DIRITTO D'AUTORE


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30 marzo 2022

12/22. La mediazione può durare più di tre mesi? (Osservatorio Mediazione Civile n. 12/2022)

=> Corte di appello di Perugia, 3 giugno 2021 

Se è ancora discussa, anche in giurisprudenza, la natura del termine di 15 giorni assegnato dal Giudice per la mediazione e se debba intendersi ordinatorio o perentorio, non sembra che vi sia altrettanta incertezza sulla “perentorietà” del termine di tre mesi di sospensione del giudizio stabilito dall'art. 6, comma 1, d.lgs. 28/2010, modificato dalla legge n. 98 del 9.8.2013, che non può pertanto essere superato per consentire l’espletamento del tentativo di mediazione, come espressamente previsto dalla norma. Del resto, non sembra potersi contestare che tale carattere è insito nella ratio che ha ispirato la normativa introdotta nel 2010, che ha un’evidente finalità deflattiva, ed è quindi diretto ad impedire che la mediazione venga utilizzata come espediente per procrastinare la risoluzione della controversia. Tale finalità trova ulteriore conferma nell’espressa previsione, contenuta nel secondo comma dell’art. 6 cit., che esclude la sospensione feriale (I).  

(I) Si veda l’art. 6, comma 1, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 12/2022
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Corte di appello di Perugia
sentenza
3 giugno 2021

Omissis 

Avverso la sentenza del Tribunale di Spoleto con cui veniva dichiarata improcedibile l’opposizione al decreto ingiuntivo col quale veniva condannata al pagamento della somma di € 45.520,69 in favore dell’II s.p.a. ha proposto appello XX censurando la sentenza nella parte in cui ha ritenuto non soddisfatta la condizione di procedibilità.

Con il primo motivo denunciano la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia sostenendo che è stata operata una lettura non corretta dell’art. 5 d.lgs. n. 28/2010 ove, sulla scorta del suo carattere perentorio, conduce a sanzionare chi si sia attivato nell’espletamento della procedura di mediazione dopo 15 giorni concessi dal Giudice nonostante la fattiva partecipazione alla procedura della controparte e la sua conclusione con un verbale negativo. Nel merito ha riproposto tutte le domande svolte in primo grado a fondamento dell’opposizione e segnatamente quelle relative all’accordo raggiunto per la definizione della situazione debitoria e in ordine alla usurarietà degli interessi applicati, all’applicazione dell’anatocismo.

Si è costituita II s.p.a. chiedendo, in via principale, la declaratoria di inammissibilità dell’appello ex art. 348 bis c.p.c. e, in via subordinata, il rigetto. Ha sostenuto che: il Giudice di prima istanza si è limitato ad applicare la regola normativa che prevede la possibilità di applicare termini stretti al fine evitare che la procedura di mediazione possa costituire il pretesto per dilatare i tempi del processo ed assecondare tattiche dilatorie e defatigatorie; la partecipazione al giudizio di mediazione da parte dell’opposta non sarebbe idonea a sanare l’inosservanza della regola processuale perpetrata dall’opponente che aveva interesse al suo rispetto; aveva partecipato alla mediazione al solo fine di eccepire l’attivazione tardiva per eventualmente accettare null’altro che il pagamento dell’intero credito reclamato; il mancato rispetto del termine concesso per il pagamento dell’importo accordato a stralcio a colui che si era affermata debitrice e che in ragione dello sconto aveva riconosciuto il debito aveva determinato la decadenza dal beneficio; nel dedurre il superamento del tasso soglia la controparte non aveva indicato quello che sarebbe stato applicato di volta in volta e nemmeno il periodo di sforamento, doglianze che sarebbero state comunque irrilevanti trattandosi eventualmente di usura sopravvenuta; la dedotta applicazione degli interessi anatocistici era stata solo affermata.

L’eccezione di inammissibilità dell’appello non è attuale essendo stata la controversia posta in decisione.

L’appello è infondato e va dunque rigettato.

E’ pacifico che l’opponente al decreto ingiuntivo ha introdotto la mediazione sia oltre il termine assegnato dal giudice di 15 giorni, decorrenti dall’ordinanza che l’aveva disposta, emessa all’udienza di prima comparizione del 5.7.2016, sia quello successivo all’udienza di rinvio del 13.12.2016, prevista per la verifica dell’esito del sub procedimento deflattivo, e, quindi, oltre i tre mesi previsti dal d.lgs. n. 28/2010 per l’espletamento della mediazione assistita. Infatti, la domanda di mediazione è stata depositata solo il 19.12.2019.

