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30 marzo 2020

16/20. Ministero della Giustizia: dati statistici sulla mediazione 1 gennaio – 31 dicembre 2019 (Osservatorio Mediazione Civile n. 16/2020)

Sono state rese note le nuove statistiche ministeriali sulla mediazione (rilevazione statistica con proiezione nazionale a cura del Dipartimento della Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi - Direzione Generale di Statistica e Analisi Organizzativa) relative al periodo 1 gennaio – 31 dicembre 2019 (1).
Con riferimento all’ultimo trimestre dell’anno, gli organismi rispondenti sono stati 399 su 589.

Nell’anno 2019 (con esclusione di un Organismo “outlier”, in quanto tutte le sue iscrizioni riguardano la materia «Contratti assicurativi», il cui 99% si conclude con la mancata comparizione dell’aderente), si sono registrati 147.691 procedimenti iscritti.

Tra le controversie maggiormente trattate in mediazione rimangono quelle in tema di diritti reali (15,4%), condominio (14,1%), contratti bancari (12,3%) e locazione (12%).
Si tratta di dati sostanzialmente in linea con le ultime rilevazioni ministeriali e, quindi, di un dato di fatto ormai consolidato.

Nel periodo in questione l’aderente compare nel 49,6% dei casi.
In tali casi (ovvero in caso di aderente comparso), nel 28,6% dei procedimenti si raggiunge l’accordo conciliativo.
Da un’analisi a campione, però, risulta che quando le parti accettano di sedersi al tavolo della mediazione anche dopo il primo incontro si giunge all’accordo conciliativo nel 46,3% dei casi. Anche tali dati risultano sostanzialmente in linea con le ultime rilevazioni ministeriali e si ribadisce pertanto, che alle parti conviene svolgere con fiducia e serietà il tentativo conciliativo, senza fermarsi al primo incontro, ma proseguendo il percorso mediatizio anche oltre; qualcosa in più, però, potrebbe farsi (a livello normativo) per favorire maggiormente la scelta delle parti di proseguire la mediazione oltre il primo incontro.

Tra le controversie nelle quali si registra una maggiore percentuale di comparizione dell’aderente (superiore al 50%) si confermano quelle che riguardano rapporti familiari, nonché le liti relative, in generale, a rapporti sociali o contrattuali, destinati a durare nel tempo, caratterizzati dalla particolare rilevanza soggettiva delle parti (successioni ereditarie, divisione, diritti reali, condominio, affitto di aziende, locazione).

In merito alla categorie di mediazione, nel periodo di riferimento la maggior parte dei procedimenti definiti (quasi il 90%) afferisce alla mediazione c.d. obbligatoria ex lege o ante causam (art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010), mentre poco più dell’1% dei procedimenti definiti nel periodo in questione afferisce alla c.d. mediazione delegata o demandata dal giudice (art. 5, comma 2, d.lgs. 28/2010). Quasi il 12% dei procedimenti afferisce alla mediazione volontaria o facoltativa.

La maggiore percentuale di raggiungimento dell’accordo conciliativo si registra quando la mediazione viene svolta, presumibilmente, prima dell’instaurazione del processo: mediazione volontaria o facoltativa, col 41% di successo (dato che sale al 60% di procedimenti che si chiudono con l’accordo quando le parti accettano di incontrarsi per un tentativo di conciliazione) e mediazione c.d. obbligatoria ex lege o ante causam, esperita correttamente prima dell’esercizio dell’azione civile, col 29% di successo (dato che sale al 47% di procedimenti che si chiudono con l’accordo quando le parti accettano di incontrarsi per un tentativo di conciliazione)
I casi in cui più difficilmente si giunge all’accordo sono invece quelli in cui le parti vengono inviate in mediazione dal giudice (invio in mediazione in quanto materia soggetta a mediazione c.d. obbligatoria, ovvero mediazione demandata).

Questi i numeri relativi agli Organismi di mediazione presenti in Italia.


Tipologia Organismi di conciliazione

Organismi al 30.6.2019
Procedimenti definiti

ORGANISMI DELLE CAMERE DI COMMERCIO

76
12.672

ORGANISMI PRIVATI

367
75.514

ORDINE AVVOCATI

105
51.028

ALTRI ORDINI PROFESSIONALI

40
923

Totale complessivo

588
140.137

Quanto alla presenza dell’avvocato in mediazione, nelle mediazione volontarie ben il 77% dei proponenti è assistito dal proprio legale, mentre tra i chiamati in mediazione il 90% è assistito da un avvocato. Si tratta di dati sostanzialmente in linea con le rilevazioni statistiche precedenti e, ormai, consolidati.

