=> Corte di appello Palermo, 20 maggio 2021
Il mancato o irregolare esperimento del tentativo di mediazione, nei casi
in cui è obbligatorio, non comporta l’improcedibilità dell’azione quando l’eccezione
della parte non sia stata reputata fondata o sia stata comunque disattesa o
semplicemente ignorata dal giudice di primo grado, non contemplando la
legge alcun rimedio avverso siffatte eventualità, dal momento che un’eventuale
impugnazione e una conseguente caducazione del provvedimento finale per omessa
rilevazione, da parte del primo giudice, del carente o difettoso esperimento
del tentativo di mediazione finirebbe per produrre effetti incompatibili con
la finalità deflattiva che sottende la disciplina legale (I).
(I) Si veda l’art. 5, comma 1-bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).
Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 8/2022
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)
Omissis
Col primo motivo, l’appellante impugna la sentenza per violazione degli artt. 112, 276 e 277 c.p.c. per aver il primo giudice omesso di pronunziarsi sulla questione pregiudiziale relativa all’eccepita invalidità del procedimento di mediazione, nonché, nel merito della questione pregiudiziale medesima, per aver violato l’art. 5 del D.Lgs. 4.3.2010, n. 28.
Assume che gli attori, pur avendo attivato il procedimento di
mediazione obbligatoria disposto dal Tribunale, sarebbero comparsi a mezzo di
un sostituto del loro procuratore privo di procura sostanziale e non
validamente delegato, e pur avendo eccepito in quella sede la mancata
comparizione personale degli attori e il difetto di rappresentanza, e
riproposto tempestivamente la questione in primo grado, il primo giudice
avrebbe erratamente ritenuto la validità del tentativo di mediazione.
Il rilievo è infondato per l’assorbente ragione che il mancato o
irregolare esperimento del tentativo di mediazione, nei casi in cui è
obbligatorio, non comporta l’improcedibilità dell’azione quando l’eccezione
della parte non sia stata reputata fondata o sia stata comunque disattesa o
semplicemente ignorata dal giudice di primo grado, non contemplando la legge
alcun rimedio avverso siffatte eventualità, dal momento che un’eventuale
impugnazione e una conseguente caducazione del provvedimento finale per omessa
rilevazione, da parte del primo giudice, del carente o difettoso esperimento
del tentativo di mediazione finirebbe per produrre effetti incompatibili con la
finalità deflattiva che sottende la disciplina legale (cfr. Cass. 13591/2009,
15956/2004, 3022/2003).
Col secondo motivo, l’appellante deduce il vizio di extra petizione per
aver il Tribunale accolto la domanda e disposto la costituzione coattiva della
servitù di passaggio carrabile reputando genericamente sussistenti le
condizioni richieste dall’art. 1051 c.c.
Ad avviso del deducente, dalla lettura coordinata del dispositivo e
della motivazione emergerebbe che il primo giudice ha mal qualificato la
domanda e disposto la costituzione coattiva della servitù di passaggio sulla
base della previsione dell’art. 1051, commi 1 e 2, c.c., e non del comma 3,
come espressamente richiesto da parte attrice. Oltretutto, in capo agli attori omissis e ai coniugi omissis difetterebbe la legittimazione
ad agire, in quanto, a differenza di omissis,
che, con sentenza avevano già acquistato per usucapione la servitù di passaggio
pedonale sui terreni di sua proprietà, i predetti non potevano vantare diritto
alcuno.
Sostiene, quindi, omissis che
la domanda di ampliamento della servitù è stata proposta dagli attori sull’errato
presupposto che tutti loro fossero già titolari di una servitù di passaggio
pedonale, e ne trae il convincimento che, se il primo giudice avesse qualificato
la domanda nei termini richiesti, e non ai sensi dell’art. 1051 commi 1 e 2
c.c., il fatto che solo tre di essi ne fossero titolari, avrebbe dovuto quanto
meno comportare il rigetto delle pretese dei restanti tre.
Il motivo è infondato.
Il richiamo espresso della parte istante a una determinata disposizione
di legge anziché a un’altra non è vincolante per il giudice, in quanto ciò che
rileva è l’allegazione della situazione alla quale la parte attrice vuole porre
rimedio, ossia l’interesse che intende realizzare e il petitum sostanziale
della sua domanda.
Nella specie, gli attori, pur chiedendo espressamente la costituzione
di una servitù di passaggio carrabile ai sensi dell’art. 1051, comma 3, c.c.,
hanno dedotto che i loro fondi, sui quali avevano realizzato dei fabbricati
adibiti ad uso abitativo, erano interclusi e che essi avevano necessità di
raggiungerli con mezzi meccanici. Il petitum sostanziale della loro domanda,
pertanto, era qualificato dall’asserito stato di interclusione assoluta dei
fondi e dalla necessità di ottenere un passaggio praticabile anche da
autoveicoli, imposta dalla presenza di immobili abitati da numerose famiglie e
distanti dalla via pubblica.
