DIRITTO D'AUTORE


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15 marzo 2025

11/25. La polizza fideiussoria non ha natura assicurativa ma funzione di garanzia: no alla mediazione c.d. obbligatoria [lettura rigorosa e non estensiva di “contratti assicurativi, bancari e finanziari”] (Osservatorio Mediazione Civile n. 11/2025)

 

=> Corte di Cassazione, 24 gennaio 2025, n. 1791


Non si verte in ipotesi di mediazione c.d. obbligatoria nel caso in cui si discuta di azione di regresso del garante a seguito di escussione della polizza fideiussoria (nella specie emessa a garanzia dell'adempimento delle obbligazioni derivanti da contratto di appalto), non rientrando la detta controversia tra quelle in materia di "contratti assicurativi, bancari e finanziari", per le quali l'art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010 (I), prevede l'obbligo di esperire, a pena di improcedibilità della domanda, il procedimento di mediazione. Difatti, la polizza fideiussoria non ha natura assicurativa, ma funzione di garanzia, e, a prescindere se vada qualificata come fideiussione o garanzia autonoma, si tratta comunque di contratto che esula dall'ambito di operatività del citato art. 5. Va sul punto adottata, in linea con la giurisprudenza di legittimità, una lettura rigorosa e non estensiva della nozione di "contratti bancari e finanziari" per cui la legge prescrive l'obbligo della mediazione (II).


(I) Oggi, art. 5, comma 1, d.lgs. n. 28/2010 (come novellato dalla c.d. riforma Cartabia e relativo correttivo), in Osservatorio Mediazione Civile n. 6/2025.


(II) In argomento si vedano Cass. n. 12883 del 2021 e n.30520 del 2019 in tema di leasing immobiliare, Cass. n. 9204 del 2020 in tema di pagamento di un assegno bancario a persona diversa dall'effettivo beneficiario e Cass. n. 31209 del 2022 in tema di tipicità della fideiussione come contratto bancario.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 11/2025

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)


Cote di cassazione

sezione III

ordinanza n. 1791

24 gennaio 2025


Omissis


Fatti di causa


XX Srl proponeva opposizione al decreto ingiuntivo, emesso dal Tribunale di Milano in favore di YY, con cui si chiedeva il pagamento dell'importo di Euro 44.464,44, oltre interessi, che l'opposta aveva versato, stante l'inadempimento dell'obbligato principale, a seguito di escussione di polizza fideiussoria rilasciata a favore della Regione Marche a garanzia dell'adempimento di obblighi assunti in relazione ad un contratto di appalto.

Il Giudice adito, concessa la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto ed all'esito del deposito, da parte dell'opponente, di note scritte con le quali si evidenziava la pendenza presso l'Organismo di Conciliazione dell'Ordine degli Avvocati di Milano della procedura di mediazione da essa stessa introdotta, respingeva l'opposizione.

Interposto appello dalla parte soccombente, la Corte d'Appello di Milano ha respinto il gravame, disattendendo l'eccezione di improcedibilità dell'azione monitoria per mancato espletamento della mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 28 del 2010, sul rilievo che essa avrebbe dovuto essere sollevata, a pena di decadenza, o rilevata dal giudice di primo grado non oltre la prima udienza, mentre nel caso di specie non era stata tempestivamente formulata dalla parte opponente, né rilevata d'ufficio dal primo giudice.

Avverso la suddetta sentenza XX Srl propone ricorso per cassazione, con un unico motivo. La YY - Rappresentanza Generale per l'Italia resiste con controricorso.

In data 31 gennaio 2024 è stata depositata proposta di definizione accelerata ex art. 380-bis cod. proc. civ. La ricorrente ha depositato istanza di decisione e memoria illustrativa.

La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell'art. 380-bis.1. cod. proc civ., in prossimità della quale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.


Ragioni della decisione


Pregiudizialmente, deve darsi atto che il controricorso è stato tempestivamente proposto entro il termine di cui all'art. 370 cod. proc. civ., così come modificato dall'art. 3, comma 27, del D.Lgs. n. 149 del 2022 (che ha eliminato l'obbligo di notifica del controricorso), atteso che, a fronte della notifica del ricorso per cassazione avvenuta in data 17 aprile 2023, il controricorso è stato depositato in data 29 maggio 2023, tenuto conto che il termine originario scadeva in data 27 maggio 2023 (sabato) e che i termini scadenti il sabato, a norma dell'art. 155 cod. proc. civ. sono automaticamente differiti al lunedì successivo.

Con l'unico motivo di ricorso la ricorrente denunzia la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 5, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 28 del 2010, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non essersi la Corte d'Appello uniformata alla pronuncia delle Sezioni Unite n. 19596 del 2020. Evidenzia che, con la memoria di replica depositata in data 19 ottobre 2020, aveva formulato, per la prima volta, l'eccezione di improcedibilità dell'azione spiegata dall'odierna controricorrente, in ragione del fatto che era stato quello il primo atto prodotto dopo la emissione della sentenza delle Sezioni Unite sopra indicata, che aveva chiarito su chi incombeva l'onere dell'introduzione del giudizio di mediazione nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo; ribadisce, inoltre, che la parte opposta non aveva mai introdotto la procedura di mediazione.

Il motivo è infondato. Analogamente si è ispirata a una lettura restrittiva la pronuncia di questa Corte (Cass., sez. 6 - 1, 20/05/2020, n. 9204) secondo la quale la controversia avente ad oggetto il pagamento di un assegno bancario a persona diversa dall'effettivo beneficiario non è sottoposta alla mediazione obbligatoria, trattandosi di fattispecie che non rientra nell'ambito dei contratti bancari, perché la convenzione di assegno, se può trovarsi inserita anche nel corpo dei detti contratti, conserva sempre la propria autonomia, rientrando l'assegno nel novero dei servizi di pagamento ai sensi dell'art. 2, lett. g), del D.Lgs. n. 11 del 2010, che prescindono dalla natura "bancaria" del soggetto incaricato di prestare il relativo servizio. Ad analoghe conclusioni si è pervenuti con la ordinanza n. 31209 del 2022, che ha escluso la tipicità della fideiussione come contratto bancario, regolato come tale dal codice civile o dal Testo unico bancario, e di conseguenza l'obbligatorietà della mediazione ai sensi dell'art. 5, comma 1- bis, del D.Lgs. 28 del 4.3.2010.

Non vertendosi, dunque, in ipotesi di giudizio per il quale ricorre l'obbligatorietà della mediazione, a nulla rileva che il comma 4 del medesimo art. 5 citato preveda un differente regime decadenziale per i procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo, consentendo la proposizione dell'eccezione di improcedibilità sino "...alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione...", né tanto meno che, in ipotesi di opposizione a decreto ingiuntivo, grava sull'originaria parte opposta l'onere di introdurre la procedura di mediazione.

Peraltro, è pacifico che l'odierna ricorrente ha formulato l'eccezione di improcedibilità ben oltre il termine previsto dal richiamato comma 4 dell'art. 5 sopra citato, e precisamente nella memoria di replica ex art. 190 cod. proc. civ., come evidenziato dal giudice d'appello, sicché emerge evidente che l'eccezione - comunque infondata per le ragioni sopra dette - non potesse che essere ritenuta tardiva.

