DIRITTO D'AUTORE


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11 marzo 2022

8/22. Carente o difettoso esperimento del tentativo di mediazione, omessa rilevazione in primo grado: quali conseguenze? (Osservatorio Mediazione Civile n. 8/2022)

=> Corte di appello Palermo, 20 maggio 2021 

Il mancato o irregolare esperimento del tentativo di mediazione, nei casi in cui è obbligatorio, non comporta l’improcedibilità dell’azione quando l’eccezione della parte non sia stata reputata fondata o sia stata comunque disattesa o semplicemente ignorata dal giudice di primo grado, non contemplando la legge alcun rimedio avverso siffatte eventualità, dal momento che un’eventuale impugnazione e una conseguente caducazione del provvedimento finale per omessa rilevazione, da parte del primo giudice, del carente o difettoso esperimento del tentativo di mediazione finirebbe per produrre effetti incompatibili con la finalità deflattiva che sottende la disciplina legale (I).  

(I) Si veda l’art. 5, comma 1-bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 8/2022
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Corte di appello Palermo
sentenza
20 maggio 2021

Omissis

Col primo motivo, l’appellante impugna la sentenza per violazione degli artt. 112, 276 e 277 c.p.c. per aver il primo giudice omesso di pronunziarsi sulla questione pregiudiziale relativa all’eccepita invalidità del procedimento di mediazione, nonché, nel merito della questione pregiudiziale medesima, per aver violato l’art. 5 del D.Lgs. 4.3.2010, n. 28.

Assume che gli attori, pur avendo attivato il procedimento di mediazione obbligatoria disposto dal Tribunale, sarebbero comparsi a mezzo di un sostituto del loro procuratore privo di procura sostanziale e non validamente delegato, e pur avendo eccepito in quella sede la mancata comparizione personale degli attori e il difetto di rappresentanza, e riproposto tempestivamente la questione in primo grado, il primo giudice avrebbe erratamente ritenuto la validità del tentativo di mediazione.

Il rilievo è infondato per l’assorbente ragione che il mancato o irregolare esperimento del tentativo di mediazione, nei casi in cui è obbligatorio, non comporta l’improcedibilità dell’azione quando l’eccezione della parte non sia stata reputata fondata o sia stata comunque disattesa o semplicemente ignorata dal giudice di primo grado, non contemplando la legge alcun rimedio avverso siffatte eventualità, dal momento che un’eventuale impugnazione e una conseguente caducazione del provvedimento finale per omessa rilevazione, da parte del primo giudice, del carente o difettoso esperimento del tentativo di mediazione finirebbe per produrre effetti incompatibili con la finalità deflattiva che sottende la disciplina legale (cfr. Cass. 13591/2009, 15956/2004, 3022/2003).

Col secondo motivo, l’appellante deduce il vizio di extra petizione per aver il Tribunale accolto la domanda e disposto la costituzione coattiva della servitù di passaggio carrabile reputando genericamente sussistenti le condizioni richieste dall’art. 1051 c.c.

Ad avviso del deducente, dalla lettura coordinata del dispositivo e della motivazione emergerebbe che il primo giudice ha mal qualificato la domanda e disposto la costituzione coattiva della servitù di passaggio sulla base della previsione dell’art. 1051, commi 1 e 2, c.c., e non del comma 3, come espressamente richiesto da parte attrice. Oltretutto, in capo agli attori omissis e ai coniugi omissis difetterebbe la legittimazione ad agire, in quanto, a differenza di omissis, che, con sentenza avevano già acquistato per usucapione la servitù di passaggio pedonale sui terreni di sua proprietà, i predetti non potevano vantare diritto alcuno.

Sostiene, quindi, omissis che la domanda di ampliamento della servitù è stata proposta dagli attori sull’errato presupposto che tutti loro fossero già titolari di una servitù di passaggio pedonale, e ne trae il convincimento che, se il primo giudice avesse qualificato la domanda nei termini richiesti, e non ai sensi dell’art. 1051 commi 1 e 2 c.c., il fatto che solo tre di essi ne fossero titolari, avrebbe dovuto quanto meno comportare il rigetto delle pretese dei restanti tre.

Il motivo è infondato.

Il richiamo espresso della parte istante a una determinata disposizione di legge anziché a un’altra non è vincolante per il giudice, in quanto ciò che rileva è l’allegazione della situazione alla quale la parte attrice vuole porre rimedio, ossia l’interesse che intende realizzare e il petitum sostanziale della sua domanda.

Nella specie, gli attori, pur chiedendo espressamente la costituzione di una servitù di passaggio carrabile ai sensi dell’art. 1051, comma 3, c.c., hanno dedotto che i loro fondi, sui quali avevano realizzato dei fabbricati adibiti ad uso abitativo, erano interclusi e che essi avevano necessità di raggiungerli con mezzi meccanici. Il petitum sostanziale della loro domanda, pertanto, era qualificato dall’asserito stato di interclusione assoluta dei fondi e dalla necessità di ottenere un passaggio praticabile anche da autoveicoli, imposta dalla presenza di immobili abitati da numerose famiglie e distanti dalla via pubblica.