Ora, se è ancora discussa, anche in giurisprudenza, la natura del termine di 15 giorni assegnato dal Giudice per la mediazione e se debba intendersi ordinatorio o perentorio, non sembra che vi sia altrettanta incertezza sulla “perentorietà” del termine di tre mesi di sospensione del giudizio stabilito dall’art. 6 comma 1 del d.lgs cit., modificato dalla legge n. 98 del 9.8.2013, che non può pertanto essere superato per consentire l’espletamento del tentativo di mediazione, come espressamente previsto dalla norma. Del resto, non sembra potersi contestare che tale carattere è insito nella ratio che ha ispirato la normativa introdotta nel 2010, che ha un’evidente finalità deflattiva, ed è quindi diretto ad impedire che la mediazione venga utilizzata come espediente, nella fattispecie da parte del debitore, per procrastinare la risoluzione della controversia. Tale finalità trova ulteriore conferma nell’espressa previsione, contenuta nel secondo comma dell’art. 6 cit., che esclude la sospensione feriale.

Aderendo questa Corte a tale orientamento interpretativo, tanto basta per confermare la sentenza di primo grado, seppure con motivazione parzialmente differente.

Le spese del giudizio di appello seguono la soccombenza e vanno poste a carico dell’appellante che va condannata a rifonderle all’appellata, liquidate come in dispositivo ex art. 4 d.m. 10.3.2014 n. 55, come modificato dal d.m. 8.3.2018 n. 37, avuto riguardo alla semplicità della questione giuridica trattata.

L’appellante è tenuta, ex art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 115/2002 al versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1 bis, d.P.R. 115/2002. 

PQM 

La Corte di appello di Perugia, definitivamente pronunciando, uditi i procuratori delle parti, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: rigetta l’appello proposto da XX avverso la sentenza omissis; condanna l’appellante XX a rifondere all’appellata II s.p.a. le spese del giudizio di appello che liquida in € 3.500,00, oltre il rimborso forfetario delle spese generali, iva e cap come per legge; dichiara che l’appellante è tenuta, ex art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 115/2002 al versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1 bis, d.P.R. 115/2002.

 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

25 marzo 2022

11/22. Ministero della Giustizia: dati statistici sulla mediazione 1 gennaio – 31 dicembre 2021 (Osservatorio Mediazione Civile n. 11/2022)

Sono state rese note le nuove statistiche ministeriali sulla mediazione (rilevazione statistica con proiezione nazionale a cura del Dipartimento della Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi - Direzione Generale di Statistica e Analisi Organizzativa) relative al periodo 1 gennaio – 31 dicembre 2021 (1).

Con riferimento al quarto trimestre dell’anno, gli organismi rispondenti sono stati 393 su 575. Si tratta di un dato sostanzialmente in linea con le rendicontazioni precedenti.

 

Dall’inizio del 2021, si registrano 166.511 procedimenti iscritti e 152.919 procedimenti definiti.

Nella rendicontazione si dà atto di quanto segue:

  • “il confronto delle iscrizioni e delle definizioni del 2021 con quelle del 2020 evidenzia, rispettivamente, un incremento di circa il 32% e il 40%. L’incremento è in parte imputabile a una ripresa dell’attività giudiziaria post pandemia che ha determinato un recupero, seppur parziale, delle iscrizioni e delle definizioni non effettuate nel corso del 2020”;
  • in tema di contratti assicurativi “si rileva, confrontando i dati del 2021 con quelli del 2019, un incremento (+23%), attribuibile alla sentenza n. 19596/2020 del 18.09.2020 della Corte di Cassazione: nei giudizi introdotti con decreto ingiuntivo in caso di controversie soggette a mediazione obbligatoria l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta, con la conseguenza che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità dell'opposizione conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo” (2); sul punti si evidenzia che la precedente analisi sui dati relativi al 1 gennaio – 30 settembre 2021 svolta dall’Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile aveva già evidenziato la crescita dei procedimenti in tema di contratti assicurativi, che nel periodo di riferimento avevano superato la soglia del 10%, mentre ora, con riferimento all’intero 2021, si assestano al 9,2%;
  • “nel periodo di riferimento le iscrizioni collegate ad inadempienti legati al COVID sono state 5.504, pari al 3% del totale. Il dato è ottenuto sommando le 871 iscrizioni nella specifica materia «Inadempimenti dovuti alle misure di contenimento COVID d.l.6/20 art. 3 co. 6bis e 6ter» , introdotta nel terzo trimestre 2020, e le iscrizioni nelle materie già esistenti, dovute ad inadempimenti connessi con le misure di contenimento COVID, pari a 4.733” (3).

 

Tra le controversie maggiormente trattate in mediazione rimangono poi quelle in tema di diritti reali (14,6%), contratti bancari (13,8%), condominio (12,9%) e locazione (12,5%). Si tratta di dati sostanzialmente in linea con le ultime rilevazioni ministeriali e, quindi, di un dato di fatto ormai consolidato.

 

Nel periodo in questione l’aderente compare nel 50% dei casi.

In tali casi (ovvero in caso di aderente comparso), nel 27,3% dei procedimenti si raggiunge l’accordo conciliativo.

