DIRITTO D'AUTORE


Tutti i testi e le massime giurisprudenziali sono coperti da diritto d’autore. Uso consentito citando la fonte con relativo link. Pregasi segnalare la citazione.

6 dicembre 2024

39/24. MEDIA Magazine n. 12 del 2024 (Osservatorio Mediazione Civile n. 39/2024)

 


MEDIA Magazine

Mensile dell’Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile
ISSN 2281 - 5139

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n. 12/24  Dicembre 2024



L’Osservatorio compie 13 anni di attività!



Giurisprudenza


Partecipazione alla mediazione: le parti possono farsi sostituire da un rappresentante sostanziale, coincidente con lo stesso difensore che le assiste (Osservatorio Mediazione Civile n. 36/2024)

=> Corte di Cassazione, 2 luglio 2024 n. 18106



COMMENTI E APPROFONDIMENTI


Produzione in giudizio della consulenza tecnica svolta in mediazione [cfnews] (Osservatorio Mediazione Civile n. 37/2024)



CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE


L’avvocato non presenzia ad un incontro di mediazione di cui aveva richiesto, invano, un rinvio: rilevanza deontologica? (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2024)

=> Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Consales), sentenza n. 141 del 22 aprile 2024 (pubbl. 24.9.2024)



SEGNALAZIONE EDITORIALE

Alessandra GRASSI, LA CONCILIAZIONE  IN MATERIA DI CONSUMO E DELLE LITI TRANSFRONTALIERE. Le dispute tra consumatori e imprese nell’era della globalizzazione e del commercio elettronico: dinamiche, sfide e soluzioni, Diritto Avanzato, Milano, 2024 (dicembre).

Per approfondimenti si rimanda alla scheda del volume sul portale del Centro Studi Diritto Avanzato.



REDAZIONE APERTA


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Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 39/2024

(http://osservatoriomediazionecivile.blogspot.it)

19 novembre 2024

38/24. L’avvocato non presenzia ad un incontro di mediazione di cui aveva richiesto, invano, un rinvio: rilevanza deontologica? (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2024)


=> Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Consales), sentenza n. 141 del 22 aprile 2024 (pubbl. 24.9.2024)


L’inadempimento al mandato non ha rilevanza deontologica ex se, giacché l’inadempimento contrattuale, quantunque rilevante sul piano della responsabilità civile, integra anche responsabilità disciplinare solo quando l’inadempimento stesso derivi da “non scusabile e rilevante trascuratezza” ex art. 26 cdf (Nel caso di specie, l’avvocato non aveva presenziato ad un incontro di mediaconciliazione, di cui aveva tuttavia richiesto -ma invano- un rinvio per un suo impedimento. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha escluso rilevanza disciplinare alla condotta). [massima ufficiale]


Il provvedimento per esteso consultabile al seguente URL: https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/2024-141.pdf


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2024

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

13 novembre 2024

37/24. Produzione in giudizio della consulenza tecnica svolta in mediazione [cfnews] (Osservatorio Mediazione Civile n. 37/2024)

 

Si può produrre in giudizio la consulenza svolta in mediazione?


di Manuela ZANUSSI

(fonte CassaForense: cfnews.it del 26.4.2024)


La Riforma Cartabia ha modificato l'articolo 8 del D. Lgs. 28/2010, che già dalle origini della mediazione civile e commerciale prevedeva la facoltà di svolgere la consulenza tecnica durante la procedura: “Il mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali”.

Il legislatore della novella ha normato, positivizzandola, una prassi consolidata negli Organismi e tra i mediatori. In ogni caso, va verbalizzata la scelta e la pattuizione delle parti di poter produrre l’elaborato nel successivo eventuale giudizio: il documento peritale che si forma all’interno della procedura è infatti diversamente coperto da riservatezza assoluta ai sensi degli artt. 9 e 10 D. Lgs.

Recita il nuovo comma 7 dell’art. 8:

Al momento della nomina dell'esperto, le parti possono convenire la producibilità in giudizio della sua relazione, anche in deroga all'articolo 9. In tal caso, la relazione è valutata ai sensi dell'articolo 116, comma primo, del codice di procedura civile”.

Se apprezzabile l’intento del legislatore di dare veste normativa alla prassi invalsa, dall’altro lato l’ingresso di un istituto tipicamente officioso e processuale in una procedura informale e destrutturata quale la mediazione determina conseguenze “processualizzanti” che vanno ponderate e ben conosciute per evitarne le aberrazioni.

  1. Quando e come nominare il consulente in mediazione

Il consulente in mediazione va nominato sul presupposto che le parti, sia su loro richiesta sia su sollecitazione del mediatore, ritengano che le questioni trattate abbiano necessità di approfondimenti tecnici (questioni medico sanitarie con una quantificazione medico-legale dei danni, accertamenti estimativi su questioni di divisione immobiliare, redazione dei conteggi di revisione di tabelle millesimali etc.).

La norma dispone che sia il mediatore ad “avvalersi” dell’esperto. Di norma, tuttavia, non è il mediatore a nominare il consulente (come accade all’ausiliario del giudice nel processo), ma alternativamente o la nomina avviene a cura delle parti, ovvero la nomina viene effettuata dall’Organismo, ma subordinatamente all’impegno solidale delle parti a sostenerne i costi.

  1. Il consulente in mediazione: chi deve essere e che regole deve seguire

Il perito deve essere un esperto iscritto nelle liste dei CTU del Tribunale. Tuttavia le parti liberamente, nella loro disponibilità, possono anche nominare un soggetto non inserito nelle liste.

In mediazione non esistono regole precostituite, né l’istituto ha una sua “procedura”, ma uno dei principi cardine che va seguito è quello del contraddittorio, sia per la legittimità nel procedimento di mediazione, sia per l’efficacia nel successivo giudizio.

Spesso, anche solo per deformazione professionale, avvocati e consulenti seguono le abitudini giudiziali di consentire nomine di consulenti di parte entro l’inizio delle operazioni, dare un termine per redigere una bozza, uno successivo per osservazioni ai consulenti di parte e uno finale per il deposito; tuttavia tutto è lasciato alla libera determinazione e disponibilità delle parti stesse.

Anche sulla redazione del quesito, le parti devono accordarsi e stenderlo congiuntamente al mediatore, così come sempre all’atto della nomina prevedere il costo della consulenza e la ripartizione della relativa spesa.

  1. La perizia e il suo valore

Come sopra detto, la novità della riforma Cartabia è stata di chiarire la questione della producibilità dell’elaborato nel successivo giudizio, richiedendo alle parti di verbalizzare, all’atto dell’incarico, se esse vogliano che la perizia sia producibile in giudizio.

Se le parti stabiliscono che l’esito peritale possa essere producibile, esse in pratica rinunciano espressamente all’obbligo di riservatezza che copre il documento (articoli 9 e 10 del decreto 28/2010). La perizia viene così volutamente “dissecretata” e pertanto è producibile; se invece le parti la vogliono riservata e viene successivamente prodotta in violazione di tale disposto, determina innanzitutto conseguenze deontologiche per l’avvocato.

Secondo la giurisprudenza formatasi sotto il testo normativo ante Cartabia, però, la CTM prodotta in giudizio pur se in violazione della segretezza aveva valore probatorio di prova atipica ed era utilizzabile. Diverse sentenze, nella vigenza della vecchia normativa, pur ritenendo la perizia illegittimamente introdotta in giudizio, l’hanno ritenuta infatti utilizzabile quale prova atipica e valutata dal giudice ex art. 116 cpc. Tra le altre, la sentenza 1094/2022 del Tribunale di Roma, che ha ribadito la piena producibilità dell’elaborato in giudizio

in virtù di un equilibrato contemperamento fra l’esigenza di riservatezza che ispira il procedimento di mediazione e quella di economicità ed utilità delle attività che si compiono nel corso e all’interno di tale procedimento (in questo senso Trib. Roma 17 marzo 2014), trattandosi peraltro di una perizia redatta tenendo conto del principio del contraddittorio.”.

