=> Corte di Cassazione 14 maggio 2019, n. 12712
Il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 13 stabilisce, al comma 2, che qualora il
provvedimento che definisce il giudizio non corrisponda interamente al
contenuto della proposta il giudice, se ricorrono "gravi ed eccezionali ragioni", può comunque escludere la ripetizione delle spese
sostenute dal vincitore per l'indennità corrisposta al mediatore, dovendo
indicare esplicitamente nella motivazione le ragioni di tale provvedimento.
Tale principio non può non essere esteso, considerata l'obbligatorietà della fase di mediazione, alle spese che la parte deve sostenere per fruire dell'assistenza di un
proprio difensore in tale fase. Nella specie, posto che il D.Lgs. n. 28 del
2010, art. 5, comma 1, stabilisce che , tra
l'altro, per le cause relative a contratti assicurativi, è necessario il preliminare procedimento
di mediazione, per cui la mediazione sarebbe una fase necessaria del giudizio
complessivo, ci si lamenta in cassazione la mancata rifusione delle spese di
mediazione da parte del giudice d'appello; la SC osserva che effettivamente il
giudice d'appello esclude - dopo avere contraddittoriamente condannato l’assicurazione
a rifondere a controparte tutte le spese dei due gradi di merito - la
ripetizione delle spese della fase di mediazione, e ciò giustifica affermando
che la parte è stata solo parzialmente
vittoriosa per una somma assai ridotta rispetto al petitum iniziale: è
evidente, afferma la SC, che ciò non può integrare una fattispecie di
"gravi ed eccezionali ragioni", trattandosi solo di una forte diminuzione
del petitum, evento che, al contrario, è alquanto frequente quale esito dei
giudizi. Il motivo perciò merita accoglimento) (I).
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 13/2020
Corte di Cassazione
Ordinanza n. 12712
14 maggio 2019
Omissis
Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione
e falsa applicazione di norme nonchè, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso
esame di fatto discusso e decisivo in relazione alla "eccezione di
decadenza di parte appellante dalla facoltà di proporre eccezioni" ai
sensi degli artt. 702 bis e 345 c.p.c. per violazione e falsa applicazione
degli artt. 277,702 bis, 345 e 437 c.p.c. per omessa pronuncia su tale
eccezione. Con comparsa di costituzione in appello, omissis avrebbe eccepito la decadenza di controparte dalla
proposizione di eccezioni non rilevabili d'ufficio ai sensi degli artt. 702 bis
e 345 c.p.c. in riferimento all'eccezione di merito dell'asserita preesistenza
di patologia; il giudice d'appello non avrebbe esaminato tale eccezione e così
avrebbe violato l'art. 277 c.p.c. - applicabile anche in appello in forza
dell'art. 359 c.p.c. - nonchè gli artt. 702 bis, 345 e 437 c.p.c. L'appellante
avrebbe addotto a base della richiesta riforma proprio l'asserita preesistente
patologia, e questo non costituirebbe una mera difesa, bensì una vera eccezione
di merito; ma essendo rimasta contumace, la compagnia sarebbe decaduta dal
sollevarla. Secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte (si richiama
Cass. 14581/2007) le eccezioni lato sensu, rilevabili d'ufficio, hanno la
rilevabilità condizionata al rispetto del contraddittorio, per cui il giudice
non può fondarsi su fatti non allegati tempestivamente dalle parti, e
l'allegazione tempestiva deve avvenire al massimo entro l'ultimo termine di
determinazione, per il processo di primo grado di thema decidendum e thema
probandum. La corte territoriale avrebbe pertanto dovuto esaminare la
controeccezione di decadenza sollevata dall'attuale ricorrente.
Questo motivo, considerato il suo effettivo contenuto, deve ritenersi
che venga in realtà a denunciare (come soprattutto emerge dalla parte
conclusiva) violazione dell'art. 112 c.p.c.: il giudice d'appello non avrebbe
esaminato l'eccezione di decadenza dell'appellato e quindi non si sarebbe
pronunciato su di essa.
La doglianza non risulta fondata.