La rendicontazione ministeriale precisa al riguardo che “Da una analisi a campione risulta che il tasso di successo sale al 45,8% se le parti accettano di sedersi al tavolo della mediazione anche dopo il primo incontro”. Tale dato – come già sottolineato nei precedenti lavori di analisi svolti dall’Osservatorio – risulta sostanzialmente in linea con le ultime rilevazioni ministeriali e si ribadisce, pertanto, che alle parti conviene svolgere con fiducia e serietà il tentativo conciliativo, senza fermarsi al primo incontro, ma proseguendo il percorso mediatizio anche oltre; qualcosa in più, però, si ritiene, potrebbe farsi (a livello normativo) per favorire maggiormente la scelta delle parti di proseguire la mediazione oltre il primo incontro, oltre che nel fornire strumenti alle parti e agli organismi per raggiungere, quantomeno, la soglia – che sarebbe significativa, anche mediaticamente – del 50% di successo (4).

 

Tra le controversie nelle quali si registra una maggiore percentuale di comparizione dell’aderente (superiore al 50%) si confermano quelle che riguardano rapporti familiari, nonché le liti relative, in generale, a rapporti sociali o contrattuali, destinati a durare nel tempo, caratterizzati dalla particolare rilevanza soggettiva delle parti (successioni ereditarie, divisione, diritti reali, condominio, affitto di aziende, locazione, contratti bancari).

Si confermano poi le alte percentuali di comparizione dell’aderente in procedimenti in materia di inadempimenti dovuti alle misure di contenimento COVID d.l.6/20 art. 3 co. 6bis e 6ter (pari al 61,1%), sebbene nella rendicontazione annuale 2020 la percentuale riscontrata era addirittura pari al 70,3%.

 

In merito alla categorie di mediazione, nel periodo di riferimento la maggior parte dei procedimenti definiti afferisce alla mediazione c.d. obbligatoria ex lege o ante causam (art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010). Si tratta di circa 85% dei procedimenti totali, percentuale così composta: 15,2% (invio in mediazione da parte del giudice per mancato esperimento obbligatorio del procedimento prima del giudizio) e 71% (esperimento della procedura svolto prima del processo).

Poco meno dell’1% dei procedimenti definiti nel periodo in questione, invece, afferisce alla c.d. mediazione delegata o demandata dal giudice (art. 5, comma 2, d.lgs. 28/2010), mentre il 13,1% dei procedimenti definiti afferisce alla mediazione volontaria o facoltativa.

 

In generale, dai dati emerge che la mediazione ha maggiore probabilità di successo in caso di procedimento volontario(successo pari al 35% dei casi).

Ad ogni modo, in caso di mediazione obbligatoria ex art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010, se il procedimento viene svolto prima del giudizio la percentuale di successo è pari al 28%; dato che scende drasticamente al solo 15% in caso invio in mediazione da parte del giudice per mancato esperimento obbligatorio del procedimento prima del giudizio.

Anche la mediazione demandata (quindi invio in mediazione delle parti da parte del giudice in materie non assoggettate alla c.d. mediazione obbligatoria) registra una non trascurabile percentuale di successo (25% dei casi).

Tali percentuali migliorano ulteriormente quando le parti accettano di sedersi al tavolo delle mediazioni anche dopo il primo incontro: rispettivamente 53% (volontaria); 48% e 31% (obbligatoria); 40% (demandata).

 

Questi i numeri relativi agli Organismi di mediazione presenti in Italia.

 

 

Tipologia Organismi di conciliazione

 

Organismi al 30.6.2019

Procedimenti definiti

 

ORGANISMI DELLE CAMERE DI COMMERCIO

 

72

11.700

 

ORGANISMI PRIVATI

 

358

90.942

 

ORDINE AVVOCATI

 

107

49.523

 

ALTRI ORDINI PROFESSIONALI

 

36

754

 

Totale complessivo

 

573

152.919

 

Quanto alla presenza dell’avvocato in mediazione, nelle mediazione volontarie nell’81% dei casi i proponenti sono assistiti dal proprio legale, mentre l’86% i chiamati in mediazione è assistito da un avvocato. Si tratta di dati ormai consolidati.

 

Quanto alla durata delle mediazione, rispetto agli 882 gg (dato 2016 relativo al contenzioso in Tribunale, sceso rispetto al 2015 in cui durata era registrata in 921 gg), la procedura ADR, con aderente comparso e accordo raggiunto, dura 175 giorni; dato sostanzialmente in linea con le rendicontazioni precedenti, anche se si registra un lieve, costante, trend di aumento della durata delle mediazioni.

 

(1) Le analisi curate dall'Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile di tutte le precedenti rilevazioni statistiche sono consultabili a questo indirizzo.