Anche un recente Tribunale di Pordenone n. 595/2022 del 4.11.22 ha seguito l’orientamento del Giudice capitolino, sostenendo che era del tutto infondata la domanda attorea di

condanna dello stesso convenuto al pagamento –a titolo di sanzione– d’importo equitativamente determinato secondo il prudente apprezzamento del Giudicante, in considerazione del comportamento tenuto nella procedura di mediazione: e ciò in quanto una tale sanzione non è prevista dalla legge […]. Condivisibilmente la giurisprudenza ritiene producibile ed utilizzabile nel successivo giudizio la relazione del consulente nominato nel corso di tale procedimento […]”.

A sgombrare il campo, però, è oggi la nuova norma dell'articolo 8, che ora stabilisce espressamente che il CTM deve essere autorizzato dalle parti a redigere una perizia producibile (o meno), con dichiarazione che deve risultare chiaramente a verbale all’atto dell’incarico. Solo a tale condizione essa potrà essere depositata in giudizio col valore della prova atipica valutabile ex art. 116 cpc, diversamente venendo rafforzata la segretezza della procedura di mediazione.

La riforma Cartabia apre dunque a nuove e diverse pronunce giurisprudenziali; così, nel successivo giudizio, vi potrebbe essere non solo un’espressa declaratoria di inutilizzabilità del documento introdotto in violazione di legge, ma addirittura una valutazione giudiziale della condotta della parte che l’abbia prodotto, con ogni relativa conseguenza di natura deontologica per il legale, in relazione alla violazione del principio di lealtà e buona fede.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 37/2024

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

7 novembre 2024

36/24. Partecipazione alla mediazione: le parti possono farsi sostituire da un rappresentante sostanziale, coincidente con lo stesso difensore che le assiste (Osservatorio Mediazione Civile n. 36/2024)

 

=> Corte di Cassazione, 2 luglio 2024 n. 18106


Deve ritenersi che la parte (in particolare, la parte che intende iniziare l'azione, ma identico discorso vale per la controparte), che per sua scelta o per impossibilità non possa partecipare personalmente ad un incontro di mediazione, possa farsi sostituire da una persona a sua scelta e quindi anche - ma non solo - dal suo difensore. Allo scopo di validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte deve conferirgli tale potere mediante una procura avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto. Dunque, nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. n. 28 del 2010, quale condizione di procedibilità per le controversie nelle materie indicate dall'art. 5, comma 1 bis, del medesimo decreto (come introdotto dal D.L. n. 69 del 2013, conv., con modif., in L. n. 98 del 2013), è necessaria la comparizione personale delle parti, assistite dal difensore, pur potendo le stesse farsi sostituire da un loro rappresentante sostanziale, dotato di apposita procura, in ipotesi coincidente con lo stesso difensore che le assiste (I).


(I) In tal senso Cassazione civile, 27 marzo 2019 n. 8473, in Osservatorio Mediazione Civile n. 19/2019.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 36/2024

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)


Cote di cassazione

sezione I

ordinanza n. 18106

2 luglio 2024


Omissis


Fatti di causa


Con sentenza no 682 del 26 giugno 2017, il Tribunale di Reggio Emilia ha dichiarato improcedibile, a causa del mancato esperimento del tentativo di mediazione ex art. 5 D.Lgs. n. 28/2010, l'opposizione proposta da omissis, avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dalla Cassa di risparmio omissis. Gli opponenti erano condannati in solido a pagare Euro 92.531,40, oltre interessi dal 1 luglio 2012, a titolo di debito concordato nel piano di rientro 7 aprile 2010, rimasto totalmente inadempiuto.

Il primo giudice, rilevato d'ufficio il mancato esperimento del tentativo di mediazione, all'esito della prima udienza tenutasi il 17.11.2016, assegnava il termine di quindici giorni per il suo espletamento. Gli opponenti provvedevano alla sua instaurazione. Tuttavia omissis non vi partecipavano personalmente, in quanto davanti al mediatore (come risulta dal verbale prodotto in causa) era comparso solo un sostituto del difensore. Quest'ultimo si riservava di produrre in un secondo momento la delega.

Parallelamente, parte opposta si presentava con il proprio difensore di fiducia "giusta delega agli atti".

Avverso la sentenza gli attuali ricorrenti hanno proposto gravame dinanzi alla Corte di Appello di Bologna.

Con la sentenza qui impugnata la Corte adita ha rigettato il gravame Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha statuito che:

a) attesa l'assenza di una previsione legislativa espressa che imponga la partecipazione personale delle parti e la sua non riconducibilità tra gli atti personalissimi, i contendenti possono farsi sostituire davanti al mediatore da un delegato - eventualmente coincidente con lo stesso difensore - purché questo sia munito non della procura alle liti, ma di una specifica procura sostanziale, non autenticabile dal difensore stesso;

b) ai fini della regolare partecipazione al tentativo di mediazione obbligatoria non è sufficiente la mera procura alle liti, essendo questa limitata ai poteri processuali conferiti al difensore e non comprensiva dei poteri conciliativi giudiziali;

c) la disposizione del diritto in sede conciliativa deve essere oggetto di apposita procura sostanziale (diversa ed aggiuntiva), nel caso in cui la parte non voglia o sia impossibilitata a partecipare all'incontro;

d) l'appellante ha impugnato la sentenza censurando il percorso motivazionale nella parte in cui il primo giudice ha ritenuto irritualmente esperita la mediazione e chiedendo, quindi, di accertare che l'esperimento conciliativo si era regolarmente svolto. Non ha, invece, impugnato la prima decisione nella parte in cui ha dichiarato improcedibile l'opposizione, anziché il ricorso monitorio, sul rilievo che l'irrituale svolgimento della mediazione dovese ricadere sulla banca opposta, quale parte tenuta ad iniziare la procedura di mediazione. Ne deriva che la sentenza di primo grado deve ricevere integrale conferma.

omissis hanno presentato ricorso per cassazione con un motivo.

omissis ha presentato controricorso.


Ragioni della decisione


Il ricorrente deduce:

Con il primo motivo: Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. in riferimento al D.Lgs. n. 28/2010. La Corte ha ritenuto obbligatoria la personale partecipazione delle parti ai procedimenti deflattivi e, pertanto, la loro mancata partecipazione sia tale da inficiare la validità e l'efficacia della procedura di mediazione, nonostante che le parti siano state tecnicamente assistite e la procedura si sia articolata in più incontri nell'ambito dei quali i soggetti abbiano avuto la possibilità di confrontarsi sulle reciproche posizioni. Deduce, infine, che la mancata partecipazione personale alla procedura ha determinato il paradosso per il quale la banca ha subito come sanzione il solo pagamento di una somma pari al contributo unificato e l'attuale ricorrente, invece, di sentir dichiarare "la ben più pesante conseguenza" del passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo opposto.

La censura è inammissibile.

I giudici del merito hanno risolto la controversia in puntuale conformità agli insegnamenti di questa Corte.

La questione giuridica è se, nel procedimento di mediazione, il cui preventivo esperimento è previsto obbligatoriamente, a pena di improcedibilità, per le controversie nelle materie indicate dall'art. 5, comma 1 bis, d.ls. n. 28/2010 e disciplinato, in particolare, dagli artt. 5 e 8 dello stesso, la parte che propone la mediazione sia tenuta a comparire personalmente davanti al mediatore, affinché il tentativo si possa ritenere compiuto, a pena di improcedibilità dell'azione proposta senza previo esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria, o se la stessa possa - e in che modo - farsi sostituire.