Giova rammentare, peraltro, che è sempre ammissibile la modifica della
domanda iniziale, operata nella memoria all'uopo prevista dall'art. 183, VI
comma, c.p.c., la quale può riguardare uno o entrambi gli elementi
identificativi oggettivi della domanda (petitum e causa petendi), a condizione
che sia connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e avvenga tra le
stesse parti, tendendo alla realizzazione, almeno in parte, della stessa
utilità finale (Cass., 1°. luglio – 7 settembre 2020 n. 18546).
Nel caso in esame, gli originari attori si sono limitati a precisare
nella prima memoria ex art. 183, VI comma, c.p.c., che la domanda di
costituzione della servitù di passaggio carrabile ai sensi dell’art. 1051, 3°.
comma, doveva intendersi anche ai sensi dell’art. 1051 commi 1 e 2 c.c.. Le due
richieste riguardano la medesima vicenda sostanziale (costituzione di servitù
di passaggio a favore del fondo intercluso), rispondono al medesimo interesse e
hanno a oggetto il medesimo bene, ossia i fondi di proprietà di parte attrice.
Col terzo motivo l’appellante si duole che la sentenza abbia ritenuto
sussistenti tutte le condizioni richieste dall’art. 1051 c.c..
Gli originari attori non avrebbero dimostrato i presupposti teleologici
necessari per ottenere il diritto al passaggio carrabile, consistenti nel
conveniente uso del fondo, nella tutela e perseguimento di interessi generali e
nella non interferenza sulla natura e destinazione dei luoghi, e neanche che
quello indicato dal CTU fosse il tratto più breve e recasse il minor danno al
fondo servente.
Anche tale doglianza è priva di pregio.
L’ipotesi del passaggio “necessario” di cui all’art. 1051 c.c. ricorre
quando il fondo sia circondato da terreni altrui e non abbia uscita sulla
strada pubblica (interclusione assoluta) o non possa procurarsela senza
eccessivo dispendio o disagio (interclusione relativa).
Nella concreta specie, la situazione allegata è lo stato di
interclusione dei fondi attorei.
Il CTU, sotto tale profilo, ha rilevato che “se per lotto intercluso si
intende “fondo circondato da altri fondi che non ha uscita su strada pubblica”,
in cui la possibilità di accesso non possa avvenire direttamente da strada
pubblica”, le proprietà immobiliari degli attori si trovano in una situazione
di interclusione, aggiungendo che se si dovesse escludere l’attuale passaggio
(ossia l’accesso attraverso il fondo di proprietà del convenuto omissis), non vi sarebbero altri
passaggi diretti verso la strada pubblica denominata omissis.
Gli originari attori hanno domandato la costituzione della servitù di
passaggio anche carrabile rappresentando l’esigenza di transitarvi con mezzi
meccanici, stante la loro età avanzata e il loro stato di salute, che
comporterebbero la ragionevole esigenza di un passaggio carrabile.
Ora, al di là del rilievo che la servitù è sempre costituita a favore
del fondo e non delle persone, deve convenirsi che il concetto di «conveniente
uso del proprio fondo», espresso nell’art. 1051 c.c., non può essere
determinato in astratto, bensì con riferimento alle condizioni di vita dell’uomo
medio nell’epoca in cui il diritto viene esercitato. Tali condizioni di vita,
attualmente, non possono prescindere dal l'esigenza di raggiungere in macchina
la propria abitazione, come indirettamente confermato dalla pronuncia di
incostituzionalità (v. C. Cost. 167/99) del 2 comma dell'art. 1052 c.c., nella
parte in cui non prevede che il passaggio coattivo di cui al primo comma della
stessa norma possa essere concesso dall'autorità giudiziaria quando venga
riconosciuto che la domanda risponde ad esigenze di accessibilità degli edifici
destinati ad uso abitativo. La servitù coattiva di passaggio, infatti, può
essere costituita non soltanto per la coltivazione del fondo, ma anche con
riferimento a qualsiasi conveniente uso, anche soltanto civile, di cui lo
stesso sia suscettibile, ivi compresa la destinazione ad area fabbricabile.
Sui terreni degli attori insistono dei fabbricati a più elevazioni che
ospitano (o si prestano a ospitare) altrettante famiglie; pertanto la necessità
della costituzione di una servitù carrabile va valutata con riguardo alle
imprescindibili esigenze connesse a una siffatta destinazione.
Orbene, l’unico passaggio razionalmente immaginabile è quello
individuato dal consulente dell’ufficio, il quale ha convincentemente escluso
la praticabilità sia dell’accesso dalla spiaggia sia di passaggi alternativi
diretti verso la strada pubblica denominata omissis.
Il fatto che la stradella indicata dal CTU è esistente e già adibita a
uso carrabile dal omissis e da altri
del luogo costituisce un dato prevalente sul confliggente interesse addotto dal
omissis.
