DIRITTO D'AUTORE


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27 marzo 2025

13/25. Esenzione imposta in mediazione: attenzione a redigere l’accordo conclusivo [cfnews] (Osservatorio Mediazione Civile n. 13/2025)

 

Esenzione imposta in mediazione: attenzione a redigere l’accordo conclusivo

di Manuela Zanussi

(fonte CassaForense: cfnews.it del 12.12.2024)


Solo gli atti strettamente legati al procedimento di mediazione, che formalizzano l’accordo anche tramite trasferimento di immobili, sono esenti da imposta di registro (fino alla soglia di euro 100.000, se superiori si paga l’imposta sul maggior valore). Ogni altro atto paga l’onere fiscale.

I mediatori italiani sono ben consapevoli del rischio impositivo se il verbale di mediazione non viene redatto con cura e, in effetti, i più attenti ed esperti di essi consigliano di verbalizzare il meno possibile secondo il noto principio della “minima verbalizzazione”; anche ad accordo traslativo immobiliare raggiunto verbalmente tra le parti negli incontri di mediazione, è meglio evitare di verbalizzare i contenuti dell’intesa.

Va sempre prestata particolare attenzione, infatti, a cosa viene versato nel verbale; ancor di più in quello che rinvia le parti davanti al pubblico ufficiale per la redazione di accordi traslativi di beni immobili.

Ciò che è bene tenere a mente è che solo avanti al Notaio rogante è necessario venga redatto e sottoscritto l’accordo di conciliazione, l’ultimo atto della procedura, ovvero l’atto conclusivo e finale della stessa. Diversamente, qualora le parti definiscano la procedura con accordo conciliativo espresso per iscritto, per poi andare dal notaio a redigere in forma idonea alla trascrizione il medesimo atto quale atto di esecuzione, quest’ultimo verrebbe considerato atto successivo ed esterno alla procedura, dunque “nuovo” rispetto al procedimento e, quindi, integralmente tassato.

La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio ha di recente puntualmente affrontato proprio questo caso, con la pronuncia di cui alla sentenza n. 4361/2024 che si esamina.

Distingue infatti la Corte tra:

  • atti interni: atti strettamente legati al procedimento di mediazione e pertanto esenti;

  • atti successivi al procedimento di mediazione: atti successivi ed esecutivi, che si pongono al di fuori del procedimento di mediazione e quindi non godono dell’esenzione fiscale.

La sentenza della Corte di Giustizia Tributaria del Lazio si trovava a decidere, in sede di appello, in una fattispecie in cui il ricorrente in mediazione aveva concluso e verbalizzato un accordo di trasferimento di diritti immobiliari tra le parti. Successivamente, esse si erano recate dal notaio per redigere l’atto notarile “di esecuzione” nella forma idonea alla trascrizione, chiedendo di rimanere esenti da tassazioni. L’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto l’atto non esente e lo aveva tassato.

A seguito di impugnazione dell’atto di accertamento, la parte ricorreva alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma, che annullava l’atto impositivo, ma la competente Agenzia delle Entrate appellava la pronuncia; in secondo grado la Corte laziale riformava la sentenza di primo grado e confermava che l’atto del notaio non era esente da imposta.

La pronuncia analizza l’articolato sull’esenzione fiscale prevista all’art. 17 comma 2 D.Lgs. 28/2010, ma soprattutto ne delinea i limiti, oltre che ne sottolinearne la natura eccezionale e dunque la necessità di operare un’interpretazione limitativa della norma.

La Corte tributaria di secondo grado specifica infatti che:

  • la limitazione dell’esenzione fiscale si applica ai soli atti endo-procedurali: solo gli atti interni al procedimento di mediazione sono esenti da imposizioni fiscali secondo quanto stabilito dall’art. 17 D.Lgs. 28/2010;

  • l’atto notarile esecutivo di un accordo di mediazione, già perfezionato come atto conclusivo della procedura, risulta esterno alla procedura e quindi, pur attuando l’accordo di mediazione, costituisce un atto autonomo con effetti traslativi e non beneficia delle esenzioni previste per l’accordo di mediazione.

La Corte ha richiamato la giurisprudenza della Corte di Cassazione (sent. n. 11617/2020), secondo cui l’applicazione del regime fiscale agevolato deve limitarsi agli atti “necessari” per la mediazioneescludendo da tale beneficio e dunque dall’esenzione atti autonomi successivi ed “esterni” alla procedura.

Gli orientamenti giurisprudenziali sul punto appaiono costanti e conformi, soprattutto rispetto a un principio ermeneutico estremamente restrittivo nell’applicare tali benefici.

L’esenzione fiscale per i procedimenti di mediazione, pur rappresentando un rilevante ed apprezzato strumento per favorire la risoluzione amichevole delle controversie, non può infatti essere estesa agli atti autonomi e successivi che determinano l’effetto traslativo redatti in esecuzione di accordi già assunti.

Attenzione dunque a scrivere a verbale della procedura di mediazione il contenuto di accordi, quand’anche raggiunti tra le parti, soprattutto se essi vadano successivamente redatti in forma pubblica per la trascrizione in conservatoria. Va privilegiata infatti la regola della “minima verbalizzazione”.

Mediatori e avvocati che assistono le parti in mediazione stendano con cautela i verbali, tenendo a mente che -secondo la scrivente- è utile scrivere dei verbali meramente interlocutori senza contenuti di merito, nemmeno nella forma delle c.d. “puntuazioni”. Unicamente l’ultimo verbale contenente l’accordo di conciliazione con contenuto traslativo, che conclude e definisce la procedura, è certamente atto esente, in quanto “interno” alla stessa e che sconta, pertanto, l’esenzione dell’imposta di registro fino ai 100.000,00 come da novellata norma a seguito della Riforma Cartabia.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 13/2025

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

14 febbraio 2025

5/25. Ipoteca giudiziale a garanzia di un credito riconosciuto nell'accordo di mediazione, agevolazioni fiscali: Agenzia delle entrate, risp. n. 3/2025 (Osservatorio Mediazione Civile n. 5/2025)


L’Agenzia delle entrate, con la Risposta n. 3/2025 (avente ad oggetto “Applicazione delle agevolazioni recate dall'articolo 17, comma 1 del decreto legislativo n. 28 del 2010 per l'iscrizione di un'ipoteca giudiziale a garanzia di un credito riconosciuto nell'accordo di mediazione, il cui verbale costituisce titolo per l'iscrizione della stessa ipoteca”, ha ritenuto che “nell'ambito agevolativo di cui al citato articolo 17, comma 1 in commento non possa essere ricompresa, ai fini delle imposte ipotecaria e catastale, l'iscrizione ipotecaria che l'Istante intende porre in essere al fine di garantire il proprio credito” (I).