Invero, la corte territoriale osserva nella sentenza impugnata, a
pagina 5: "E' noto che quando la parte convenuta rimane contumace non può
operare il principio della non contestazione dei fatti allegati dalla parte
attrice ex art. 115 c.p.c. con la conseguenza che quest'ultima è tenuta a
fornire precisa prova di tutti i fatti posti a fondamento del diritto fatto
valere in giudizio". Con questo passo - anche se non con assoluta
chiarezza - la corte conduce a comprendere che non ritiene fondata l'eccezione
di decadenza sollevata dall'appellato, perchè l'appellante ha soltanto fatto
valere gli obblighi probatori di controparte, e quindi ha presentato una mera
difesa. Il che si inserisce con evidenza nell'insegnamento della giurisprudenza
di questa Suprema Corte, a quale da tempo ha dichiarato che l'ambito di
operatività della polizza deve essere dimostrato da chi la fa valere per
ottenere l'indennizzo dalla compagnia assicuratrice, non costituendo viceversa
la sussistenza di suoi limiti oggetto di una eccezione posta a carico della
compagnia. Da ultimo, infatti, si è affermato che "in tema di
assicurazione della responsabilità civile, l'eccezione di inoperatività della
polizza assicurativa non costituisce un'eccezione in senso proprio, ma una
semplice difesa volta a contestare il fondamento della domanda, assumendo
l'estraneità dell'evento ai rischi contemplati nel contratto. Essa, pertanto, è
deducibile per la prima volta in appello" (Cass. sez. 3, 3 luglio 2014 n.
15228), ribadendo così un principio che già in precedenza era stato
inequivocamente riconosciuto (v., tra gli arresti massimati, Cass. sez. 3, 22
febbraio 2000 n. 1967, conforme alla pronuncia appena citata; e cfr. pure Cass.
sez. 3, 5 agosto 2005 n. 16582, per cui l'adduzione da parte dell'assicuratore
della inoperatività della polizza in quanto fatta valere oltre i suoi limiti
costituisce esercizio del suo diritto di difesa a fronte della pretesa di
indennizzo fondata su tale polizza).
Il motivo, in conclusione, è privo di fondatezza.
Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3,
violazione e falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., e
denuncia altresì, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto
discusso e decisivo, cioè delle condizioni di polizza, conseguentemente non
applicate. Il giudice d'appello avrebbe ritenuto che il consulente tecnico
d'ufficio possa avere non solo un incarico valutativo (deducente) ma pure
accertatorio (recipiente); nel caso in esame l'incarico sarebbe stato quello di
accertare i danni, e il consulente avrebbe accertato le conseguenze dei due
eventi traumatici "in un soggetto che era affetto da iniziale patologia
degenerativa del rachide cervicale"; conclusione che la corte territoriale
avrebbe poi condiviso.
In tal modo la corte avrebbe effettuato violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., comma 2, fondandosi
su esiti della consulenza tecnica d'ufficio "senza fornire la necessaria
argomentazione logico-giuridica" benchè le risultanze della consulenza
fossero state oggetto di "circostanziate contestazioni", prima del
consulente di parte dell'attuale ricorrente, e poi della difesa di quest'ultimo
in note autorizzate di primo grado e nelle conclusionali di secondo grado. Le
critiche avrebbero evidenziato che non si sarebbe potuto comprendere da dove
era stata desunta la pretesa patologia preesistente e avrebbero altresì
censurato il consulente tecnico d'ufficio per aver travalicato l'ambito del suo
incarico, fornendo, senza richiesta, una propria e discutibile interpretazione
delle Condizioni di polizza (vengono riportati al riguardo passi della
consulenza), nonostante che il suo incarico si limitasse all'accertamento
soltanto dei danni e non si estendesse alla quantificazione del relativo
indennizzo. E ciò tanto più perchè la compagnia assicuratrice, non essendosi
costituito, in primo grado, non aveva eccepito concause per diminuire
l'indennizzo. Si richiama giurisprudenza di questa Suprema Corte per affermare
che la consulenza tecnica d'ufficio non può accertare fatti non
affermati/allegati e che il giudice, se aderisce a conclusioni del consulente
tecnico d'ufficio che siano state specificamente contestate, deve motivare in
ordine alle censure, giacchè altrimenti ometterebbe la motivazione su un punto
decisivo. La corte territoriale inoltre avrebbe omesso di esaminare le prove
documentali, e in particolare le condizioni di polizza (di cui si richiamano
alcuni elementi): e avrebbe in tal modo dovuto confermare il provvedimento di primo
grado. Viene prospettato anche un calcolo di quantificazione dell'indennizzo.
L'ampia illustrazione, appena effettuata, del contenuto del secondo
motivo ne evidenzia la natura in buona parte direttamente fattuale, e pertanto
inammissibile.
D'altronde, non è sostenibile che in ordine alle contestazioni mosse
dalla difesa dell'attuale ricorrente avverso gli esiti della consulenza tecnica
d'ufficio la corte territoriale non abbia fornito adeguata risposta: al
riguardo la motivazione inequivocamente esiste, perchè il nucleo di quel che
esterna di avere accertato la corte territoriale risiede proprio nella
preesistente patologia da cui era afflitto l'attuale ricorrente (motivazione,
pagine 5-6), che la corte rileva tra l'altro - essere emersa "dall'esame
dei certificati medici e radiografici prodotti" da lui stesso.
Anche questo motivo, pertanto, non ha consistenza.
Il terzo motivo denuncia erroneità della sentenza di secondo grado
sulla domanda di rimborso delle spese della procedura di mediazione, al cui
riguardo sarebbe stato proposto il motivo sub a) dell'appello incidentale.