L’inquinamento acustico, aggravato, a dire dell’appellante, dal maggior
numero di auto transitanti per la preesistente stradella, non è un elemento determinante
nel giudizio di comparazione, dal momento che – posta la inderogabile necessità
di consentire agli attori di ovviare alla interclusione dei loro fondi –
analogo problema si porrebbe rispetto a qualunque passaggio alternativo della
medesima zona, comunque prossima al litorale marino. Né il tragitto indicato n.
416/2018 r.g. dal consulente d’ufficio viola i vincoli di natura urbanistica e
paesaggistica cui la zona è sottoposta, la sussistenza dei quali, peraltro, in
linea di principio, inerendo alla concreta realizzabilità del passaggio, ove
non fatta valere dagli istanti (che in tal modo si assumono il rischio di un
provvedimento favorevole ma non eseguibile sul piano giuridico-amministrativo,
non diversamente che nei casi di non fattibilità tecnico-costruttiva), esula
dalla cognizione del giudice di merito.
Invero, il CTU, al fine di verificare se l’ampliamento del passaggio
attualmente esistente sul fondo omissis,
tale da renderlo adatto al transito di veicoli a motore, sia consentito dalle
vigenti normative urbanistiche, ha appurato presso gli uffici comunali e alla
Soprintendenza dei beni culturali e paesaggistici, che l’area ricade in zona
per attrezzature (C4) e più a sud in zona di completamento per nuclei esistenti
(B3), in cui vigente il regime urbanistico permette, col parere della
Soprintendenza, la costruzione di strade con ampiezza minima di dieci metri (v.
certificato di destinazione urbanistica allegato alla CTU).
Col quarto motivo, l’appellante lamenta che il Tribunale, senza darne
motivazione, abbia aderito alle risultanze peritali sebbene il CTU non avesse
dato adeguato riscontro ai quesiti all’uopo posti dal Tribunale e nemmeno alle
deduzioni critiche del c.t.p., che avrebbe evidenziato l’esistenza di percorsi
alternativi non esplorati dall’ausiliario tecnico del giudice.
Anche tale doglianza è da disattendere.
Il quesito posto dal Tribunale al CTU era, correttamente, inteso ad
accertare l’accesso alla via pubblica più breve e di minor danno al fondo
servente, considerando anche omissis”.
Il CTU, prima di indicare il passaggio prescelto come l’unico in grado
di consentire l’accesso ai fabbricati di parte attrice con un minimo percorso e
col minor aggravio per i fondi serventi, sui quali, è utile ricordarlo, si
snoda già il passaggio carrabile in questione esercitato dal omissis e da altri, ha appurato -
riportandosi a quanto sostenuto da altro CTU nominato nell’ambito del
contenzioso tra omissis - l’inesistenza
di passaggi alternativi preferibili (v. pag. 8 CTU). Egli ha escluso in
particolare l’ipotesi di aprire un passaggio dalla strada asfaltata già
esistente a monte della proprietà del convenuto omissis che dalla omissis
va verso il lido del mare, in quanto un simile tracciato si snoderebbe
attraverso pertinenze rifinite a giardino e a verde privato, in conflitto con
la norma dell’art. 1051 c.c. (pag. 9 rel. CTU).
L’altro passaggio suggerito da omissis
(che si dipartirebbe dal tratto iniziale della stradella di cui sopra, subito a
valle del cancello d’ingresso ripreso nella foto n. 2, che attraversa la
particella omissis ex 430, in testa
alle ditte omissis, in direzione
nord-est/sud-ovest parallelamente e contiguamente alla linea di confine con la
particella omissis in testa alla
ditta omissis) risulta invece meno
preferibile a quello già esistente e praticato, dal momento che dovrebbe essere
ricavato su terreno agrario non interessato da opere di bonifica e di
pavimentazione, con aggravio di costi e dispendio di attività non
giustificabili, a fronte dell’esistenza, su altro sito, di un passaggio già
idoneo all’uso e perciò implicante, in termini comparativi, per il proprietario
del fondo servente un danno minore di quelle che comporterebbe la costituzione
di un nuovo passaggio su un fondo diverso.
L’appello va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna dell’appellante
alla rifusione, in favore delle parti appellate, delle spese di questo grado di
giudizio, che si liquidano in complessivi euro 2.600,00, per ciascuna parte
costituita, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, al CPA e all’IVA.
È applicabile l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115/2002, a carico dell’appellante.
PQM
La Corte, definitivamente pronunziando, nella contumacia di omissis, e nel contraddittorio delle
parti costituite, rigetta l’appello proposto da omissis nei confronti di omissis,
avverso la sentenza del Tribunale omissis;
condanna l’appellato alla rifusione, in favore delle parti appellate, delle
spese di questo grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 2.600,00,
per ciascuna parte costituita, oltre al rimborso forfettario delle spese
generali, al CPA e all’IVA. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui
all’art. 13, co. 1 quater, D.P.R. n. 115/2002, a carico dell’appellante.
AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.