DIRITTO D'AUTORE


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22 dicembre 2015

57/15. Esame avvocato 2015 e mediazione (Osservatorio Mediazione Civile n. 57/2015)

G. Spina, Esame avvocato 2015 e mediazione

Con riferimento alla traccia n. 1 della prima prova scritta dell'esame avvocato 2015 (parere di civile: il testo della traccia è consultabile sul sito della Scuola di Diritto Avanzato) si segnala un interessante riferimento all’istituto della mediazione civile.

I primi autorevoli commenti (Viola) hanno infatti posto in luce che lo strumento di tutela per la soluzione del caso proposto (lesione di diritti spettanti al legittimario pretermesso in seguito a donazioni fatte in vita dal de cuius) poteva essere l’azione di riduzione; azione che “appartiene alla materia della “successione ereditaria”, con la conseguenza di essere permeabile alla condizione di procedibilità indicata all’art. 5 del d.lvo 28/2010, in tema di mediazione civile e commerciale”.

Si osservi infatti che:
- l’art.5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010 dispone che “chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di … successioni ereditarie … è tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione (…). L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. (…)” (I);
- l’azione di riduzione (cfr. artt. 553 e ss. c.c.) concerne la “reintegrazione della quota riservata ai legittimari” ed è sistematicamente collocata nel libro secondo del codice civile, dedicato alle successioni (in particolare, nella sezione II, “Della reintegrazione della quota riservata al legittimari”, del capo X, “Dei legittimari”, del titolo I, dedicato alle disposizioni generali sulle successioni): si tratta quindi di un’azione in materia di successioni ereditarie;
- il quesito proposto in sede d'esame riguardava una tematica afferente la materia delle successioni ereditarie (lesione di diritti spettanti al legittimario pretermesso in seguito a donazioni fatte in vita dal de cuius); ciò anche per come va interpretata la disposizione di cui al richiamato art. 5, comma 1-bis, recante l’elenco delle materie per cui il legislatore ha previsto l’obbligatorietà della mediazione, secondo la ratio ispiratrice del d.lgs. n. 28/2010.


Per approfondimenti sull’esame avvocato si può consultare il sito web della SCUOLA DI DIRITTO AVANZATO.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 57/2015
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

18 dicembre 2015

56/15. Mediazione obbligatoria, mancata partecipazione senza giustificato motivo: incompetenza territoriale - doverosità della sanzione economica e momento in cui comminarla - contumacia - tardività dell’istanza di mediazione - comunicazione di mancata adesione al primo incontro (Osservatorio Mediazione Civile n. 56/2015)

=> Tribunale di Palermo, 29 luglio 2015

È priva di un giustificato motivo la mancata adesione al procedimento di mediazione in caso di infondatezza dell'eccezione di incompetenza territoriale posta a base della dichiarazione della mancata adesione alla mediazione.

L'art. 8, comma 4-bis, d.lgs. n. 28/2010 (I) pare non lasciare margini di discrezionalità al giudice che è tenuto - una volta ravvisata la mancanza di un motivo che giustifichi l'assenza di una parte al procedimento di mediazione laddove esso sia previsto quale condizione di procedibilità - ad applicare la sanzione ivi prevista (versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio).

La disposizione di cui all'art. 8, comma 4-bis, d.lgs. n. 28/2010 (I) integra una misura sanzionatoria: ciò è reso evidente dal fatto che il pagamento non viene ordinato in favore dell'attore ma in favore dello Stato. E proprio perché si tratta di una sanzione imposta dallo Stato e non di un rimborso all'attore delle spese per il contributo unificato, non vi è la necessità che la valutazione del giudice sull'imposizione di tale sanzione venga fatta in sede di decisione sul regime delle spese di lite in sentenza. Nulla esclude che anche prima della sentenza il giudice possa emettere la condanna in questione. Certo, occorre che sia chiaro il motivo della mancata comparizione; pertanto:
-         se il motivo viene esplicitato dal convenuto già in comparsa di risposta o alla prima udienza, il giudice può emettere in quest'ultima sede la relativa condanna;
-         si dovrà invece aspettare la scadenza delle preclusioni istruttorie di cui ai termini ex art. 183, comma 6, c.p.c. o la fine della fase istruttoria quando il motivo sia allegato e si intenda provarlo per testimoni o con documenti da depositare nei detti termini;
-         la valutazione sulla sanzione economica in questione andrà infine effettuata nella fase decisoria quando essa sia costituita, ad esempio, dalla temerarietà della lite;
-         se poi non viene addotta alcuna ragione della mancata partecipazione o se il motivo fatto valere non è ritenuto dal giudice giustificato la condanna è automatica.