Quanto alla durata delle mediazione, rispetto agli 882 gg (dato 2016 relativo al contenzioso in Tribunale, sceso rispetto al 2015 in cui durata era registrata in 921 gg), la procedura ADR, con aderente comparso e accordo raggiunto, dura 144 giorni; dato in linea con la rendicontazione 2018 (precedentemente erano 129 nel 2017, 115 giorni nel 2016 e 103 nel 2015).

La rilevazione statistica ministeriale è consultabile sul sito web del Ministero della Giustizia al seguente indirizzo:

(1) Le analisi curate dall'Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile di tutte le precedenti rilevazioni statistiche sono consultabili a questo indirizzo.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 16/2020
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

27 marzo 2020

15/20. Posizioni troppo distanti nelle trattative precedenti alla mediazione: giustificato motivo per la mancata partecipazione? (Osservatorio Mediazione Civile n. 15/2020)

=> Tribunale di Treviso, 22 novembre 2019, n. 2456

Il dissenso alla mediazione deve essere supportato da adeguate ragioni giustificative, che siano non solo pertinenti al merito della controversia, ma anche dotate di plausibilità logica, prima ancora che giuridica, tali non essendo, ad esempio, quelle basate sulla convinzione dell'insuperabilità del contrasto tra le parti. Va quindi condannata la parte al pagamento dell'importo corrispondente al contributo unificato ex art. 8, comma 4 bis, d.lgs. n. 28 del 2010 per non aver partecipato, senza giustificato motivo, al procedimento di mediazione al quale sia stata ritualmente invitata, qualora affermi che la mancata adesione alla procedura di mediazione sia stata determinata dalla consapevolezza dell'impossibilità di trovare un accordo, avendo le parti assunto posizioni troppo distanti nel corso delle trattative avviate prima della presentazione della domanda di mediazione. (I).


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 15/2020

Tribunale di Treviso
Sentenza n. 2456
22 novembre 2019

Omissis

La domanda di restituzione dell'importo di euro 23.700,00 non è fondata.
Anche se le difese svolte dall'attore negli atti di causa risultano confuse e, a volte contraddittorie, dalla prospettazione fatta dal medesimo si evince che le somme in questione sono state corrisposte al Condominio convenuto a titolo di prestiti non restituiti. In particolare, omissis Ne consegue che la contestazione del convenuto il quale, pur riconoscendo di aver ricevuto la somma di denaro, neghi però la sussistenza di un mutuo ed adduca una causale diversa, non costituisce un'eccezione in senso sostanziale, tale da far ricadere su di lui l'onere di provare la diversa causale, atteso che negare l'esistenza di un contratto di mutuo non significa eccepirne l'inefficacia o la sua estinzione, ma significa soltanto contestare l'accoglibilità dell'azione per mancanza della prova a supporto della domanda, rimanendo onere dell'attore provare l'esistenza dell'obbligo di restituzione, posto che esso non è dal convenuto riconosciuto (Cass. 29/11/2018 n. 30944; Cass. 07/05/2014 n. 9864; Cass. 22/04/2010 n. 9541).
Tanto precisato in linea di diritto, si osserva in fatto che il convenuto ha negato che la consegna dell'importo di euro 23.700,00 sia stata fatta a titolo di prestito sostenendo che i versamenti erano stati, invece, effettuati per la definizione di rapporti pregressi.
Alla luce dell'insegnamento giurisprudenziale sopra riportato, atteso che la prospettazione del convenuto deve ritenersi una mera difesa e non già un'eccezione in senso stretto, spetta all'attore provare di avere consegnato al Condominio EEE la somma di euro 23.700,00 a titolo di mutuo con conseguente obbligo di restituzione. omissis
Secondo la giurisprudenza di legittimità, l'azione generale di arricchimento ingiustificato ha natura complementare e sussidiaria nel senso che può essere esercitata solo quando manchi un titolo specifico sul quale possa essere fondato un diritto di credito, per cui si differenzia da ogni altra azione sia per presupposti che per limiti oggettivi ed integra un'azione autonoma per diversità di petitum e causa petendi rispetto alle azioni fondate su titolo negoziale o di altro genere. Tale azione può essere proposta in via subordinata quando l'azione tipica, avanzata in via principale, abbia avuto esito negativo per carenza del titolo posto a suo fondamento; tale principio non opera se la domanda ordinaria è stata rigettata per l'assenza di prove sufficienti all'accoglimento, dato che in tale ipotesi il titolo specifico, fonte del credito azionato, in teoria sussiste, ma è infondato (Cass. 15/10/2015 n. 20871; Cass. 10/08/2007 n. 17647).
Nello specifico, non può essere accolta la domanda subordinata di arricchimento in quanto la domanda principale formulata dall'attore è stata rigettata per mancanza di prova.
Anche la domanda di ripetizione dell'indebito non merita accoglimento non avendo l'attore dimostrato, come era suo preciso onere, l'inesistenza di una causa giustificativa dei pagamenti in questione. omissis
La domanda attorea è, pertanto, infondata e va rigettata nel merito.
In tema di legittimazione degli ex soci di società estinta ad agire per la tutela di un credito sociale ancora pendente dopo la cancellazione dell'ente dal registro delle imprese, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che non sussista un'ipotesi di litisconsorzio necessario in quanto l'iniziativa singola dell'ex socio per riscuotere un credito dell'estinta società giova automaticamente anche agli altri ex soci per cui, intervenuto il pagamento da parte del debitore della cancellata società, si determina solo l'obbligo del socio che ha agito di ripartire tra gli ex soci il dovuto in proporzione alle quote di partecipazione (Cass. S. U. 12/03/2013 n. 6070; Cass. ordinanza 04/07/2018 n. 17492). Ne consegue che omissis, pur essendo legittimato ad agire individualmente quale ex socio di omissis Srl, non è tuttavia titolare del credito che ha fatto valere poiché non è succeduto alla società nella posizione creditoria de qua essendosi questa estinta per effetto della rinuncia. omissis
Sulle spese.
Ai sensi dell'art. 92, 2° comma, c.p.c. va disposta l'integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio, in ragione della reciproca soccombenza.
Da ultimo, si ritiene di dover condannare il Condominio EEE al pagamento dell'importo corrispondente al contributo unificato ex art. 8, comma 4 bis, del D. Lgs. n. 28/2010 per non aver partecipato, senza giustificato motivo, al procedimento di mediazione al quale era stato ritualmente invitato. La difesa del convenuto ha affermato che la mancata adesione alla procedura di mediazione è stata determinata dalla consapevolezza dell'impossibilità di trovare un accordo avendo le parti assunto posizioni troppo distanti nel corso delle trattative avviate prima della presentazione della domanda di mediazione. Il fatto di partecipare alla mediazione avrebbe, quindi, comportato soltanto un aumento dei costi per entrambe le parti.
Poiché il dissenso alla mediazione deve essere supportato da adeguate ragioni giustificative, che siano non solo pertinenti al merito della controversia, ma anche dotate di plausibilità logica, prima ancora che giuridica, tali non essendo, ad esempio, quelle basate sulla convinzione dell'insuperabilità del contrasto tra le parti, si ritiene nello specifico che i motivi addotti a sostegno della mancata adesione alla richiesta di mediazione non costituiscano una valida giustificazione.