 

(2) Per approfondimenti si veda Sezioni Unite, opposizione a decreto ingiuntivo: l’onere della mediazione grava sul creditore opposto (Osservatorio Mediazione Civile n. 35/2020)

 

(3) Si veda Legge 25 giugno 2020, n. 70 (giustzia-Covid-19) e mediazione: nuova ipotesi di mediazione c.d. obbligatoria e mediazione telematica (Osservatorio Mediazione Civile n. 33/2020)

 

(4) Si veda SPINA, Prime considerazioni sul DDL di riforma del processo civile (C.d.M. 5.12.2019) con particolare riferimento alla mediazione (Osservatorio Mediazione Civile n. 51/2019)

 

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 11/2022 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

20 marzo 2022

10/22. Azione di risoluzione del contratto di locazione per morosità: l’onere della mediazione obbligatoria grava sul locatore o sul conduttore? (Osservatorio Mediazione Civile n. 10/2022)

=> Tribunale di Ferrara, 30 dicembre 2021 

Giusto il disposto di cui all'art. 5, comma 1bis, d.lgs. 28/2010, è indubbio che la parte che ha inteso esercitare in giudizio un'azione di risoluzione del contratto di locazione per morosità è la parte locatrice; è il locatore, e non il conduttore, che avanza delle “pretese” (art. 4, comma 2, d.lgs. 28/2010) nei confronti della controparte. È quindi il locatore che deve presentare la domanda di mediazione e non il conduttore, che ad essa resiste. Ne consegue che il locatore non può lucrare dal suo inadempimento e quindi dall'improcedibilità della domanda giudiziale, la definitività dell'ordinanza provvisoria di rilascio. Una domanda giudiziale “improcedibile” non può logicamente generare un provvedimento giurisdizionale irrevocabile. L'ordinanza provvisoria, in caso di mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione da parte del locatore, deve pertanto essere revocata (I).  

(I) Si vedano gli artt. 4, comma 2, e 5 comma 1-bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 10/2022
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Tribunale di Ferrara
sentenza
30 dicembre 2021

Omissis 

L'eccezione di improcedibilità della domanda è fondata e, pertanto, merita di essere accolta.

Il giudice della fase sommaria, all'udienza del 28 luglio 2021, disposto il mutamento del rito, ha invitato le parti alla mediazione – divenuta obbligatoria ex art. 5 comma 4 lettera b)- ed indicato i termini perentori per il deposito delle note integrative.

Il giudice, pur non assegnando esplicitamente il termine di giorni 15, ha collocato la fase obbligatoria di mediazione in tempo precedente al deposito delle memorie integrative (“incombenti da completare entro la scadenza del primo dei termini di seguito assegnati ai sensi dell'art.426 c.p.c”.) D'altro canto, “Nella mediazione obbligatoria, prevista dal d.lgs. n. 28 del 2010, il provvedimento giudiziale che, nel disporre l'esperimento del procedimento, ometta l'indicazione del termine per la presentazione della relativa domanda è inficiato da mera irregolarità formale, posto che non si determina alcuna incertezza in capo alle parti essendo la durata di detto termine stabilita in misura fissa dalla legge” (Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 2775 del 06/02/2020, Rv. 657251 - 01).

Nessuna delle due parti ha avviato la procedura di mediazione nei 15 giorni, scadenti il 12 agosto, ma solo il 26 novembre 2021, a ridosso dell'udienza del 1° dicembre 2021 di cui è stato chiesto dal locatore il differimento per poter completare la procedura.

Sugli effetti del mancato esperimento della mediazione entro il termine si registrano nella giurisprudenza di merito orientamenti diversi, come dimostrato dalle pronunce prodotte dalle parti all'udienza del 1 dicembre 2021.

Secondo un primo indirizzo, sposato in questa sede dalla omissis, il termine di quindici giorni ha carattere perentorio, pur in assenza di una esplicita previsione legale in tal senso, derivando tale conclusione dal principio giurisprudenziale secondo cui il carattere della perentorietà del termine può desumersi, anche in via interpretativa, tutte le volte che, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, lo stesso debba essere rigorosamente osservato (cfr., in questo senso, Cass. n. 14624/00; Cass., n. 4530/04). In relazione alla fattispecie della mediazione l'implicita natura perentoria del termine in parola si evincerebbe dalla stessa gravità della sanzione prevista, vale a dire l'improcedibilità della domanda giudiziale per il mancato esperimento della mediazione. Ne consegue che il tardivo esperimento della mediazione disposta dal giudice produce gli stessi effetti del mancato esperimento della stessa, ossia impedisce l'avveramento della condizione di procedibilità ed impone, sempre e comunque (vale a dire, senza possibilità di sanatoria), la declaratoria di improcedibilità del giudizio, con chiusura in rito del processo (cfr., in tal senso, Trib. Padova, sezione II 18 aprile 2018; Trib. Spoleto, 19 dicembre 2019 n.961; Trib. Bologna, 15.03.2015 Trib. Reggio Emilia, 14.07.2016, Trib. Lecce, 03.03.2017).

Un opposto orientamento giurisprudenziale – sostenuto dalla omissis – ritiene invece che, in assenza di una espressa previsione di perentorietà del termine assegnato dal giudice la presentazione della domanda di mediazione successivamente al termine di quindici giorni non consente di ritenere operante la sanzione di improcedibilità prevista per il mancato esperimento del tentativo di mediazione, dovendosi dare prevalenza all'effetto sostanziale dello svolgimento del procedimento (cfr., Trib. Milano, 27.09.2016; Trib. Pavia, 14.10.2015).

Ne deriva che la tardività dell'instaurazione del procedimento di mediazione non può essere equiparata al mancato svolgimento del procedimento medesimo.