Sussisterebbero le ipotesi di cassazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma
1, nn. 3 e 5 per violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 115 c.p.c. La
corte territoriale avrebbe rigettato il motivo dell'appello incidentale
"perchè omissis è stato solo
parzialmente vittorioso per una somma assai ridotta rispetto al petitum
iniziale". Oppone il motivo che la regolamentazione delle spese deve
essere effettuata secondo l'esito finale di un processo svolto in gradi, come
insegna la giurisprudenza di legittimità: e quindi, essendo la compagnia
assicuratrice soccombente, essa avrebbe dovuto rifondere le spese per tutti i
gradi e tutte le fasi del giudizio. Il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1,
stabilisce che è necessario il preliminare procedimento di mediazione, tra
l'altro, per le cause relative a contratti assicurativi. Stabilisce pertanto un
requisito di procedibilità, per cui la mediazione sarebbe "una fase
necessaria del giudizio complessivo".
Questo motivo lamenta la mancata rifusione delle spese di mediazione da
parte del giudice d'appello, e dimostra una manifesta fondatezza.
Il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 13 stabilisce, al comma 2, che qualora
il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponda interamente al
contenuto della proposta il giudice, se ricorrono "gravi ed eccezionali
ragioni", può comunque escludere la ripetizione delle spese sostenute dal
vincitore per l'indennità corrisposta al mediatore, dovendo indicare
esplicitamente nella motivazione le ragioni di tale provvedimento. Principio
che non può non essere esteso, considerata l'obbligatorietà della fase di
mediazione, alle spese che la parte deve sostenere per fruire dell'assistenza
di un proprio difensore in tale fase.
Effettivamente il giudice d'appello esclude - dopo avere
contraddittoriamente condannato C. a rifondere a controparte tutte le spese dei
due gradi di merito - la ripetizione delle spese della fase di mediazione, e
ciò giustifica affermando che omissis
"è stato solo parzialmente vittorioso per una somma assai ridotta rispetto
al petitum iniziale". Tuttavia, è evidente che ciò non può integrare una
fattispecie di "gravi ed eccezionali ragioni", trattandosi solo di
una forte diminuzione del petitum, evento che, al contrario, è alquanto
frequente quale esito dei giudizi.
Il motivo perciò merita accoglimento, e non occorrendo ulteriori
accertamenti di fatto conduce - cassata in parte qua la sentenza - alla
decisione in merito, come si vedrà infra.
Il quarto motivo denuncia l'erroneità della sentenza di secondo grado
sulla domanda di liquidazione delle spese secondo i criteri di cui al D.M. n.
55 del 2014, art. 4 (in ciò consisteva il motivo sub b) dell'appello
incidentale). Sussisterebbe vizio in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1,
n. 3 per violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e15 c.p.c., D.M. n. 55
del 2014, artt. 4 e 28. Il primo giudice non avrebbe liquidato le spese in base
all'invocato decreto ministeriale, pur essendo questo già all'epoca vigente;
controparte non avrebbe neppure contestato tale motivo d'appello incidentale.
Per questo motivo è sufficiente constatare che dell'analogo motivo
d'appello si è correttamente verificato assorbimento, come rileva la corte nel
penultimo periodo della motivazione, a pagina 8: "Il motivo di appello
incidentale relativo alla domanda di liquidazione delle spese di lite in
maggior misura deve ritenersi assorbito per effetto della revisione del quantum
delle spese dovute rideterminate in base al criterio del valore". Non vi
è, pertanto, alcuna fondatezza.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto limitatamente al terzo
motivo - rigettati gli altri -, il che comporta la cassazione senza rinvio
della sentenza in parte qua e, sussistendo il presupposto di cui all'art. 384
c.p.c., comma 2, la decisione nel merito, condannandosi la controricorrente a
rifondere al ricorrente le spese di mediazione, liquidate come da dispositivo.
Quanto alle spese processuali del grado, liquidate per l'intero come da
dispositivo, la reciproca soccombenza ne giustifica la compensazione per metà,
condannandosi la controricorrente a rifondere al ricorrente la metà ulteriore.
PQM
Accoglie il ricorso limitatamente al terzo motivo, rigetta gli altri, cassa
in relazione e, decidendo nel merito, condanna la controricorrente a rifondere
al ricorrente le spese di mediazione, liquidate in Euro 1500, oltre a Euro
108,90 per anticipazioni, al 15% per spese generali e agli accessori di legge. Condanna
altresì la controricorrente a rifondere a controparte la metà delle spese
processuali del grado, liquidate per l'intero in un totale di Euro 5000, oltre
a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di
legge, compensando l'altra metà.
AVVISO. Il
testo riportato non riveste carattere di ufficialità.