PQM

Il Tribunale Ordinario di Treviso, Sezione Terza Civile, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra domanda, istanza ed eccezione, così provvede: rigetta le domande formulate da omissis; dichiara la carenza di legittimazione passiva di omissis in ordine alle domande riconvenzionali proposte dal Condominio EEE; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di lite; condanna il Condominio EEE, ex art. 8, comma 4 bis, del D.Lgs. n. 28/2010, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma pari al contributo unificato dovuto per il presente giudizio, in ragione della ingiustificata mancata partecipazione al procedimento di mediazione.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità. 

17 marzo 2020

14/20. Verbale di mediazione e termine per l’opposizione a decreto ingiuntivo. Mancata partecipazione: no alla giustificazione di contatti tra i difensori e sanzione intrasmissibile agli eredi (Osservatorio Mediazione Civile n. 14/2020)

=> Tribunale di Roma, 14 novembre 2019, n. 22084

Giusto il disposto di cui al comma 6 dell'art. 5 del d.lgs. 28/2010, dalla data del deposito del verbale di mediazione (con esito negativo) decorre il termine dei 40 giorni per presentare l’opposizione a decreto ingiuntivo (I).

La giustificazione dei presunti contatti tra difensori non andati a buon fine non esclude la responsabilità di cui al comma 4 bis dell'art. 8 del d.lgs. 28/2010 per la mancata partecipazione alla mediazione, con la conseguente applicazione della condanna, in capo al convenuto, del pagamento, in favore dello Stato Italiano, di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio (I).

Con riferimento alla sanzione di cui al comma 4 bis dell'art. 8 del d.lgs. 28/2010 per la mancata partecipazione alla mediazione (condanna al pagamento, in favore dello Stato Italiano, di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio), va affermato che il
decesso della parte impedisce l'inflizione della sanzione agli eredi in applicazione del principio di intrasmissibilità delle sanzioni amministrative (I).

