata è sovraordinata rispetto a quelle costituzionali che possono venire in rilievo nel caso di specie.

Venendo ora ad esaminare le istanze del resistente non si ravvisano, alla luce delle allegazioni delle parti, i presupposti per fissare udienza ex art. 183 c.p.c. mentre va autorizzata la chiamata del terzo.

 

PQM

 

Il Giudice Unico del Tribunale di Verona, autorizza il resistente alla chiamata del terzo omissis nel rispetto dei termini di legge e rinvia la causa all’udienza del omissis.

 

Verona 24/11/2023

Il Giudice Unico

 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

20 marzo 2024

12/24. Ordine degli Avvocati di Firenze: credito di imposta entro il 31.3.2024 per le procedure di mediazione, negoziazione e arbitrato (Osservatorio Mediazione Civile n. 12/2024)


In tema di novità in materia di “Credito di imposta per le procedure di mediazione, negoziazione e arbitrato”, l’Ordine degli Avvocati di Firenze in data 18.3.2024 ha reso noto quanto segue:  “dovranno essere presentate entro il 31.03.2024 le domande di riconoscimento di crediti di imposta per le mediazioni concluse entro il 31.12.2023 ed avviate dall’08.08.2023”.

 

NOTA: per approfondimenti si veda il Focus tematico Speciale MEDIAZIONE E RIFORMA DEL PROCESSO CIVILE DI CUI ALLA L. 206/2021 E AL D.LGS 149/2022.

 

Di seguito l’intera comunicazione dell’Ordine degli Avvocati di Firenze.

 

Credito di imposta per le procedure di mediazione, negoziazione e arbitrato

 

18 Marzo 2024

 

MEDIAZIONE CIVILE E COMMERCIALE L’art. 20  comma 1 D.Lgs 28/2010 succ mod ha previsto che alle parti del procedimento di mediazione è riconosciuto:

  1. a) un credito di  imposta commisurato all’indennità versata all’organismo di mediazione, per le spese di propria spettanza, credito che, in caso di accordo, è riconosciuto fino alla concorrenza di euro 600,  e in caso di mancato raggiungimento dell’accordo, è pari alla metà dell’indennità versata, fino al tetto massimo di euro 300,00;
  2. b) nei casi di mediazione cosiddetta obbligatoria, ossia quando il suo esperimento è condizione di procedibilità della domanda giudiziale (art. 5 comma 1), e quando è demandata dal giudice (art. 5-quater) è riconosciuto un credito di imposta commisurato all’importo del compenso versato al proprio avvocato da ciascuna parte per l’assistenza prestata nella procedura di mediazione, fino alla concorrenza di euro 600 in caso di accordo, e in caso di mancato accordo fino ad euro 300,00;

I crediti di cui sopra, tuttavia, sono cumulabili entro un tetto massimo di utilizzo pari a euro 600 a persona per procedura e un tetto massimo annuale di euro 2.400 per le persone fisiche e di euro 24.000 per le persone giuridiche.

Ed ancora, l’art. 20 comma 3 D.Lgs. 28/2010 ha previsto

  1. c) nei casi di mediazione che si conclude con un accordo che porta all’estinzione della causa giudiziale, è riconosciuto un ulteriore credito di imposta commisurato al contributo unificato versato dalla parte in relazione al giudizio dichiarato estinto entro il limite di euro 518,00.

Tali previsioni, e quelle relative al credito di imposta per l’esperimento dei procedimenti di negoziazione assistita ed arbitrato, hanno trovato attuazione con il D.M. 01.08.2023 rubricato “Incentivi fiscali nella forma del credito di imposta nei procedimenti di mediazione civile e commerciale e negoziazione assistita” (23A04557) pubblicato in GU n.183 del 7-8-2023.

Ai sensi dell’art. 3 comma 1 e 5 di detto decreto, la domanda di attribuzione dei crediti di imposta deve essere presentata, a pena di inammissibilità, tramite la piattaforma accessibile dal sito lsg.giustizia.it  entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di conclusione delle procedure di mediazione, negoziazione e arbitrato.

Negoziazione assistita e arbitrato  E’ previsto un credito d’imposta commisurato al compenso fino a un massimo di 250 euro per le parti che corrispondono o che hanno corrisposto il compenso agli avvocati abilitati ad assisterli nel procedimento e alle parti che corrispondono o che hanno corrisposto il compenso agli arbitri, in caso di successo o di conclusione dell’arbitrato con lodo.

Ai sensi dell’art. 19 del D.M., le disposizioni del decreto si applicano alle domande di attribuzione dei crediti di imposta presentate in data successiva alla sua entrata in vigore.

Di conseguenza, dovranno essere presentate entro il 31.03.2024 le domande di riconoscimento di crediti di imposta per le mediazioni concluse entro il 31.12.2023 ed avviate dall’ 08.08.2023”.