(I) Si veda l’art. 17, d.lgs. 28/2010 in Osservatorio Mediazione Civile n. 2/2025 (Correttivo Cartabia Mediazione: d.lgs. n. 216 del 27.12.2024 in GU + d.lgs. 28/2010 come novellato + schema novità).


Qui il link al provvedimento sul portale dell’Agenzia delle entrate.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 5/2025

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

19 aprile 2022

15/22. Accordo conciliativo a seguito di mediazione: la parte non ha più interesse alla coltivazione del giudizio, neppure per far valere l'inottemperanza agli impegni assunti (Osservatorio Mediazione Civile n. 15/2022)

=> Tribunale di Vasto, 8 novembre 2021 

Ai sensi dell'art. 12, d.lgs. 28/2010, “ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l'accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, l'esecuzione per consegna e rilascio, l'esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l'iscrizione di ipoteca giudiziale”. Pertanto, il verbale di conciliazione e l'accordo ad esso allegato costituiscono titolo esecutivo ex lege, rientrando nel novero dei titoli esecutivi richiamati dall'art 474, n.1 c.p.c. ultimo periodo, che fa riferimento a “gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva”. Inoltre, la conciliazione intervenuta nel corso del giudizio di merito tra le parti determina la cessazione della materia del contendere. Sulla scorta di tali rilievi, deve concludersi che, a seguito del raggiungimento dell'accordo nel corso della mediazione, la parte non è più titolare di un interesse alla coltivazione del giudizio, neppure al limitato fine di far valere l'inottemperanza della controparte agli impegni convenzionalmente assunti, ben potendo pretenderne l'esecuzione azionando i rimedi all'uopo previsti dalla legge. Né può ritenersi che il successivo inadempimento di controparte agli obblighi assunti con l'accordo amichevole raggiunto in mediazione possa costituire causa di invalidità o inefficacia degli accordi negoziali intercorsi tra le parti, i quali restano consacrati all'interno di un atto avente ex lege efficacia esecutiva (I). 

(I) Si veda l’art. 12, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 15/2022
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Tribunale di Vasto
sentenza
8 novembre 2021

Omissis 

Deve, preliminarmente, essere dichiarata la cessazione della materia del contendere, prendendo atto che, nel corso della procedura di mediazione obbligatoria disposta dal giudice dopo il mutamento del rito, le parti hanno raggiunto un accordo amichevole di definizione della controversia, per effetto del quale è venuta meno la situazione di contrasto che rappresentava la ragion d'essere sostanziale della lite.

Sul punto, occorre rammentare, sotto il profilo teorico, che, secondo l'orientamento della giurisprudenza prevalente, condiviso da questo giudice, a tale pronuncia può pervenirsi in ogni fase e grado del giudizio ordinario, ogniqualvolta non si possa far luogo alla definizione del giudizio per rinuncia alla pretesa sostanziale o per il venir meno dell'interesse delle parti alla naturale definizione del giudizio stesso. In particolare, la conciliazione intervenuta nel corso del giudizio di merito tra le parti determina la cessazione della materia del contendere, che può essere rilevata di ufficio dal giudice e non è soggetta alle preclusioni previste per detto tipo di eccezioni.

Facendo applicazione dei principi di diritto appena esaminati al caso di specie, va evidenziato che, sulla base di quanto emerge dal verbale di mediazione del 20.07.2020, le parti, personalmente presenti ed assistite dai propri difensori muniti di procura speciale, hanno raggiunto un accordo amichevole di definizione della controversia, con il quale hanno disciplinato ogni aspetto della lite, ivi compreso quello riguardante la regolamentazione delle spese processuali.

Sul punto, giova ricordare che, ai sensi dell'art. 12 D.Lgs. n. 28/10, nella versione introdotta dal cd. “decreto del fare” convertito con la L. 9 agosto 2013, n. 98, “ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l'accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, l'esecuzione per consegna e rilascio, l'esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l'iscrizione di ipoteca giudiziale”.

Pertanto, il verbale di conciliazione e l'accordo ad esso allegato costituiscono titolo esecutivo ex lege, rientrando nel novero dei titoli esecutivi richiamati dall'art. 474, n.1 c.p.c. ultimo periodo, che fa riferimento a “gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva”.

Sulla scorta di tali rilievi, deve concludersi che, a seguito del raggiungimento dell'accordo nel corso della mediazione, parte ricorrente non è più titolare di un interesse alla coltivazione del presente giudizio, neppure al limitato fine di far valere l'inottemperanza della controparte agli impegni convenzionalmente assunti, ben potendo omissis pretenderne l'esecuzione azionando i rimedi all'uopo previsti dalla legge.

Né può ritenersi che il successivo inadempimento da parte di omissis agli obblighi assunti con l'accordo amichevole raggiunto in mediazione (in particolar modo, sotto il profilo del mancato pagamento dei canoni di locazione pregressi e delle spese condominiali) possa costituire causa di invalidità o inefficacia degli accordi negoziali intercorsi tra le parti, i quali restano consacrati all'interno di un atto avente ex lege efficacia esecutiva.

Sulla scorta di quanto finora esposto, si impone la declaratoria giudiziale di cessazione della materia del contendere, per la sopravvenienza di fatti che, nelle more del processo, hanno privato le parti di ogni interesse a continuare il giudizio fino alla sua naturale conclusione (cfr., sul punto, ex plurimis, Cass. civ., Sez. III, 04/06/2009, n. 12887).

Quanto al regime delle spese processuali, va disposta la compensazione integrale delle stesse, in conformità alla intesa raggiunta dalle parti anche sulla regolamentazione delle spese di lite, avendo esse accettato la parte della proposta conciliativa che ne prevedeva, appunto, la compensazione integrale. 

PQM 

Il Tribunale di Vasto, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da omissis nei confronti di omissis, disattesa ogni diversa richiesta, eccezione o conclusione, così provvede: dichiara cessata la materia del contendere tra le parti, a seguito di intervenuto accordo amichevole in corso di mediazione; dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio; manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza. 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità. 

29 settembre 2019

36/19. Accordo di mediazione, procedimento di omologa: esenzione dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto? (Osservatorio Mediazione Civile n. 36/2019)

Di seguito quanto esposto dal Ministero della Giustizia, Direzione della giustizia civile, con provvedimento 22 gennaio 2019 (Foglio Informativo n. 1-2/2019)

QUESITO
Circa il regime fiscale agevolato previsto in materia di mediazione civile, l’esenzione dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di cui all’art.17, d.lgs. 28/2010 può estendersi anche al procedimento di omologa?