Giova rammentare, peraltro, che è sempre ammissibile la modifica della domanda iniziale, operata nella memoria all'uopo prevista dall'art. 183, VI comma, c.p.c., la quale può riguardare uno o entrambi gli elementi identificativi oggettivi della domanda (petitum e causa petendi), a condizione che sia connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e avvenga tra le stesse parti, tendendo alla realizzazione, almeno in parte, della stessa utilità finale (Cass., 1°. luglio – 7 settembre 2020 n. 18546).

Nel caso in esame, gli originari attori si sono limitati a precisare nella prima memoria ex art. 183, VI comma, c.p.c., che la domanda di costituzione della servitù di passaggio carrabile ai sensi dell’art. 1051, 3°. comma, doveva intendersi anche ai sensi dell’art. 1051 commi 1 e 2 c.c.. Le due richieste riguardano la medesima vicenda sostanziale (costituzione di servitù di passaggio a favore del fondo intercluso), rispondono al medesimo interesse e hanno a oggetto il medesimo bene, ossia i fondi di proprietà di parte attrice.

Col terzo motivo l’appellante si duole che la sentenza abbia ritenuto sussistenti tutte le condizioni richieste dall’art. 1051 c.c..

Gli originari attori non avrebbero dimostrato i presupposti teleologici necessari per ottenere il diritto al passaggio carrabile, consistenti nel conveniente uso del fondo, nella tutela e perseguimento di interessi generali e nella non interferenza sulla natura e destinazione dei luoghi, e neanche che quello indicato dal CTU fosse il tratto più breve e recasse il minor danno al fondo servente.

Anche tale doglianza è priva di pregio.

L’ipotesi del passaggio “necessario” di cui all’art. 1051 c.c. ricorre quando il fondo sia circondato da terreni altrui e non abbia uscita sulla strada pubblica (interclusione assoluta) o non possa procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio (interclusione relativa).

Nella concreta specie, la situazione allegata è lo stato di interclusione dei fondi attorei.

Il CTU, sotto tale profilo, ha rilevato che “se per lotto intercluso si intende “fondo circondato da altri fondi che non ha uscita su strada pubblica”, in cui la possibilità di accesso non possa avvenire direttamente da strada pubblica”, le proprietà immobiliari degli attori si trovano in una situazione di interclusione, aggiungendo che se si dovesse escludere l’attuale passaggio (ossia l’accesso attraverso il fondo di proprietà del convenuto omissis), non vi sarebbero altri passaggi diretti verso la strada pubblica denominata omissis.

Gli originari attori hanno domandato la costituzione della servitù di passaggio anche carrabile rappresentando l’esigenza di transitarvi con mezzi meccanici, stante la loro età avanzata e il loro stato di salute, che comporterebbero la ragionevole esigenza di un passaggio carrabile.

Ora, al di là del rilievo che la servitù è sempre costituita a favore del fondo e non delle persone, deve convenirsi che il concetto di «conveniente uso del proprio fondo», espresso nell’art. 1051 c.c., non può essere determinato in astratto, bensì con riferimento alle condizioni di vita dell’uomo medio nell’epoca in cui il diritto viene esercitato. Tali condizioni di vita, attualmente, non possono prescindere dal l'esigenza di raggiungere in macchina la propria abitazione, come indirettamente confermato dalla pronuncia di incostituzionalità (v. C. Cost. 167/99) del 2 comma dell'art. 1052 c.c., nella parte in cui non prevede che il passaggio coattivo di cui al primo comma della stessa norma possa essere concesso dall'autorità giudiziaria quando venga riconosciuto che la domanda risponde ad esigenze di accessibilità degli edifici destinati ad uso abitativo. La servitù coattiva di passaggio, infatti, può essere costituita non soltanto per la coltivazione del fondo, ma anche con riferimento a qualsiasi conveniente uso, anche soltanto civile, di cui lo stesso sia suscettibile, ivi compresa la destinazione ad area fabbricabile.

Sui terreni degli attori insistono dei fabbricati a più elevazioni che ospitano (o si prestano a ospitare) altrettante famiglie; pertanto la necessità della costituzione di una servitù carrabile va valutata con riguardo alle imprescindibili esigenze connesse a una siffatta destinazione.

Orbene, l’unico passaggio razionalmente immaginabile è quello individuato dal consulente dell’ufficio, il quale ha convincentemente escluso la praticabilità sia dell’accesso dalla spiaggia sia di passaggi alternativi diretti verso la strada pubblica denominata omissis.

Il fatto che la stradella indicata dal CTU è esistente e già adibita a uso carrabile dal omissis e da altri del luogo costituisce un dato prevalente sul confliggente interesse addotto dal omissis.