(I) Si vedano gli artt. 5, comma 6, e 8, comma 4 bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 14/2020

Tribunale di Roma
Sentenza n. 22084
14 novembre 2019

Omissis

Esposizione dei fatti e delle posizioni delle parti
Con ricorso iscritto a ruolo il 22.12.2017 omissis ha presentato opposizione al decreto ingiuntivo 20732/2017 emesso il 11.09.2017 dal Tribunale di Roma e notificato il 02.10.2017 al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni: "Piaccia all'Ecc.mo Tribunale adito, ogni contraria istanza disattesa ed eccezione disattesa, accogliere il presente ricorso e conseguentemente: condannare il sig. omissis al versamento in favore dell'Erario, ai sensi dell'art. 8, comma 4 - bis, d.lgs. 28/2010, della somma di € 145,00 a titolo di contributo unificato e importo a titolo di anticipazione forfettarie dovuto per il presente giudizio in virtù della sua ingiustificata mancata partecipazione al procedimento obbligatorio di mediazione; revocare l'opposto decreto perché infondato, ingiusto ed illegittimo, per tutte le ragioni indicate in narrativa; con vittoria di spese, da distrarre in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari".
Si è costituito omissis con memoria depositata il 24.05.2018 nella quale ha rassegnato le seguenti conclusioni: "Voglia l'Ill.mo Giudice del Tribunale di Roma, respinta ogni contraria istanza per i motivi di cui in premessa: in via preliminare: accertare la tardività dell'opposizione proposta con ricorso del 22 dicembre 2017, iscritta al n. RG 476/2018, avverso il decreto ingiuntivo n. RG 20732/2017, emesso dal Tribunale di Roma in data 11 settembre 2017; in via principale, concedere la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo n. RG 20732/2017, emesso dal Tribunale di Roma in data 11 settembre 2017; nel merito, rigettare l'avversa opposizione proposta con ricorso del 22 dicembre 2017, iscritta al n. RG omissis /2018, avverso il decreto ingiuntivo n. omissis /2017, emesso dal Tribunale di Roma in data 11 settembre 2017, per i motivi di fatto e di diritto in premessa spiegati; con vittoria di diritti ed onorari del presente giudizio".
Il presente contenzioso è stato introdotto da omissis mediante deposito di ricorso per decreto ingiuntivo avvenuto il 08.08.2017 nel quale viene richiesta l'ingiunzione di pagamento per la somma di € 6.000,00. Le ragioni di credito poste a fondamento della richiesta, che costituiscono la causa petendi del presente giudizio, sono costituite dall'esistenza di un contratto di locazione del 20.05.2015, registrato il 11.06.2015, che sarebbe rimasto inadempiuto per le mensilità di aprile e maggio 2017 per un totale di € 1.500,00. A questi devono aggiungersi € 4.500,00 dovuti a titolo di indennità di preavviso. Invero, secondo omissis, omissis avrebbe rilasciato l'immobile il 31.05.2017 senza alcuna comunicazione di preavviso. In data 07.09.2017 è stato emesso il decreto ingiuntivo poi notificato il 02.10.2017. Il 24.10.2017 omissis ha presentato istanza di mediazione che si è conclusa con il verbale negativo del 23.11.2017.
Avverso il provvedimento monitorio ha presentato opposizione omissis evidenziando la mancata partecipazione senza giustificato motivo di omissis alla procedura di mediazione obbligatoria. Nel merito la ricorrente eccepisce di aver effettuato il pagamento del mese di maggio 2017 e che le mensilità di marzo e aprile 2017 devono ritenersi compensate con il deposito cauzionale. Con riguardo alla indennità di mancato preavviso la omissis sostiene che il locatore era già stato reso edotto per le vie brevi dell'intenzione di recedere dal contratto e che vi sarebbero state delle trattative per stipulare un contratto solutorio della locazione in essere. Da qui l'odierna opposizione.
omissis si è costituito sostenendo la tardività dell'odierna opposizione perché presentata oltre il termine di 40 giorni prescritto dal codice di rito. Inoltre il resistente evidenzia di non aver presenziato al tentativo di mediazione perché erano intercorsi dei contatti tra i Signori Avvocati delle parti non andati a buon fine. Nel merito omissis ammette l'avvenuto pagamento del canone di maggio 2017 ma sostiene di averlo imputato al canone non pagato più risalente del marzo 2017. Inoltre il resistente sostiene che il deposito cauzionale non possa essere compensato stante la presenza di danni nell'immobile. Infine omissis sostiene che nessun accordo solutorio è intercorso tra le parti e che le conversazioni riportate dalla controparte si riferiscono unicamente alle modalità di rilascio dell'immobile.