RISPOSTA
del Ministero della Giustizia, Direzione della giustizia civile
In materia di mediazione, l’esenzione prevista dall’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 28 del 2010 deve ritenersi circoscritta agli atti, documenti e provvedimenti relativi al “procedimento di mediazione” che ha inizio e si conclude dinanzi agli organismi di mediazione, e non può estendersi al procedimento di omologa che si pone al difuori della mediazione (Questa soluzione interpretativa, già espressa con nota del 28 febbraio 2018, ha ricevuto la condivisione dell’Agenzia delle entrate, consulenza giuridica n. 956-3/2018: “il decreto di omologa non può né considerarsi come una fase del procedimento di mediazione - che, infatti, si conclude con la sottoscrizione dell'accordo di mediazione - né farsi rientrare nel contenuto del verbale di mediazione”) (I) (II).

(I) Il grassetto e i collegamenti ipertestuali sono a cura della Redazione dell’Osservatorio.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 36/2019

21 settembre 2018

39/18. SPERTI, Rilevanza in executivis della certificazione degli avvocati circa la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico (Osservatorio Mediazione Civile n. 39/2018)

Nella Rivista dell’esecuzione forzata n. 3/2018, pp. 536-567 è pubblicato contributo del Dott. Amedeo Sperti (Funzionario Preposto Ufficio Esecuzioni U.N.E.P. presso Corte d’Appello di Perugia), intitolato “Rilevanza in executivis della certificazione degli avvocati circa la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico”, in cui si sottopone a critica l’ordinanza del G.E. del Tribunale di Bari, emessa in data 7-9-2016 (pubblicata e massimata in Osservatorio Mediazione Civile n. 23/2017), secondo cui la certificazione de qua non ha rilevanza in executivis, trattandosi di requisito defettibile, nel senso che il suo difetto non inficia l’efficacia esecutiva dell’accordo, stante l’autosufficienza in executivis della sottoscrizione degli avvocati paciscenti; al contrario, nel contributo suddetto, ci si propone di dimostrare la tesi della rilevanza in executivis, secondo cui si tratta di presupposto costitutivo del titolo esecutivo stragiudiziale (accordo di mediazione/conciliazione o di negoziazione assistita), in mancanza di uno dei tre equipollenti della certificazione: l’omologazione presidenziale, l’autenticazione notarile o la trasfusione in atto pubblico (I) (II).

(I) Per approfondimenti si veda Rivista dell’esecuzione forzata n. 3/2018 (https://shop.wki.it/Utet_Giuridica/Periodici/Rivista_dell_Esecuzione_Forzata_s13669.aspx), pp. 536-567.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 39/2018
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

8 giugno 2018

30/18. Accordo di mediazione, omologa con decreto del presidente del tribunale: quale regime fiscale? (Osservatorio Mediazione Civile n. 30/2018)

Di seguito quanto esposto dal Ministero della Giustizia, Direzione della giustizia civile, con provvedimento 28 febbraio 2018 (Foglio Informativo n. 1/2018)

QUESITO
Qual è il regime fiscale relativo al procedimento di omologa dell’accordo di mediazione di cui all’articolo 12 del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28?

RISPOSTA
del Ministero della Giustizia, Direzione della giustizia civile
Il procedimento di omologa dell’accordo di mediazione che si svolge dinanzi al Presidente del tribunale deve essere inquadrato tra i procedimenti di volontaria giurisdizione da assoggettare al pagamento sia del contributo unificato, di cui all’articolo 13, comma 1, lettera b), del d.P.R. n. 115 del 2002, sia dell’importo forfettario previsto dall’articolo 30 del medesimo testo unico sulle spese di giustizia. Devono essere trasmessi all’Agenzia delle entrate per la quantificazione e il pagamento dell’imposta di registro i provvedimenti di omologa adottati dal Presidente del Tribunale, con i relativi verbali di accordo di mediazione, il cui valore risulti superiore a euro 50.000 (I) (II).

(I) Il grassetto è a cura della Redazione dell’Osservatorio.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 30/2018

21 giugno 2017

42/17. Voce enciclopedica “Mediatore civile” (Osservatorio Mediazione Civile n. 42/2017)

Mediatore civile (voce)
di Giulio SPINA
AltalexPedia, Altalex, 2017
(voce agg. al 9/2/2017)




1. Introduzione

2. Apparato normativo

3. Il ruolo del mediatore
3.1. Mediazione facilitativa e mediazione aggiudicativa
3.2. Funzioni del mediatore all’interno del procedimento di mediazione

4. Gli obblighi del mediatore professionista
4.1. Imparzialità
4.2. Riservatezza
4.3. Rispetto della regolarità formale e delle norme imperative e dell’ordine pubblico
4.4. Obblighi informativi nei confronti delle parti
4.5. Verbalizzazione

5. Le competenze professionali del mediatore

6. Requisiti per l'esercizio delle funzioni di mediatore
6.1. In generale
6.2. Il mediatore avvocato
6.3. Il mediatore dipendente pubblico
6.4. Incompatibilità tra mediatore e giudice di pace

Il contributo è consultabile gratuitamente al seguente link:

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 42/2017
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

28 marzo 2017

23/17. Accordo conciliativo sottoscritto dai difensori, ma senza certificazione di conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico: quali conseguenze? (Osservatorio Mediazione Civile n. 23/2017)

=> Tribunale di Bari, 7 settembre 2016

L’art. 12 d.lgs. 28/2010 conferisce valenza di titolo esecutivo all’accordo di conciliazione sottoscritto dalle parti e dagli avvocati innanzi ad organismi di conciliazione accreditati, senza la necessità della previa omologazione giudiziale e l’intervento degli avvocati assolve di per sé ad uno scopo certificatorio dell’eseguita verifica relativa al rispetto delle norme imperative e dei principi di ordine pubblico (circostanza oltretutto non preclusiva di possibili impugnative successive, ad opera delle parti, avverso l’accordo stragiudiziale); ciò anche prescindendosi dall’adozione di una formale attestazione di conformità. Pertanto il verbale di conciliazione, e l’allegato accordo, sottoscritto dai difensori, ma privo dell’attestazione e della certificazione di conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico è affetto da mera irregolarità formale, inidonea ad impattare sull’intrinseca efficacia esecutiva del titolo.
(I).



Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 23/2017

Tribunale di Bari
ordinanza
7 settembre 2016

Omissis

Letto il ricorso in opposizione all’esecuzione per rilascio di immobile depositato  omissis e la contestuale istanza di sospensione della procedura esecutiva;
esaminata la memoria difensiva depositata dal creditore procedente opposto all’udienza omissis;
rilevato che il debitore esecutato ha eccepito, in primo luogo, l’insussistenza di idoneo titolo esecutivo alla base dell’intrapresa esecuzione per rilascio, in ragione dell’inidoneità del verbale di conciliazione e dell’allegato accordo sottoscritto dai difensori delle parti il omissis presso l’Organismo di mediazione omissis, essendo lo stesso privo dell’attestazione e della certificazione di conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico;
in secondo luogo, l’omessa trascrizione integrale nell’atto di precetto notificato il 22/1/2016 – come richiesto dall’art. 480, co. II, c.p.c. - del verbale di conciliazione in aggiunta al relativo accordo di mediazione, nonché la mancata certificazione di conformità da parte dell’ufficiale giudiziario circa l’esatta corrispondenza tra l’originale del titolo esecutivo e la relativa trascrizione nell’intimazione pre-esecutiva;
ritenuto che l’art. 12 d.lgs. 28/2010, come modificato dal d.l. 69/2913, abbia innovato la categoria dei titoli esecutivi ex lege attraverso il riconoscimento di detta qualità all’accordo di conciliazione sottoscritto dalle parti e dagli avvocati innanzi ad organismi di conciliazione accreditati, senza la necessità della previa omologazione giudiziale;
rilevato che il dato letterale della citata disposizione normativa conferisce prima facie valenza di titolo esecutivo al mero accordo munito delle suindicate sottoscrizioni e che l’intervento degli avvocati assolve, per l’appunto, di per sé ad uno scopo certificatorio dell’eseguita verifica relativa al rispetto delle norme imperative e dei principi di ordine pubblico (circostanza oltretutto non preclusiva di possibili impugnative successive, ad opera delle parti, avverso l’accordo stragiudiziale);
ritenuto che la soluzione debba valere anche prescindendosi dall’adozione di una formale attestazione di conformità, analogamente alla funzione di autenticazione esercitata dal difensore con riguardo alla sottoscrizione della parte apposta a margine o in calce al mandato rilasciato nel corpo introduttivo del primo atto del giudizio;
ritenuto, pertanto, che il difetto dell’attestazione e delle certificazione di “conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico” costituisca un requisito di mera irregolarità formale inidoneo ad impattare sull’intrinseca efficacia esecutiva del titolo;
ritenuto che tale interpretazione trovi conforto anche nella lettura sistematica della disposizione, in quanto “in tutti gli altri casi” (da intendersi qualora non vi sia la partecipazione diretta dei difensori o non si tratti di organismo conciliativo tra quelli accreditati) all’omologazione dell’accordo si provvede, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale “previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico”, non richiedendosi neppure in tale situazione l’impiego di precise formule sacramentali;
ritenuto che, alla luce della sostanziale valenza pubblicistica dell’attività di attestazione e certificazione conferita agli avvocati, nell’ottica incentivante la degiurisdizionalizzazione, non possa che accreditarsi – sia pure con i limiti della sommaria delibazione cautelare – un’opzione ermeneutica comune alle due fattispecie contemplate dalla norma speciale;
ritenuto che gli ulteriori profili di doglianza ineriscano la regolarità formale dell’atto di precetto e che sussistono dubbi in merito alla tempestività dell’opposizione ex art. 617 c.p.c. depositata in data 4/4/2016 a fronte della notifica del precetto di rilascio perfezionatasi l’omissis; ciò alla stregua del prevalente indirizzo della giurisprudenza di legittimità secondo cui “la mancata trascrizione del titolo esecutivo nel precetto intimato in base a cambiale o ad assegno, che è prescritta per la sua individuazione, ne determina la nullità, che è deducibile con l'opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. (…)” (si veda, al riguardo, Cass. n. 5168 del 09/03/2005);
ritenuto, in ogni caso, che il precetto opposto contenga puntuali elementi tesi all’individuazione del titolo esecutivo posto a fondamento della contestata procedura;
ritenuto, pertanto, che non sussistano gravi motivi di sospensione ai sensi dell’art. 624 c.pc.; ritenuto, in conformità alla pronuncia della Suprema Corte (cfr. n. 22033 del 24/10/2011) che “nella struttura delle opposizioni, ai sensi degli artt. 615, comma secondo, 617 e 619 cod. proc. civ., emergente dalla riforma di cui alla legge 24 febbraio 2006, n. 52, il giudice dell'esecuzione, con il provvedimento che chiude la fase sommaria davanti a sé - sia che rigetti, sia che accolga l'istanza di sospensione o la richiesta di adozione di provvedimenti indilazionabili, fissando il termine per l'introduzione del giudizio di merito, o, quando previsto, quello per la riassunzione davanti al giudice competente -, deve provvedere sulle spese della fase sommaria, potendosi, peraltro, ridiscutere tale statuizione nell'ambito del giudizio di merito”;
ritenuto in applicazione dei parametri professionali medi di cui al DM 55/2014 (tabella 10), in relazione al valore indeterminabile della controversia e, dunque, allo scaglione compreso tra €5.200,01 ed €26.000,00 (secondo quanto previsto dall’art. 5, co. VI, d.m. 55/2014), della modesta entità delle questioni controverse, della natura della causa e della qualità delle parti, con riduzione della voce relativa alla fase istruttoria in misura del 70% (attesa l’esclusiva valenza documentale) e del 50% di quella decisoria (essendosi le parti limitate a sintetizzare le rispettive conclusioni cautelari a verbale d’udienza), di liquidare a titolo di compensi per i giudizi sommari di opposizione all’esecuzione riuniti l’importo complessivo di €2.230,00;

PQM

Rigetta l’istanza di sospensione dell’esecuzione; condanna omissis, opponente, alla rifusione in favore dell’opposto, omissis, delle spese processuali della presente fase sommaria che liquida in complessivi €2.230,00, oltre a rimborso spese forf., CAP ed IVA come per legge. Assegna il termine di giorni novanta per l’introduzione del giudizio di merito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’art. 163 bis, o altri se previsti, ridotti della metà.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

18 novembre 2015

51/15. Verbale, mancanza di indicazioni circa la causa delle pretese creditorie: no all’omologazione dell’accordo (Osservatorio Mediazione Civile n. 51/2015)

=> Tribunale di Firenze, 2 luglio 2015

Qualora nel verbale manchi totalmente l'indicazione del titolo posto a base dell'accordo, data la natura del tutto astratta e non titolata dell'accordo, non è possibile accertare i presupposti di cui all'art. 12 del d.lgs. 28/2010 richiesti per l'omologazione dell'accordo. La richiesta di omologazione va quindi respinta, salva l'integrazione da parte dell'istante delle informazioni mancanti anche attraverso la produzione di copia della domanda di mediazione nonché della dichiarazione di adesione della controparte.

La radicale mancanza di ogni indicazione circa la causa delle pretese creditorie rende impossibile verificare la conformità dell'accordo all'ordine pubblico o a norme imperative in quanto, pur tenendo conto delle caratteristiche di riservatezza tipiche della mediazione (v. artt. 9 e 10 d.lgs. n. 28/2010), è evidente che ai fini dell'omologazione ex è necessario mettere il giudice in grado di effettuare le valutazioni di sua competenza con la sintetica indicazione del titolo sottostante alle pretese creditorie, mentre l'indicazione dell'oggetto della controversia come "liquidazione del debito" è puramente astratta e non consente le predette valutazioni.



Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 51/2015

Tribunale di Firenze
Sezione II civile
2 luglio 2015

Omissis

Presidente Breggia                                                  
Esaminato l'accordo di cui al verbale di mediazione del 2.4.2015 svoltasi dinanzi  all'Organismo di mediazione omissis

Rilevato che l'accordo è stato sottoscritto dal mediatore Avv. omissis nonché dalle parti, sig. omissis e sig. omissis;
rilevato che, ai sensi dell'art. 12 del D.lgs. n. 28/2010, per procedere all'omologazione dell'accordo è necessario accertarne la regolarità formale e la conformità "all'ordine pubblico o a norme imperative";
rilevato che nel verbale manca totalmente l'indicazione del titolo posto a base dell'accordo sulla cosiddetta "liquidazione del debito di omissis verso omissis";
ritenuto pertanto che, data la natura del tutto astratta e non titolata dell'accordo, non è possibile accertare i presupposti di cui all'art. 12 del D.lgs. n. 28/2010 richiesti per l'omologazione dell'accordo e in particolare verificare se questo sia conforme all'ordine pubblico o a norme imperative;
ritenuto in definitiva che il verbale è stato redatto in forma allo stato non omologabile, salva l'integrazione da parte dell'istante delle informazioni mancanti anche attraverso la produzione di copia della domanda di mediazione nonché della dichiarazione di adesione della controparte;
respinge allo stato la richiesta di omologazione ex art. 12 D.lgs. 28/2010 salva l'integrazione da parte dell'istante delle informazioni mancanti anche attraverso la produzione di copia della domanda di mediazione nonché della dichiarazione di adesione della controparte;
rilevato che con successiva ordinanza del 18.5.2015 si disponeva la comunicazione del provvedimento interlocutorio al ricorrente, risultando effettuata la comunicazione solo all'Organismo di mediazione;
rilevato che la parte ricorrente ha depositato il 23.6.2015 copia della richiesta congiunta di mediazione, presentata da omissis e omissis;
rilevato che nel modulo di tale richiesta, nella sezione 3 relativa "all'oggetto della controversia e ragioni delle rispettive pretese", vi è l'indicazione: "liquidazione del debito di omissis, verso omissis ";
che nella sezione 2, relativa alla "materia del contendere" con invito a barrare varie indicazioni (condominio, diritti reali, etc.), risulta barrato il quadratino relativo ad uno spazio bianco privo di ogni dicitura;
che, pertanto, in base agli atti del procedimento di omologazione continua ad essere del tutto sconosciuto il titolo sottostante all'accordo raggiunto in sede mediativa, accordo peraltro complesso e articolato, con previsione addirittura della possibile vendita di un immobile, con diritto di prelazione a favore del creditore o impiego del prezzo per il saldo del residuo debito del sig. omissis nei confronti del sig. omissis;
che la radicale mancanza di ogni indicazione circa la causa delle pretese creditorie rende impossibile verificare la conformità dell'accordo all'ordine pubblico o a norme imperative;
che d'altronde, pur tenendo conto delle caratteristiche di riservatezza tipiche della mediazione (v. artt. 9 e 10 d.lgs. cit.), è evidente che ai fini dell'omologazione ex art. 12 d.lgs. n. 28/2010 è necessario mettere il giudice in grado di effettuare le valutazioni di sua competenza con la sintetica indicazione del titolo sottostante alle pretese creditorie, mentre, nel caso di specie, l'indicazione dell'oggetto della controversia come "liquidazione del debito" è puramente astratta e non consente le predette valutazioni;
che l'Organismo di mediazione, pur invitato all'eventuale integrazione degli atti con l'ordinanza interlocutoria del 18.5.2015, non ha ritenuto di depositare alcun documento;
che ai sensi dell'art. 13 d.m. n. 180/2010 deve disporsi l'invio del presente provvedimento di rigetto anche all'Organismo di mediazione omissis e al responsabile del predetto Organismo;

PQM

1- rigetta l'istanza di omologazione ex art. 12 d. lgs. n. 28/2010;
2- manda alla cancelleria di inviare copia del presente provvedimento di rigetto anche al responsabile dell'Organismo di mediazione, omissis, nonché al responsabile del predetto Organismo.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

30 marzo 2015

14/15. Mediazione, primo incontro: a verbale l’indicazione della parte che non vuole proseguire (Osservatorio Mediazione Civile n. 14/2015)

=> Tribunale di Pavia, 9 marzo 2015

Disposta dal giudice la mediazione, il suo tempestivo esperimento – presenti le parti o i loro procuratori speciali (se a conoscenza dei fatti e muniti del potere di conciliare) e i loro difensori – è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, non potendosi di contro considerarsi esperita la mediazione con un semplice incontro preliminare tra i soli legali delle parti. Il Giudice può invitare il mediatore a verbalizzare quale, tra le parti che partecipano all’incontro, dichiari eventualmente di non voler proseguire nella mediazione oltre l’incontro preliminare.





Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 14/2015

Tribunale di Pavia
Sezione III
Ordinanza
9 marzo 2015

Omissis

Da una delibazione degli atti e dei documenti del fascicolo; dall’esito dell’ interrogatorio libero esperito anche a fini conciliativi all’ultima udienza del 4.03.2015; dalla disponibilità delle parti manifestata in esito al fallimento del tentativo di conciliazione giudiziale, discende l’opportunità di disporre l’esperimento di una procedura di mediazione, previa proposta giudiziale di conciliazione della lite.

Visto l’art. 185 bis, c.p.c., considerata la natura della causa, il valore della lite e le questioni di diritto non particolarmente complesse che vengono in considerazione nel presente giudizio.

Si propone alle parti di definire amichevolmente la lite nel modo seguente: la società opponente s’impegni ad effettuare un pagamento, a saldo e stralcio in favore dell’opposto, per il titolo dedotto in giudizio, della somma di € 5.500,00 (cinquemilacinquecento/00), da intendersi onnicomprensive di capitale, interessi e concorso nelle spese legali (al lordo di tutti gli accessori). La somma potrà essere corrisposta in parte alla conclusione dell’accordo e in parte in rate mensili.

Si invitano i difensori, ove condividessero l’opportunità della proposta transattiva giudiziale, a prendere contatto tra loro per definire le concrete modalità del pagamento, invitandoli, ove preferissero formalizzare l’accordo in un verbale di conciliazione giudiziale, ad avanzare apposita istanza di anticipazione dell’udienza.

In caso di mancato accordo - da accertarsi a cura dei difensori entro il termine perentorio del 15.04.2015 - sulla sopra formulata proposta giudiziale o su altra liberamente determinabile nell’esercizio dell’autonomia negoziale delle parti Dispone come segue Considerato lo stato dell’istruzione, la natura della causa e il comportamento delle parti.