La tesi della non perentorietà del termine appare maggiormente convincente.

Tuttavia ciò non significa e non può significare che la parte onerata non abbia limite alcuno, come sostenuto da alcune pronunce di merito tra cui Corte d'appello di Firenze 13 gennaio 2020 e Tribunale di Vasto 27 settembre 2017. Nelle more della redazione di questa motivazione la Corte di Cassazione ha peraltro confermato l'orientamento che si va ad esporre. (Cass, 14 dicembre 2021 n.40035)

La tesi della perentorietà del termine, invero, “non ha il conforto dell'art. 152, comma 2 cod.

proc. civ., non essendovi indicazione legislativa in tal senso. .L'art. 5, comma 2, d.lgs.

28/2010 non prevede poi espressamente l'adozione di pronuncia di improcedibilità a seguito del mancato esperimento del procedimento di mediazione delegata entro il termine di quindici giorni. L'attivazione della mediazione delegata non costituisce peraltro attività giurisdizionale e, quindi, appare effettivamente impropria l'applicazione di termini perentori in mancanza di espresse previsioni in tal senso” (Cass. 40035/2021).

L'art. 5,sia al primo comma bis che al secondo comma, inoltre, riconnette l'improcedibilità al mancato esperimento della mediazione, e non al mancato esperimento entro il termine.

Lo scopo sotteso alla assegnazione del termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione è quello di compulsare le parti all'attivazione della procedura, in modo che essa possa essere portata a termine prima della celebrazione della udienza di rinvio, che – a sua volta – deve essere fissata dopo la scadenza del termine di durata della mediazione, non superiore a tre mesi (art.6). In altre parole, come ben esplicato dal tribunale di Vasto, con argomentazione oggi condivisa dalla Suprema Corte (Cass. 40035/2021) “ la ratio legis della previsione del termine di quindici giorni risponde alla esigenza di garantire certezza dei tempi di definizione della procedura di mediazione, affinché la parentesi extraprocessuale, che si apre con l'emissione della ordinanza di rimessione delle parti in mediazione, possa chiudersi entro la data di rinvio del processo ed in tempo utile ad evitare che il tentativo di raggiungimento di un accordo amichevole tra le parti ridondi in danno della durata complessiva del processo, provocando uno slittamento ulteriore della udienza di rinvio e, dunque, un allungamento dei tempi di definizione del giudizio”.

Ne consegue che la parte può avanzare la domanda di mediazione oltre il termine ordinatorio assegnato dal giudice, senza - per ciò solo - incorrere nella declaratoria di improcedibilità della domanda giudiziale. Tuttavia “nel quadro interpretativo così delineato, che ove l'udienza di verifica sia stata fissata subito dopo la scadenza del termine di durata della mediazione, ai sensi dell'art. 6 d.lgs. 28/2010, senza che il procedimento sia stato iniziato o comunque si sia concluso per una colpevole inerzia iniziale della parte, che ha ritardato la presentazione della istanza, quest'ultima si espone al rischio che la sua domanda giudiziale sia dichiarata improcedibile, a causa del mancato esperimento della mediazione entro il termine di durata della procedura previsto per legge” (Cass. 40035/2021).

Diversamente, ove il procedimento di mediazione si sia concluso entro il termine di legge (o, comunque, anche successivamente ma pur sempre prima della celebrazione della udienza di rinvio), benché iniziato dopo la scadenza del termine assegnato dal giudice, giammai l'iniziale ritardo potrà determinare la declaratoria di improcedibilità della domanda giudiziale.

Facendo applicazione al caso di specie dei principi di diritto innanzi enunciati, risulta dalla documentazione in atti che la domanda di mediazione è stata avanzata da omissis il 26 novembre 2021, dopo che la controparte aveva eccepito l'improcedibilità della domanda e a quattro giorni dall'udienza del 1° dicembre 2021, ove la parte conduttrice ha insistito nella propria eccezione mentre la parte locatrice ha chiesto il rinvio dell'udienza onde completare la mediazione tardivamente iniziata. Orbene, non vi è dubbio che nella fattispecie l'incontestato ritardo nella presentazione della domanda di mediazione ha avuto una ripercussione negativa, sia sui tempi di definizione della procedura, la quale non si è potuta concludere entro i tre mesi dalla scadenza del termine assegnato dal giudice, sia sui tempi di definizione del processo, posto che all'udienza di rinvio, fissata per il 1°dicembre il locatore ha avanzato istanza di rinvio del processo per consentire l'esperimento della procedura di mediazione, che era stata tardivamente intrapresa.

La condizione di procedibilità non si è pertanto verificata.

La parte locatrice ritiene che la procedura di mediazione dovesse essere esperita dal conduttore. Quest'ultimo aveva infatti interesse a che il processo iniziato con citazione per convalida di sfratto, proseguisse per l'accertamento della fondatezza delle proprie eccezioni, onde rimuovere l'ordinanza provvisoria di rilascio.

La tesi non è condivisibile.

L'art. 5 comma 1bis d.lgvo 28/2010 dispone “chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende ….è tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione…”.