Mai si può condannare ex art. 8, comma 4-bis, d.lgs. n. 28/2010 (I) chi, non comparso in mediazione, sia rimasto contumace pure in giudizio. Nonostante la sua mancata comparizione in mediazione rimanga ingiustificata, deve rilevarsi che la modifica normativa rende possibile una condanna solo nei confronti della "parte costituita".

In caso di tardività della presentazione della domanda di mediazione, in quanto formulata dopo la notifica dell’atto di citazione, va affermato che, nei casi in cui la domanda sia priva della chiesta condizione di procedibilità per mancata previa instaurazione del procedimento di mediazione (c.d. mediazione obbligatoria ex lege), l'attore (cfr. l’art. 5, d.lgs. 28/2010) può ben dotarla di tale condizione instaurando il procedimento di mediazione nel termine assegnato dal Giudice (II).

Il responsabile dell'organismo di mediazione deve necessariamente fissare il primo incontro tra le parti e non può revocare tale fissazione all'esito della comunicazione della mancata adesione ad opera della parte chiamata. L’art. 8, d.lgs. 28/2010 (I) prevede un'eventuale mancata comparizione ma non una mancata adesione alla procedura di mediazione. Va quindi lasciato fermo l'incontro di mediazione già fissato anche in caso di ricezione da parte dell'organismo di mediazione di comunicazioni di mancata adesione.



Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 56/2015

Tribunale di Palermo
29 luglio 2015
sezione I
ordinanza

Omissis

Parte attrice ha formulato domanda di condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali (per € 70.000) che avrebbe subito a causa di una condotta di natura diffamatoria posta in essere tramite comunicato apparso su sito internet.
La Federazione convenuta:
1) ha eccepito l'improcedibilità della domanda ex artt. 4 e 5 d.lgs. 28/2010 avendo parte attrice proposto istanza di mediazione soltanto in data 10.11.2014 (mentre la notifica della citazione risaliva all'ottobre 2014) dinanzi all'Organismo di mediazione forense del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo, organismo che sarebbe stato comunque territorialmente incompetente considerato che il giudice territorialmente competente a conoscere la presente controversia andava individuato nel Tribunale di Roma avendo essa convenuta sede in Roma;
2) ha eccepito l'incompetenza territoriale del Tribunale di Palermo ai sensi dell'art. 19 c.p.c.;
3) ha eccepito il difetto di giurisdizione dell'Autorità giudiziaria ordinaria, essendo, viceversa, devoluta al giudice amministrativo la cognizione delle controversie concernenti gli atti degli ordini professionali;
4) ha rilevato l'infondatezza nel merito della domanda.
Con successiva nota del 4.3.20 15 la Federazione convenuta rinunciava all'eccezione relativa al difetto di giurisdizione ed a quella afferente l'incompetenza territoriale. Insisteva, invece, nell'eccezione relativa alla tardiva presentazione dell'istanza di mediazione.
Orbene - rimettendo alla sentenza di definizione del presente giudizio l'esame della questione relativa al difetto di giurisdizione - va invece, adesso, valutata l'eccezione di incompetenza territoriale sollevata da parte convenuta, stante la sua rilevanza al fine di ritenere supportata o meno da un giustificato motivo la mancata partecipazione al procedimento di mediazione da parte della Federazione.
Al riguardo si osservi che la questione relativa all'individuazione della competenza è stata risolta da un intervento delle Sezioni Unite che con la sentenza n. 21661/2009 hanno posto fine al contrasto giurisprudenziale esistente sul punto statuendo che nel giudizio per il risarcimento dei danni derivanti "dal pregiudizio dei diritti della personalità recati da mezzi di comunicazione di massa, la competenza per territorio si radica, in riferimento al "forum commissi delicti" di cui all'art. 20 cod. proc. civ., nel luogo del domicilio (o della sede della persona giuridica) o, in caso di diversità, anche della residenza del soggetto danneggiato. Tale individuazione - che corrisponde al luogo in cui si realizzano le ricadute negative della lesione della reputazione - consente, da un lato, di evitare un criterio "ambulatorio" della competenza, potenzialmente lesivo del principio costituzionale della precostituzione del giudice, e, dall'altro, si presenta aderente alla concezione del danno risarcibile inteso non come dannoevento, bensì come danno-conseguenza, permettendo, infine, di individuare il giudice competente in modo da favorire il danneggiato che, in simili controversie, è solitamente il soggetto più debole"
Visto che il soggetto danneggiato è nel caso di specie ubicato in Palermo, corretta è stata, dunque, la proposizione della domanda innanzi al Tribunale di Palermo, ivi avendo la propria sede l'Ordine dei medici veterinari che lamenta di avere subito il danno da diffamazione per effetto di pubblicazione di notizia su sito internet, così come corretta è stata, di conseguenza, la presentazione dell'istanza di mediazione dinanzi all'Organismo di mediazione forense del Consiglio dell'ordine degli avvocati di Palermo.
Ne consegue, dunque, che è priva di un giustificato motivo la mancata adesione da parte della Federazione al procedimento di mediazione, stante l'infondatezza dell'eccezione di incompetenza territoriale posta a base della dichiarazione di mancata adesione alla procedura di mediazione effettuata in data 1.12.2014 ad opera della Federazione convenuta, eccezione cui peraltro la stessa parte convenuta ha nel corso del giudizio rinunciato.
Ciò determina l'applicazione di quanto disposto al riformato comma 5 dell'art. 8 del d.lgs. n. 28/2010 secondo cui "il giudice condanna la parte costituita che (...) non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio".
La citata disposizione normativa pare, infatti, non lasciare margini di discrezionalità al giudice che è, dunque, tenuto - una volta ravvisata la mancanza di un motivo che giustifichi l'assenza di una parte al procedimento di mediazione laddove esso sia previsto, come nel caso di specie, quale condizione di procedibilità - ad applicare la sanzione di cui all'art. 4 bis.
Ne discende, quindi, che la FN. va condannata al pagamento in favore dell'Erario della somma di Euro 5 tale essendo l'importo versato da parte attrice a titolo di contributo unificato.
Deve ora esaminarsi la questione relativa al momento processuale in cui deve comminarsi la sanazione per ingiustificata, mancata comparizione al procedimento di mediazione.
Al riguardo va innanzitutto premesso che il comma 4 bis dell'art. 8 del d.lgs. 28/2010 stabilisce che "il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall'articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio".
Tale modifica normativa (introdotta da ultimo nel 2013 dopo la sentenza della Corte costituzionale 272/20 ma identica a quella già apportata dalla legge 148/2011 di modifica del comma 5 dell'art. 8) affonda le sue radici, molto probabilmente, nel decreto ministeriale del 6 luglio 2011 n. 145 (entrato in vigore il 26 agosto) con il quale è stato modificato il D.M. 180/2010 introducendo, tra le altre cose, il pagamento della sola somma di E 40,00 o E 50,00 per il caso di mancata comparizione del chiamato.