"Qualora si ammetta che la parte possa farsi sostituire, ovvero che sia un atto delegabile ad altri, occorre individuare i modi e le forme di tale sostituzione, ovvero se possa essere sostituita da chiunque, ed in particolare se possa farsi sostituire anche dal suo avvocato e, qualora si ammetta che possa essere sostituita dal suo avvocato, con quale atto tali poteri possano essere conferiti". Il procedimento deformalizzato che si svolge davanti al mediatore, in cui la miglior garanzia di riuscita era costituita innanzitutto dalla stessa professionalizzazione della figura del mediatore, offre alle parti un momento di incontro, perché possano liberamente discutere prima che le rispettive posizioni risultino irrigidite dalle posizioni processuali assunte e dalle linee difensive adottate, nonché da agevolazioni fiscali. Il successo dell'attività di mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale il quale può, grazie alla interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l'acuirsi della conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali. In tale contesto la figura dell'avvocato è stata introdotta successivamente con l'art. 5, comma 1 bis, quale professionista esperto in tecniche negoziali che assiste la parte nella procedura. L'art. 8, dedicato al procedimento, prevede espressamente che al primo incontro davanti al mediatore debbano essere presenti sia le parti che i loro avvocati.

La previsione della presenza sia delle parti sia degli avvocati comporta che, ai fini della realizzazione della condizione di procedibilità, la parte non possa evitare di presentarsi davanti al mediatore, inviando soltanto il proprio avvocato.

Non è previsto, né escluso che la delega possa essere conferita al proprio difensore.

Deve quindi ritenersi che la parte (in particolare, la parte che intende iniziare l'azione, ma identico discorso vale per la controparte), che per sua scelta o per impossibilità non possa partecipare personalmente ad un incontro di mediazione, possa farsi sostituire da una persona a sua scelta e quindi anche - ma non solo - dal suo difensore.

Allo scopo di validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte deve conferirgli tale potere mediante una procura avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto.

Nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. n. 28 del 2010, quale condizione di procedibilità per le controversie nelle materie indicate dall'art. 5, comma 1 bis, del medesimo decreto (come introdotto dal D.L. n. 69 del 2013, conv., con modif., in L. n. 98 del 2013), è necessaria la comparizione personale delle parti, assistite dal difensore, pur potendo le stesse farsi sostituire da un loro rappresentante sostanziale, dotato di apposita procura, in ipotesi coincidente con lo stesso difensore che le assiste (così limpidamente anche in motivazione Cass., n. 8473/2019).

Tali principi sono ribaditi, anche se sotto diverso aspetto, da Cass., n. 205/2024 che ha specificato che in tema di mediazione obbligatoria ex art. 5, comma 1-bis, D.Lgs. n. 28/2010, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda, ma l'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Condizione che si è puntualmente verificata nella prima udienza del giudizio di I grado nella controversia in esame.

Quanto alla doglianza sul diverso esito tra le parti per la dichiarata e confermata improcedibilità, va rilevato che la censura non coglie la ratio decidendi su tale aspetto poiché la Corte sottolinea che l'attuale ricorrente: "Non ha, invece, impugnato la prima decisione nella parte in cui ha dichiarato improcedibile l'opposizione, anziché il ricorso monitorio, sul rilievo che l'irrituale svolgimento della mediazione dovese ricadere sulla banca opposta, quale parte tenuta ad iniziare la procedura di mediazione. Ne deriva che la sentenza di primo grado deve ricevere integrale conferma". La circostanza, inevitabilmente, produce gli effetti delineati nella censura.

Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.


PQM


La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti, in solido tra di loro, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000 per compensi e Euro 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge; ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30.5.2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

5 novembre 2024

35/24. MEDIA Magazine n. 8-9-10-11 del 2024 (Osservatorio Mediazione Civile n. 29/2024)

 

MEDIA Magazine

Mensile dell’Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile
ISSN 2281 - 5139

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n. 8-9-10-11/24  Novembre 2024



Buona lettura.



Giurisprudenza


Mediazione obbligatoria: apposita prima udienza anticipata per sentire i difensori sul tema della condizione di procedibilità (Osservatorio Mediazione Civile n. 32/2024)

=> Tribunale di Bologna, 15 aprile 2024


Sublocazione e cessione del contratto di locazione, domanda di mediazione e contestazione dell’inadempimento del cessionario/conduttore? (Osservatorio Mediazione Civile n. 34/2024)

=> Corte di Cassazione, 19 febbraio 2024 n. 4405



COMMENTI E APPROFONDIMENTI


Clausole di mediazione e rilevanza nel processo [cfnews] (Osservatorio Mediazione Civile n. 33/2024)



NORME


DM 9.8.2024, Modifica dei termini previsti dagli articoli 42, comma 1, e 43, comma 1, del decreto del Ministro della giustizia del 24 ottobre 2023, n. 150 (Osservatorio Mediazione Civile n. 31/2024)



REDAZIONE APERTA


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Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 35/2024

(http://osservatoriomediazionecivile.blogspot.it)

31 ottobre 2024

34/24. Sublocazione e cessione del contratto di locazione, domanda di mediazione e contestazione dell’inadempimento del cessionario/conduttore? (Osservatorio Mediazione Civile n. 34/2024)

 

=> Corte di Cassazione, 19 febbraio 2024 n. 4405


L’impugnata sentenza va cassata e rinviata alla Corte d'appello in applicazione del seguente principio di diritto: “Ai fini del rispetto del beneficium ordinis previsto dall'art. 36 della legge 392/1978, ciò che rileva è l'inadempimento vero e proprio del cessionario/conduttore, che, da parte del locatore, deve essere fatto constatare con autonomo atto, prima di rivolgersi al cedente e di esperire l'azione giudiziale. Tale autonomo atto può essere anche costituito dalla domanda di mediazione, ovvero dalla richiesta di partecipazione alla mediazione (nel caso di specie obbligatoria), estese - in funzione del successivo giudizio - anche al cessionario (e nel caso di cessioni successive all'ultimo cessionario), atteso che una simile iniziativa, per le sue caratteristiche funzionali ben può essere considerata come richiesta di adempimento ante causam fatta nei riguardi del cessionario (o dell'ultimo cessionario)” (I) (II).


(I) Si veda l’art. 5, d.lgs. n. 28/2010 (come novellato dalla c.d. riforma Cartabia), in Osservatorio Mediazione Civile n. 28/2023.


(II) Art. 36, l. 27.7.1978, n. 392.

Sublocazione e cessione del contratto di locazione.

Il conduttore può sublocare l'immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l'azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore può opporsi, per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. Nel caso di cessione, il locatore, se non ha liberato il cedente, può agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte.

Le indennità previste dall'articolo 34 sono liquidate a favore di colui che risulta conduttore al momento della cessazione effettiva della locazione.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 34/2024

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)


Cote di cassazione

sezione III

ordinanza n. 4405

19 febbraio 2024


Omissis


rilevato


1. GG Srl, con contratto registrato il 21.12.2010, concedeva in locazione a EE Srl l'immobile a uso commerciale sito in Osmannoro per la durata dal 1.12.2010 al 30.11.2016, dietro corresponsione di canone annuale.

Successivamente EE vendette a X Srl (all'epoca X Srl), un ramo d'azienda, del quale faceva parte il contratto di locazione dello stabile in questione, e comunicò a GG la cessione, pregando la società locatrice di provvedere alla “volturazione” del contratto di Via Volga a X (X). Il 19.10.2016 X vendette a X Network Srl un ramo di azienda che non comprendeva il contratto di locazione, ma altre “autorizzazioni e rapporti contrattuali”.