Il ricorso deve, quindi, essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

La definizione del giudizio in conformità alla proposta ex art. 380- bis cod. proc. civ., comporta l'applicazione del terzo e del quarto comma dell'art. 96 cod. proc. civ., come previsto dal citato art. 380-bis, ultimo comma, cod. proc. civ.


PQM


La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente: delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.600,00 per compensi, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, pari ad Euro 200,00, ed agli accessori di legge; di Euro 4.600,00ex art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. Condanna la ricorrente al pagamento di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende,ex art. 96, quarto comma, cod. proc. civ. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

30 marzo 2022

12/22. La mediazione può durare più di tre mesi? (Osservatorio Mediazione Civile n. 12/2022)

=> Corte di appello di Perugia, 3 giugno 2021 

Se è ancora discussa, anche in giurisprudenza, la natura del termine di 15 giorni assegnato dal Giudice per la mediazione e se debba intendersi ordinatorio o perentorio, non sembra che vi sia altrettanta incertezza sulla “perentorietà” del termine di tre mesi di sospensione del giudizio stabilito dall'art. 6, comma 1, d.lgs. 28/2010, modificato dalla legge n. 98 del 9.8.2013, che non può pertanto essere superato per consentire l’espletamento del tentativo di mediazione, come espressamente previsto dalla norma. Del resto, non sembra potersi contestare che tale carattere è insito nella ratio che ha ispirato la normativa introdotta nel 2010, che ha un’evidente finalità deflattiva, ed è quindi diretto ad impedire che la mediazione venga utilizzata come espediente per procrastinare la risoluzione della controversia. Tale finalità trova ulteriore conferma nell’espressa previsione, contenuta nel secondo comma dell’art. 6 cit., che esclude la sospensione feriale (I).  

(I) Si veda l’art. 6, comma 1, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 12/2022
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Corte di appello di Perugia
sentenza
3 giugno 2021

Omissis 

Avverso la sentenza del Tribunale di Spoleto con cui veniva dichiarata improcedibile l’opposizione al decreto ingiuntivo col quale veniva condannata al pagamento della somma di € 45.520,69 in favore dell’II s.p.a. ha proposto appello XX censurando la sentenza nella parte in cui ha ritenuto non soddisfatta la condizione di procedibilità.

Con il primo motivo denunciano la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia sostenendo che è stata operata una lettura non corretta dell’art. 5 d.lgs. n. 28/2010 ove, sulla scorta del suo carattere perentorio, conduce a sanzionare chi si sia attivato nell’espletamento della procedura di mediazione dopo 15 giorni concessi dal Giudice nonostante la fattiva partecipazione alla procedura della controparte e la sua conclusione con un verbale negativo. Nel merito ha riproposto tutte le domande svolte in primo grado a fondamento dell’opposizione e segnatamente quelle relative all’accordo raggiunto per la definizione della situazione debitoria e in ordine alla usurarietà degli interessi applicati, all’applicazione dell’anatocismo.

Si è costituita II s.p.a. chiedendo, in via principale, la declaratoria di inammissibilità dell’appello ex art. 348 bis c.p.c. e, in via subordinata, il rigetto. Ha sostenuto che: il Giudice di prima istanza si è limitato ad applicare la regola normativa che prevede la possibilità di applicare termini stretti al fine evitare che la procedura di mediazione possa costituire il pretesto per dilatare i tempi del processo ed assecondare tattiche dilatorie e defatigatorie; la partecipazione al giudizio di mediazione da parte dell’opposta non sarebbe idonea a sanare l’inosservanza della regola processuale perpetrata dall’opponente che aveva interesse al suo rispetto; aveva partecipato alla mediazione al solo fine di eccepire l’attivazione tardiva per eventualmente accettare null’altro che il pagamento dell’intero credito reclamato; il mancato rispetto del termine concesso per il pagamento dell’importo accordato a stralcio a colui che si era affermata debitrice e che in ragione dello sconto aveva riconosciuto il debito aveva determinato la decadenza dal beneficio; nel dedurre il superamento del tasso soglia la controparte non aveva indicato quello che sarebbe stato applicato di volta in volta e nemmeno il periodo di sforamento, doglianze che sarebbero state comunque irrilevanti trattandosi eventualmente di usura sopravvenuta; la dedotta applicazione degli interessi anatocistici era stata solo affermata.

L’eccezione di inammissibilità dell’appello non è attuale essendo stata la controversia posta in decisione.

L’appello è infondato e va dunque rigettato.

E’ pacifico che l’opponente al decreto ingiuntivo ha introdotto la mediazione sia oltre il termine assegnato dal giudice di 15 giorni, decorrenti dall’ordinanza che l’aveva disposta, emessa all’udienza di prima comparizione del 5.7.2016, sia quello successivo all’udienza di rinvio del 13.12.2016, prevista per la verifica dell’esito del sub procedimento deflattivo, e, quindi, oltre i tre mesi previsti dal d.lgs. n. 28/2010 per l’espletamento della mediazione assistita. Infatti, la domanda di mediazione è stata depositata solo il 19.12.2019.

Ora, se è ancora discussa, anche in giurisprudenza, la natura del termine di 15 giorni assegnato dal Giudice per la mediazione e se debba intendersi ordinatorio o perentorio, non sembra che vi sia altrettanta incertezza sulla “perentorietà” del termine di tre mesi di sospensione del giudizio stabilito dall’art. 6 comma 1 del d.lgs cit., modificato dalla legge n. 98 del 9.8.2013, che non può pertanto essere superato per consentire l’espletamento del tentativo di mediazione, come espressamente previsto dalla norma. Del resto, non sembra potersi contestare che tale carattere è insito nella ratio che ha ispirato la normativa introdotta nel 2010, che ha un’evidente finalità deflattiva, ed è quindi diretto ad impedire che la mediazione venga utilizzata come espediente, nella fattispecie da parte del debitore, per procrastinare la risoluzione della controversia. Tale finalità trova ulteriore conferma nell’espressa previsione, contenuta nel secondo comma dell’art. 6 cit., che esclude la sospensione feriale.

Aderendo questa Corte a tale orientamento interpretativo, tanto basta per confermare la sentenza di primo grado, seppure con motivazione parzialmente differente.

Le spese del giudizio di appello seguono la soccombenza e vanno poste a carico dell’appellante che va condannata a rifonderle all’appellata, liquidate come in dispositivo ex art. 4 d.m. 10.3.2014 n. 55, come modificato dal d.m. 8.3.2018 n. 37, avuto riguardo alla semplicità della questione giuridica trattata.

L’appellante è tenuta, ex art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 115/2002 al versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1 bis, d.P.R. 115/2002. 

PQM 

La Corte di appello di Perugia, definitivamente pronunciando, uditi i procuratori delle parti, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: rigetta l’appello proposto da XX avverso la sentenza omissis; condanna l’appellante XX a rifondere all’appellata II s.p.a. le spese del giudizio di appello che liquida in € 3.500,00, oltre il rimborso forfetario delle spese generali, iva e cap come per legge; dichiara che l’appellante è tenuta, ex art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 115/2002 al versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1 bis, d.P.R. 115/2002.

