DIRITTO D'AUTORE


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12 aprile 2022

14/22. SPINA, Contrasto giurisprudenziale sull’esperimento della mediazione in luogo della negoziazione assistita obbligatoria: la domanda è procedibile? (Osservatorio Mediazione Civile n. 14/2022)

Contrasto giurisprudenziale sull’esperimento della mediazione in luogo della negoziazione assistita obbligatoria: la domanda è procedibile? 

di Giulio SPINA

(note a 3 Tribunale di Roma, sentenza del 8.2.2022, n. 2043 e Tribunale di Roma, sentenza del 8.10.2021, n. 15716)

in La Nuova Procedura Civile 1, 2022

L’articolo, e le due pronunce richiamate, sono consultabili gratuitamente al seguente URL: https://www.lanuovaproceduracivile.com/spina-contrasto-giurisprudenziale-sullesperimento-della-mediazione-in-luogo-della-negoziazione-assistita-obbligatoria-la-domanda-e-procedibile/ 

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 14/2022
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

27 novembre 2016

83/16. Voce enciclopedica “Mediazione civile” (Osservatorio Mediazione Civile n. 83/2016)

Mediazione civile (voce)
di Giulio SPINA
AltalexPedia, Altalex, 2016
(voce agg. al 24/11/2016)




1. Premessa
2. La logica di fondo della mediazione
2.1. Conflitto e ripristino della comunicazione
2.2. Dalle posizioni agli interessi
2.3. Centralità delle parti e soluzioni creative
2.4. Principi della mediazione e profili di criticità
3. Inquadramento normativo
3.1. Normativa nazionale
3.2. Normativa europea
3.3. Rapporto tra normativa nazionale ed europea
3.4. Nozione di mediazione alla luce della normativa nazionale
4. Disciplina e funzionamento
4.1. Le quattro ipotesi di mediazione: obbligatoria, demandata, concordata, volontaria
4.2. Mediazione volontaria e non volontaria
4.3. Mediazione concordata
4.4. Ambito di applicazione della mediazione
4.5. Informativa dell’avvocato
4.6. Procedimento di mediazione
4.6.1. Principi generali
4.6.2. Il procedimento in sintesi
4.6.3. Istanza di mediazione
4.6.4. Competenza territoriale
4.6.5. In caso di più istanze
4.6.6. Mancata partecipazione alla mediazione
4.6.7. Proposta conciliativa
4.6.8. Conseguenze della mancata accettazione della proposta
4.6.9. Verbale conciliativo
4.7. Costi e agevolazioni fiscali

Il contributo è consultabile gratuitamente al seguente link:

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 83/2016
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

6 ottobre 2016

70/16. Procedimento di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite: invito del giudice alla mediazione volontaria (Osservatorio Mediazione Civile n. 70/2016)

=> Tribunale di Roma, 16 luglio 2015

L’art. 5, comma 4, lett. c), d.lgs. 28/2010 prevede che nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis c.p.c. non si applichino i commi 1-bis e 2 . Vale a dire che le prescrizioni relative alla mediazione obbligatoria ed a quella demandata non si applicano a tale procedimento. Ne consegue che l’invito del giudice alle parti di andare in mediazione è possibile, ma non va iscritto in tali moduli procedimentali, per gli effetti che ne possono scaturire, ma piuttosto quale percorso volontario concordato dalle parti all’esito della prospettazione da parte del giudice delle evidenti maggiori utilità di una buona mediazione.

All’interno di un procedimento di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite di cui all’articolo 696-bis c.p.c., il giudice ben può prospettare alle parti un’alternativa a quella, usuale, della nomina di un consulente tecnico di ufficio e, precisamente, l’introduzione di una procedura di mediazione, nell’ambito della quale le parti possono invitare e sollecitare il mediatore alla nomina di un consulente tecnico. Gli indubbi aspetti positivi del percorso mediatorio possono però essere conseguiti, tra l’latro, solo laddove ci si rivolga ad un organismo serio ed efficiente, dotato di mediatori onesti e competenti (con assoluta esclusione di quegli organismi e di quei mediatori che perseguano solo un interesse di lucro connesso all’offerta di una rapida rimozione, ancora da molti istanti ricercata, ed illusoriamente immaginata, della condizione di procedibilità della causa in presenza di mediazione obbligatoria o demandata) e solo allorché il mediatore, capace e preparato, sappia orientare la propria scelta e propiziare l’attività del consulente nominato (fra i C.T.U. del tribunale) nell’alveo di un percorso rispettoso dei fondamentali principi che devono essere considerati dal consulente anche in ambito non giudiziario (ed in particolare il rispetto del contraddittorio).



Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 70/2016

Tribunale di Roma
Sezione XIII
15 luglio 2016

Omissis

è stato proposto omissis accertamento tecnico preventivo ai sensi dell’art.696 bis in relazione ai danni alla persona subiti e lamentati a seguito di un incidente stradale occorsogli, mentre era alla guida di motociclo di sua proprietà, in data omissis.
Nella contumacia del conducente dell’autovettura antagonista, si costituiva la compagnia assicuratrice omissis.
Sentiti i difensori delle parti presenti (ricorrente ed assicurazione), emergeva che non vi era contestazione fra le parti circa l’esistenza e le modalità del sinistro, ma solo sulle conseguenze derivatene, relativamente ai danni alla persona del ricorrente.
Il giudice prospettava alle parti un’alternativa a quella, usuale, della nomina, sicuramente possibile e pertinente alla fattispecie concreta, di un consulente tecnico di ufficio e precisamente l’introduzione di una procedura di mediazione, nell’ambito della quale le parti avrebbero potuto invitare e sollecitare il mediatore alla nomina di un consulente tecnico esperto in medicina legale.
In particolare il giudice segnalava le seguenti circostanze: la possibilità di nomina di un consulente nel procedimento di mediazione è espressamente prevista dalla legge; anche nel caso di mancato accordo, la consulenza in mediazione ed in particolare la relazione dell’esperto elaborata e depositata in quel procedimento non è un atto privo di utilità successive, potendo essere prodotto ed utilizzato nella causa che segue alle condizioni, nei limiti e per gli effetti che la giurisprudenza ha motivatamente elaborato; le parti potranno sottoporre al consulente, di comune accordo, mediante la fattiva presenza e collaborazione del mediatore, i quesiti che meglio rispondano agli interessi coinvolti nella lite; i costi della consulenza in mediazione, che le parti sopporteranno in pari misura, anche tenuto conto delle modeste indennità di mediazione previste dalle norme, sono senz’altro più vantaggiosi (e prevedibili, attesa la possibilità di previa interlocuzione con l’organismo, di cui è impensabile una corrispondente in sede giudiziale) rispetto a quelli della causa; i tempi di svolgimento e conclusione del percorso di mediazione (neppure soggetto alla sospensione feriale) sono più brevi, disponibili dalle parti e meno formali di quelli del procedimento giudiziale; la possibilità, least but non last, che il consulente in mediazione, compensato in ogni caso a forfait per il suo lavoro, secondo le usuali convenzioni che i migliori organismi di mediazione intrattengono con i consulenti, possa operare realmente a fini conciliativi, sviluppando un’utile sinergia con il mediatore.
A fronte di tali indubbi aspetti positivi del percorso mediatorio, il giudice avvertiva però che tali vantaggi potranno essere conseguiti: solo laddove venga compulsato un organismo, a scelta del ricorrente, o congiuntamente di entrambe le parti, serio ed efficiente, dotato di mediatori onesti e competenti; con assoluta esclusione di quegli organismi e di quei mediatori che perseguano solo un interesse di lucro connesso all’offerta di una rapida rimozione, ancora da molti istanti ricercata (ed illusoriamente immaginata, vista la ormai diffusa giurisprudenza che richiede l’effettività del percorso di mediazione), della condizione di procedibilità della causa in presenza di mediazione obbligatoria o demandata; solo allorché il mediatore, capace e preparato, sappia orientare la (sua) scelta e propiziare l’attività del consulente nominato (fra i C.T.U. del tribunale) nell’alveo di un percorso rispettoso dei fondamentali principi che devono essere considerati dal consulente anche in ambito non giudiziario, qual è la mediazione, ed in particolare il rispetto del contraddittorio; l’astensione dall’acquisizione in mancanza del consenso, delle dichiarazioni delle parti; il contenimento dell’attività di consulenza nel perimetro dei quesiti che le parti di comune accordo abbiano inteso demandargli, etc.. (cfr. l’ordinanza citata in nota per l’esposizione di un decalogo delle regole che devono essere rispettate dal consulente in mediazione).
I difensori delle parti concordavano con il giudice sulla utilità e convenienza di tale percorso mediatorio, sicché occorre provvedere di conseguenza.
L’art. 5 del decreto legislativo 28/2010 prevede al quarto comma lettera c) che nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile non si applichino i commi 1-bis e 2.
Vale a dire che le prescrizioni relative alla mediazione obbligatoria ed a quella demandata non si applicano al presente procedimento.
Ne consegue che l’invito di questo giudice, nel caso in esame, non va iscritto in tali moduli procedimentali, per gli effetti che ne possono scaturire, ma piuttosto quale percorso volontario concordato dalle parti all’esito della prospettazione da parte del giudice delle evidenti maggiori utilità di una buona mediazione.

