=> Tribunale di Verona, 28 settembre 2017
Alla luce di Corte di Giustizia, 14 giugno 2017, Causa C‑75/16, le norme che prevedono
l’assistenza difensiva obbligatoria nella mediazione obbligatoria (d.lgs. 28/2010) non sono compatibili con il principio comunitario di
tutela giurisdizionale effettiva (art. 47 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea) e vanno quindi disapplicate in caso di a.d.r. consumatori
(d.lgs.130/2015). Le parti possono quindi partecipare alla mediazione senza
essere obbligate a farsi assistere da un avvocato, ferma restando la loro
facoltà di avvalersi di tale assistenza (I) (II) (III).
(I) Si veda Corte di Giustizia, 14 giugno 2017, Causa C‑75/16, in Osservatorio Mediazione Civile n. 48/2017.
(II) Per la
versione aggiornata del d.lgs. 28/2010 si veda: D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 aggiornato al d.l. 50/2017 conv. con mod. in l. 96/2017 - manovra correttiva 2017(Osservatorio Mediazione Civile n. 46/2017). Per approfondimenti si veda SPINA, CODICE OPERATIVO DEI NUOVI A.D.R.,
Pacini ed., Pisa, 2016 (Osservatorio Mediazione Civile n. 64/2016).
(III) Per
approfondimenti si veda SPINA, Mediazione e adr consumatori: no all’assistenza difensiva obbligatoria, Altalex,
2017
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 58/2017
Tribunale di Verona
Ordinanza
28 settembre 2017
Omissis
Rilevato che
Con la sentenza n.
457 del 14 giugno 2017 la Corte di Giustizia Ue si è pronunciata sulle
questioni pregiudiziali che le erano state sottoposte da questo giudice, con
ordinanza del 28 gennaio 2016, in ordine ai rapporti tra l’istituto dell’a.d.r.
dei consumatori, introdotto nel nostro ordinamento con il d.lgs.130/2015, che
ha recepito la direttiva 2013/11, e quello della mediazione obbligatoria di cui
al d.lgs. 28/2010.
Si tratta ora di
valutare le ricadute di tale articolata decisione sull’ulteriore corso del
presente giudizio ed in particolare sul procedimento di mediazione, al quale
esso è soggetto ai sensi dell’art. 5, comma 1 bis, d.lgs. 28/2010 e il cui
mancato esperimento è stato rilevato dalla difesa degli attori opponenti già in
atto di citazione.
Sul punto, occorre
innanzitutto evidenziare che la Corte Ue ha chiarito che la direttiva n.
11/2013 non si applica a tutte le controversie che coinvolgono consumatori, ma
soltanto alle procedure che soddisfino i seguenti requisiti: 1) la procedura
deve essere stata promossa da un consumatore nei confronti di un professionista
con riferimento a obbligazioni contrattuali derivanti da contratti di vendita o
di servizi (nel caso come quello di specie in cui la mediazione sia stata
prevista come condizione di procedibilità della domanda giudiziale la verifica
va operata rispetto alla parte tenuta ad attivare l’A.d.r.; 2) la procedura
deve essere indipendente, imparziale, trasparente, efficace, rapida ed equa; 3)
la procedura deve essere affidata a un organismo A.d.r. e cioè ad un organismo
che, a prescindere dalla sua denominazione, offra la risoluzione di una
controversia attraverso una procedura A.d.r. e sia inserito nell’apposito
elenco che deve essere notificato alla Commissione europea.
I giudici
comunitari hanno anche affermato che la direttiva 2013/11 può conformare la
normativa in materia di mediazione purché il giudice nazionale riscontri la
sussistenza dei presupposti sopra indicati, nella procedura già esperita, sulla
base di una valutazione ex post, ovvero nelle procedure da esperirsi
obbligatoriamente, quale quella che viene in rilievo nel caso di specie, sulla
base di una valutazione ex ante.
Orbene, ad avviso
di questo giudice, alla luce della disciplina nazionale vigente, il
procedimento di mediazione difetta del terzo dei requisiti sopra elencati. Infatti
con riguardo al primo di essi, si deve ribadire, in adesione al convincente
orientamento espresso da Cass. 24629/2015, che, nel caso come quello di specie,
di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, i soggetti tenuti a promuovere
la mediazione sono gli attori opponenti.
Al contempo è
indubbio che essi rivestano la qualità di consumatori, mentre la convenuta
opposta ha la qualità di professionista e che la controversia ha ad oggetto
obbligazioni contrattuali.
Parimenti si può
affermare che la procedura di mediazione presenta le caratteristiche di
indipendenza imparzialità, trasparenza, efficacia, rapidità ed equità richieste
dalla direttiva 2013/11 poiché è affidata ad organismi iscritti in apposito
registro ministeriale.
Nessuno di questi
organismi però è specializzato per la trattazione delle procedure sulle
controversie bancarie di cui siano parti dei consumatori, con la conseguenza
che ad essi non si applica, secondo quanto stabilito dalla Corte di Giustizia,
la direttiva 2013/11.