 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

22 novembre 2021

45/21. Causa revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c.: no alla mediazione obbligatoria (Osservatorio Mediazione Civile n. 45/2021)

=> Tribunale di Bergamo, 13 maggio 2021 

La mediazione obbligatoria non è prevista dalla legge per la causa revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c., posto che tale azione non rientra nell’elencazione prevista dall’art. 5, d.lgs. 28 del 2010 sulle condizioni di procedibilità dell’azione civile (nella specie il giudice nota che oggetto della presente causa infatti non è né un contratto bancario o finanziario, né un contratto di fideiussione, perché l’azione ex art. 2901 c.c. ha quale petitum la declaratoria di inefficacia di un atto dispositivo del patrimonio -  donazione nel caso di specie - e quale causa petendi il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore; nell’azione revocatoria ordinaria non è minimamente in discussione il contratto di fideiussione, che ha invece costituito il presupposto per l’ottenimento del decreto ingiuntivo, che costituisce il titolo esecutivo, da cui deriva il credito dell’attore (I).  

(I) Si veda l’art. 5, comma 1-bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 45/2021
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Tribunale di Bergamo
Sentenza
13 maggio 2021

Omissis 

Nel merito della causa va preliminarmente confermata l’ordinanza del 03/08/2018 con cui sono state rigettate le eccezioni di improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria, nonché l’istanza di sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. Infatti come già ivi osservato la mediazione obbligatoria non è prevista dalla legge per la causa revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c., posto che tale azione non rientra nell’elencazione prevista dall’art. 5 della Legge n. 28 del 04/03/2010 sulle condizioni di procedibilità dell’azione civile.

Oggetto della presente causa infatti non è né un contratto bancario o finanziario, né un contratto di fideiussione, perché l’azione ex art. 2901 c.c. ha quale petitum la declaratoria di inefficacia di un atto dispositivo del patrimonio (donazione nel caso di specie) e quale causa petendi il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore. Nell’azione revocatoria ordinaria non è minimamente in discussione il contratto di fideiussione, che ha invece costituito il presupposto per l’ottenimento del decreto ingiuntivo, che costituisce il titolo esecutivo, da cui deriva il credito dell’attore.

E’ perimenti infondata l’istanza di sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c., in quanto anche il credito eventuale, in veste di credito litigioso, è idoneo a determinare l'insorgere della qualità di creditore che abilita all'esperimento dell'azione revocatoria, ai sensi dell'art. 2901 c.c., contro l'atto di disposizione compiuto dal debitore, vale a dire che è sufficiente l'esistenza di una ragione di credito, ancorché non accertata giudizialmente.

Ne consegue che il giudizio promosso con l'azione revocatoria non è soggetto a sospensione necessaria a norma dell'art. 295 c.p.c. per il caso di pendenza di controversia avente ad oggetto l'accertamento del credito per la cui conservazione è stata proposta la domanda revocatoria, in quanto la definizione del giudizio sull'accertamento del credito non costituisce l'indispensabile antecedente logico-giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria, essendo d'altra parte da escludere l'eventualità di un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell'allegato credito litigioso, dichiari inefficace l'atto di disposizione e la sentenza negativa sull'esistenza del credito (così Cass. Civ. sez. U. ordinanza del 18/05/2004 n. 9440; Cass. Civ. sez. III del 10/03/2006 n. 5246; Cass. Civ. sez. III del 17/07/2009 n. 16722; Cass. Civ. sez. VI – III del 26/01/2012 n. 1129; Cass. Civ. sez. III del 14/05/2013 n. 11573; Cass. Civ. sez. I del 12/07/2013 n. 17257; Cass. Civ. sez. III n. 2673 del 10/02/2016; Cass. Civ. sez. 6 - 3, Ordinanza n. 3369 del 05/02/2019).

Passando a trattare la domanda di merito vanno innanzitutto richiamati i principi in materia di revocatoria ordinaria applicabili al caso di specie.

L'azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, la sola esistenza di un debito e non anche la sua concreta esigibilità. Pertanto, prestata fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale, gli atti dispositivi del fideiussore (nella specie, la donazione della nuda proprietà dell’immobile) successivi alla prestazione della fideiussione, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti alla predetta azione, ai sensi dell'art. 2901, n. 1, prima parte, c.c., in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore (scientia damni).

L'acquisto della qualità di debitore da parte del fideiussore nei confronti del creditore procedente risale al momento della nascita del credito, sicché a tale momento occorre far riferimento per stabilire se l'atto pregiudizievole sia anteriore o successivo al sorgere del credito (in tal senso Cass. Civ. sez. VI – III Ordinanza del 09/10/2015 n 20376; Cass. Civ. sez. III del 15/02/2011 n. 3676; Cass. Civ. sez. III del 29/01/2010 n. 2066; Cass. Civ. sez. III del 09/04/2009 n. 8680).

“In tema di azione revocatoria ordinaria, allorché l'atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, l'unica condizione per l'esercizio della stessa è che il debitore fosse a conoscenza del pregiudizio per le ragioni del creditore, e, trattandosi di atto a titolo oneroso, che di esso fosse consapevole il terzo. La prova di tale atteggiamento soggettivo ben può essere fornita tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al Giudice di merito, ed è incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato ed immune da vizi logici e giuridici” (Cass. Civ. n. 27546 del 30/12/2014; nello stesso senso Cass. Civ. n. 17327 del 17/08/2011; Cass. Civ. n. 15257 del 06/08/2004, Cass. Civ. n. 7452 del 05/06/2000; Cass. Civ. n. 6272 del 10/07/1997).

“In tema di azione revocatoria, la consapevolezza dell'evento dannoso da parte del terzo contraente – prevista quale condizione dell'azione dall'art. 2901, comma 1°., n. 2, c.c. – consiste nella generica conoscenza del pregiudizio che l'atto posto in essere dal debitore può arrecare alle ragioni dei creditori, non essendo necessaria la collusione tra terzo e debitore; d'altra parte, il requisito della scientia damni può essere provato per presunzioni” (Cass. Civ. n. 1068 del 18/01/2007), dal soggetto che lo allega (Cass. Civ. n. 24757 del 07/10/2008; Cass. Civ. n. 11577 del 09/05/2008; Cass. Civ. n. 11916 del 21/09/2001); e rimangono invece irrilevanti tanto l'intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore, quanto la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo (così Cass. Civ. sez. III del 30/06/2015 n. 13343).

In relazione all’eventus damni per esperire l’azione revocatoria non occorre la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore (per es. a seguito della dismissione di beni), ma anche in una modificazione qualitativa di esso, per es. in caso di conversione del patrimonio in beni facilmente occultabili o in una prestazione di facere infungibile, come la vendita di diritti reali su beni immobili, che determina il pericolo di danno costituito dalla eventuale infruttuosità di una futura azione esecutiva (in tal senso Cass. Civ. Sez. III Ordinanza n. 19207 del 19/07/2018; Cass. Civ. Sez. III n. 1896 del 09/02/2012¸ Cass. Civ. sez. III del 07/10/2008 n. 24757; Cass. Civ. sez. III del 15/02/2007 n. 3470; Cass. Civ. sez. III del 17/01/2007 n. 966).

In tale ultimo caso incombe sul debitore, e non sul creditore, l'onere probatorio di dimostrare che il proprio patrimonio residuo è sufficiente a soddisfare ampiamente le ragioni del creditore (così Cass. Civ. sez. II del 27/03/2007 n. 7507; Cass. Civ. Sez. III Ordinanza n. 19207 del 19/07/2018).