L’inquinamento acustico, aggravato, a dire dell’appellante, dal maggior numero di auto transitanti per la preesistente stradella, non è un elemento determinante nel giudizio di comparazione, dal momento che – posta la inderogabile necessità di consentire agli attori di ovviare alla interclusione dei loro fondi – analogo problema si porrebbe rispetto a qualunque passaggio alternativo della medesima zona, comunque prossima al litorale marino. Né il tragitto indicato n. 416/2018 r.g. dal consulente d’ufficio viola i vincoli di natura urbanistica e paesaggistica cui la zona è sottoposta, la sussistenza dei quali, peraltro, in linea di principio, inerendo alla concreta realizzabilità del passaggio, ove non fatta valere dagli istanti (che in tal modo si assumono il rischio di un provvedimento favorevole ma non eseguibile sul piano giuridico-amministrativo, non diversamente che nei casi di non fattibilità tecnico-costruttiva), esula dalla cognizione del giudice di merito.

Invero, il CTU, al fine di verificare se l’ampliamento del passaggio attualmente esistente sul fondo omissis, tale da renderlo adatto al transito di veicoli a motore, sia consentito dalle vigenti normative urbanistiche, ha appurato presso gli uffici comunali e alla Soprintendenza dei beni culturali e paesaggistici, che l’area ricade in zona per attrezzature (C4) e più a sud in zona di completamento per nuclei esistenti (B3), in cui vigente il regime urbanistico permette, col parere della Soprintendenza, la costruzione di strade con ampiezza minima di dieci metri (v. certificato di destinazione urbanistica allegato alla CTU).

Col quarto motivo, l’appellante lamenta che il Tribunale, senza darne motivazione, abbia aderito alle risultanze peritali sebbene il CTU non avesse dato adeguato riscontro ai quesiti all’uopo posti dal Tribunale e nemmeno alle deduzioni critiche del c.t.p., che avrebbe evidenziato l’esistenza di percorsi alternativi non esplorati dall’ausiliario tecnico del giudice.

Anche tale doglianza è da disattendere.

Il quesito posto dal Tribunale al CTU era, correttamente, inteso ad accertare l’accesso alla via pubblica più breve e di minor danno al fondo servente, considerando anche omissis”.

Il CTU, prima di indicare il passaggio prescelto come l’unico in grado di consentire l’accesso ai fabbricati di parte attrice con un minimo percorso e col minor aggravio per i fondi serventi, sui quali, è utile ricordarlo, si snoda già il passaggio carrabile in questione esercitato dal omissis e da altri, ha appurato - riportandosi a quanto sostenuto da altro CTU nominato nell’ambito del contenzioso tra omissis - l’inesistenza di passaggi alternativi preferibili (v. pag. 8 CTU). Egli ha escluso in particolare l’ipotesi di aprire un passaggio dalla strada asfaltata già esistente a monte della proprietà del convenuto omissis che dalla omissis va verso il lido del mare, in quanto un simile tracciato si snoderebbe attraverso pertinenze rifinite a giardino e a verde privato, in conflitto con la norma dell’art. 1051 c.c. (pag. 9 rel. CTU).

L’altro passaggio suggerito da omissis (che si dipartirebbe dal tratto iniziale della stradella di cui sopra, subito a valle del cancello d’ingresso ripreso nella foto n. 2, che attraversa la particella omissis ex 430, in testa alle ditte omissis, in direzione nord-est/sud-ovest parallelamente e contiguamente alla linea di confine con la particella omissis in testa alla ditta omissis) risulta invece meno preferibile a quello già esistente e praticato, dal momento che dovrebbe essere ricavato su terreno agrario non interessato da opere di bonifica e di pavimentazione, con aggravio di costi e dispendio di attività non giustificabili, a fronte dell’esistenza, su altro sito, di un passaggio già idoneo all’uso e perciò implicante, in termini comparativi, per il proprietario del fondo servente un danno minore di quelle che comporterebbe la costituzione di un nuovo passaggio su un fondo diverso.

L’appello va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna dell’appellante alla rifusione, in favore delle parti appellate, delle spese di questo grado di giudizio, che si liquidano in complessivi euro 2.600,00, per ciascuna parte costituita, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, al CPA e all’IVA.

È applicabile l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115/2002, a carico dell’appellante. 

PQM 

La Corte, definitivamente pronunziando, nella contumacia di omissis, e nel contraddittorio delle parti costituite, rigetta l’appello proposto da omissis nei confronti di omissis, avverso la sentenza del Tribunale omissis; condanna l’appellato alla rifusione, in favore delle parti appellate, delle spese di questo grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 2.600,00, per ciascuna parte costituita, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, al CPA e all’IVA. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, co. 1 quater, D.P.R. n. 115/2002, a carico dell’appellante.

 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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