1.2. GG -sostenendo in fatto di essere stata lasciata all'oscuro dei vari passaggi e di non avere mai acconsentito ad alcuna cessione, ed eccependo in diritto che non era intervenuta alcuna liberazione della originaria conduttrice da parte di essa proprietaria, la quale non aveva mai espresso il consenso alla cessione, cosicché la stessa rimaneva obbligata in solido con la cessionaria per il pagamento dei canoni di locazione- agiva (sia con ricorso ex 447 bis cod. proc. civ., sia con intimazione di sfratto, procedimenti poi riuniti) contestualmente contro EE, X (già X) e X Network, chiedendo (i) la risoluzione per grave inadempimento di EE, X e X Network; (ii) la loro condanna in solido a riconsegnare l'immobile; (iii) la loro condanna in solido a pagarle i canoni scaduti e a scadere.

Si costituiva resistendo EE, deducendo di avere dato rituale comunicazione a GG della cessione, ed inoltre chiedendo:

(i) dichiararsi la propria carenza di legittimazione passiva rispetto alle domande di risoluzione e di rilascio dell'immobile, perché il contratto era stato ceduto, assieme al ramo d'azienda, a X, così come la conseguente disponibilità materiale dell'immobile;

(ii) rigettarsi la domanda di pagamento dei canoni, perché GG, ai sensi dell'art. 36 L. 392/78, avrebbe dovuto prima agire contro la cessionaria X, che, per contro, neppure era stata messa in mora; (iii) in subordine, chiedeva di essere manlevata da X e da X Network, alle quali esclusivamente sarebbe stata ascrivibile qualsiasi responsabilità.

Si costituiva X (già X), nella sola causa di sfratto per morosità, sostenendo di avere liberato e rilasciato l'immobile, perché, in sostanza, erano sopravvenuti fatti che rendevano ormai inservibile l'immobile a fini di impresa, e di aver comunicato a GG di avere liberato i locali, e dunque chiedendo:

(i) rigettarsi ogni domanda di GG contro di sé, avendo rilasciato i locali e non avendo nulla a che fare con la situazione creatasi;

(ii) rigettarsi, in ogni caso, la malleva di EE, perché per un parte la morosità risaliva all'agosto 2014, periodo che doveva restare a carico di EE anche in base a una transazione intervenuta fra loro, mentre la morosità successiva al 28 aprile 2016 era stata sanata con un versamento a GG (a titolo di canoni da maggio a ottobre 2016) effettuata da tale Agestel Srl

Si costituiva X Network, infine, chiedendo dichiararsi la propria carenza di legittimazione passiva, perché del tutto estranea alla vicenda, essendo stata cessionaria da EE di un diverso ramo d'azienda, non comprendente l'immobile oggetto di causa; aderiva comunque alle difese di X.

1.3. Con sentenza del 19 novembre 2019 il Tribunale di Firenze rigettava ogni domanda di GG contro X e X Network per carenza di legittimazione passiva; accoglieva tutte le domande di GG contro EE, pronunciando la risoluzione del contratto e condannando EE a rilasciare l'immobile, nonché a pagare tutti i canoni di locazione scaduti e di futura scadenza sino alla riconsegna; rigettava la domanda di manleva proposta da EE; condannava EE a rimborsare le spese a GG; condannava GG a rimborsare le spese a X e a X Network.

2. Avverso tale sentenza EE proponeva appello avanti alla Corte d'Appello di Firenze.

Si costituiva GG, resistendo e proponendo appello incidentale.

Si costituiva X Network Srl, resistendo e proponendo appello incidentale.

Restava intimato il Fallimento X Srl in liquidazione.

2.1. Con sentenza n.410/2021 pubblicata il 9 marzo 2021, la Corte d'Appello di Firenze accoglieva l'appello proposto da EE Srl, così pronunciando: “1. in accoglimento dei motivi primo, terzo e quarto dell'appello principale, assorbiti il secondo e il quinto; assorbite altresì le domande di malleva reiterate contro EE Srl da X Network Srl e da X Srl; nonché dichiarato improcedibile l'appello incidentale di GG Srl; rigettato infine l'appello incidentale proposto da X Network Srl contro GG Srl, in corrispondente parziale riforma della impugnata sentenza n. 3483/2019 emessa dal Tribunale di Firenze il 19.11.2019, confermata nel resto: a. rigetta tutte le domande proposte da GG Srl nei confronti di EE Srl; b. condanna GG Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, a rimborsare a EE Srl le spese processuali di primo grado, che liquida in complessivi Euro 8.030,00 per compensi professionali di avvocato, oltre al 15% per rimborso di spese generali, c.a.p. e i.v.a. secondo legge; 2. condanna GG Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, a rimborsare a EE Srl le spese processuali del presente grado, che liquida in complessi Euro 10.916,50, di cui Euro 165,50 per esborsi ed Euro 10.751,00 per compensi professionali di avvocato, oltre al 15% sui compensi per rimborso di spese generali, c.a.p. e i.v.a. secondo legge; 3. compensa integralmente fra GG Srl e X Network Srl le spese processuali del grado”.

3. Avverso tale sentenza GG Srl propone ora ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso Sirti-Net Srl in liquidazione (già EE Srl in liquidazione).

Resiste con controricorso X Network Srl

Sebbene intimato, il Fallimento X Srl non ha svolto attività difensiva.

4. La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell'art. 380-bis.1, cod. proc. civ.

Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni

La ricorrente e le resistenti hanno depositato memorie illustrative.


Considerato


1. Con il primo motivo la società ricorrente denuncia “Violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. e, in particolare dell'art. 36 della L.392/1978, e/o omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.”.

Lamenta che la Corte d'Appello di Firenze non avrebbe preso in considerazione la reale posizione giuridica delle parti, dato che EE non è il locatore originario, bensì il primo dei cessionari e dunque un cedente intermedio, e per l'effetto avrebbe erroneamente ritenuto la EE gravata da responsabilità sussidiaria, caratterizzata dal beneficium ordinis, senza invece tenere conto dell'orientamento di legittimità, secondo cui tra tutti i cedenti intermedi (tra cui appunto EE) vige la regola della presunzione di una responsabilità solidale.

Ne deriva altresì che erroneamente la corte territoriale ha applicato al caso di specie il principio, derivante dal citato art. 36, del necessario rispetto del beneficium ordinis, per cui occorre che prima dell'azione giudiziale il cessionario sia quanto meno messo mora con specifico atto, ancorché stragiudiziale.

Se la corte territoriale avesse correttamente applicato i suddetti principi, avrebbe escluso la necessità di preventiva messa in mora del cessionario finale per poter agire giudizialmente nei confronti del cedente intermedio.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia “Violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 c.p.c. e, in particolare, dell'art.36 della L.392/1978, Disciplina delle locazioni di immobili urbani, G.U. n.211 del 29 luglio 1978 e/o

omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, comma 1, n.5, cod. proc. civ. e, in particolare, la Corte d'Appello di Firenze avrebbe errato nel ritenere che GG non abbia preventivamente cercato di ottenere l'adempimento dall'ultimo, nonché dal primo dei cessionari intermedi”.

Lamenta, lungi dal volere equiparare un invito a partecipare ad un procedimento di mediazione ad una formale messa in mora, che la corte di merito non ha considerato che essa GG prima di agire contro EE aveva inviato a X Srl ed a X Network l'invito alla mediazione obbligatoria prodromica alla causa, e dunque non ha considerato che prima di convenire in giudizio EE, GG ha preventivamente tentato di ottenere il pagamento da tutti i cessionari intermedi, dunque conformandosi pienamente al dettato normativo di cui all'art. 36 della legge 392/1978.