Applicando i sopra esposti principi al caso oggetto della presente decisione va osservato che X S.p.A. ha prodotto in giudizio il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Bergamo n. 6847/2014 del 10/11/2014, dichiarato provvisoriamente esecutivo il 19/05/2016 nel corso del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (doc. n. 1 e n. 2 fascicolo attore). Detto decreto ingiuntivo è stata confermato nel giudizio di primo grado con sentenza del Tribunale di Bergamo n. 450/2017 del 22/02/2017 (doc. n. 3 fascicolo attore). Inoltre nel giudizio di appello promosso da --- avverso la sentenza n. 450/2017, la Corte di Appello di Brescia, con provvedimento del 13/12/2017, ha ritenuto prima facie non fondati i motivi di appello, respingendo l’istanza di sospensione della provvisoria esecutività della sentenza appellata (doc. n. 13 fascicolo attore). Infine il giudizio di appello è stato definito con la sentenza della Corte di Appello di Brescia n. 1192/2020 del 28/10/2020, che ha respinto l’appello proposto dalla signora --- (pag. 9 comparsa conclusionale attorea).

La documentazione prodotta è ampiamente sufficiente a ritenere idonea la legittimazione del creditore a proporre l’azione revocatoria sulla base del credito litigioso portato dal decreto ingiuntivo.

E per tale motivo sono irrilevanti nella presente causa tutte le deduzioni di parti convenute, con cui vengono contestati il credito della banca, la falsità della sottoscrizione della fideiussione rilasciata da --- e la sua conseguente nullità: tali questioni potranno eventualmente essere coltivate nella causa di impugnazione pendente avanti alla Corte di Appello di Brescia.

Infatti “la ragione di credito costituisce titolo di legittimazione dell’azione revocatoria, per cui non vi è da parte del Giudice di quest’ultima, un accertamento sia pure incidentale del credito, ma un accertamento in via principale in ordine alla non manifesta pretestuosità della ragione di credito quale titolo di legittimazione dell’azione” (in motivazione Cass. Civ. Ordinanza sez. III-VI n. 4212 del 19/02/2020).

Con riferimento al requisito dell’eventus damni va osservato che la circostanza dell’avvenuta spoliazione, a titolo gratuito, della nuda proprietà di un immobile (nello specifico un’abitazione civile e un’autorimessa - doc. 8 e 9 fascicolo attore) è operazione potenzialmente pregiudizievole alle ragioni del creditore e segnatamente della banca attrice, in quanto ha ridotto l’entità del patrimonio complessivo del debitore.

Il requisito dell’eventus damni presuppone, dal punto di vista processuale, non tanto una valutazione sull’effettivo pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore istante, bensì la mera dimostrazione da parte di quest’ultimo della pericolosità dell’atto impugnato, in termini di una possibile eventuale infruttuosità della futura azione esecutiva.

A riguardo era preciso onere probatorio della convenuta --- indicare gli eventuali ulteriori beni di sua proprietà, che potevano costituire la garanzia patrimoniale a favore del credito della banca attrice, in luogo dei beni immobili donati al figlio ---.

Ne consegue che detta operazione di vendita è revocabile a norma dell’art. 2901 c.c. Quanto alla scientia damni, va osservato che ---, cedendo gratuitamente al figlio --- un immobile facente parte del suo patrimonio, ha certamente avuto la consapevolezza di pregiudicare le ragioni della U S.p.A., posto che con detto atto dispositivo ha fatto venire meno la garanzia patrimoniale generica del creditore costituita, a norma dell’art. 2740 c.c., dall’intero patrimonio del debitore.

A riguardo non possono condividersi le considerazioni di parte convenuta --- in ordine al fatto che essa non avesse mai inteso rendersi garante della Società omissis Immobiliare S.r.l. (sul presupposto della falsità della sottoscrizione della fideiussione del 25/02/2010), cosicché essa non avrebbe affatto potuto agire con l’intento di diminuire le proprie garanzie patrimoniali in favore di un soggetto che, in realtà non sarebbe suo creditore.

Va infatti ricordato che, nonostante la contestazione di ---, la validità della fideiussione del 25/02/2010 è già stata oggetto di accertamento giudiziale nella sentenza del Tribunale di Bergamo n. 450/2017 del 22/02/2017 (doc. n. 3 fascicolo attore), che ha confermato il decreto ingiuntivo opposto. Detta sentenza, come sopra riportato, è stata anche confermata in sede di appello.

Può pertanto ragionevolmente ritenersi plausibile che la fideiussione del 25/02/2010 sia stata effettivamente sottoscritta da ---, con tutte le conseguenze del caso.

In conclusione la domanda attorea è meritevole di accoglimento.

A norma dell’art. 2655 c.c. la sentenza va annotata in margine alle trascrizioni dell’atto revocato.

Quanto all’intervento volontario di omissis. 

PQM 

Definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, in accoglimento della domanda di parte attrice, revoca e quindi dichiara inefficace a norma dell’art. 2901 c.c. e seg. nei confronti di U S.p.A. e del suo successore a titolo particolare omissis Finance s.r.l., l’atto pubblico di donazione omissis, con il quale --- ha donato al figlio --- la nuda proprietà, riservandosi l’usufrutto generale e vitalizio, delle unità immobiliari facenti parte del complesso immobiliare omissis; ordina omissis la trascrizione della presente sentenza a margine della trascrizione dell’atto revocato omissis; condanna parti convenute --- e ---, in solido fra loro, al pagamento a favore di parte attrice U S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, delle spese e competenze di causa liquidate in complessivi € 17.000,00, oltre 15% per spese generali, IVA e CPA come per legge ed oltre € 1.686,00 per rimborso spese documentate.

 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

25 ottobre 2021

40/21. Domanda riconvenzionale: sì alla mediazione c.d. obbligatoria (Osservatorio Mediazione Civile n. 40/2021)

=> Corte Appello di Torino, 13 aprile 2021 

Alla luce dell’art. 5, comma 2bis, d.lgs. 28/2010, qualora sia stato effettivamente esperito il procedimento di mediazione, sebbene dal soggetto non gravato da tale onere, non può essere conseguita l’improcedibilità della domanda (il Giudice rileva che le Sezioni Unite, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, nell’individuare il soggetto gravato dell’onere di promuovere la procedura in esame onde evitare la dichiarazione di improcedibilità del giudizio, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo, non esclude che tale iniziativa possa essere intrapresa anche dalla controparte; nella specie l’opponente aveva prodotto il verbale dell’incontro di mediazione da cui risultava come detta procedura fosse stata validamente instaurata tra le parti, entrambe presenti alla convocazione dinanzi al mediatore, ed assistite dai rispettivi difensori, sebbene la sola parte opponente avesse dichiarato, in quella sede, di voler entrare nel merito della controversia, mentre la parte opposta aveva dichiarato di non voler aderire all’invito) (I).  

(I) Si veda l’art. 5, comma 1-bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 40/2021
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Corte Appello di Torino
Sentenza
13 aprile 2021

Omissis 

Con il primo motivo d’appello omissis sostiene che omissis non abbia offerto idonea prova documentale del proprio credito; lamenta altresì il mancato accoglimento dell’istanza formulata ex art. 210 c.p.c. e la mancata ammissione della consulenza tecnica contabile richiesta, sostenendo che l’assenza dei documenti richiesti gli avrebbe impedito di effettuare una perizia di parte; eccepisce, infine, l’erronea applicazione, da parte del giudice di prime cure, del principio dell’onere della prova.