È indubbio che la parte che ha inteso esercitare in giudizio un'azione di risoluzione del contratto di locazione per morosità è la parte locatrice. E' il locatore, e non il conduttore, che avanza delle “pretese” (art.4 comma 2 d. lgs 28/2010) nei confronti della controparte.

È quindi il locatore che deve presentare la domanda di mediazione e non il conduttore, che ad essa resiste.

Ne consegue che il locatore non può lucrare dal suo inadempimento e quindi dall'improcedibilità della domanda giudiziale, la definitività dell'ordinanza provvisoria di rilascio. Una domanda giudiziale “improcedibile” non può logicamente generare un provvedimento giurisdizionale irrevocabile.

L'ordinanza provvisoria deve pertanto essere revocata.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo secondo i parametri minimi previsti dal DM 55/2014 per la fascia di valore della causa (€ 203 fase studio, € 203 fase introduttiva, € 567 fase trattazione, € 405 fase decisionale). 

PQM 

Dichiara improcedibile la domanda giudiziale promossa da omissis ex art. 5 comma 1 bis del d.lgivo 28/2010; revoca l'ordinanza provvisoria di rilascio emessa il 28 luglio 2021 all'esito della fase sommaria; condanna omissis a rifondere a controparte le spese di lite che liquida in €1.584,70 oltre IVA e CPA.


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

15 marzo 2022

9/22. Inaugurazione dell’anno giudiziario 2022: la mediazione nella relazione di Petro CURZIO, Primo Presidente della Corte di cassazione (Osservatorio Mediazione Civile n. 9/2022)

Di seguito, estratto della Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2021 del Primo Presidente della Corte di Cassazione Petro CURZIO in occasione dell’Inaugurazione anno giudiziario 2022, Roma, 21 gennaio 2022 (così come pubblicata integralmente sul portale ufficiale della suprema Corte di cassazione) (I).

L’estratto riporta i passaggi di maggior interesse della Relazione in tema di mediazione, ADR e conciliazione.

Per approfondimenti è possibile consultare il FOCUS TEMATICO curato dall’Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile Speciale: MEDIAZIONE E INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO (monitoraggio dall’anno 2013).

 

…omissis…

 

PARTE I

LA GIUSTIZIA IN GENERALE

 

…omissis…

 

2. La giustizia civile in generale

 

…omissis…

 

2.6. Mediazione obbligatoria, volontaria e delegata

La mediazione civile obbligatoria è un istituto processuale riconducibile

alle misure di A.D.R. (Alternative Dispute Resolution), con le quali si intende

favorire la rapida composizione delle controversie in via stragiudiziale mediante l’intervento di un soggetto terzo, ovvero l’Organismo di mediazione.

Intendendo adottare «misure per l’efficienza del sistema giudiziario e la

definizione del contenzioso civile» finalizzate, unitamente alle altre previste

nello stesso contesto, a «dare impulso al sistema produttivo del Paese attraverso il sostegno alle imprese, il rilancio delle infrastrutture, operando anche

una riduzione degli oneri amministrativi per i cittadini e le imprese», con la

disposizione di cui all’art. 84, comma 1, lettera b), del d.l. n. 69 del 2013, il

legislatore ha inserito il comma 1-bis all’art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010.

È stata così reintrodotta nell’ordinamento, dopo la pronuncia d’illegittimità costituzionale del comma 1 del citato art. 5 (Corte cost. sentenza n.

272 del 2012), la mediazione civile quale condizione di procedibilità delle

domande giudiziali relative a talune materie, specificamente individuate

dalla norma.

La parte che intende promuovere in sede giurisdizionale una delle azioni

indicate dall’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010 è, quindi, tenuta

preliminarmente a tentare la composizione stragiudiziale della controversia

mediante l’esperimento del procedimento disciplinato dal suddetto decreto

legislativo, il cui svolgimento è affidato ad appositi organismi di mediazione e,

al loro interno, ai mediatori. Le istanze di mediazione devono essere depositate

presso l’organismo territorialmente competente, determinato secondo la competenza territoriale del giudice che dovrebbe trattare la controversia; ricevutele, il

responsabile designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti, che si

deve tenere, nella sede dell’organismo stesso (o nel luogo indicato nel regolamento da esso adottato), entro trenta giorni (artt. 4 e 8 del d.lgs. n. 28 del 2010).

Tra le materie per le quali l’istituto costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale vi sono, in particolare, quelle dei diritti reali

e del risarcimento dei danni derivanti da diffamazione con il mezzo della

stampa o con altro mezzo di pubblicità.

Occorre, però, ricordare che la mediazione può essere anche:

– facoltativa, ove le parti, nelle materie diverse da quelle per le quali è

obbligatoria, decidano spontaneamente di comporre bonariamente la

lite tra esse insorta;

– concordata, prevista dalle parti nel contratto, o nello statuto o nell’atto

costituivo dell’ente (art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 28 del 2010).