3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia “Violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. e, in particolare, degli artt. 348,348-bis, 348-ter e 350 c.p.c. nonché 436 e 437 cod. proc. civ. per aver dichiarato erroneamente improcedibile l'appello incidentale di GG verso X Srl”.

Lamenta che la corte di merito ha erroneamente dichiarato improcedibile l'appello incidentale proposto da GG.

Deduce che tutte le parti erano costituite telematicamente e che in tal caso, come scritto nel decreto di fissazione di udienza, non era necessario né richiesto il deposito di ricorsi o notifiche; inoltre sul tema specifico dell'appello incidentale tutte le controparti avevano dispiegato ampie difese deduzioni ed eccezioni, per cui non era ravvisabile lesione alcuna del loro diritto di difesa.

4. Il primo motivo, in disparte il pur non marginale rilievo per cui la GG -solo genericamente evocando la documentazione prodotta in primo grado- sostanzialmente sollecita un riesame del merito in ordine alla posizione di EE quale cedente intermedio, evenienza mai menzionata nelle precedenti decisioni di merito, è infondato.

L'art. 36 legge n. 392/1978 prevede che: “Il conduttore può sublocare o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l'azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il Locatore può opporsi, per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. Nel caso di cessione, il locatore, se non ha liberato il cedente, può agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia alle obbligazioni assunte”.

4.1. Tanto premesso, questa Corte, con orientamento cui si intende dare continuità, ha già avuto modo di affermare che “in caso di cessione del contratto di locazione (contestualmente a quella dell'azienda) effettuata ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 36, senza il consenso del locatore, mentre tra (l'unico) cedente e (l'unico) cessionario intercorre un vincolo di responsabilità sussidiaria (contraddistinta dal beneficium ordinis, che consente, perciò, al locatore di rivolgersi al cedente, con l'esperimento delle relative azioni giudiziali per il soddisfacimento delle obbligazioni inerenti il suddetto contratto, solo dopo che si sia configurato l'inadempimento del cessionario), nell'ipotesi di verificazione di plurime cessioni a catena, caratterizzate ciascuna dalla dichiarazione di non liberazione dei distinti cedenti, viene a configurarsi tra tutti i cedenti “intermedi” del contratto stesso (compreso il primo) un vincolo di corresponsabilità, rispetto al quale, in assenza di qualsivoglia limitazione ex lege, deve ritenersi normalmente applicabile la regola generale della presunzione di solidarietà (prevista dall'art. 1294 c.c.), in virtù della quale tutti i cedenti (a loro volta cessionari) non liberati dal locatore risponderanno, in solido tra loro, dell'obbligazione inadempiuta dall'attuale conduttore” (così Cass. n. 9486/2007)

4.2. La giurisprudenza successiva ha poi consolidato i seguenti principi:

a) a differenza della cessione del contratto, a struttura trilaterale (il consenso del contraente ceduto è elemento essenziale della cessione, e non co-elemento di efficacia della stessa) la cessione ex art. 36 si perfeziona con la semplice comunicazione al locatore, senza che, rispetto alla sua struttura, incida l'eventuale opposizione del locatore per gravi motivi;

b) in caso di cessione (o locazione) di azienda, con contestuale cessione del contratto di locazione dell'immobile nel quale l'azienda è esercitata, la disciplina recata dalla predetta norma (deviando in parte da quella generale di cui all'art. 1408 cod. civ.) comporta che, se il locatore non può opporsi alla sublocazione o alla cessione del contratto di locazione, unitamente alla cessione o locazione dell'azienda, tuttavia lo stesso può contare sul protrarsi della responsabilità del cedente per il pagamento del canone, nel caso di inadempimento del cessionario, salvo che egli stesso dichiari espressamente di liberarlo (Cass., 28809/2019; Cass. 30/09/2015, n. 19531).

c) il cedente è obbligato in via sussidiaria nei confronti del cessionario, alla stregua di una interpretazione storica e letterale dell'art. 36 in negativo, non essendo stata riprodotta la disposizione della legge n. 19 del 1965, art. 5 che prevedeva testualmente la responsabilità solidale tra cedente e cessionario;

d) la sussidiarietà si sostanzia, peraltro, nel semplice beneficium ordinis (e non anche nel più gravoso beneficium excussionis) in favore del cedente;

e) il rispetto di tale principio postula la semplice messa in mora senza esito del cessionario (con relativa prova a carico del locatore);

f) solo dopo aver rivolto senza esito la richiesta di inadempimento al cessionario ovvero all'ultimo cessionario in caso di cd. cessioni a catena, il locatore potrà rivolgersi, indifferenziatamente e solidalmente, a ciascuno dei cedenti intermedi, che non godono di alcun beneficium ordinis tra loro, e senza alcuna esigenza di integrare il contraddittorio tra i potenziali co-obbligati (da questo principio consegue la configurabilità del litisconsorzio facoltativo, che comporta rapporti scindibili sotto il profilo processuale: v. la già citata Cass., n. 9486/2007: “la illustrata struttura della coobbligazione solidale tra i conduttori convenuti in lite, escluso ogni rapporto di dipendenza o di subordinazione tra le posizioni degli stessi (escluso cioè che la responsabilità dell'un conduttore presupponga o consegua alla responsabilità dell'altro), determina l'autonomia delle domande cumulativamente proposte nei confronti degli stessi, impedendo la configurabilità di un rapporto unico ed inscindibile. Si versa, cioè, in una tipica fattispecie di litisconsorzio facoltativo con rapporti processualmente scindibili”; per cui: “con specifico riferimento alla cessione del contratto di locazione correlata alla cessione di azienda, si è espressa, in maniera reiterata, questa Corte, univoca nell'affermare che sussiste litisconsorzio necessario tra cedente, cessionario e ceduto soltanto quando siano in questione l'avvenuta conclusione, validità ed efficacia del contratto di cessione, ma non quando si controverta unicamente delle vicende del rapporto, potendo in questo caso il locatore esperire separate e distinte azioni nei riguardi dei soggetti tra loro obbligati in solido”; v. ex plurimis, Cass. 09/12/1997, n. 12454; Cass. 29/11/1993, n. 11847; Cass. 31.03.1987, n. 3102)”.

4.3. Questo consolidato orientamento della Corte da un lato è rispettoso della ratio del citato art. 36, che è quella di agevolare il trasferimento di aziende esercenti la loro attività in immobili condotti in locazione dall'imprenditore e di tutelare l'avviamento commerciale (con riferimento a tale ratio v. Cass. 19/01/2010, n. 685), ma, per altro verso, stante l'irrilevanza del consenso del locatore alla cessione della locazione contestuale alla cessione dell'azienda, evenienza questa che rende peculiare l'intera fattispecie speciale di detta cessione, valorizza l'opzione ermeneutica che risulti compatibile con una tutela “rafforzata” del soggetto ceduto al quale, in evidente spregio dei principi di successione nel debito, si nega la facoltà di esprimere la propria volontà ed il proprio assenso.

A tal proposito, perciò, da un lato tra il cedente ed il cessionario divenuto successivo conduttore dell'immobile esiste un vincolo di responsabilità sussidiaria, caratterizzata dal mero beneficium ordinis, che consente, perciò, al locatore di rivolgersi al cedente, con l'esperimento delle relative azioni giudiziali per il soddisfacimento delle obbligazioni inerenti il suddetto contratto, solo dopo che si sia consumato l'inadempimento di detto nuovo conduttore, nei cui confronti è necessaria la preventiva richiesta di adempimento mediante la semplice modalità della messa in mora. Dall'altro deve ritenersi legittima la configurabilità di una fattispecie di responsabilità cumulativa tra cessionari intermedi, che di per sé integra patente violazione del generale principio della incedibilità delle posizioni passive del rapporto obbligatorio senza il consenso del contraente ceduto, in quanto tuttavia giustificata alla luce della riconduzione ad equilibrio dell'intera vicenda contrattuale in fieri, mediante il meccanismo della “cumulatività indeterminata” della responsabilità tra coobbligati (Cass. 20/04/2007, n. 9486; Cass., 29/08/2019, n. 21794), alla quale si applica la regola generale della presunzione di solidarietà prevista dall'art. 1294 cod. civ., in virtù della quale tutti i cedenti (a loro volta cessionari) non liberati dal locatore risponderanno, in solido tra loro, dell'obbligazione inadempiuta dall'attuale

conduttore (cfr. Cass. n. 9486/2007).