PQM

A scioglimento della riserva, fissa termine fino al quindicesimo giorno dalla comunicazione del provvedimento per depositare presso un organismo di mediazione, a scelta delle parti congiuntamente o di quella che per prima vi proceda, la domanda di mediazione; rinvia all’udienza omissis per quanto di ragione.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

25 maggio 2016

40/16. Mediazione demandata: sì alla partecipazione anche di parti ulteriori rispetto a quelle che sono in causa (Osservatorio Mediazione Civile n. 40/2016)

=> Tribunale di Roma, 1 febbraio 2016

Il procedimento di mediazione, caratterizzato dalla informalità (cfr. art.3comma 3 d.lg. n. 28/2010), ben può essere svolto anche con parti ulteriori rispetto a quelle della causa alla quale pertiene il provvedimento di invio in mediazione demandata, fermo restando che nessuna conseguenza negativa può derivare a tali soggetti nel caso di mancata partecipazione (I).


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 40/2016

Tribunale di Roma
Sezione XIII
ordinanza
1 febbraio 2016

Omissis

Considerati i gravosi ruoli dei giudici ed i tempi computati in anni per le decisioni delle cause, una soluzione conciliativa, che va assunta in un ottica non di preconcetto antagonismo giudiziario, ma di reciproca rispettosa considerazione e valutazione dei reali interessi di ciascuna delle parti, è sicuramente vantaggiosa per tutte le parti. Anche in considerazione del fatto che il sistema giudiziario verticale non garantisce, a differenza della conciliazione, a causa della possibilità di gravami, la sicurezza della stabilità dell'esito della sentenza (che la parte reputi per sé) soddisfacente.
Inoltre, nel caso di specie, attesa la presenza nella causa di un'Azienda Ospedaliera pubblica, si impone una considerazione di carattere generale.
I soggetti pubblici sono restii a partecipare, pur quando ritualmente convocati, al procedimento mediazione.
Ove mai l'esistenza di una posizione pregiudiziale in tal senso non esista, non sarebbe da aggiungere altro.
In caso contrario vale ricordare che la partecipazione al procedimento di mediazione demandata è obbligatoria per legge e che proprio in considerazione di ciò non è giustificabile la scelta aprioristica di rifiuto e di non partecipazione al procedimento di mediazione. Neppure ove tale condotta muova dal timore di incorrere in un danno erariale a seguito della conciliazione. Va infatti considerato che in tale timore è insita un'aporia. A prescindere che esiste la possibilità di un autorevole e rassicurante ausilio nel percorso conciliativo in mediazione, sta di fatto che la legge, nel disciplinare la mediazione, sia dal punto di vista attivo (istante) che passivo (convocato), non fa alcuna eccezione per quanto riguarda l'ente pubblico.
Un pregiudizio in tale senso pertanto costituisce una controsenso.
Sarebbe a dire, infatti, che se una P.A. vuole introdurre una domanda giudiziale in una delle materie di cui all'art. 5 co. 1 bis del d.lg. n. 28/2010, promuove necessariamente il procedimento di mediazione, ma lo fa(rebbe) con la riserva di non accordarsi a prescindere...
Si tratta all'evidenza di un paradossale non possumus, del tutto contrario alla lettera ed alla sostanza della legge, che va in tutt'altra direzione.
Che è quella del raggiungimento di accordi conciliativi, senza alcuna eccezione soggettiva fra soggetti privati e pubblici.
Le P.A. pertanto hanno, in subiecta materia, gli stessi oneri ed obblighi di qualsiasi altro soggetto.
Fermo restando che potrebbe essere utile procedimentalizzare la condotta del soggetto pubblico.
Vale a dire che il soggetto che è presente in mediazione in rappresentanza della P.A. abbia concordato con chi ha il potere dispositivo dei diritti oggetto di lite, perimetri oggettivi all'interno dei quali poter condurre le trattative.
Peraltro, va considerato che una conciliazione raggiunta sulla base del correlativo provvedimento del giudice, spesso, come in questo caso anche corredato da indicazioni motivazionali, in nessun caso può esporre il funzionario a responsabilità erariale, caso mai potendo essa derivare dalle conseguenze sanzionatorie (art. 96 III° c.p.c.) che conseguono ad una condotta deresponsabilizzata ignava ed agnostica della P.A.
Alle parti si assegna termine fino all'udienza di rinvio per il raggiungimento di un accordo amichevole.
Va fissato il termine di gg.15 decorrente dal 20.4.2016, per depositare presso un organismo di mediazione, a scelta delle parti congiuntamente o di quella che per prima vi proceda, la domanda di cui al secondo comma dell'art. 5 del d.lg. n. 4.3.2010 n.28; con il vantaggio di poter pervenire rapidamente ad una conclusione, per tutte le parti vantaggiosa, anche da punto di vista economico e fiscale (cfr. art.17 e 20 del d.lg. n. 4.3.2010 n.28), della controversia in atto.
Va evidenziato che ai sensi e per l'effetto del secondo comma dell'art.5 d.lg. n. 28/2010 come modificato dal D.L.69/2013 è richiesta l'effettiva partecipazione al procedimento di mediazione demandata, laddove per effettiva si richiede che le parti non si fermino alla sessione informativa e che oltre agli avvocati difensori siano presenti le parti personalmente; e che la mancata partecipazione (ovvero l'irrituale partecipazione) senza giustificato motivo al procedimento di mediazione demandata dal giudice oltre a poter attingere, secondo una sempre più diffusa interpretazione giurisprudenziale, alla stessa procedibilità della domanda, è in ogni caso comportamento valutabile nel merito della causa
All'udienza di rinvio, le parti, in caso di accordo, potranno anche non comparire; viceversa, in caso di mancato accordo, potranno, volendo, in quella sede fissare a verbale quali siano le loro posizioni al riguardo, anche al fine di consentire l'eventuale valutazione giudiziale della condotta processuale delle parti ai sensi degli artt. 91 e 96 III co. c.p.c.
Il giudice non può, tecnicamente, ordinare la mediazione anche nei confronti delle attrici (figlie del de cuius) della causa RG 24216/09, peraltro assistite dai medesimi avvocati che difendono l'attrice (moglie del de cuius) in questa causa.
Tuttavia è di tutta evidenza la necessità che al procedimento di mediazione partecipino tutte le parti interessate, peraltro nello spirito della proposta omnia formulata proprio dagli avvocati di tali parti.
D'altra parte il procedimento di mediazione, caratterizzato dalla informalità (cfr. art.3 comma 3 d.lg. n. 28/2010), ben può essere svolto anche con parti ulteriori rispetto a quelle della causa alla quale pertiene il provvedimento di invio in mediazione demandata, fermo restando che nessuna conseguenza negativa può derivare a tali soggetti nel caso di mancata partecipazione.