Il Tribunale di Aosta ha osservato che omissis, oltre ai contratti di finanziamento omissis ha prodotto “l’estratto conto completo delle operazioni relative ai due finanziamenti dalla data di stipulazione dei relativi contratti sino alla data di cessione dei crediti da essi nascenti in favore della omissis, da cui risulta che sono stati applicati in specie interessi corrispettivi e moratori compresi nei limiti fissati con decreti ministeriali 18.03.2008 (per il trimestre aprile-giugno 2008) e 23.06.2008 (per il trimestre luglio-settembre 2008) ex lege n. 108/1996, anche tenuto conto della penale, delle commissioni di sollecito e dei costi anche assicurativi del credito” (v. docc. n. 4 e 5 allegati al ricorso monitorio).

Ha pertanto rilevato il primo giudice che “La documentazione così prodotta, non contestata specificamente dalla parte opponente in relazione alle componenti del credito ivi evidenziate, siccome estesa all’intero svolgimento dei rapporti in esame pare esaustiva ai fini della compiuta liquidazione dei crediti esposti, laddove le avverse richieste di documentazione, come già inoltrate anche in sede stragiudiziale all’omissis (v. documento n. 14 allegato all’atto di citazione in opposizione), risultano in effetti formulate in termini generici in riferimento ad una massa documentale non individuabile specificamente”.

A tale riguardo ha inoltre rilevato come “le istanze di esibizione documentale formulate dall’opponente risultassero in effetti confusamente esposte in relazione ad una pletora di documenti non bene identificabili (“originali delle copie dei contratti…”; “aperture di credito e fideiussione connessi ai conti”, “estratti conto mensili e trimestrali”), laddove ex art. 210 c.p.c. è richiesto invece, ai fini dell’ammissibilità dell’istanza, che il Giudice sia posto in grado di valutare la necessità di acquisire i documenti richiesti ai fini del decidere, risultando perciò solo inammissibile l’istanza di esibizione relativa a documenti non compiutamente individuabili”.

Dichiarava altresì “inammissibile l’indagine peritale invocata dalla parte opponente per il ricalcolo dell’intero rapporto intercorso tra le parti in relazione ai finanziamenti erogati, non essendo specificamente indicate le poste in discussione ed i motivi di contestazione allegati”.

Osservava il giudice di prime cure che l’opponente aveva chiesto l’ammissione di detto mezzo di prova “elencando questioni generiche ed in parte palesemente non conferenti con la natura e qualità dei rapporti in contestazione (cfr. pag. 20 della citazione ove si fa riferimento, fra l’altro a “variazioni di condizioni non concordate”, “delta interessi…tra uso piazza e l’interesse legale”, “tassi ultrafido”), ovvero comunque enunciate senza riferimento alcuno a specifiche operazioni o fasi della lunga evoluzione dei rapporti in contestazione, non consentendo così l’individuazione delle poste in discussione ai fini di una specifica formulazione dei quesiti di indagine”.

Evidenziava il Tribunale di Aosta che, “tenuto conto che la consulenza tecnica d'ufficio ha la funzione di offrire al giudice l'ausilio delle specifiche conoscenze tecnico-scientifiche che si rendono necessarie al fine del decidere, tale mezzo istruttorio - presupponendo che siano stati forniti dalle parti interessate concreti elementi a sostegno delle rispettive richieste - non può essere utilizzato per compiere indagini esplorative dirette all'accertamento di circostanze di fatto, la cui dimostrazione rientri, invece, nell'onere probatorio delle parti”, richiamando il consolidato orientamento di legittimità (cfr. Cass civ. Sez. 2, Sentenza n. 212 del 11/01/2006; Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 12921 del 23/06/2015).

L’appellante censura la sentenza di primo grado sia sotto il profilo dell'art. 50 TUB sia sotto il profilo dell'omessa valutazione dell'onere della prova ex art. 2697 c.c. e, comunque, per aver leso il diritto di difesa dell'opponente. In particolare, ritiene che l'istanza di cui all'art. 210 c.p.c., contrariamente a quanto ritenuto in sentenza, fosse specifica, individuabile e soprattutto non correttamente valutata dal giudice di prime cure.

Contesta, poi, la lesione del diritto di difesa, sub specie di inversione dell’onere probatorio, non essendosi tenuto conto del comportamento ostruzionistico della banca che non avrebbe fornito i documenti all'opponente al fine di eseguire una consulenza di parte.

La CTU richiesta, infatti, lungi dall'essere esplorativa rappresenterebbe, ad avviso dell’opponente, l'unico mezzo possibile per dimostrare quanto a livello presuntivo appare già evidente, ovvero un’operazione usuraria in relazione ad interessi e costi non specificamente pattuiti e, se pattuiti, del tutto nulli.

Le censure sollevate dall’appellante non sono fondate.

È infatti condivisibile la valutazione espressa nella sentenza appellata dal Tribunale di Aosta, che ha ritenuto le contestazioni e le istanze di parte opponente del tutto generiche e come tali inidonee a fondare il richiesto ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. e la sollecitata CTU.

A tale riguardo si evidenzia, in primo luogo, la completezza delle produzioni documentali della omissis SRL, che comprendono i documenti negoziali e gli estratti riportanti nel dettaglio, per ciascuno dei finanziamenti, oltre alle voci di incasso rate, ogni addebito di spesa previsto dalle condizioni generali di contratto, corredato dei relativi storni se intervenuto l’incasso, nonché gli importi addebitati a titolo di interessi.

Le difese dell’appellante, in gran parte aventi ad oggetto generiche dissertazioni per lo più non pertinenti al caso di specie, non contengono puntuali critiche di quanto affermato dal primo giudice e, segnatamente, non indicano perché i documenti ritenuti dal Tribunale di Aosta completi ed esaurienti al fine della ricostruzione dei rapporti di finanziamento dovrebbero al contrario considerarsi insufficienti (gli estratti conto prodotti vengono definiti “foglietti” o “banali riepiloghi”); né l’appellante ha precisato quale sarebbe la documentazione che ritiene mancante o, comunque, laddove lo ha fatto, ha indicato documenti non pertinenti ai rapporti in discussione, lamentandosi della mancata produzione degli estratti conto mensili e degli estratti conto trimestrali scalari, dai quali si dovrebbero ricavare gli importi della commissione di massimo scoperto, il rispetto della disciplina delle valute, la capitalizzazione degli interessi passivi, verificare se si siano applicati interessi passivi mediante richiami ad uso piazza, et alias, tutte questioni attinenti la disciplina del contratto di conto corrente bancario, laddove nella specie si controverte di contratti di finanziamento.

D’altro canto, già nel giudizio di prime cure l’attuale appellante aveva fatto riferimento a fattispecie non attinenti il caso di specie (contratti di conto corrente - fideiussione – carta di credito – affidamenti bancari) e, condivisibilmente, il Tribunale aveva respinto l’istanza ex art. 210 c.p.c., con cui l’opponente aveva chiesto “di ordinare l’esibizione alla banca degli originali delle copie dei contratti di conto corrente, aperture di credito e fideiussione (non presenti nel caso di specie) connessi ai conti indicati nelle premesse degli atti nonché la produzione degli estratti conto mensili con indicazione della specifica delle operazioni contabilizzate e trimestrali con il conteggio degli interessi scalari mai consegnati all’attore…” (cfr. atto di citazione in opposizione di primo grado).