In relazione all’andamento dei giudizi pendenti assume particolare

rilievo la possibilità per il giudice di delegare la mediazione, nel corso del

giudizio (art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 28 del 2010): il giudice, anche in sede

di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione

e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento

di mediazione. In tal caso, l’esperimento del procedimento di mediazione è

condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello.

La maggior parte delle procedure di mediazione incardinate sono relative a quelle previste in via obbligatoria, mentre non sono ancora sperimentate in maniera uniforme sul territorio nazionale in tutte le loro potenzialità

le ipotesi di mediazione delegata dal giudice e di mediazione volontaria che

implicano un significativo mutamento di prospettiva culturale e una specifica

professionalità.

 

2.7. Mediazione e deflazione del contenzioso nei dati delle

Corti d’Appello

Nelle Relazioni delle Corti d’Appello, rispetto agli istituti di deflazione

(sono presi in considerazione: mediazione, negoziazione assistita, accordi

dinanzi all’Ufficiale di stato civile), e in particolare rispetto alla mediazione,

vengono svolte osservazioni variegate.

Da un lato ci si limita, a volte in modo assertivo, al mero rilievo statistico della oggettiva ridotta incidenza che tali misure spiegano come meccanismo di deflazione del contenzioso, e si addebita tale stato alla percezione della

mediazione come forma di “denegata giustizia” con aggravio di ulteriori costi

sia economici che umani.

In alcuni casi, pur rilevandone una limitata efficacia deflattiva, si segnala l’opportunità di azioni volte a promuovere un processo di evoluzione

culturale in materia di mediazione, da monitorare e incentivare attraverso

opportune attività formative, e un ragionato dialogo con gli Ordini degli Avvocati e gli Organismi di mediazione.

Dall’altro, invece, il tema è affrontato in una prospettiva di medio-lungo periodo, mettendo in evidenza come la mediazione può sviluppare tutte le

sue potenzialità laddove vi si ricorra non solo in ragione del ruolo ancillare

al processo (condizione di procedibilità), ma per la sua autonoma valenza di

misura di soluzione dei conflitti.

Si rileva che attraverso tale istituto si può evitare che la conflittualità

perduri oltre la definizione della singola controversia – si pensi alla materia

condominiale – e si riconosce una progressiva crescita nell’applicazione dello

stesso che può concorrere in modo significativo ad un diffuso mutamento

culturale, ad una diversa prospettiva delle relazioni sociali, improntate ad un

maggiore rispetto dell’altro, al recupero di effettività dell’amministrazione

della giustizia, con ricadute positive dal punto di vista economico-competitivo

del nostro Paese.

In questa prospettiva, la più articolata categoria giuridica delle procedure di risoluzione alternativa delle controversie (A.D.R.), da un punto di

vista culturale, viene ad affiancarsi e non a contrapporsi alla giurisdizione,

di talché anche il giudice, attraverso la mediazione demandata ed esperendo

direttamente la conciliazione può concorrere, sia pure nella giurisdizione,

al conseguimento degli obiettivi condivisi di tempestività e di soluzione del

conflitto, oltre che di definizione del procedimento.

In tal senso, va rilevata la stipulazione da parte di alcune Corti d’Appello di specifici Protocolli con le Università e con i Consigli degli Ordini degli

Avvocati, per l’affiancamento ai giudici di giovani laureati in legge, borsisti

individuati dalle Università, nell’attività di selezione delle cause con un tasso di

mediabilità e di redazione di una proposta di ordinanza di mediazione delegata, rimessa al vaglio del giudice affiancato e, nel caso dell’appello, al Collegio.

Si intende in tal modo creare un meccanismo della mediazione che

rifletta un ragionevole bilanciamento tra l’esigenza di tutela delle parti e

quella di interesse generale di contenimento del contenzioso in funzione degli

obiettivi del giusto processo e della ragionevole durata di liti oggettivamente

pregiudicate dalla eccessiva lunghezza delle stesse.

Sempre in tale ottica, viene in rilievo una considerazione che risulta

coerente con le indicazioni date dalla Commissione europea per il PNRR. Il

richiamo a una riduzione dei tempi di durata dei procedimenti (disposition

time), a cui può concorrere anche un’attenta applicazione dell’istituto della

mediazione delegata e della conciliazione giudiziale, impone di considerare

e valutare il lavoro del giudice non solo in relazione al numero di sentenze,

ma anche in ragione dell’andamento del ruolo di cause assegnategli e della

durata media dei processi, atteso che una causa conciliata certamente non

produce ulteriori gradi di giudizio.

2.8. I dati statistici nazionali sulla mediazione

I dati elaborati dal Ministero della Giustizia, che ha preso in considerazione la sequenza 21 marzo 2011 – 31 dicembre 2020, fanno registrare un

minor ricorso alla mediazione rispetto alla sostanziale stabilità riscontrata

negli anni 2018 e 2019. Occorre tuttavia nuovamente considerare che il 2020

è stato caratterizzato dall’emergenza sanitaria pandemica che ha determinato

una sospensione del contenzioso.