In altri termini, introdotta un'agevolazione economica per l'istante (non essendo giusto che questi sostenesse costi, a volte anche ingenti, per un tentativo di conciliazione neppure svoltosi a causa del comportamento non collaborativo dell'altra parte), occorreva stimolare in qualche modo la partecipazione del chiamato alla mediazione. Ciò anche per evitare che si potessero creare situazioni di tacito accordo tra i litiganti al fine di non far comparire il convenuto ed andare in giudizio a modico prezzo.
Ecco che per sollecitare il chiamato a partecipare al tavolo della mediazione si è pensato ad una sanzione economica come misura che bilanciasse la ridotta spesa per il caso di mediazione contumaciale e facesse riflettere bene il chiamato sull'eventuale scelta non collaborativa.
Che si tratti di misura sanzionatoria è reso evidente dal fatto che il pagamento non viene ordinato in favore dell'attore ma in favore dello Stato. Quest'ultimo, che ha già incassato il contributo unificato da parte dell'attore, riscuote anche un'altra somma di pari importo.
E proprio perché si tratta di una sanzione imposta dallo Stato e non di un rimborso all'attore delle spese per il contributo unificato, non vi è la necessità che la valutazione del giudice sull'imposizione di tale sanzione venga fatta in sede di decisione sul regime delle spese di lite in sentenza. Nulla esclude che anche prima della sentenza il giudice possa emettere la condanna in questione. Certo, occorre che sia chiaro il motivo della mancata comparizione, motivo che può essere esplicitato dal convenuto già in comparsa di risposta o alla prima udienza, con conseguente possibilità di emettere in quest'ultima sede la relativa condanna. Si dovrà invece aspettare la scadenza delle preclusioni istruttorie di cui ai termini ex art. 183, comma 6, c.p.c. o la fine della fase istruttoria quando il motivo sia allegato e si intenda provarlo per testimoni o con documenti da depositare nei detti termini. La valutazione sulla sanzione economica in questione andrà infine effettuata nella fase decisoria quando essa sia costituita, ad esempio, dalla temerarietà della lite.
Se poi non viene addotta alcuna ragione della mancata partecipazione o se il motivo fatto valere non è ritenuto dal giudice giustificato la condanna è automatica. La legge non attribuisce al giudice alcun potere discrezionale. La norma prevede che in assenza di giustificato motivo il "giudice condanna". Non è utilizzata l'espressione "può condannare", che sarebbe stata invece indicativa di una facoltà attribuita al giudice. Il "può" è impiegato nella prima parte del comma 5 a proposito degli argomenti di prova, ma non anche per l'applicazione della sanzione economica.
Neppure può ritenersi preclusivo all'immediata comminatoria della sanzione economica in questione il fatto che non sia stata convertita in legge quella parte dell'art. 12 del decreto legge 22 dicembre 2011 n. 212 che prevedeva che tale sanzione venisse comminata "con ordinanza non impugnabile pronunciata d'ufficio alla prima udienza di comparizione delle parti, ovvero all'udienza successiva di cui all'articolo 5, comma 1". La mancata conversione in legge di questa parte del decreto legge 212/2011 depone non per una necessaria valutazione in sentenza dell'applicazione della sanzione (che, come detto, è estranea al regime delle spese di lite), ma per una non necessaria predeterminazione del momento dell'iter processuale in cui il giudice deve effettuare il sindacato in questione e deve procedere ad irrogare la sanzione se non ritiene giustificata la mancata comparizione.
Mai comunque si può condannare chi, non comparso in mediazione, sia rimasto contumace pure in giudizio. Nonostante la sua mancata comparizione in mediazione rimanga ingiustificata, deve rilevarsi che la modifica normativa rende possibile una condanna solo nei confronti della "parte costituita". Ed è giusto che sia stata operata questa limitazione, poiché altrimenti si sarebbe introdotta una sanzione indiretta della contumacia a forte rischio di incostituzionalità. Ciò che, invece, si è voluto tentare di evitare è che chi vuol far valere le proprie ragioni in giudizio in relazione alle richieste dell'attore possa agevolmente sottrarsi al tentativo di conciliazione. Non si vuole obbligare le parti ad accordarsi, ma stimolare i litiganti a tentare di trovare l'accordo.
Il legislatore ha introdotto la mediazione obbligatoria e cerca ora di prevedere delle condizioni che ne garantiscano l'efficace svolgimento. La prima di queste è che tutte le parti siano presenti, laddove possibile, al tavolo della mediazione. Chi non è presente e poi invece si costituisce in giudizio aumentando il contenzioso giudiziario e la ragionevole durata degli altri processi deve giustificare il motivo della sua assenza.
Ora, nel presente giudizio è ben chiaro quale sia stata la ragione della mancata comparizione in mediazione della convenuta, ragione addirittura indicata per iscritto nella lettera datata 1.12.2014 inviata dalla convenuta all'organismo di mediazione.
Non occorre sul punto procedere ad alcuna attività istruttoria né si deve aspettare la fase decisoria del giudizio (alla quale invece andrebbe demandata l'eventuale condanna per le ingiustificate assenze basate sull'infondatezza della pretesa avversaria), fase nella quale non si disporrebbe di elementi ulteriori rispetto a quelli di cui attualmente si dispone.
Va quindi disposta con la presente ordinanza la condanna della convenuta, che non è comparsa al procedimento di mediazione senza giustificato motivo, al versamento in favore dell'Erario di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il presente giudizio.
Deve ora esaminarsi l'eccezione di tardività della presentazione della domanda di mediazione formulata dalla Federazione convenuta.
In proposito si osservi che parte attrice ha instaurato il procedimento di mediazione con domanda avanzata nel novembre 2014 e ha notificato l'atto di citazione nell'ottobre 2014.