All'udienza del 16.05.2019 il processo è stato interrotto per il decesso di omissis. Il giudizio è stato riassunto da omissis con ricorso depositato il 17.06.2019 e notificato agli eredi dell'opposto il 17.07.2019. All'udienza del 14.11.2019 la causa è stata discussa.
In via preliminare
In via preliminare deve essere rigettata l'eccezione di improcedibilità del ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo per scadenza dei termini. Invero, come giustamente sostenuto dalla ricorrente, l'art. 5, comma 6, del D. Lgs. 28/2010 prescrive che "Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all'art. 11 presso la segreteria dell'organismo".
Nel caso di specie il decreto ingiuntivo è stato notificato il 02.10.2017, la domanda di mediazione il 24.10.2017 (entro i termini di opposizione) e il verbale con esito negativo è stato depositato il 23.11.2017. Da quest'ultima data decorre il termine dei 40 giorni per presentare opposizione. Nel caso di specie il ricorso di omissis è stato iscritto a ruolo il 22.12.2017, quindi nei termini. Di conseguenza l'eccezione di omissis deve essere rigettata.
Inoltre deve evidenziarsi come la Suprema Corte richieda la presenza personale delle parti al tentativo obbligatorio di mediazione (cfr. Corte di Cassazione, Sez. III, sen. n. 8473 del 27.03.2019) così che la giustificazione dei presunti contatti tra difensori, oltre che non provata, non esclude la responsabilità di cui al comma 4 bis dell'art. 8 del D. Lgs. 28/2010. In conclusione omissis deve essere condannato al pagamento, in favore dello Stato Italiano, di una somma pari al contributo unificato dovuto per il presente giudizio. D'altra parte il decesso dello stesso impedisce l'inflizione della sanzione agli eredi in applicazione del principio di intrasmissibilità delle sanzioni amministrative.
Nel merito
Sui canoni non pagati omissis è accertato un credito degli eredi di omissis di € 750,00 per la mensilità di aprile 2017.
Sull'indennità di preavviso omissis deve essere accertato un ulteriore credito degli eredi di omissis di € 4.500,00 a titolo di indennità di mancato preavviso.
Sulla compensazione del deposito cauzionale omissis residua un credito degli eredi di omissis per € 3.750,00.
In conclusione il decreto ingiuntivo opposto deve essere revocato ma omissis deve essere condannata al pagamento, in favore degli eredi di omissis, della somma di € 3.750,00 oltre interessi nella misura legale dalla data di presentazione della domanda del 08.08.2017 fino a quella di effettivo pagamento.
Sulle spese
Le spese del presente giudizio di merito seguono la soccombenza e sono liquidate in conformità al D.M. 55/2014 con riferimento alle controversie innanzi al Tribunale di valore ricompreso tra € 1.100,00 ed € 5.200,00 e applicando i parametri medi ma eliminando la fase istruttoria e quella decisoria per la mancata costituzione degli eredi di omissis. Infatti la Suprema Corte chiarisce che "La valutazione di soccombenza, ai fini della condanna alle spese, va rapportata all'esito finale della lite anche nell'ipotesi di giudizio seguito ad opposizione ex art. 645 cod. proc. civ., sicché il creditore opposto che veda conclusivamente riconosciuto, sebbene in parte (quand'anche minima) rispetto a quanto richiesto ed ottenuto col monitorio, il proprio credito, se legittimamente subisce la revoca integrale del decreto ingiuntivo e la condanna alla restituzione di quanto, eccedente rispetto al dovuto, percepito in dipendenza della sua provvisoria esecutività, non può tuttavia qualificarsi soccombente ed essere condannato alle spese del grado di appello, ove la pronuncia che questo definisca, benché impropriamente rigettando il gravame avverso l'integrale accoglimento dell'opposizione, comunque escluda dalla restituzione le somme ritenute come effettivamente dovute" (Corte di Cassazione, Sez. III, sen. n. 9587/2015). Pertanto omissis deve essere condannata alla rifusione delle spese di lite in favore degli eredi di omissis che si liquidano in € 810,00 per compensi ed € 121,50 per spese generali, oltre IVA, CPA e tutti gli ulteriori oneri di legge.