 

…omissis…

 

Di talché è particolarmente interessante il raffronto tra il primo semestre 2019 e il primo semestre 2021, che evidenzia un incremento del 17%

raffrontando i dati delle sole iscrizioni con proiezioni nazionali ed escludendo

le iscrizioni relative agli organismi statisticamente outlier.

Il raffronto viene effettuato tra il primo semestre 2019 e il primo semestre 2021, escludendo il 2020, proprio in ragione del dato anomalo che ha

caratterizzato tale anno a seguito degli eventi pandemici, a cui sopra si è fatto

cenno.

 

…omissis…

 

2.9. Negoziazione assistita

All’interno delle A.D.R. va collocata anche la convenzione di negoziazione assistita, disciplinata dall’art. 2 del decreto legge n. 132 del 2014, che

costituisce un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in

buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite

l’assistenza di avvocati.

Tale istituto, tra l’altro, è obbligatorio per promuovere in giudizio un’azione in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti.

Un settore peculiare di applicazione della negoziazione assistita facoltativa è quello previsto in alcuni casi, in materia di famiglia, per le controversie

tra coniugi.

In proposito, si può rilevare che in materia di separazione e divorzio

consensuale i dati ISTAT (“rilevazione delle separazioni e dei divorzi”) evidenziano nel 2020 un ulteriore aumento rispetto al 2019 del ricorso alla negoziazione assistita (art. 6, d.l. n. 132 del 2014 convertito in legge con modifiche

dalla legge n.162 del 10 novembre 2014) per gli accordi di separazione e per

la modifica delle condizioni di separazione, mentre vi è una riduzione del

numero degli accordi di divorzio.

Dalle Relazioni dei Presidenti della Corti di Appello emerge che la negoziazione assistita da avvocati (analogamente alla possibilità per i coniugi

di concludere innanzi al sindaco, quale ufficiale dello stato civile, con l’assistenza facoltativa di un avvocato) di un accordo di separazione personale

ovvero, in alcuni casi, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del

matrimonio, oppure di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio

(art. 12 del d.l. 132 del 2014), nonché il c.d. “divorzio breve” legge n. 55 del

2015) non incidono in maniera significativa sulla riduzione delle sopravvenienze, pur evidenziando un trend positivo.

 

…omissis…

 

2.10. Legge delega e mediazione demandata dal giudice

Sia la mediazione che la negoziazione assistita, dunque, sono diretti a

favorire la composizione della lite in via stragiudiziale e sono riconducibili

alle misure di ADR.

Ma, mentre nella mediazione l’attività – centrale per l’esito positivo – di

assistenza alle parti nella individuazione degli interessi in conflitto e nella

ricerca di un punto d’incontro è svolta da un soggetto terzo indipendente e

imparziale, nella negoziazione simile attività è posta in essere dagli stessi

difensori.

Entrambi gli istituti sono oggetto del disegno legislativo di riforma della

giustizia civile.

In relazione alla mediazione si può osservare come, nel più complesso

impianto riformatore, oltre ad ampliare le fattispecie di mediazione obbligatoria, si intende valorizzare ed incentivare la mediazione demandata dal

giudice, promuovendo un regime di collaborazione necessaria fra gli uffici

giudiziari, le università, nel rispetto della loro autonomia, l’avvocatura, gli

organismi di mediazione, gli enti e le associazioni professionali e di categoria

sul territorio, alla quale consegua stabilmente la formazione degli operatori,

il monitoraggio delle esperienze e la tracciabilità dei provvedimenti giudiziali

che demandano le parti alla mediazione.

Sempre a tali fini è indicato il criterio direttivo dell’istituzione di percorsi di formazione in mediazione per i magistrati e la valorizzazione di detta

formazione e dei contenziosi definiti a seguito di mediazione o, comunque,

mediante accordi conciliativi, al fine della valutazione della carriera dei

magistrati stessi. In tal modo si offrirà al giudice un percorso per acquisire

tecniche negoziali di comunicazione.

Potrà costituire un ausilio tecnico alla partecipazione personale delle

parti la previsione che le procedure di mediazione e di negoziazione assistita

possano essere svolte, su accordo delle parti, con modalità telematiche e che

gli incontri possano svolgersi con collegamenti da remoto.

 

2.11. Conciliazione giudiziale

La conciliazione giudiziale è collaterale al tema delle A.D.R. e della

mediazione.

L’art. 185-bis, cod. proc. civ., di recente introduzione, consente al

giudice di formulare e rivolgere formalmente alle parti una propria proposta

conciliativa della lite, a partire dalla prima udienza e fin quando non sia terminata la fase istruttoria, nell’ottica della deflazione immediata del processo.

Alcuni uffici evidenziano come un’attenta analisi dei concreti interessi in gioco da parte del giudice può favorire la formulazione di proposte

conciliative e può contribuire alla celere definizione della controversia e alla

riduzione del numero delle impugnazioni.

 

...omissis…

 

(I) la Relazione è consultabile integralmente al seguente URL: https://www.cortedicassazione.it/cassazione-resources/resources/cms/documents/Cassazione_Relazione_2022.pdf

 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

 

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 9/2022 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

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