Ciò posto, non può non evidenziarsi che se è vero che la parte è tenuta ai sensi dell'art. 5 del d.lgs. n. 28/2010 ad esperire il procedimento di mediazione prima dell'instaurazione del giudizio, è parimenti vero che tale adempimento costituisce mera condizione di procedibilità della domanda giudiziale, con la conseguenza che ove il Giudice riscontri il mancato esperimento della mediazione, lo stesso provvede assegnando alle parti un termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissando la successiva udienza non prima che siano trascorsi tre mesi.
In altri termini, nei casi in cui la domanda sia priva della chiesta condizione di procedibilità per mancata previa instaurazione del procedimento di mediazione l'attore può ben dotarla di tale condizione instaurando il procedimento di mediazione nel termine assegnato dal Giudice.
Nella vicenda oggetto del presente giudizio la situazione di fatto che si prospetta al Giudicante è quella di una domanda di mediazione avanzata prima della prima udienza ed introduttiva di un procedimento di mediazione che, però, non si è mai tenuto in quanto l'Organismo di mediazione, dopo avere ricevuto il 10 l'istanza di mediazione e dopo avere comunicato all'attrice in pari data l'attestazione di iscrizione e l'avviso che a breve sarebbe stata inviata comunicazione della data dell'incontro e del nome del mediatore designato, il 9.12.2014 inviava all'attrice la seguente nota: "si comunica che in data 01/ 12/2014 sono pervenute, a mezzo pec... formale comunicazione di non adesione per incompetenza territoriale dell'organismo adito da parte istante da parte del dr. G. P. n.q. di presidente di FN. del vice presidente dr.ssa C. B.. Pertanto, l'incontro di mediazione previsto per il giorno 23/ 12/2014 ore 15.30 è stato annullato ed il procedimento di mediazione chiuso d'ufficio per improcedibilità".
Ora, è noto che l'art. 8 d.lgs. 28/2010 prevede che "all'atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell'organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre trenta giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all'altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l'assistenza dell'avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento".
Pertanto, il responsabile dell'organismo di mediazione deve necessariamente fissare il primo incontro tra le parti e non può revocare tale fissazione all'esito della comunicazione della mancata adesione ad opera della parte chiamata. La procedura di mediazione è finalizzata a fare incontrare effettivamente le parti affinché le stesse tentino una soluzione amichevole della lite. L'invio da parte del chiamato di una non contemplata dichiarazione di mancata adesione alla procedura di mediazione non comporta l'aborto della procedura di mediazione. Il citato art. 8 del d.lgs. 28/2010 prevede un'eventuale mancata comparizione ma non una mancata adesione alla procedura di mediazione. Va quindi lasciato fermo l'incontro di mediazione già fissato anche in caso di ricezione da parte dell'organismo di mediazione di comunicazioni di mancata adesione.
Orbene, nella fattispecie in esame il procedimento di mediazione non poteva essere chiuso d'ufficio, previa revoca dell'incontro già fissato, a seguito della comunicazione di mancata adesione da parte del P. e della stessa FN.
Nel rispetto, dunque, della lettera della citata disposizione normativa di cui all'art. 8 d.lgs. 28/2010 e conformemente alla ratio sottesa all'intera procedura di mediazione - volta a riattivare la comunicazione tra le parti litiganti al fine di renderle in grado di verificare la possibilità di una soluzione concordata del conflitto - le parti vanno nuovamente inviate in mediazione affinché la relativa procedura si svolga correttamente a seguito di regolare fissazione di un incontro da parte del mediatore.
Vanno ora chiarite le condizioni verificatesi le quali può ritenersi correttamente formata la condizione di procedibilità.
Al riguardo si precisa che potrà considerarsi formata la condizione di procedibilità se vi sarà la presenza personale delle parti e se le parti hanno effettuato un tentativo di mediazione vero e proprio e ciò in considerazione della lettera e della ratio delle disposizioni di cui al d.lgs. 28/2010 e visto che l'istituto della mediazione mira ad un'effettiva interazione tra le parti di fronte al mediatore (che deve poter comprendere gli effettivi interessi delle parti) ed ad una soluzione extragiudiziale della controversia.
In caso di mancata comparizione personale dell'attore la sua domanda non potrà considerarsi munita di procedibilità. Se non comparirà il convenuto senza giustificato motivo dovrà nuovamente valutarsi l'applicabilità della disposizione sulla sanzione di cui al comma 4 bis dell'art. 8 del d.lgs. 28/2010.
Alla luce di quanto emerso all'udienza del 17.7.20 15 sembra opportuno formulare alle parti, ex art. 185 bis c.p.c, la seguente proposta conciliativa, che potrà eventualmente anche costituire il punto di partenza del percorso conciliativo da intraprendere davanti al mediatore:
art. 1) precisazione da parte della Federazione convenuta, con le stesse forme e con gli stessi mezzi utilizzati per la diffusione della notizia lamentata in citazione, del fatto che vi è stato un fraintendimento tra le parti e che la stessa Federazione non intendeva in alcun modo imputare alcuna violazione del codice deontologico ai veterinari iscritti all'Ordine di Palermo che operavano in relazione alla specifica campagna di sterilizzazione e di microchippatura dei cani nell'isola di Lampedusa; art. 2) rinunzia ad opera di parte attrice alla domanda risarcitoria formulata nel presente giudizio; art. 3) pagamento ad opera di parte convenuta, a titolo di parziale contributo alla refusione delle spese sostenute da parte attrice, della somma di € 1.500,00.