PQM

Il Giudice definitivamente pronunciando sulla causa specificata in epigrafe, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede: in parziale accoglimento dell'opposizione revoca il decreto ingiuntivo 20732/2017 emesso il 11.09.2017 dal Tribunale di Roma; condanna omissis al pagamento, in favore degli eredi di omissis, della somma di € 3.750,00 oltre interessi nella misura legale dalla data di presentazione della domanda del 08.08.2017 fino a quella di effettivo pagamento; condanna omissis alla rifusione delle spese di lite in favore degli eredi di omissis che si liquidano in € 810,00 per compensi ed € 121,50 per spese generali, oltre IVA, CPA e tutti gli ulteriori oneri di legge.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità. 

9 marzo 2020

13/20. Ripetizione delle spese sostenute dal vincitore per l’assistenza legale in mediazione e vittoria con forte diminuzione del petitum (Osservatorio Mediazione Civile n. 13/2020)

=> Corte di Cassazione 14 maggio 2019, n. 12712

Il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 13 stabilisce, al comma 2, che qualora il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponda interamente al contenuto della proposta il giudice, se ricorrono "gravi ed eccezionali ragioni", può comunque escludere la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore per l'indennità corrisposta al mediatore, dovendo indicare esplicitamente nella motivazione le ragioni di tale provvedimento. Tale principio non può non essere esteso, considerata l'obbligatorietà della fase di mediazione, alle spese che la parte deve sostenere per fruire dell'assistenza di un proprio difensore in tale fase. Nella specie, posto che il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1, stabilisce che , tra l'altro, per le cause relative a contratti assicurativi, è necessario il preliminare procedimento di mediazione, per cui la mediazione sarebbe una fase necessaria del giudizio complessivo, ci si lamenta in cassazione la mancata rifusione delle spese di mediazione da parte del giudice d'appello; la SC osserva che effettivamente il giudice d'appello esclude - dopo avere contraddittoriamente condannato l’assicurazione a rifondere a controparte tutte le spese dei due gradi di merito - la ripetizione delle spese della fase di mediazione, e ciò giustifica affermando che la parte è stata solo parzialmente vittoriosa per una somma assai ridotta rispetto al petitum iniziale: è evidente, afferma la SC, che ciò non può integrare una fattispecie di "gravi ed eccezionali ragioni", trattandosi solo di una forte diminuzione del petitum, evento che, al contrario, è alquanto frequente quale esito dei giudizi. Il motivo perciò merita accoglimento) (I).