 

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 12/2024

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com) 

7 marzo 2024

11/24. Incentivi fiscali mediazione e negoziazione assistita di cui alla c.d. riforma Cartabia: attivo il portale del Ministero della giustizia di cui al dM 1.8.2023 (Osservatorio Mediazione Civile n. 11/2024)


Con la scheda del 26.1.2024 il sito istituzionale del Ministero della giustizia rende noto quanto segue.

 

CREDITO DI IMPOSTA nei procedimenti di MEDIAZIONE CIVILE E COMMERCIALE e di NEGOZIAZIONE ASSISTITA

 

Le modalità di presentazione della domanda di attribuzione del credito di imposta sono attualmente disciplinate dal decreto interministeriale 1 agosto 2023 “Incentivi fiscali nella forma del credito di imposta nei procedimenti di mediazione civile e commerciale e negoziazione assistita”, che da attuazione a quanto previsto dall’articolo 20 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, come sostituito dall’articolo 7, comma 1, lett. bb) del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, nonché a quanto stabilito dall’articolo 21-bis del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, convertito con modificazioni in legge 6 agosto 2015, n. 132.
 

In particolare, l’art. 20 del d.lgs. n. 28/2010, con riguardo alle procedure di mediazione, riconosce:
 

  1. alle parti di una procedura di mediazione, quando è raggiunto l'accordo di conciliazione, un credito di imposta commisurato all'indennità corrisposta agli organismi di mediazione ai sensi dell'art. 17, commi 3 e 4, del medesimo decreto legislativo, fino a concorrenza di € 600,00

 

  1. alle parti di una procedura di mediazione, nei casi in cui la mediazione costituisce condizione di procedibilità ai sensi degli articoli 5, comma 1, e 5-quater del predetto decreto legislativo, in caso di raggiungimento dell'accordo, un ulteriore credito di imposta commisurato al compenso corrisposto al proprio avvocato per l'assistenza nella procedura di mediazione, nei limiti previsti dai parametri forensi e fino a concorrenza di € 600,00;

 

  1. Ai sensi dell’art. 20, comma 2, d. lgs. n. 28/2010, i crediti di imposta indicati alle lett. a) e b) sono utilizzabili dalla parte nel limite complessivo di € 600,00 per procedura, e fino ad un importo massimo annuale di € 2.400,00 per le persone fisiche e di € 24.000,00 per le persone giuridiche; gli stessi crediti di imposta, in caso di insuccesso della mediazione, sono ridotti della metà.
     
  2. alle parti del procedimento di mediazione, un ulteriore credito di imposta commisurato al contributo unificato versato dalla parte del giudizio estinto a seguito della conclusione di un accordo di conciliazione, nel limite dell'importo versato e fino a concorrenza di € 518,00
     
  3. agli organismi di mediazione un credito di imposta commisurato all'indennità dovuta, ma non esigibile, dalla parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, fino a un importo massimo annuale di € 24.000,00.

 

L’art. 21-bis del d.l. n. 83/2015, a sua volta, riconosce:

 

  1. alle parti che corrispondono o che hanno corrisposto il compenso agli avvocati abilitati ad assisterli nel procedimento di negoziazione assistita ai sensi del Capo II del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, in caso di successo della negoziazione, un credito di imposta commisurato al compenso, fino a concorrenza di € 250,00, nel limite di spesa di € 5.000.000 annui a decorrere dall'anno 2016

 

  1. alle parti che corrispondono o che hanno corrisposto il compenso agli arbitri nel procedimento arbitrale di cui al Capo I del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, in caso di conclusione dell'arbitrato con lodo, un credito di imposta commisurato al compenso, fino a concorrenza di € 250,00, nel limite di spesa di € 5.000.000 annui a decorrere dall'anno 2016.

 

Ai sensi dell’art. 3, commi 1 e 5 del d.m. 1 agosto 2023, la domanda di attribuzione dei crediti di imposta di cui sopra, a pena di inammissibilità, è presentata online tramite l’apposita piattaforma entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di conclusione delle procedure di mediazione, negoziazione e arbitrato.

L’accesso è possibile solo con identità digitale.

Quando la domanda è presentata per conto di un organismo di mediazione o di una persona giuridica, l'accesso alla piattaforma è effettuato utilizzando l'identità digitale del responsabile del ODM o del legale rappresentante della persona giuridica.

Ai sensi dell’art. 3, comm 6 del d.m. cit., salvo che sia diversamente disposto, quando lo stesso soggetto richiede il riconoscimento di più crediti di imposta, egli è tenuto a presentare una domanda annuale cumulativa con indicazione specifica di ciascuna procedura nell'ambito della quale è sorto il credito che intende far valere.

 

Determinazione, liquidazione e pagamento dell'ONORARIO SPETTANTE all’AVVOCATO della parte ammessa al PATROCINIO A SPESE DELLO STATO

 

Le modalità di determinazione, liquidazione e pagamento, anche mediante riconoscimento di credito di imposta, dell'onorario spettante all'avvocato della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato nei casi previsti dagli articoli 5, comma 1, e 5-quater, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 e dall'articolo 3 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, sono attualmente disciplinate dal decreto interministeriale del 1° agosto 2023.