PQM

Condanna parte resistente, che non è comparsa al procedimento di mediazione senza giustificato motivo, al versamento in favore dell'Erario della somma di € 518,00 (importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il presente giudizio); invia nuovamente le parti in mediazione affinché la relativa procedura si svolga correttamente; assegna alle parti il termine di 15 giorni dalla comunicazione della presente ordinanza al fine di depositare l'istanza di mediazione; formula alle parti la proposta conciliativa ex art. 185 bis c.p.c. indicata in parte motiva; fissa per la prosecuzione del giudizio l'udienza del giorno omissis, ore 11.00.
Si comunichi.


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

17 dicembre 2015

55/15. Mediazione volontaria su invito del giudice: ammissibilità (Osservatorio Mediazione Civile n. 55/2015)

=> Tribunale di Milano, 15 luglio 2015

La nuova formulazione dell’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 28/12010, così come introdotto dall'art. 84del D. L. n. 6912013, conv. con modif. nella L. n. 98/13 non è incompatibile con un generale potere del giudice di sollecitare un percorso volontario di mediazione mediante un invito: è sempre possibile – pur nella vigenza dell’attuale versione normativa del d.lgs. 28 del 2010 – che il giudice inviti le parti ad avviare il procedimento di mediazione, su scelta volontaria (I).

La presenza del diritto indisponibile nel procedimento civile non esclude la co-presenza di diritti del tutto disponibili; così va confermato che la mediazione civile è suscettibile di trovare applicazione per quella “parte” di procedimento in cui imperano interessi disponibili e, perciò, negoziabili (II).


(II) Si veda Cass. Civ., Sez. Un., 22 luglio 2013 n. 17781.





Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 55/2015

Tribunale di Milano
15 luglio 2015
ordinanza

Omissis

Il decreto legge 21 giugno 2013 n. 69 (convertito in L. 9 agosto 2013 n. 98) ha, come noto, espunto dal decreto legislativo n. 28 del 2010 la «cd. mediazione su invito del giudice» sostituendola con la cd. mediazione ex officio: in quest’ultimo caso, il tribunale prescrive alle parti di intraprendere un percorso di mediazione, a pena di improcedibilità della domanda.
La nuova formulazione normativa dell’art. 5 comma II d.lgs. 28 del 2010 non è affatto incompatibile con un generale potere del giudice (art. 175 c.p.c.) di sollecitare un percorso volontario di mediazione mediante un invito: invito che, se seguito dalla adesione delle parti, ha il vantaggio (per le parti stesse) di non comportare conseguenze in punto di procedibilità della domanda. Infatti, la mediazione demandata dal giudice, altro non è se non una forma di mediazione volontaria, veicolata dal suggerimento del magistrato: l’espunzione dell’istituto, pertanto, non esclude e nemmeno limita la facoltà del giudicante di sollecitare una riflessione nei litiganti, mediante invito a rivolgersi spontaneamente ad un organismo di mediazione.
Si ricade nell’ambito dei normali poteri di governance giudiziale (175 c.p.c.). Né più e né meno di quanto già avviene per il celebre «invito a coltivare trattative». Pertanto, è sempre possibile – pur nella vigenza dell’attuale versione normativa del dlgs 28 del 2010 – che il giudice inviti le parti ad avviare il procedimento di mediazione, su scelta volontaria.
Assodato che il giudice può imporre/prescrivere la mediazione civile ma anche semplicemente suggerirla, deve rilevarsi che, nella fattispecie, il procedimento ha ad oggetto diritti non disponibili: l’azione primaria, infatti, mira a caducare il vincolo matrimonio celebrato tra l’attore principale (defunto in corso di processo) e la convenuta. La presenza del «diritto indisponibile» nel procedimento civile non esclude la co-presenza di diritti del tutto disponibili e, quindi, negoziabili. E, in genere, a fronte di una azione che ricada su diritti disponibili è sussistente un interesse sostanziale della parte che (anche solo) indirettamente mira al soddisfacimento di situazione giuridiche soggettive negoziabili.
In un habitat processuale in cui convivano pretese a giurisdizione necessaria e interessi suscettibili di transazione, deve trovare spazio il principio (peraltro) anche affermato dalla Suprema Corte secondo il quale la mediazione civile è suscettibile di trovare applicazione per quella “parte” di procedimento in cui imperano interessi disponibili e, perciò, negoziabili (v. Cass. Civ., Sez. Un., 22 luglio 2013 n. 17781). L’eventuale accordo sulla parte disponibile del processo può, infatti, avere poi ricadute sul procedimenti in generale: infatti, la composizione del conflitto “spegne” l’interesse delle parti per la procedura giudiziale che può, a questo punto, essere oggetto di atti dispositivi anche indiretti (negozi processuali. Si pensi al caso della parte attrice che rinuncia alla domanda giudiziale avente ad oggetto diritti indisponibili.
Nel caso di specie, il soggetto che predicava un interesse morale sovrastante ogni altra pretesa (cioè, il marito) è, purtroppo, deceduto. Le parti rimaste in causa (eredi del marito e moglie superstite), all’esito dell’audizione – risultata utile grazie alla collaborazione degli Avvocati – hanno lasciato emergere, al di là della formale posizione processuale, l’effettivo “interesse” nel conflitto: un interesse squisitamente patrimoniale e, in specie, i diritti sul patrimonio del de cuius. Interesse affatto secondario rispetto agli altri oggetto del processo e nemmeno meritevole di un diverso trattamento rimediale facendo capo a una situazione giuridica soggettiva presidiata dall’Ordinamento. Tuttavia, si tratta di un interesse che potrebbe ottenere un soddisfacimento diretto ed effettivo anche ricorrendo a una strada di composizione del conflitto diversa da quella attivata in sede giurisdizionale.
Mediante l’annullamento del matrimonio, la convenuta perderebbe la titolarità dei diritti sul patrimonio, in qualità di coniuge; ciò nondimeno, resterebbe nella piena disponibilità di beni già del de cuius trasmessi alla stessa dal medesimo allorché questi era in vita; beni rispetto ai quali, potrebbero profilarsi altre azioni, soprattutto nel caso in cui tali “trasferimenti” fossero qualificabili come liberalità indirette. Stima, dunque, questo Tribunale che una soluzione opportuna per le parti potrebbe essere quella di un accordo bonario in merito alla divisione del patrimonio del de cuius mediante l’assistenza di uno o più mediatori che possano assistere i litiganti e i loro Avvocati in una difficile e complicata opera di accertamento dei beni stessi e di possibile loro divisione: valga ricordare, che i beni in questione sono eterogeni, riguardando mobili, immobili quote societarie e alcuni di essi versano pure in condizioni giuridiche affatto semplici da comporre (es. i beni vincolati in trust); inoltre, una parte del patrimonio è all’estero e localizzata in diversi Stati.
A parere di questo Tribunale, pertanto, l’eventuale sentenza (soprattutto se di accoglimento) non sarebbe idonea a comporre il conflitto potendo solo definire il procedimento. Peraltro, i tempi della procedura non possono stimarsi ristretti: il processo è stato iscritto il 24 luglio 2014 e, già per le vicende anomale verificatesi (decesso di una delle parti), è decorso un anno e si è tuttora nella fase della trattazione. Inoltre, si sono cumulate questioni processuali da affrontare che potrebbero determinare finanche la regressione del procedimento alla fase anteriore alla concessione dei termini ex art. 183 comma VI c.p.c.
All’esito del colloquio con i difensori, è parso dunque opportuno invitare le parti a sperimentare un percorso di mediazione civile, al fine di verificare la sussistenza (in concreto) di possibili assetti conciliativi: ovviamente, con riferimento solo ed esclusivamente ai diritti di entrambi i litiganti sul patrimonio del de cuius, fermo il monopolio della giurisdizione sull’azione di annullamento. La seria collaborazione offerta dai difensori, induce, dunque, ad accogliere l’adesione delle parti all’invito del giudice e a fissare una udienza interlocutoria, con gli Avvocati, per fissare la modalità della mediazione (luogo, tempi, organismo) secondo quanto scelto dalle parti stesse; udienza interlocutoria, peraltro, che risponde ai desiderata dei difensori. In quella sede, peraltro, questo Tribunale stima opportuno anche eventualmente formulare una proposta conciliativa ex art. 185-bis c.p.c., al fine di offrire spunti ai mediatori e alle parti per le trattative: proposta che, inevitabilmente, potrà essere anche di tipo predittivo, mediante una prognosi in merito alla possibile/probabile fondatezza dell’azione, sulla scorta dell’attuale stato e condizione della piattaforma probatoria.