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 13/2020

Corte di Cassazione
Ordinanza n. 12712
14 maggio 2019

Omissis

Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione di norme nonchè, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto discusso e decisivo in relazione alla "eccezione di decadenza di parte appellante dalla facoltà di proporre eccezioni" ai sensi degli artt. 702 bis e 345 c.p.c. per violazione e falsa applicazione degli artt. 277,702 bis, 345 e 437 c.p.c. per omessa pronuncia su tale eccezione. Con comparsa di costituzione in appello, omissis avrebbe eccepito la decadenza di controparte dalla proposizione di eccezioni non rilevabili d'ufficio ai sensi degli artt. 702 bis e 345 c.p.c. in riferimento all'eccezione di merito dell'asserita preesistenza di patologia; il giudice d'appello non avrebbe esaminato tale eccezione e così avrebbe violato l'art. 277 c.p.c. - applicabile anche in appello in forza dell'art. 359 c.p.c. - nonchè gli artt. 702 bis, 345 e 437 c.p.c. L'appellante avrebbe addotto a base della richiesta riforma proprio l'asserita preesistente patologia, e questo non costituirebbe una mera difesa, bensì una vera eccezione di merito; ma essendo rimasta contumace, la compagnia sarebbe decaduta dal sollevarla. Secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte (si richiama Cass. 14581/2007) le eccezioni lato sensu, rilevabili d'ufficio, hanno la rilevabilità condizionata al rispetto del contraddittorio, per cui il giudice non può fondarsi su fatti non allegati tempestivamente dalle parti, e l'allegazione tempestiva deve avvenire al massimo entro l'ultimo termine di determinazione, per il processo di primo grado di thema decidendum e thema probandum. La corte territoriale avrebbe pertanto dovuto esaminare la controeccezione di decadenza sollevata dall'attuale ricorrente.
Questo motivo, considerato il suo effettivo contenuto, deve ritenersi che venga in realtà a denunciare (come soprattutto emerge dalla parte conclusiva) violazione dell'art. 112 c.p.c.: il giudice d'appello non avrebbe esaminato l'eccezione di decadenza dell'appellato e quindi non si sarebbe pronunciato su di essa.
La doglianza non risulta fondata.
Invero, la corte territoriale osserva nella sentenza impugnata, a pagina 5: "E' noto che quando la parte convenuta rimane contumace non può operare il principio della non contestazione dei fatti allegati dalla parte attrice ex art. 115 c.p.c. con la conseguenza che quest'ultima è tenuta a fornire precisa prova di tutti i fatti posti a fondamento del diritto fatto valere in giudizio". Con questo passo - anche se non con assoluta chiarezza - la corte conduce a comprendere che non ritiene fondata l'eccezione di decadenza sollevata dall'appellato, perchè l'appellante ha soltanto fatto valere gli obblighi probatori di controparte, e quindi ha presentato una mera difesa. Il che si inserisce con evidenza nell'insegnamento della giurisprudenza di questa Suprema Corte, a quale da tempo ha dichiarato che l'ambito di operatività della polizza deve essere dimostrato da chi la fa valere per ottenere l'indennizzo dalla compagnia assicuratrice, non costituendo viceversa la sussistenza di suoi limiti oggetto di una eccezione posta a carico della compagnia. Da ultimo, infatti, si è affermato che "in tema di assicurazione della responsabilità civile, l'eccezione di inoperatività della polizza assicurativa non costituisce un'eccezione in senso proprio, ma una semplice difesa volta a contestare il fondamento della domanda, assumendo l'estraneità dell'evento ai rischi contemplati nel contratto. Essa, pertanto, è deducibile per la prima volta in appello" (Cass. sez. 3, 3 luglio 2014 n. 15228), ribadendo così un principio che già in precedenza era stato inequivocamente riconosciuto (v., tra gli arresti massimati, Cass. sez. 3, 22 febbraio 2000 n. 1967, conforme alla pronuncia appena citata; e cfr. pure Cass. sez. 3, 5 agosto 2005 n. 16582, per cui l'adduzione da parte dell'assicuratore della inoperatività della polizza in quanto fatta valere oltre i suoi limiti costituisce esercizio del suo diritto di difesa a fronte della pretesa di indennizzo fondata su tale polizza).
Il motivo, in conclusione, è privo di fondatezza.
Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., e denuncia altresì, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto discusso e decisivo, cioè delle condizioni di polizza, conseguentemente non applicate. Il giudice d'appello avrebbe ritenuto che il consulente tecnico d'ufficio possa avere non solo un incarico valutativo (deducente) ma pure accertatorio (recipiente); nel caso in esame l'incarico sarebbe stato quello di accertare i danni, e il consulente avrebbe accertato le conseguenze dei due eventi traumatici "in un soggetto che era affetto da iniziale patologia degenerativa del rachide cervicale"; conclusione che la corte territoriale avrebbe poi condiviso.
In tal modo la corte avrebbe effettuato violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., comma 2, fondandosi su esiti della consulenza tecnica d'ufficio "senza fornire la necessaria argomentazione logico-giuridica" benchè le risultanze della consulenza fossero state oggetto di "circostanziate contestazioni", prima del consulente di parte dell'attuale ricorrente, e poi della difesa di quest'ultimo in note autorizzate di primo grado e nelle conclusionali di secondo grado. Le critiche avrebbero evidenziato che non si sarebbe potuto comprendere da dove era stata desunta la pretesa patologia preesistente e avrebbero altresì censurato il consulente tecnico d'ufficio per aver travalicato l'ambito del suo incarico, fornendo, senza richiesta, una propria e discutibile interpretazione delle Condizioni di polizza (vengono riportati al riguardo passi della consulenza), nonostante che il suo incarico si limitasse all'accertamento soltanto dei danni e non si estendesse alla quantificazione del relativo indennizzo. E ciò tanto più perchè la compagnia assicuratrice, non essendosi costituito, in primo grado, non aveva eccepito concause per diminuire l'indennizzo. Si richiama giurisprudenza di questa Suprema Corte per affermare che la consulenza tecnica d'ufficio non può accertare fatti non affermati/allegati e che il giudice, se aderisce a conclusioni del consulente tecnico d'ufficio che siano state specificamente contestate, deve motivare in ordine alle censure, giacchè altrimenti ometterebbe la motivazione su un punto decisivo. La corte territoriale inoltre avrebbe omesso di esaminare le prove documentali, e in particolare le condizioni di polizza (di cui si richiamano alcuni elementi): e avrebbe in tal modo dovuto confermare il provvedimento di primo grado. Viene prospettato anche un calcolo di quantificazione dell'indennizzo.