4.4. Orbene, la corte di merito ha fatto puntuale applicazione dei suindicati principi (v. punto 3 della motivazione della sentenza impugnata), in forza dei quali interpreta l'art. 36 legge 392/1978 correttamente e dunque nel senso per cui, si ribadisce, nel caso di cessione plurima di contratto di locazione ad uso diverso dall'abitazione, di fronte all'inadempimento del pagamento del canone di locazione, il locatore deve -in primo luogo e prima di esercitare l'azione nei confronti del cedente-richiedere l'adempimento all'ultimo cessionario; nel caso in cui costui non adempia, scatta automaticamente la solidarietà fra tutti i cedenti e cessionari antecedenti, a cui dunque il locatore potrà successivamente ed indifferenziatamente rivolgersi.

E' per contro manifestamente infondata la tesi del ricorrente, che vorrebbe far discendere - non è chiaro in forza di quale principio - dal riconoscimento della responsabilità solidale di tutti i successivi cessionari, nel caso di plurime cessioni, l'esclusione del beneficium ordinis per cui, prima di agire, occorre che il locatore compulsi, chiedendo l'adempimento, l'ultimo cessionario.

E' vero che nel caso in cui l'ultimo cessionario non adempia, scatta automaticamente la solidarietà tra tutti i cedenti ed i cessionari antecedenti, ma -si ribadisce- resta pur sempre fermo il principio del beneficium ordinis, per cui, di fronte all'inadempimento, il locatore anzitutto deve compulsare l'ultimo cessionario.

5. Il secondo motivo è invece fondato.

Esso pone una questione nuova, che ad avviso di questa Corte deve essere risolta in senso contrario a quanto deciso della corte fiorentina.

5.1. Giova dunque anzitutto ricordare che in primo grado il Tribunale di Firenze aveva così statuito:

... in caso di mancata liberazione del cedente, per tutte le azioni attinenti alla prosecuzione o alla estinzione del rapporto locatizio, permane la legittimazione passiva dell'originario conduttore. Quanto alla responsabilità del cedente, da ultimo la Suprema Corte ha ritenuto applicabile il principio della responsabilità sussidiaria all'interno dei rapporti tra i coobbligati, sia pure sotto il limitato profilo del beneficium ordinis (vedi Cass., 20/04/2007, n. 9486; Cass., 11/11/2011, n. 23557), attraverso una preventiva richiesta di adempimento al cessionario, oppure, come sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità più recente, attraverso la semplice modalità della messa in mora (vedi Cass., n. 13706/2017). Applicando i suesposti principi al caso di specie, ne discende la responsabilità dell'originario conduttore EE Srl per i canoni di locazione non pagati anche per il periodo successivo alla cessione del ramo di azienda e del contratto di locazione (1.5.2016), non essendo stato liberato dal locatore, che ne ha ricevuto formale comunicazione; incontestato, poi, è l'inadempimento all'obbligo di pagamento dei canoni di locazione sin dal mese di maggio 2016 del conduttore cessionario, il quale, pur non avendo ricevuto alcuna formale richiesta di adempimento o di messa in mora da parte del locatore prima dell'introduzione del presente giudizio, ha manifestato sin da subito, con l'introduzione del procedimento di mediazione, la volontà di non adempiere (vedi verbale negativo di mediazione del 18.10.2017), con conseguente maturarsi dell'inadempimento di quest'ultimo”.

5.2. La corte d'appello ha invece integralmente riformato la decisione sotto tali profili, espressamente affermando che non è sufficiente, al fine del rispetto del beneficium ordinis, la richiesta inviata per la mediazione obbligatoria prodromica alla causa, dal momento che:

tale atto non è equipollente a una (preventiva) messa in mora. Ammesso e non concesso che una comunicazione indirizzata in via immediata non al debitore, ma all'Organismo di Mediazione, possa dirsi comunque utile ai presenti fini, è dirimente considerare che con la richiesta di mediazione il creditore non intima affatto al debitore di adempiere, ma -proprio per la natura dell'atto - riserva al successivo eventuale giudizio ogni richiesta.

Al massimo, cioè, la richiesta di mediazione manifesta al debitore che la sua controparte vanta una pretesa nei suoi confronti e, ove la mediazione non abbia buon esito, è intenzionata ad agire in giudizio; ma di certo non costituisce una intimazione immediata di adempimento, essendo ciò intrinsecamente in contrasto con la funzione dell'atto, che è quello di avviare una mediazione. È d'altra parte noto che la messa in mora, pur se a forma libera, deve manifestare la incondizionata volontà del creditore di pretendere l'immediato adempimento: “La costituzione in mora del debitore, anche al fine della interruzione della prescrizione, postula l'estrinsecazione della pretesa creditoria, con richiesta d'adempimento, e, per tanto, non può essere ravvisata in una generica riserva di far valere il diritto o di agire a sua tutela in un momento successivo.” (Cass. sez. civ. 21.5.1985 n. 3096 rv 440793); non sono idonee alla messa in mora “(…) semplici sollecitazioni prive del carattere di intimazione e dell'espressa richiesta di adempimento al debitore.” (Cass. sez. 6 civ. ord. 14.6.2018 n. 15714 rv 649150-01; conf.: Cass. sez. 6 civ. ord. 7.9.2020 n. 18546). Sarebbe inutile obiettare - e GG non lo fa - che l'art. 5 co. 6 primo periodo D. Lgs 28/2010 stabilisce che “Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale”, perché la peculiare parificazione va considerata limitata, così come la legge specifica, ai soli fini della interruzione della prescrizione; ché, se poi si opinasse diversamente, si dovrebbe allora, per esser conseguenti, operare una parificazione totale della domanda di mediazione a quella giudiziale, col risultato, comunque favorevole alla tesi dell'appellante EE, che sarebbe mancata una intimazione al debitore principale precedente all'avvio della causa, con mancato rispetto del beneficium ordinis”.

La corte territoriale, pertanto, conclude nel senso che, ricevuta da parte di EE la comunicazione dell'avvenuta cessione, GG, prima di convenirla in giudizio per far valere la sua responsabilità sussidiaria rispetto a inadempimenti interamente attribuibili al cessionario, avrebbe dovuto mettere in mora X (all'epoca X).

5.3. Orbene, la corte di merito richiama astrattamente i principi di diritto posti da questa Suprema Corte in sede di interpretazione dell'art. 36 legge 392/1978 e qui riportati in sede di scrutinio del primo motivo di ricorso, ma non li applica correttamente al caso di specie, in cui viene in rilievo il profilo, mai esaminato sinora, per cui prima della instaurazione del giudizio di merito la GG ha comunicato a tutte le controparti di aver depositato istanza di mediazione, rispetto alla quale la corte fiorentina svolge considerazioni non condivisibili.

Anzitutto va rilevato che, per un verso, la corte d'appello sostanzialmente non disconosce l'esistenza del credito di GG e che, per altro verso, è cosa giudicata interna, formatasi per effetto della mancata impugnazione, che la mediazione fosse stata estesa all'ultimo cessionario, quello nei cui riguardi doveva rivolgersi la richiesta di pagamento.