PQM

Riserva la decisione sulle questioni pendenti, dà atto che le parti hanno aderito all’invito  giudiziale di procedere alla mediazione. Fissa l’udienza in data omissis.


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

4 dicembre 2015

54/15. MEDIA Magazine n. 11-12 del 2015 (Osservatorio Mediazione Civile n. 54/2015)


MEDIA Magazine
Mensile dell’Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile
ISSN 2281 - 5139
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N. 11-12/15  Novembre - Dicembre 2015

Domenica 6 dicembre 2015 l’Osservatorio compie 4 anni!
Un traguardo importante, pieno di impegno e lavoro, ma anche di incontri stimolanti e soddisfazioni professionali ed umane.
Grazie a tutti quanti hanno collaborato – a vario titolo – nello sviluppo dei contenuti (contributi di dottrina, segnalazioni di pronunce giurisprudenziali rilevanti ecc..).
Grazie a tutti i nostri lettori, per essersi riconosciuti – e aver confermato negli anni il loro gradimento – nello spirito del progetto. Che ovviamente continua a crescere ed evolversi!
Grazie a quanti in questi giorni hanno inviato in Redazione i loro personali auguri.


GIURISPRUDENZA

=> Tribunale di Roma, 16 luglio 2015

=> Tribunale di Siracusa, 5 luglio 2015

=> Tribunale di Firenze, 2 luglio 2015


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Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 54/2015

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