 

Ai sensi dell’art. 3 di detto decreto, mediante l’apposita piattaforma on line, a pena di inammissibilità, l’avvocato può presentare:

 

  1. l'istanza di conferma prevista dall'art. 15-septies, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 28 del 2010 e dall'art. 11-septies, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 132 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 162 del 2014, contestualmente dichiarando la propria volontà di avvalersi, alternativamente, del credito di imposta ovvero del pagamento, ai sensi dell’art. 5, comma 1, lett. g) del d.m. 1 agosto 2023
     
  2. l’istanza di riconoscimento del credito di imposta di cui all’art. 8 del d.m. 1 agosto 2023, dopo l’adozione del provvedimento di convalida previsto dall’art. 7, comma 2 del medesimo decreto

La domanda di cui alla lett. b) è presentata, a pena di inammissibilità, tra il 1 gennaio e il 31 marzo, oppure tra il 1 settembre e il 15 ottobre di ciascun anno.
 

  1. la richiesta di pagamento di cui all’art. 13 del d.m. 1 agosto 2023, dopo l’adozione del provvedimento di convalida previsto dall’art. 7, comma 2 del medesimo decreto.

 

L’accesso è possibile solo con identità digitale

 

NOTE: qui il link alla scheda ministeriale; qui il link alla pagina ministeriale per la presentazione della domanda on line; per approfondimenti si veda il Focus tematico Speciale MEDIAZIONE E RIFORMA DEL PROCESSO CIVILE DI CUI ALLA L. 206/2021 E AL D.LGS 149/2022.

 

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 11/2024

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com) 













4 marzo 2024

10/24. MEDIA Magazine n. 3 del 2024 (Osservatorio Mediazione Civile n. 10/2024)

 

MEDIA Magazine

Mensile dell’Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile
ISSN 2281 - 5139

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n. 3/24  Marzo 2024

 

 

La mediazione è strumento di Pace.

 

 

Giurisprudenza

 

Compenso per l'attività svolta dall'avvocato prima della riforma del 2018: attività di mediazione sempre suscettibile di separata liquidazione, dotata di autonoma rilevanza rispetto all'attività giudiziale (Osservatorio Mediazione Civile n.7/2024)

=> Corte di Cassazione, 12 dicembre 2023, n. 34713

 

Sezioni Unite: la domanda riconvenzionale non soggiace alla mediazione c.d.obbligatoria (Osservatorio Mediazione Civile n. 6/2024)

=> Corte di Cassazione 7 febbraio 2024, n. 3452

 

 

COMMENTI E APPROFONDIMENTI

 

SPINA, Domanda riconvenzionale e mediazione c.d. obbligatoria: osservazioni a prima lettura sulla portata applicativa di Cass. s.u. 7.2.2024, n. 3452 (argomenti espunti di riflessione) (Osservatorio Mediazione Civile n. 8/2024)

 

Riforma Cartabia: il nuovo primo incontro di mediazione (Osservatorio Mediazione Civilen. 9/2024)

 

 

SEGNALAZIONI dal centro studi diritto avanzato

(Link diretti sul portale della Scuola di Diritto Avanzato)

 

Si è concluso sabato 24.2.2024 il 4th International Congress On Predictive Justice: the AI on ChatGpt, GiuriMatrix, GeminiGoogle

 

16 ORE DI DIRETTA – 100 RELATORI – MIGLIAIA DI VISUALIZZAZIONI DA TUTTO IL MONDO (CINA, STATI UNITI, MESSICO, ARGENTINA, PERU’, FRANCIA, SPAGNA, GERMANIA, ECC.)

una sola parola: GRAZIE

 

Ne hanno parlato: LaStampailDubbio, ItaliaOggiRadio 1 RAIPrimaPaginaLegalCommunity.

 

Qui il PROGRAMMA COMPLETO

 

Qui la registrazione della sessione internazionale del 23.2.2024  (and special session with Alfonso PERALTA GUTIERREZ [Algorithms and Law – Generative AI in Court –The impact of artificial intelligence on the international judicial system] 

 

Qui la registrazione della sessione italiana mattutina del 24.2.2024 [IA, giustizia predittiva e Privacy – Giustizia predittiva e decisioni automatizzate  – L’approccio delle istituzioni all’IA e alla giustizia predittiva – IA, giustizia predittiva e contrattualistica]

 

Qui la registrazione della sessione italiana pomeridiana del 24.2.2024 (e sessione speciale con On. Nicola PROCACCINI) [Giustizia predittiva ed IA nel diritto del lavoro – Giustizia predittiva e gestione dello studio legale – Giustizia predittiva nel diritto penale – IA nell’attività amministrativa e tributaria – Giustizia predittiva e mediazione]

 

 

REDAZIONE APERTA

 

Per proposte, collaborazioni, suggerimenti, segnalazioni, citazionipubblicità (eventi, corsi, prodotti editoriali, etc.) scrivere a: 

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Guarda la presentazione di MEDIA Magazine (iscrizione gratuita)

 

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 10/2024

(http://osservatoriomediazionecivile.blogspot.it)


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