Ritenuto opportuno ordinare il tentativo di mediazione in vista di una possibile conciliazione della lite, alla luce degli elementi in fatto e di diritto già emersi.

Ritenuto che il tentativo di mediazione non possa considerarsi una mera formalità da assolversi con la partecipazione dei soli difensori all’incontro preliminare informativo, essendo evidente che i legali sono già a conoscenza del contenuto e delle finalità della procedura di mediazione ed essendo al contrario necessaria la partecipazione delle parti personalmente - o dei rispettivi procuratori speciali a conoscenza dei fatti e muniti del potere di conciliare - che all’interpello del mediatore esprimano la loro volontà di proseguire nella procedura di mediazione oltre l’incontro preliminare (ex multis, Trib. Palermo, Ord. 16.06.14; Trib. Roma, Ord. 30.06.14; Trib. Firenze, Ord. 26.11.2014; Trib. Siracusa, Ord. 17.01.15).

Viste le modifiche introdotte dal D.L. 69/2013, convertito con modificazioni dalla L. 98/2013.

P.Q.M.

Letto ed applicato l’art. 5, co. 2, d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28, Ordina alle parti, in caso di mancato accordo entro il 15.04.2015 sulla proposta giudiziale sopra formulata, l’esperimento del procedimento di mediazione, ponendo l’onere dell’avvio della procedura a carico della parte più diligente e avvisando entrambe le parti che, per l’effetto, il tempestivo esperimento del tentativo di mediazione – presenti le parti o i loro procuratori speciali e i loro difensori - sarà condizione di procedibilità della domanda giudiziale e che, considerato che il giudizio sulla mediabilità della controversia è già dato con il presente provvedimento, la mediazione non potrà considerarsi esperita con un semplice incontro preliminare tra i soli legali delle parti.

Visti gli artt. 8, co. 4-bis, d.lgs. 28/2010, 116, co. 2, 91 e 96 c.p.c., invita il mediatore a verbalizzare quale, tra le parti che partecipano all’incontro, dichiari di non voler proseguire nella mediazione oltre l’incontro preliminare.

Ordina alla parte più diligente di allegare la presente ordinanza anche in copia “libera” all’istanza di avvio della mediazione o all’adesione alla stessa, in modo che il mediatore possa averne compiuta conoscenza.

Rinvia la causa all’udienza del 23 settembre 2015, ore 10,30 1) per la verifica dell’esito della procedura di mediazione e, in caso suo esito negativo, 2) per la trattazione orale sulla sussistenza delle condizioni e sull’opportunità per le parti di presentazione dell’istanza congiunta, ex art. 1, comma 1, d.l. n. 132/14, convertito in L. 162/14, di trasferimento del giudizio alla sede arbitrale forense, ex art. 1, comma 4, L. cit., con invio del fascicolo al Presidente dell’Ordine Avvocati di Pavia.

3) in subordine, in caso di mancanza dell’istanza congiunta di cui sopra, per la precisazione delle conclusioni.

Assegna alle parti il termine perentorio del 30.04.2015 per la presentazione della domanda di avvio della procedura di mediazione da depositarsi presso un Organismo, regolarmente iscritto nel registro ministeriale, che svolga le sue funzioni nel circondario del Tribunale di Pavia, ex. art. 4, co. 1, d.lgs. n. 28/2010.

Manda alla cancelleria per le comunicazioni alle parti costituite.


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

23 marzo 2015

13/15. Mediazione obbligatoria: è necessario che l’invitante si presenti in ogni caso davanti al mediatore (Osservatorio Mediazione Civile n. 13/2015)

=> Tribunale di Roma, 29 settembre 2014

Ove sussiste obbligatorietà del tentativo di mediazione è necessario che l’invitante si presenti in ogni caso davanti al mediatore, anche se la parte chiamata non abbia dato alcuna risposta ovvero abbia dichiarato di non avere interesse a presenziare al tentativo di media conciliazione.
Il contatto delle parti con il mediatore mediante fax, telegramma et similia non integra la condizione di procedibilità prevista dalla norma.
Nel caso in cui nessuna delle parti si sia recata il giorno fissato per l’incontro davanti al mediatore, il mediatore è tenuto a dare atto solo di ciò: è infatti contrario al vero affermare che, in tali ipotesi, le parti non abbiamo raggiunto un accordo in mediazione.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 13/2015