L'ampia illustrazione, appena effettuata, del contenuto del secondo motivo ne evidenzia la natura in buona parte direttamente fattuale, e pertanto inammissibile.
D'altronde, non è sostenibile che in ordine alle contestazioni mosse dalla difesa dell'attuale ricorrente avverso gli esiti della consulenza tecnica d'ufficio la corte territoriale non abbia fornito adeguata risposta: al riguardo la motivazione inequivocamente esiste, perchè il nucleo di quel che esterna di avere accertato la corte territoriale risiede proprio nella preesistente patologia da cui era afflitto l'attuale ricorrente (motivazione, pagine 5-6), che la corte rileva tra l'altro - essere emersa "dall'esame dei certificati medici e radiografici prodotti" da lui stesso.
Anche questo motivo, pertanto, non ha consistenza.
Il terzo motivo denuncia erroneità della sentenza di secondo grado sulla domanda di rimborso delle spese della procedura di mediazione, al cui riguardo sarebbe stato proposto il motivo sub a) dell'appello incidentale. Sussisterebbero le ipotesi di cassazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 per violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 115 c.p.c. La corte territoriale avrebbe rigettato il motivo dell'appello incidentale "perchè omissis è stato solo parzialmente vittorioso per una somma assai ridotta rispetto al petitum iniziale". Oppone il motivo che la regolamentazione delle spese deve essere effettuata secondo l'esito finale di un processo svolto in gradi, come insegna la giurisprudenza di legittimità: e quindi, essendo la compagnia assicuratrice soccombente, essa avrebbe dovuto rifondere le spese per tutti i gradi e tutte le fasi del giudizio. Il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1, stabilisce che è necessario il preliminare procedimento di mediazione, tra l'altro, per le cause relative a contratti assicurativi. Stabilisce pertanto un requisito di procedibilità, per cui la mediazione sarebbe "una fase necessaria del giudizio complessivo".
Questo motivo lamenta la mancata rifusione delle spese di mediazione da parte del giudice d'appello, e dimostra una manifesta fondatezza.
Il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 13 stabilisce, al comma 2, che qualora il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponda interamente al contenuto della proposta il giudice, se ricorrono "gravi ed eccezionali ragioni", può comunque escludere la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore per l'indennità corrisposta al mediatore, dovendo indicare esplicitamente nella motivazione le ragioni di tale provvedimento. Principio che non può non essere esteso, considerata l'obbligatorietà della fase di mediazione, alle spese che la parte deve sostenere per fruire dell'assistenza di un proprio difensore in tale fase.
Effettivamente il giudice d'appello esclude - dopo avere contraddittoriamente condannato C. a rifondere a controparte tutte le spese dei due gradi di merito - la ripetizione delle spese della fase di mediazione, e ciò giustifica affermando che omissis "è stato solo parzialmente vittorioso per una somma assai ridotta rispetto al petitum iniziale". Tuttavia, è evidente che ciò non può integrare una fattispecie di "gravi ed eccezionali ragioni", trattandosi solo di una forte diminuzione del petitum, evento che, al contrario, è alquanto frequente quale esito dei giudizi.
Il motivo perciò merita accoglimento, e non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto conduce - cassata in parte qua la sentenza - alla decisione in merito, come si vedrà infra.
Il quarto motivo denuncia l'erroneità della sentenza di secondo grado sulla domanda di liquidazione delle spese secondo i criteri di cui al D.M. n. 55 del 2014, art. 4 (in ciò consisteva il motivo sub b) dell'appello incidentale). Sussisterebbe vizio in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e15 c.p.c., D.M. n. 55 del 2014, artt. 4 e 28. Il primo giudice non avrebbe liquidato le spese in base all'invocato decreto ministeriale, pur essendo questo già all'epoca vigente; controparte non avrebbe neppure contestato tale motivo d'appello incidentale.
Per questo motivo è sufficiente constatare che dell'analogo motivo d'appello si è correttamente verificato assorbimento, come rileva la corte nel penultimo periodo della motivazione, a pagina 8: "Il motivo di appello incidentale relativo alla domanda di liquidazione delle spese di lite in maggior misura deve ritenersi assorbito per effetto della revisione del quantum delle spese dovute rideterminate in base al criterio del valore". Non vi è, pertanto, alcuna fondatezza.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto limitatamente al terzo motivo - rigettati gli altri -, il che comporta la cassazione senza rinvio della sentenza in parte qua e, sussistendo il presupposto di cui all'art. 384 c.p.c., comma 2, la decisione nel merito, condannandosi la controricorrente a rifondere al ricorrente le spese di mediazione, liquidate come da dispositivo.
Quanto alle spese processuali del grado, liquidate per l'intero come da dispositivo, la reciproca soccombenza ne giustifica la compensazione per metà, condannandosi la controricorrente a rifondere al ricorrente la metà ulteriore.

PQM

Accoglie il ricorso limitatamente al terzo motivo, rigetta gli altri, cassa in relazione e, decidendo nel merito, condanna la controricorrente a rifondere al ricorrente le spese di mediazione, liquidate in Euro 1500, oltre a Euro 108,90 per anticipazioni, al 15% per spese generali e agli accessori di legge. Condanna altresì la controricorrente a rifondere a controparte la metà delle spese processuali del grado, liquidate per l'intero in un totale di Euro 5000, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge, compensando l'altra metà.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

2 marzo 2020

12/20. MEDIA Magazine n. 3 del 2020 (Osservatorio Mediazione Civile n. 12/2020)


MEDIA Magazine
Mensile dell’Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile
ISSN 2281 - 5139
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N. 3/20  Marzo 2020


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GIURISPRUDENZA

=> Tribunale di Roma, 22 ottobre 2019, n. 20267

=> Corte di Cassazione 22 novembre 2019, n. 30520


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Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 12/2020