Occorre peraltro
evidenziare che il novellato art. 141, comma 4, cod. consumo, nel recepire la
direttiva A.d.r. consumatori, ha precisato che essa si applica anche «agli
organismi di mediazione per la trattazione degli affari in materia di consumo
iscritti nella sezione speciale di cui all'articolo 16, commi 2 e 4, del
decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 … previa la verifica della sussistenza
dei requisiti e della conformità della propria organizzazione e delle proprie
procedure alle prescrizioni del presente titolo».
La norma
regolamentare succitata però a suo tempo non aveva istituito una “sezione
speciale” di organismi specializzati nella materia del consumo bensì due
sezioni analoghe (nelle rispettive “parti” del registro destinate agli enti
pubblichi ed a quelli privati) di elenchi di «mediatori esperti nella materia
dei rapporti di consumo» (art. 3, comma 3, D.m. 180/2010).
Ciò ha comportato
che, perlomeno fino alla data della pronuncia della Corte di Giustizia, non
esistevano organismi iscritti ad una “sezione speciale” del registro
ministeriale dediti alla materia del consumo, bensì mediatori iscritti nella
sezione dei mediatori “esperti” nella detta materia (ma senza alcuna riserva di
competenza) per il singolo organismo nel cui elenco sono inseriti.
Alla luce di quanto
appena detto è evidente anche che perlomeno fino a quel momento la direttiva
2013/11 era di fatto inattuata con riguardo alle procedure di A.d.r., di tipo
sia facilitativo che aggiudicativo, aventi lo specifico ambito di cui si è
detto.
Qualora nel
frattempo si fosse provveduto ad ovviare a tale lacuna e se gli attori, nel
termine loro assegnando, adissero un organismo di mediazione avente le
caratteristiche sopra elencate la procedura dovrà svolgersi secondo le modalità
indicate dalla Corte di Giustizia.
In particolare gli
attori-consumatori potranno parteciparvi senza dover essere assistiti da un
avvocato e potranno ritirarsi dopo il primo incontro anche in assenza di un
giustificato motivo, non essendo passibili delle conseguenze pregiudizievoli di
cui all’art. 8, comma 4, d. lgs. 28/2010.
La Corte di
Giustizia nella sentenza citata in premessa ha rimesso a questo giudice (punto
62 della sentenza 457/2017)anche la valutazione sulla compatibilità con il
principio comunitario della tutela giurisdizionale effettiva, sancito dagli
artt. 6 e 13 della CEDU e dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea, dell’istituto della mediazione obbligatoria, verifica da
compiersi sulla scorta dei principii già affermati dalla sentenza Alassini, del
18 marzo 2010, in tema di tentativo di conciliazione obbligatoria per le liti
in materia di telecomunicazioni, ed espressamente richiamati nella sentenza
457/2017.
Secondo la Corte un
simile giudizio può essere espresso qualora la procedura soddisfi
congiuntamente tutte le seguenti condizioni: 1) non conduca ad una decisione
vincolante per le parti; 2) non comporti un ritardo sostanziale per la
proposizione di un ricorso giurisdizionale; 3) sospenda la prescrizione o la
decadenza dei diritti in questione; 4) non generi costi, ovvero generi costi
non ingenti, per le parti, a patto però che la via elettronica non costituisca
l’unica modalità di accesso a detta procedura di conciliazione e che sia
possibile disporre di provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui
l’urgenza della situazione lo impone.
Ciò detto, ad
avviso di questo giudice la disciplina nazionale della mediazione obbligatoria,
come modificata dal d.l. 98/2013, non rispetta la penultima delle predette
condizioni, laddove prevede l’assistenza difensiva obbligatoria (art. 5, comma
1 bis e art. 8, comma 1, d. lgs. 28/2010), poiché una simile modalità di
svolgimento comporta dei costi non contenuti per le parti, tenuto conto dei
criteri di determinazione del compenso di avvocato attualmente vigenti.
E’ vero che,
stranamente, alla predetta previsione non è stata accompagnata quella sulle conseguenze
della eventuale mancata assistenza difensiva ma, anche senza considerare
l’unico precedente noto (Trib. Torino 30 marzo 2016), che ha ritenuto che, a
fronte di una simile situazione, la condizione di procedibilità non è
realizzata, di fatto gli organismi di mediazione richiedono che le parti si
presentino agli incontri assistite dai loro avvocati e non danno corso alla
procedura se ciò non accade.
Sul punto è allora
opportuno innanzitutto evidenziare come la sentenza n.457/2017, nel ribadire la
necessità che la A.d.r. obbligatoria determini costi non ingenti per le parti,
non abbia inteso considerare le diverse modalità di svolgimento della procedura
che possano essere state previste dalle leggi nazionali, lasciando così
intendere che siffatto presupposto è imprescindibile. Tale osservazione di
carattere generale non pare essere smentita dal disposto dell’art. 141 quater,
comma 4, lett. b), del d. lgs. 130/2015, che, in attuazione della
corrispondente norma della direttiva 2013/11, esclude espressamente che nelle A.d.r.
di consumo i consumatori siano obbligati ad avvalersi di un avvocato. Da esso
infatti può desumersi che le norme nazionali che prevedono l’assistenza
difensiva obbligatoria, in linea generale, sono compatibili con le procedure di
A.d.r. obbligatorie, ma sempre a condizione che non generi costi elevati.