Di conseguenza, anche la richiesta di disporre consulenza tecnica d’ufficio non può essere accolta, condividendosi la valutazione negativa del primo giudice.

La consulenza d’ufficio non è un mezzo istruttorio in senso proprio, avendo essa la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze, e pertanto deve avere ad oggetto accertamenti per quanto possibile specifici, poiché un quesito eccessivamente generico conduce ad una indagine meramente esplorativa alla ricerca di elementi, fatti e circostanze non provati, e quindi inammissibile (in questo senso, oltre alle pronunce richiamate nella sentenza appellata, v. Cass. 12.2.2008 n. 3374; Cass. ord. n. 26839/2016).

Nella specie, inoltre, l’indagine peritale è diretta a dimostrare l’applicazione di interessi usurari (v. atto di appello pag. 16), eventualità esclusa dal primo giudice con analitica motivazione (come sopra riportato), che non è stata oggetto di specifica censura da parte dell’appellante.

Il motivo è pertanto infondato e non può essere accolto.

Con il secondo motivo d’impugnazione, 1.4.  lamenta che la società appellata avrebbe tenuto, in sede di mediazione, un comportamento ostruzionistico: chiede l’appellante che la Corte ne tenga conto ex artt. 88 e 91 c.p.c. ai fini della liquidazione delle spese di lite, e comunque sostiene che il giudice di prime cure avrebbe dovuto dichiarare l’improcedibilità della domanda, stante la condotta di adesione solo formale alla procedura di mediazione, indice di malafede ed intesa ad aggirare l’obbligo di cui all’art. 13 d.lgs. n. 28 del 4.3.2010.

Nella comparsa conclusionale l’appellante ha inoltre richiamato la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n. 19596 del 18.09.2020 (ove si afferma che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta, con la conseguenza che, ove essa non si attivi, della pronuncia di improcedibilità e della revoca del decreto ingiuntivo), evidenziando come 1.4.  non abbia introdotto la mediazione pur essendovi tenuta e si sia altresì rifiutata di svolgere una concreta trattativa a seguito dell'introduzione della stessa da parte dell'appellante, violando in tal modo lo spirito della norma, con conseguente improcedibilità del giudizio.

Il motivo è infondato.

A fronte dell’eccezione di improcedibilità del giudizio per mancato esperimento della procedura di mediazione preventiva obbligatoria, sollevata in primo grado, il Tribunale ha rilevato che lo stesso opponente aveva prodotto il verbale dell’incontro di mediazione tenutosi il 19.09.2017, da cui risultava come detta procedura fosse stata validamente instaurata tra le parti, entrambe presenti alla convocazione dinanzi al mediatore, ed assistite dai rispettivi difensori, sebbene la sola parte opponente avesse dichiarato, in quella sede, di voler entrare nel merito della controversia, mentre la parte opposta aveva dichiarato di non voler aderire all’invito.

Il Tribunale ha correttamente ritenuto che l’iter della procedura fosse stato idoneo a soddisfare la condizione di procedibilità posta dal legislatore ex art. 5, comma 1 - bis del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, come testualmente previsto ex art. 5, comma 2 - bis del medesimo provvedimento, secondo cui “quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo”, a nulla rilevando a tal fine che una delle parti avesse rifiutato, nel corso di detto incontro, di entrare nel merito della procedura di mediazione.

Pertanto, essendo stato effettivamente esperito il procedimento di mediazione, sebbene dal soggetto non gravato da tale onere, non ne può essere conseguita l’improcedibilità della domanda: infatti, la richiamata pronuncia delle Sezioni Unite, nell’individuare il soggetto gravato dell’onere di promuovere la procedura in esame onde evitare la dichiarazione di improcedibilità del giudizio, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo, non esclude che tale iniziativa possa essere intrapresa anche dalla controparte, integrando il tal modo la condizione di procedibilità posta dal legislatore ex art. 5, comma 1 - bis del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, come testualmente previsto ex art. 5, comma 2 - bis del medesimo provvedimento.

Tanto meno, la condotta tenuta dalla società appellata in sede di mediazione può essere valutata negativamente ai fini della liquidazione delle spese di lite, anche in considerazione della inconsistenza delle contestazioni dell’attuale appellante.

In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto, con conferma dell’appellata sentenza n. 84/2019 del Tribunale di Aosta.

Consegue, ex art. 91 c.p.c., la condanna dell'appellante al rimborso delle spese di lite in favore di parte appellata, liquidate con riferimento ai valori medi del relativo scaglione previsto dal DM 55/2014 (da € 26.001 ad € 52.000), dovendosi escludere il compenso per la fase istruttoria (non svolta) e per quella decisionale, non avendo parte appellata depositato gli scritti conclusivi.

Sussistono altresì i presupposti di cui all'art. 13, comma 1 - quater del D.P.R. 115/02 perché la parte appellante sia dichiarata tenuta al versamento di ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari all'importo dovuto per lo stesso titolo e la stessa impugnazione. 

PQM 

Definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta omissis, la Corte d'Appello di Torino, Prima Sezione Civile, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione reiette, così decide: respinge l'appello proposto da omissis avverso la sentenza omissis del Tribunale di Aosta, pubblicata il 12 marzo 2019, che integralmente conferma; condanna parte appellante al rimborso, in favore di omissis, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in complessivi € 3.310,00 di cui € 1.960,00 per la fase di studio e € 1.350,00 per la fase introduttiva, oltre spese generali nella misura del 15%, CPA e IVA sulle somme imponibili; dichiara la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13, comma 1 - quater del D.P.R. 115/02 perché la parte appellante sia dichiarata tenuta al versamento di ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari all'importo dovuto per lo stesso titolo e la stessa impugnazione.


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

18 ottobre 2021

39/21. Fideiussione: no alla mediazione c.d. obbligatoria (Osservatorio Mediazione Civile n. 39/2021)

=> Corte di appello di Milano, 30 marzo 2021 

Con riferimento alla questione dell’applicabilità in tema di fideiussione della procedura obbligatoria di cui all’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010 (che come noto prevede espressamente, tra l’altro, che il procedimento di mediazione obbligatoria si applica alle controversie che riguardino contratti assicurativi, bancari e finanziari), va confermato che la polizza fideiussoria, al di là del fatto strutturale (i.e. il fatto di potere essere emessa solo da una compagnia assicurativa) non è un contratto assicurativo, integrando una mera garanzia (I). 

(I) Si veda l’art. 5, comma 1-bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 39/2021
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Corte di appello di Milano
Sentenza
30 marzo 2021

Omissis

L’avvenuto pagamento da parte di --- della somma di euro 71.161,44 oggetto dell’ordinanza ingiunzione non è contestato dalla parte appellata.

Deve pertanto dichiararsi la cessazione della materia del contendere in relazione alla controversia oggetto del giudizio, rimanendo da vagliare la fondatezza dell’appello ai soli fini della regolamentazione delle spese, in base al criterio della soccombenza virtuale (Cass. 8034/2020).

Sul primo motivo di appello.

Con il primo motivo, parte appellante ha eccepito l’erronea pronuncia in ordine all’eccezione d’improcedibilità per mancato esperimento della procedura obbligatoria prevista dald. lgs 28/2010.