Ciò posto, è errato quanto afferma la corte fiorentina circa l'impossibilità di considerare la richiesta di mediazione, come attività stragiudiziale, sub specie di richiesta di adempimento.

In disparte il rilievo -puramente formalistico ed affatto decisivo- per cui la domanda di mediazione non è rivolta direttamente al debitore ma all'Organismo di Mediazione, le argomentazioni della corte di merito per cui con la domanda di mediazione il creditore “non intima affatto di adempiere” sono immotivate ed apodittiche, a fronte della previsione dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. n. 28 del 2010, che stabilisce che la domanda di mediazione è presentata mediante deposito (presso un organismo di mediazione) di un'istanza che deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa; tale previsione va letta in combinato disposto con la normativa dettata dall'art. 5, comma 1-bis in tema di mediazione obbligatoria, il quale prevede uno stringente collegamento tra il processo civile (“azione”) e la preventiva mediazione.

La ratio di tale previsione è quella di ottenere, in caso di eventuale successivo giudizio, una simmetria tra la disposizione richiamata (art. 4 comma 2 D.Lgs. 28/2010) e l'art. 125 cod. proc. civ., circa il contenuto degli atti processuali, (cfr. Cass. n. 29333/2019, non massimata, che contiene questo espresso riferimento: “L'assunto cassatorio è che la corte territoriale abbia violato l'art. 4 del D.Lgs. n. 28/10 che prescrive che la domanda di mediazione debba contenere l'indicazione dell'organismo, delle parti, dell'oggetto e delle ragioni della domanda, in sintonia con quanto prescritto dall'art. 125 cod. proc. civ., quanto al contenuto degli atti processuali, sì da garantire che quanto sottoposto all'organismo di mediazione trovi corrispondenza in quanto successivamente portato alla cognizione del giudice”, per poi concludere nel senso della infondatezza del motivo, in quanto “All'esito di un accertamento di merito adeguatamente motivato, insuscettibile di riesame da parte di questa Corte, la decisione impugnata ha confrontato la domanda di mediazione con quella giudiziale ed ha ritenuto che non vi fosse una insanabile non sovrapponibilità del relativo oggetto”).

E' pacifico, dunque, che l'istanza di mediazione debba avere gli stessi elementi (parti, oggetto e ragioni), riproposti in sede processuale (personae, petitum e causa petendi dell'art. 125 cod. proc. civ.), e questo al fine di rendere effettiva la mediazione, per cui la parte chiamata deve essere messa in condizione di conoscere tutte le questioni, nel loro nucleo essenziale, costitutive della pretesa dell'altra parte.

In questo contesto, dunque, non è ragionevolmente possibile escludere che la domanda di mediazione non possa anche rivestire i presupposti della intimazione ad adempiere; se la mediazione è finalizzata alla definizione della controversia in via conciliativa, deflazionando il contenzioso ordinario, per altro verso la medesima costituisce condizione di procedibilità della successiva domanda giudiziale: pertanto, l'istanza di mediazione deve contenere quel nucleo indefettibile di elementi e di contenuto, tale da evidenziare la pretesa su cui la mediazione medesima possa essere utilmente esperita ovvero, in caso contrario, che costituirà il fondamento ed il contenuto della futura iniziativa giudiziale, e per questo dunque non può non far riferimento alla pretesa creditoria da un lato ed all'inadempimento, al di là del mero ritardo, dall'altro.

5.4. Anche l'ulteriore argomento formulato dalla corte di merito e fondato sul disposto del comma 6 dell'art. 5 D.Lgs. 28/2010 non è condivisibile.

La citata disposizione prevede in particolare che: “Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all'articolo 11 presso la segreteria dell'organismo”.

Orbene, al contrario di quanto dice la corte di merito, proprio il principio espresso dal citato art. 5, comma 6, primo periodo, attribuendo alla domanda di mediazione effetti interruttivi della prescrizione a somiglianza della proposizione della domanda giudiziale, implica a maggior ragione che l'attivazione della mediazione non possa che considerarsi come richiesta di adempimento all'ultimo cessionario.

Il ragionamento svolto dalla corte di merito, secondo cui la parificazione tra istanza di mediazione e domanda giudiziale sarebbe limitata ai soli fini della interruzione della prescrizione, invero non considera che la previsione del citato art. 5, comma 6, D.Lgs. 28/2010, lungi dall'essere letta ed interpretata in maniera puramente letterale, va considerata sotto un profilo sistematico.

E sotto tale profilo deve essere rilevato che con questa disposizione il legislatore si è fatto carico dell'evenienza per cui colui che esperisce e coltiva un percorso di mediazione (e lodevolmente, visto che, come si desume dall'art. 8, comma 4-bis del D.Lgs. 2010 n. 28 - a norma del quale “Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall' art. 5, non ha partecipato al procedimento (di mediazione) senza giustificato motivo al versamento all' entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio”- è ormai principio immanente dell' ordinamento giuridico che la partecipazione alla mediazione è un valore in sé, a prescindere dal merito, e quindi dal convincimento di non dover incorrere nella soccombenza) non può essere costretto a subire gli effetti del decorso della prescrizione.

Pertanto, posto che la domanda di mediazione precede necessariamente la domanda giudiziale, il legislatore ha optato, a scanso di dubbi, per parificarla espressamente alla domanda giudiziale ai fini della interruzione del decorso del termine di prescrizione.

5.5. Del tutto formalistico e privo di pregio e poi l'assunto secondo cui in tal modo si equiparerebbe totalmente la richiesta di mediazione alla domanda giudiziale, con la conseguenza che mancherebbe l'essersi richiesto il pagamento all'ultimo cessionario prima di compulsare gli altri, in quanto il pagamento risulterebbe richiesto a tutti i cedenti e cessionari, con conseguente mancato rispetto del beneficium ordinis.

La domanda di mediazione, per la sua specifica funzione di giustizia complementare in funzione deflattiva, collegata al solo eventuale futuro giudizio di merito, viene inviata ante causam e nell'esporre la pretesa giuridica di cui si e titolari e la relativa esigenza di tutela, anzitutto al fine di trovare un possibile accordo conciliativo tra le parti, contiene naturalmente quella richiesta di adempimento che, pur nella sua forma più elementare, vale ad escludere il mero ritardo ed è idonea a far constare l'inadempimento del soggetto obbligato.

Va condivisa pertanto la censura contenuta nel secondo motivo di ricorso (p. 17), per cui “nessuno ha mai voluto equiparare un invito a partecipare a un procedimento di mediazione a una formale messa in mora, tuttavia non può certo dirsi che prima di convenire in giudizio EE, GG non abbia preventivamente tentato di ottenere il pagamento dai cessionari intermedi e dunque conformandosi pienamente al dettato normativo di cui all'art. 36 della legge 392/1978”.

5.6. Risulta inoltre illogico che la corte territoriale abbia rigettato la domanda del proprietario verso il cedente, affermando che il primo non avrebbe tentato di ottenere l'adempimento dei cessionari intermedi e giustificando tale rilievo sulla pretesa non equipollenza tra domanda di mediazione e messa in mora.