Né potrebbe
validamente obiettarsi, al fine di escludere la rilevanza del profilo in esame,
che i costi per l’assistenza difensiva possono essere recuperati dalla parte
che, dopo aver preso parte alla mediazione, risulti vittoriosa nel successivo
giudizio o, in alternativa, in virtù di una transazione raggiunta con la
controparte poiché tali esiti sono incerti nell’an e nel quando mentre ciò che
la Corte di Giustizia, con le indicazioni sopra riportate, ha inteso evitare è
che ciascuna delle parti che partecipano alla procedura di A.d.r. debba
sostenere un onere economico immediato, o meglio sia gravata dalla relativa
obbligazione.
Non è dubitabile
poi che l’esborso al quale le parti sono tenute nei confronti dei rispettivi
legali sia consistente se si considerano, in difetto della evidenza di un
accordo sul punto, gli importi dei valori medi di liquidazione fissati dal d.m.
55/2014, sia che si abbia riguardo a quelli previsti per l’attività
stragiudiziale, sul presupposto che si tratti di quelli utilizzabili per la
liquidazione del compenso per l’assistenza legale in fase di mediazione, sia
che si ricorra in via analogica a quelli per l’attività giudiziale.
E’ appena il caso
di precisare poi che tale valutazione va effettuata ex ante, ossia con riguardo
all’ipotesi in cui il procedimento di mediazione si svolga effettivamente,
senza arrestarsi al primo incontro.
Peraltro il d.m.
55/2014 non prevede nemmeno un compenso ridotto per l’avvocato che assista la
parte in quel solo momento della procedura cosicchè per la relativa quantificazione
occorre far riferimento sempre ai sopra citati valori medi di liquidazione, da
ridursi adeguatamente ma sempre con risultati di una certa consistenza.
Ad un contenimento
dei costi di assistenza difensiva non può giovare il carattere ampiamente discrezionale
dei parametri poiché esso inevitabilmente determina soluzioni diversificate
mentre per raggiunger quell’obiettivo sarebbe necessaria la fissazione per via
normativa di importi fissi inderogabili, ovvero una sorta di calmiere,
analogamente a quanto è stato previsto per le spese di mediazione.
Palese risulta
infatti la differenza del suddetto regime con quello relativo alle modalità di
determinazione del compenso per i mediatori atteso che il d.m. 180/2010 ha
stabilito marcate riduzioni di esso per i casi in cui la mediazione costituisca
condizione di procedibilità della domanda giudiziale (art. 16, comma 4, lettera
d], del d.m. n. 180/2010) ed una indennità fissa, di importo esiguo, per
l’ipotesi in cui il procedimento si arresti al primo incontro. Tali scelte si
giustificano proprio per l’esigenza di contenere dei costi dell’A.d.r. di cui
si è detto e risultano quindi anche pienamente compatibili con i principii
comunitari.
Le norme che
prevedono l’assistenza difensiva obbligatoria nella mediazione obbligatoria
invece, essendo fonti di costi non contenuti per le parti, vanno pertanto
disapplicate in quanto in contrasto con l’art. 47 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea.
La copertura
costituzionale di esse, che alcuni hanno ravvisato, e che invece ad avviso di
questo giudice appare dubbia, non osta a tale conclusione, data la
sovra-ordinazione dei principii di diritto dell’Ue sulle norme costituzionali.
Alla luce delle
superiori considerazioni il procedimento di mediazione potrà svolgersi ma alle
parti va rappresentato che potranno parteciparvi senza essere obbligate a farsi
assistere da un avvocato, ferma restando la loro facoltà di avvalersi di tale
assistenza.
PQM
Assegna alle parti
termine di 15 giorni dalla comunicazione della presente ordinanza per
presentare l’istanza di mediazione e rinvia la causa all’udienza del 15
febbraio 2018 h.9.30.
Precisa che: nel
caso in cui gli attori adissero un organismo di mediazione avente le
caratteristiche proprie dell’A.d.r. del consumo, come meglio esplicitate in
motivazione, essi potranno parteciparvi senza dover essere assistiti da un
avvocato e potranno ritirarsi dopo il primo incontro anche in assenza di un
giustificato motivo, non essendo passibili delle conseguenze pregiudizievoli di
cui all’art. 8, comma 4, d. lgs. 28/2010; nel caso in cui le parti adissero un
qualsiasi altro organismo di mediazione potranno partecipare al procedimento
senza dover essere assistite da un avvocato, fatta salva la loro facoltà di
avvalersi dell’assistenza difensiva.