Tribunale di Roma
sez. XIII
Sentenza
29 settembre 2014

Omissis

Il verbale di mediazione e la sua erronea formulazione.
All’udienza del omissis la difesa di omissis produceva il verbale negativo del procedimento di mediazione e si riportava alle sue istanze istruttorie, come faceva anche il procuratore di omissis.
Il giudice, riservatosi, rimetteva le parti davanti a sé per la decisione.
L’art. 5 co. II prevede che “fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di giudizio di appello”.
Occorre pertanto valutare, prima di ogni altro incombente istruttorio, se il procedimento di mediazione sia stato effettivamente e ritualmente esperito.
Il mediatore dell’Organismo omissis dava atto nel verbale del omissis di quanto segue: Reg. n. omissis istanza depositata il omissis. Le parti non sono comparse. L’avv. omissis difensore della omissis con lettera del 4.3.2012 trasmesso a mezzo fax alla segreteria dell’Organismo omissis ha comunicato la volontà delle parti del presente procedimento di mediazione di non addivenire ad un accordo e la loro decisione di non partecipare alla odierna sessione. Pertanto il mediatore dichiara concluso il presente procedimento di mediazione per mancato raggiungimento di un accordo ad opera delle parti. Firmato il Mediatore.
A tale fine occorre tener presente il quadro normativo di riferimento.
Oltre alla norma teste richiamata vale ricordare quella, fondamentale, del comma 2-bis dell’art. 5 del decreto legislativo 28/2010 come introdotto dal d.l. 21 giugno 2013, n. 69 come convertito dalla legge 9.8.2013, n. 98 secondo il quale quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo.
Inoltre l’art. 8 del decreto legislativo 28/2010 come introdotto dal d.l. 21 giugno 2013, n. 69 come convertito dalla legge 9.8.2013, n. 98 stabilisce all’art. 8 co. I che: all’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre trenta giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento. Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l’organismo può nominare uno o più mediatori ausiliari.
Infine l’art. 17 co. 5-ter dello stesso testo normativo dispone che nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto per l’organismo di mediazione.
Da quanto precede emerge con assoluta chiarezza, in primo luogo, l’inesattezza di quanto è stato scritto nella parte conclusiva del suddetto verbale di mediazione.
Il mediatore, non evidentemente bene accorto del contesto nel quale si muoveva, riteneva di poter dare comunque atto che l’accordo non era stato raggiunto dalle parti, di cui non aveva avuto la presenza, neppure del richiedente, e che quindi per tale ragione il procedimento di mediazione era per tale ragione concluso.
Decisione che va qualificata del tutto errata.
Il procedimento di mediazione si è concluso perché nessuna delle parti si è recata il giorno fissato per l’incontro, davanti al mediatore.
Era semplicemente di questo che il mediatore avrebbe dovuto dare atto.
Affermare che le parti non avevano raggiunto l’accordo è un’aporia, sicuramente non consapevole, ma pur sempre tale.
Ed infatti è contrario al vero affermare che le parti non abbiamo raggiunto un accordo in mediazione.
Le parti potranno anche non avere raggiunto un accordo, ma questa sarebbe, in ogni caso, una situazione esterna alla mediazione, che il mediatore non può conoscere, se non per riferito, e della quale non si deve neppure interessare, perché esula dai suoi compiti e dal contesto nel quale deve operare.
Affermare, quale semplice nuncius, peraltro di una sola parte scrivente, che non è stato raggiunto l’accordo quando nessuna delle stesse si è presentata davanti al mediatore, significa semplicemente abdicare, da parte del mediatore, al ruolo che la legge gli ha assegnato.
I requisiti perché si possa ritenere realizzata la condizione di procedibilità prevista dalla norma.
Le diverse opzioni interpretative.
Precedenti giurisprudenziali antecedenti alla riforma operata dal d.l. d.l. 21 giugno 2013, n. 69 come convertito dalla legge 9.8.2013, n. 98.
La presenza delle parti personalmente davanti al mediatore e lo svolgimento effettivo della mediazione.
Le questioni principali e fondamentali che vanno esaminate, de iure condito, riguardano la necessaria presenza personale delle parti nel procedimento di mediazione e la necessità o meno che al mediatore sia consentito di svolgere l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa (così l’art. 1 co. I lettere a e b del decr.lgsl. 28/2010).
Al secondo interrogativo veniva data risposta positiva, già nella vigenza della precedente normativa primaria, dal giudice della Sezione Distaccata di Ostia del Tribunale di Roma con la sentenza 22.8.2012 nella causa omissis.
La presenza della parte proponente davanti al mediatore quale condizione di efficacia del tentativo di mediazione obbligatoria.
Come supra ricordato l’art. 5 del decreto legislativo 28/10 prevede che chi intenda esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia nelle materie indicate dalla stessa norma sia tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione.
L’orientamento interpretativo (del decr.legisl. 28/10) che si ritiene debba essere preferito a proposito del contenuto formale o sostanziale di tale precetto è per la soluzione contenutistica, vale a dire che non sia sufficiente, per radicare l’avveramento della condizione di procedibilità della successiva domanda giudiziale nei casi di cui al primo comma dell’art. 5 cit. la semplice proposizione della domanda di mediazione alla quale non segua effettivamente la presenza e la partecipazione (almeno) della parte istante davanti al mediatore.
Il Ministero della Giustizia già con la circolare 4 aprile 2011 – Regolamento di procedura e requisiti dei mediatori. Chiarimenti osservava quanto segue: Preme evidenziare che si ritiene non corretto l’inserimento, nel regolamento di procedura di un organismo di mediazione, di una previsione secondo la quale, ove l’incontro fissato del responsabile dell’organismo non abbia avuto luogo perché la parte invitata non abbia tempestivamente espresso la propria adesione ovvero abbia comunicato espressamente di non volere aderire e l’istante abbia dichiarato di non volere comunque dare corso alla mediazione, la segreteria dell’organismo possa rilasciare, in data successiva a quella inizialmente fissata, una dichiarazione di conclusione del procedimento per mancata adesione della parte invitata. Una siffatta previsione non può, infatti, essere considerata conforme alla disciplina normativa in esame nei casi di operatività della condizione di procedibilità di cui all’art.5 del d.lgs.28/2010. L’inserimento di tale previsione nel regolamento di procedura di un organismo di mediazione non può che essere ritenuta in contrasto con la norma primaria (art.5 del d.lgs 28/2010) che esige che, per determinate materie, deve essere preliminarmente esperito il procedimento di mediazione: il che postula che si compaia effettivamente dinanzi al mediatore designato, il quale solo può constatare la mancata comparizione della parte invitata e redigere il verbale negativo del tentativo di conciliazione.
La mediazione obbligatoria è tale proprio in quanto deve essere esperita anche in caso di mancata adesione della parte invitata e non può, quindi, dirsi correttamente percorsa ove l’istante si sia rivolto ad un organismo di mediazione ed abbia rinunciato, a seguito della ricezione della comunicazione di mancata adesione della parte invitata, alla mediazione.
Ove, invece, si ritenesse legittima tale previsione regolamentare, si produrrebbe l’effetto, non consentito, di un aggiramento della previsione che ha imposto l’operatività della condizione di procedibilità per talune materie. In realtà, in tale caso, deve ritenersi che il rilascio da parte della segreteria di un organismo della dichiarazione di conclusione del procedimento non può assurgere ad atto valido ed efficace ai fini dell’assolvimento dell’onere di esperire previamente il tentativo di conciliazione; ciò, in quanto la mancata comparizione anche del solo istante, dinanzi al mediatore, impedisce di ritenere correttamente iniziato e proseguito il procedimento di mediazione.
A dare ulteriore conforto a tale impostazione è la circostanza che ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. 28/2010 e dell’art. 7 del d.m. 180/2010, il mediatore può formulare la proposta anche in caso di mancata partecipazione di una o più parti al procedimento di mediazione; in ogni caso, è il mediatore che deve verificare se effettivamente la controparte non si presenti, essendo tale comportamento valutabile dal giudice nell’effettivo successivo giudizio, ai sensi dell’art. 8, comma quinto, del d.lgs. 28/2010.