Se infatti si considera complessivamente la motivazione, è possibile rilevare che l'impugnata sentenza svolge una articolata -e condivisibile- premessa, richiamando l'orientamento di questa Corte, secondo cui ciò che conta, ai fini del rispetto del beneficium ordinis, non è la mora in sé del cessionario, che, a ben vedere, si produce ex re allo scadere del termine per il pagamento della rata di canone (cfr. Cass. sez. 3^ civ. 17.12.1986 n. 7628; Cass. sez. 3^ civ. 13.3.2007 n. 5836; Cass. sez. 3^ civ. 9.12.2004 n. 25853; è fatta salva la deroga dell'art. 1282 co. 2 c.c. nei soli casi, diversi dal presente, in cui le parti abbiano pattuito la natura querable della prestazione del conduttore), ma l'inadempimento vero e proprio, che occorre dunque constatare, al di là del mero ritardo, con un autonomo atto - ancorché nelle semplici forme dell'intimazione stragiudiziale - che non può che essere anteriore all'azione giudiziale (v. Cass., 20/01/2017, n. 1433, nel solco dell'indirizzo fissato dalla citata Cass., 9486/2007).

In ogni caso, poi, questa Corte ha già avuto modo di affermare che la messa in mora non richiede formule sacramentali né di particolari adempimenti (Cass., 18631/2019: “l'atto di costituzione in mora di cui all'art. 1219 cod. civ., idoneo ad integrare atto interruttivo della prescrizione ai sensi dell'art. 2943, ultimo comma, cod. civ., non è soggetto a rigore di forme, all'infuori della scrittura, e quindi non richiede l'uso di formule solenni né l'osservanza di particolari adempimenti, occorrendo soltanto che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto. Sulla base di tali principi, perché un atto possa valere come costituzione in mora, deve contenere unicamente la chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), nonché l'esplicitazione di una pretesa e l'intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto nei confronti del soggetto indicato (elemento oggettivo)”.

5.7. Ebbene, nel caso di specie GG prima di intraprendere il giudizio ex art. 447 bis cod. proc. civ. ha tentato di ottenere l'adempimento da parte di tutti cessionari, dunque in applicazione del disposto di cui al citato art. 36 legge 392/1978.

Il ragionamento della corte territoriale sul beneficium ordinis non considera che tale beneficio implica soltanto che prima dell'esercizio dell'azione contro il cedente e, quindi contro la platea dei cedenti e cessionari, ci si debba rivolgere stragiudizialmente all'ultimo cessionario. L'attività mediatoria, pur coinvolgente tutti i soggetti coinvolti nelle cessioni a catena del contratto di locazione, non costituisce quindi esercizio dell'azione giudiziale contro il cedente originario ed i successivi cessionari e cedenti anteriori all'ultimo cessionario.

5.8. La possibile funzione della domanda di mediazione di far constare ante causam l'inadempimento del debitore risulta vieppiù evidente se si considera, come ha osservato in prime cure il tribunale ed invece ha trascurato la corte d'appello, che nel caso di specie i destinatari della convocazione in mediazione hanno manifestato la volontà di non adempiere, come risulta dal verbale negativo di mediazione, per cui in tal modo si è maturato il loro inadempimento, in forza dell'espresso disposto, che la corte fiorentina ha omesso di considerare, dell'art. 1219 comma 2, n. 2, cod. civ., per cui non è necessaria la messa in mora del debitore allorquando lo stesso abbia dichiarato per iscritto di non voler eseguire l'obbligazione.

6. Pertanto, in accoglimento del motivo la impugnata sentenza va cassata e rinviata alla Corte d'appello di Firenze, in diversa composizione, per nuovo esame in applicazione del seguente principio di diritto:

Ai fini del rispetto del beneficium ordinis previsto dall'art. 36 della legge 392/1978, ciò che rileva è l'inadempimento vero e proprio del cessionario/conduttore, che, da parte del locatore, deve essere fatto constatare con autonomo atto, prima di rivolgersi al cedente e di esperire l'azione giudiziale. Tale autonomo atto può essere anche costituito dalla domanda di mediazione, ovvero dalla richiesta di partecipazione alla mediazione (nel caso di specie obbligatoria), estese - in funzione del successivo giudizio - anche al cessionario (e nel caso di cessioni successive all'ultimo cessionario), atteso che una simile iniziativa, per le sue caratteristiche funzionali ben può essere considerata come richiesta di adempimento ante causam fatta nei riguardi del cessionario (o dell'ultimo cessionario)”.

7. Il terzo motivo è manifestamente infondato.

Va premesso che la corte di merito ha dichiarato l'improcedibilità dell'appello incidentale di GG in quanto la stessa non ha depositato nel giudizio di appello la prova dell'avvenuta notificazione del ricorso incidentale.

Tale circostanza è pacifica, tanto è vero che la stessa GG motiva le proprie ragioni sostenendo che tale onere non le incombesse.

Va invece ricordato che questa Corte a Sezioni Unite, con la sentenza 30/07/2008, n. 20604 ha già avuto modo di affermare che, nel rito del lavoro, l'appello incidentale, pur tempestivamente proposto, ove non sia stato notificato va dichiarato improcedibile, poiché il giudice, in attuazione del principio della ragionevole durata del processo, non può assegnare all'appellante un termine per provvedere a nuova notifica, e la suddetta improcedibilità è rilevabile d'ufficio trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti (v. anche tra le successive conformi, Cass. sez. lav. 19.1.2016 n. 837; Cass., 03/04/2017, n. 8595; Cass., 19/10/2017, n. 24742; Cass., n. 29870/2008; Cass., n.1721/2009; Cass., n. 11600/2010, Cass., n.27086/2011; Cass., n. 20613/2013; Cass., n. 6159/2018).

Il principio discende dall' art. 436, comma 3, cod. proc. civ., il quale, per effetto dell'espresso richiamo contenuto nell'art. 447 bis, comma 2, cod. proc. civ., si applica anche ai giudizi, come il presente, in tema di locazione.

Si è poi ulteriormente precisato che il principio, affermato per l'appello principale, va applicato anche all'appello incidentale (v. Cass. 19/01/2016, n. 837).

7.1. La corte di merito ha dunque fatto buon governo dei suddetti principi, applicandoli al caso sottoposto al suo esame, in cui l'appello incidentale di GR verso X e stato tempestivamente proposto, ma non notificato, sottolineando in motivazione che né nelle fasi anteriori, ivi compresa quella incidentale di inibitoria, né con le note di trattazione scritta dell'udienza di discussione GG ha allegato di avere mai notificato la sua comparsa contenente l'appello incidentale e men che meno ne ha fornito prova.

Infondate sono dunque le considerazioni, contenute nel motivo di ricorso, secondo cui tutte le parti erano costituite in giudizio, dal momento che la mancata notifica (e la mancata prova in giudizio del fatto che essa sia avvenuta) non è causa di nullità, cioè di un vizio sanabile con l'avvenuta costituzione in giudizio delle parti, ma è causa di improcedibilità, cioè di un vizio comunque non sanabile, neppure a seguito della costituzione delle parti.

7.2. Risulta infine irrilevante e privo di pregio il fatto che GG abbia “dovuto anche depositare istanza di correzione di errore materiale sul punto” (v. p. 20 del ricorso), in quanto allegato in maniera del tutto generica, in violazione dell'art. 366, n. 6, cod. proc. civ. ed in assenza di correlazione con quanto motivato dalla corte territoriale nel ritenere improcedibile l'appello incidentale; che poi, in allegato a tale istanza di correzione di errore materiale, GG abbia prodotto le ricevute telematiche relative alla notifica alle controparti dell'appello incidentale allo scopo di cercare di ovviare all'omessa produzione nel corso del giudizio, è evenienza parimenti irrilevante, dato che tale produzione è tardiva, essendo intervenuta dopo la pronuncia della sentenza nel giudizio di appello.

8. In conclusione, vanno rigettati il primo ed il terzo motivo di ricorso, mentre va accolto il secondo; l'impugnata sentenza va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Firenze, comunque in diversa composizione, per nuovo esame in applicazione del principio di diritto indicato al par. 6 della motivazione.

9. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.


PQM


La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso; rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra Sezione della Corte d'Appello di Firenze, comunque in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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