Il giudice di prime cure ha ritenuto che il contratto di polizza fideiussoria, non avendo causa finanziaria, bancaria o assicurativa (trattandosi dell’escussione di una garanzia), non sia assoggettato alla mediazione obbligatoria prevista dal d.lgs. 28/2010.

L’applicabilità della procedura obbligatoria prevista dal decreto lgs. n. 28/2010 in tema di fideiussione è controversa nella giurisprudenza di merito, mentre non constano precedenti della Suprema Corte. Il decreto lgs. n. 28/2010 prevede espressamente che il procedimento di mediazione obbligatoria si applichi alle controversie che riguardino contratti assicurativi, bancari e finanziari.

Per quanto attiene alla fideiussione, la giurisprudenza di merito si divide tra chi sostiene che essa, avendo ad oggetto un rapporto di garanzia, non rientri nell’alveo dell’obbligatorietà della disciplina dettata dal d.lgs. n. 28/2010 (ex multis, Trib. Milano 13.1.2016; Trib. Palermo 18.1.2018) e chi invece, attribuendo rilievo al criterio soggettivo, ossia al soggetto che rivesta la qualifica professionale di impresa di assicurazione, afferma che, laddove la fideiussione sia inerente a contratti bancari o assicurativi, debba essere assoggettata all’art. 5 del d.lgs. n. 28/2010 (Tribunale di Verona, ord. 4 aprile 2012, Trib. Roma 2.10.2019).

La Corte ritiene che l’orientamento seguito dal Tribunale sia condivisibile, anche considerando l’interpretazione restrittiva della Suprema Corte con riguardo ad altre tipologie di contratti. Infatti, nel pronunciarsi sulla riconducibilità alla disciplina della mediazione obbligatoria, ad esempio, del contratto di leasing immobiliare, la suprema Corte ha ritenuto che esso non debba ritenersi compreso nell’ambito di applicazione dell’ art. 5d.lgs. n. 28/2010, affermando che: “il riferimento della norma (ndr. art. 5, d.lgs. n. 28/2010) ai contratti “bancari e finanziari” contiene un chiaro richiamo, non altrimenti alterabile, alla disciplina dei contratti bancari contenuta nel codice civile e nel TUB (d.lgs. n. 385 del 1993), nonché alla contrattualistica involgente gli strumenti finanziari di cui al TUF (d.lgs. n. 58 del 1998), sicché non è estensibile alla diversa ipotesi del leasing immobiliare, anche se, nelle varie forme, allo stesso sono coessenziali finalità di finanziamento, specificamente funzionali, però, all’acquisto ovvero alla utilizzazione dello specifico bene coinvolto” (cfr. Cass. 20149/2020, Cass. 14904/2019).

Va pertanto confermata la sentenza di prime cure per avere affermato che, alla luce di “un’interpretazione restrittiva delle relative eccezioni, la polizza fideiussoria, al di là del fatto strutturale (i.e. il fatto di potere essere emessa solo da una compagnia assicurativa) non è un contratto assicurativo, integrando una mera garanzia”.

In ogni caso giova osservare che l’eccezione di mancato esperimento del procedimento di mediazione non conduce, di per sé, alla sanzione dell’improcedibilità, ma dà luogo, quando fosse fondata -e sempre che fosse eccepita o rilevata d’ufficio tempestivamente, entro la prima udienza- alla concessione del termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione; concessione che può avvenire, anche nel giudizio di appello, se il giudice di seconde cure ritenesse fondata l’eccezione tempestivamente sollevata.

Nel caso in esame, però, non solo l’appellante non ha dedotto alcuna concreta lesione che gli sia derivata dal mancato esperimento del procedimento di mediazione, ma l’avvenuta cessazione della materia del contendere, per avvenuta estinzione del debito garantito dalla polizza fideiussoria, determina altresì il venire meno dell’interesse a sollevare l’eccezione, il cui accoglimento avrebbe determinato, non l’improcedibilità del giudizio, ma esclusivamente la concessione di un termine per la presentazione della domanda di mediazione.

Il primo motivo deve pertanto essere rigettato.

Sul secondo motivo di appello. Con il secondo motivo, parte appellante si è doluta dell’invalidità della richiesta di escussione in quanto tardiva e non conforme alle modalità previste dall’art. 6.6 delle Condizioni generali di Polizza.

Il motivo non è fondato.

L’art. 2, infatti, stabilisce che l’efficacia della garanzia decorra dalla data di presentazione dell’offerta e abbia validità di “almeno 180 giorni o quella maggiore indicata nel bando di gara”, ossia 360 giorni dalla data di presentazione della domanda ed il bando di gara prevede un deposito cauzionale provvisorio “con validità non inferiore a 360 giorni decorrenti dalla data di presentazione dell’offerta” (v. bando di gara, doc. 3 ).

La richiesta di escussione inviata dal Comune in data 19.10.2016 è, quindi, tempestiva in quanto avvenuta nel termine indicato.

La richiesta inviata dal Comune è stata pacificamente ricevuta da China, che non ha contestato la ricevuta di accettazione, inviata tramite pec La circostanza che sia stata inviata con pec, invece che tramite “lettera raccomandata alla sede del Garante” come previsto dall’art 6 delle Condizioni generali di Polizza, non assume alcun rilievo a tantomeno può inficiare la validità dell’escussione. L’avvenuta ricezione è invero pacifica. Tantomeno può essere revocata in dubbio l’ equipollenza tra pec e lettera raccomandata. In questo senso, si veda, da ultimo, Cass. 26506/2020, secondo cui “la notifica a mezzo PEC è equiparata alla notifica per mezzo della posta, salvo che la legge non disponga altrimenti; equivalenza che, come è di facile rilievo, trova la sua ragione nel fatto che la PEC offre le medesime certezze della raccomandata in ordine all’identificazione del mittente e all’avvenuta ricezione dell’atto (documentabile, in caso della PEC, attraverso la produzione del rapporto di consegna al destinatario e ricevuta di accettazione)”.

Si rileva infine che l’affermazione di parte appellante secondo cui l’indirizzo pec utilizzato dal comune per l’invio della richiesta (ossia ---) non sia valido è sfornita di prova. La visura prodotta da China (all. 2 memoria di replica primo grado) dimostra infatti che quell’indirizzo pec non risulta nel registro INIPEC alla data del 18.3.2019, ma nulla prova in ordine alla validità dell’indirizzo pec alla data di invio della richiesta di escussione (ossia 19.10.2016).

Alla luce dell’infondatezza dell’appello, le spese di lite del presente giudizio devono essere poste a carico dell’appellante ---, secondo il criterio della soccombenza virtuale. Esse vengono liquidate, come in dispositivo, in applicazione del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, tenuto conto dell’assenza della fase istruttoria e secondo valori prossimi ai minimi tariffari tenuto conto della semplicità della controversia.

Tenuto conto della soccombenza virtuale dell’appellante, è altresì confermata la regolamentazione delle spese del giudizio di primo grado, nonché la liquidazione delle medesime, come statuite dal giudice di prime cure.

In considerazione del sopravvenuto versamento al Comune dell’importo di cui alla somma ingiunta, a parziale modifica della sentenza impugnata, è revocata l’ordinanza ingiunzione di pagamento emessa dal Comune di Milano il 6 luglio 2018 avente ad oggetto il pagamento di euro 71.161,44. 