E’, inoltre, rilevante considerare che, nel corso del procedimento di mediazione, il mediatore potrebbe ragionare con l’unica parte presente sul ridimensionamento o sulla variazione della sua pretesa da comunicare all’altra parte come proposta dello stesso soggetto in lite e non del mediatore.
In conclusione: la previsione, per talune materie, di una condizione di procedibilità comporta che la mediazione debba essere effettivamente esperita dinanzi al mediatore, sia pure con le modalità sopra indicate, con la conseguenza che, per ritenersi esperita la condizione di procedibilità, l’unico soggetto legittimato secondo legge a redigere il verbale di esito negativo della mediazione è il mediatore e non la segreteria dell’organismo di mediazione.
Verifica, allo stato della sopravvenuta normativa, se tale opzione interpretativa sia ancora valida e da condividere.
Il contatto delle parti con il mediatore mediante fax, telegramma et similia non integra la condizione di procedibilità prevista dalla norma.
Con riserva di approfondimento nella sede ove rilevi, che non è questa, relativa alla presenza personale, necessaria o meno, delle parti nel procedimento di mediazione (art.8 co. I terzo periodo: al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato), l’interrogativo, all’altro quesito, nasce da due norme di nuovo conio e precisamente dall’art. 8 comma primo, periodo quarto del decr.lgsl. 28/10 come modificato dal d.l. 69/2013 prevede che durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento; e dall’art. 2 bis dell’art. 5 del decr.lgsl. 28/10 come modificato dal d.l. 69/2013 secondo cui quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo.
E’ legittimo interrogarsi infatti se tali norme autorizzino (o addirittura impongano) una interpretazione alla stregua della quale la condizione di procedibilità si possa considerare realizzata:
a. anche laddove non vi sia un incontro (delle parti e/o dei loro avvocati) con il mediatore;
Ai fini, quindi, della corretta applicazione delle previsioni normative di riferimento, questa direzione, nell’esercizio dei propri poteri di vigilanza, invita gli organismi di mediazione ad adeguarsi alla presente circolare nei sensi di cui sopra, limitando alla sola fattispecie della mediazione volontaria l’applicazione di una eventuale previsione del regolamento di procedura che abbia contenuto analogo a quello preso in esame.
Con il successivo D.M. 6 luglio 2011 n. 145 tale orientamento veniva confermato prevedendosi nei casi di mediazione obbligatoria la necessaria presenza della parte istante al fine di consentire al mediatore di incontrare almeno tale parte e se del caso accertare l’effettiva impossibilità di un’utile prosecuzione dell’esperimento. Solo all’esito di tale incontro e verbalizzazione l’organismo di mediazione è abilitato ad attestare l’esito negativo della media conciliazione per la mancata presenza della parte chiamata.
Poiché non si tratta di fonte normativa primaria è opportuno uno scrutinio di legittimità di tale disposizioni che solo se conformi alla legge potranno trovare applicazione da parte del giudice ordinario.
Ebbene si ritiene la sostanziale conformità (sia pure con la consapevolezza del relativismo storico della interpretazione normativa, che per quanto ci occupa deve confrontarsi con una cultura nazionale ancora largamente distante dalla media conciliazione) al decreto legislativo 28/10 della disposizione che prevede che ove sussiste obbligatorietà del tentativo di mediazione è necessario che l’invitante si presenti in ogni caso (vale a dire anche nel caso in cui la parte chiamata non abbia dato alcuna risposta ovvero abbia dichiarato di non avere interesse a presenziare al tentativo di media conciliazione) davanti al mediatore.
Ciò in quanto deve essere il mediatore ad accertare ed attestare la mancata comparizione della controparte e la conclusione negativa del procedimento di mediazione.
Diversamente opinando si correrebbe il rischio, specialmente nell’attuale periodo di ancora diffusa diffidenza verso l’istituto della mediazione, di prestare il fianco a condotte delle parti non corrette (in quanto sostanzialmente aventi lo scopo di bypassare tout court la mediazione ovvero, che è lo stesso, di espropriare surrettiziamente il mediatore delle funzioni che la legge gli attribuisce).
Infine con la circolare del Circolare del 20.12.2011 il Ministero ribadiva i concetti già espressi con la circolare del 4.4.2011.
b. anche laddove, pur realizzatosi un primo incontro, le parti dichiarino al mediatore, in tale occasione, di non avere interesse a proseguire oltre quello che è previsto dalla legge come un incontro informativo.
Per quanto riguarda il caso sub b) la questione è più complessa.
Quanto alla situazione sub a) ritiene il giudicante che un’interpretazione piana e del tutto coerente con il contenuto e lo spirito delle norme in commento, consenta di affermare che laddove non vi sia un incontro (delle parti e/o dei loro avvocati) con il mediatore non si possa considerare realizzata la condizione di procedibilità della domanda.
Va premesso che i provvedimenti generali emessi dal Ministero della Giustizia ricordati in nota 1) ritengono che il mediatore debba comunque acquisire la presenza delle parti (o almeno di quella istante) solo nel caso di mediazione obbligatoria.
Le ragioni ivi indicate (del tutto intuitive, invero se la mediazione è volontaria non ha senso imporre particolari oneri a carico di colui che come ha attivato la procedura di mediazione così può soprassedervi), in un momento storico antecedente alla riforma della mediazione demandata dal giudice, sono del tutto valide e cogenti, a fare tempo dall’entrata in vigore del d.l. 96/13, anche per la mediazione demandata dal giudice.
Il citato art.2 bis dell’art. 5 del decr.lgsl. 28/10 come modificato dal d.l. 96/2013 prevede al fine di considerare avverata la condizione di procedibilità che si sia verificato almeno un primo incontro dinanzi al mediatore sia pure conclusosi senza l’accordo.
Poiché solo con acrobazie dialettiche si potrebbe parificare l’incontro (fisico) di cui parla la norma ad un incontro solo cartaceo, qual’è quello che si determina, come nel caso in esame, in presenza di missive, telegrammi, fax o simili, inviati, dalle parti renitenti, al mediatore, si deve affermare con certezza che in questo secondo caso, che è quello che qui interessa, non si sia realizzata la condizione di procedibilità prevista dalla legge.
Tale essendo quindi la situazione ed assorbita quella più complessa sub caso a) che sarà affrontata quando di ragione, va dichiarata la improcedibilità della domanda.
Le spese di causa.
Le spese (che vengono regolate secondo le previsioni – orientative per il giudice che tiene conto di ogni utile circostanza per adeguare nel modo migliore la liquidazione al caso concreto- della l. 24.3.2012 n. 27 e del D.M. Ministero Giustizia 10.3.2014 n. 55) vengono liquidate come in dispositivo a carico di (…).
Non avendo partecipato, ingiustificatamente, l’attrice al procedimento di mediazione che pure aveva richiesto, va condannata al versamento all’Erario della somma di €. 450,00, a quanto cioè ammonta il contributo unificato dovuto per il giudizio.
La cancelleria provvederà alla riscossione.

PQM

definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione respinta, così provvede:
dà atto, a carico dell’attrice, del mancato rituale svolgimento (mancata partecipazione) dell’esperimento di mediazione demandata;
dichiara improcedibile la domanda di omissis;
condanna al versamento, a titolo di sanzione per la mancata ingiustificata partecipazione al procedimento di mediazione, della somma di €. 450,00, pari al contributo unificato dovuto per il giudizio; mandando alla cancelleria, in mancanza di volontario pagamento entro gg. 40, per la riscossione coattiva;
condanna omissis al pagamento delle spese di causa che liquida in favore di (…) titolare dell’Officina (…) in persona del legale rappresentante pro tempore in complessivi €. 2.800,00 di cui €. 150,00 per spese oltre IVA, CAP e spese generali.
Sentenza esecutiva
Roma 29.9.2014
Il Giudice
Dott. cons. Massimo Moriconi

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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