PQM 

La Corte di appello di Milano, definitivamente decidendo sulla causa proposta in grado di appello da --- nei confronti di Comune di Milano, dato atto dell’avvenuta percezione da parte del Comune dell’importo di cui all’ingiunzione di pagamento emessa il 6 luglio 2018, in parziale modifica della sentenza impugnata, revoca l’ordinanza ingiunzione: conferma il capo della sentenza impugnata relativo alla condanna di --- al pagamento delle spese processuali del giudizio di primo grado; condanna --- alla rifusione, in favore del Comune di Milano, delle spese processuali del presente giudizio di appello, liquidate in complessive euro 5.100,00 per compensi, oltre rimborso spese generali ed oneri riflessi. 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

11 ottobre 2020

40/20. La banca vuole partecipare alla mediazione senza l'assistenza del legale: assenza ingiustificata da sanzionare (Osservatorio Mediazione Civile n. 40/2020)

=> Tribunale di Milano, 28 aprile 2020 n. 2629

In tema di mediazione c.d. obbligatoria, nel caso in cui la parte (nella specie una banca) abbia chiesto di partecipare senza l'assistenza di un legale, va affermato che trattasi di circostanza non consentita dall'art. 8, comma 1, d.lgs. 28/2010 e che non può quindi costituire un giustificato motivo. L’assenza ingiustificata della parte, pertanto, comporta la condanna al pagamento a favore dell'Erario di una somma pari al contributo unificato dovuto per la causa, a norma dell'art. 8, comma 4- bis, d.lgs. 28/2010 (I).

(I) Si vedano l’art. 8, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 40/2020

 Tribunale di Milano
Sentenza n. 2629
28 aprile 2020

Omissis

Oggetto di causa sono due conti correnti bancari omissis. In relazione a tali rapporti parte attrice ha lamentato addebiti ingiustificati per interessi, commissioni, spese e valute ed ha chiesto il ricalcolo del saldo e anche la condanna alla restituzione dell'indebito con riferimento al solo conto chiuso omissis.

Le spese, anche quelle esenti, seguono la soccombenza e si liquidano secondo i parametri medi del d.m. 55/2014, sulla base della differenza dei saldi accertati dal ctu La condotta della banca ha dato luogo alla necessità della ctu contabile, di modo che essa ne sopporta il costo. Le spese della ctu grafologica, invece, atteso l'esito, restano in via definitiva a carico di parte attrice.

La difesa della banca non è connotata da colpa grave, né ha abusato del processo: non ricorrono quindi le condizioni per la condanna ex art. 96 c.p.c. invocata da parte attrice.

La condanna qui pronunciata nei confronti della banca ha ad oggetto il pagamento di una somma di denaro: difetta pertanto il presupposto richiesto dall'art. 614-bis c.p.c. per la pronuncia di un provvedimento di coercizione indiretta, come richiesto da parte attrice.

La banca non ha partecipato all'incontro di mediazione (v. verbale, doc. 6 att.) e non ha dato prova di aver giustificato la mancata adesione.

Risulta dal verbale che la banca aveva chiesto di partecipare senza l'assistenza di un legale, circostanza però non consentita dall'art. 8, comma 1, d.lgs. 28/2010 e che non può quindi costituire un giustificato motivo.

La sua assenza ingiustificata comporta la condanna al pagamento a favore dell'Erario di una somma pari al contributo unificato dovuto per la causa, a norma dell'art. 8, comma 4- bis, d.lgs. 28/2010.

PQM

Il Tribunale di Milano in composizione monocratica VI sezione civile definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra domanda ed eccezione, così provvede: condanna parte convenuta a pagare in favore di parte attrice la somma di euro 4.892,09 oltre interessi legali dal 6/12/2006; accerta e dichiara che il saldo al 31/12/2016 del c/c omissis è pari ad euro 16.027,29 a credito del correntista; condanna parte convenuta a rimborsare in favore di parte attrice le spese di giudizio, che liquida in € 4.835,00 per compensi ed € 264,00 per spese esenti, oltre 15% per spese generali, CPA ed IVA sugli importi imponibili; pone le spese della ctu contabile in via definitiva a carico di parte convenuta; pone le spese della ctu grafologica in via definitiva a carico di parte attrice; condanna parte convenuta al pagamento in favore dell'Erario della somma di euro 237,00. 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

10 maggio 2020

24/20. Richiesta dei danni per illegittima segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d'Italia: mediazione obbligatoria? (Osservatorio Mediazione Civile n. 24/2020)

=> Tribunale di Roma, 10 dicembre 2019, n. 23664

Va preliminarmente respinta l'eccezione di improcedibilità della domanda sollevata dalla parte convenuta sul presupposto che nel caso di specie fosse obbligatorio il previo esperimento del procedimento di mediazione, giacché la natura della controversia esula dal novero di quelle previste dall'art. 5 del d.lgs. 28/2010, venendo in rilievo domanda di risarcimento del danno derivante dalla responsabilità degli Istituti di credito convenuti per avere operato un'illegittima segnalazione del nominativo dell'attrice alla Centrale Rischi della Banca d'Italia.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 24/2020

Tribunale di Roma
Sentenza n. 23664
10 dicembre 2019

Omissis

La domanda è infondata e non merita, pertanto, accoglimento.
Va preliminarmente respinta l'eccezione di improcedibilità della domanda sollevata dalla parte convenuta sul presupposto nel caso di specie fosse obbligatorio il previo esperimento del procedimento di mediazione, giacché la natura della controversia esula dal novero di quelle previste dall'art. 5 D. Lgs. 28/2010, venendo in rilievo domanda di risarcimento del danno derivante dalla responsabilità degli Istituti di credito convenuti per avere operato un'illegittima segnalazione del nominativo dell'attrice alla Centrale Rischi della Banca d'Italia.
Quanto all'ulteriore eccezione di rito, si è già disposto in sede di istruzione della causa in ordine al mutamento del rito, dato che il giudizio era stato erroneamente introdotto nelle forme previste dall'art. 10 del D. Lgs. 150/2011 in difetto dei presupposti.
La domanda risarcitoria è stata fondata sull'assunto che la Banca omissis e successivamente la omissis avessero illegittimamente mantenuto la segnalazione del nominativo della omissis in Centrale Rischi “a sofferenza”, in difetto dei presupposti, dato che una precedente posizione debitoria della medesima era stata definita a seguito di intervenuta transazione e la Banca omissis aveva prestato il proprio assenso alla cancellazione dell'ipoteca giudiziale iscritta in data omissis.
Invero, tale presupposto è risultato del tutto privo di riscontro probatorio all'esito dell'istruttoria omissis. Neppure alcuna prova dell'eventuale condotta negligente delle convenute può trarsi dal contenuto delle missive che le convenute hanno rispettivamente inviato all'attrice in data omissis, giacché in esse è fatto riferimento del tutto generico all'intervenuta cancellazione di una pregressa segnalazione a sofferenza senza alcuna specificazione della data in cui essa fosse intervenuta.
Ne discende che la pretesa risarcitoria risulta del tutto sfornita di prova nell'an.
Per tali ragioni, la domanda è respinta.
In ragione della soccombenza, la parte attrice va condannata al pagamento delle spese del procedimento che si liquidano nei confronti delle convenute nella complessiva misura di euro 12.000 per compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.

PQM

Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, così decide: respinge le domande proposte dalla parte attrice; condanna la parte attrice al pagamento nei confronti della convenuta delle spese del procedimento, che liquida complessivi euro 12.000, per compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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