PQM

A scioglimento della riserva che precede: dispone che le parti procedano alla mediazione demandata, ai sensi dell'art.5 comma secondo del d.lg. n. 28/2010, della controversia; invita i difensori delle parti ad informare i loro assistiti della presente ordinanza nei termini di cui all'art.4, co.3 d.lg. n. 28/2010, e specificamente della necessità di partecipare effettivamente e di persona, assistiti dai rispettivi avvocati, al procedimento di mediazione informa le parti che l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell'art. 5, co.2 e che ai sensi dell'art.8 d.lg. n. 28/2010 la mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione comporta le conseguenze previste dalla norma stessa; oltre che dall'art. 96 III co. c.p.c.; va fissato il termine di gg. 15, decorrente dal omissis, per depositare presso un organismo di mediazione, a scelta delle parti congiuntamente o di quella che per prima vi proceda, la domanda di cui al secondo comma dell'art. 5 del d.lg. n. 28/2010; rinvia all'udienza omissis.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

17 dicembre 2015

55/15. Mediazione volontaria su invito del giudice: ammissibilità (Osservatorio Mediazione Civile n. 55/2015)

=> Tribunale di Milano, 15 luglio 2015

La nuova formulazione dell’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 28/12010, così come introdotto dall'art. 84del D. L. n. 6912013, conv. con modif. nella L. n. 98/13 non è incompatibile con un generale potere del giudice di sollecitare un percorso volontario di mediazione mediante un invito: è sempre possibile – pur nella vigenza dell’attuale versione normativa del d.lgs. 28 del 2010 – che il giudice inviti le parti ad avviare il procedimento di mediazione, su scelta volontaria (I).

La presenza del diritto indisponibile nel procedimento civile non esclude la co-presenza di diritti del tutto disponibili; così va confermato che la mediazione civile è suscettibile di trovare applicazione per quella “parte” di procedimento in cui imperano interessi disponibili e, perciò, negoziabili (II).


(II) Si veda Cass. Civ., Sez. Un., 22 luglio 2013 n. 17781.





Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 55/2015

Tribunale di Milano
15 luglio 2015
ordinanza

Omissis

Il decreto legge 21 giugno 2013 n. 69 (convertito in L. 9 agosto 2013 n. 98) ha, come noto, espunto dal decreto legislativo n. 28 del 2010 la «cd. mediazione su invito del giudice» sostituendola con la cd. mediazione ex officio: in quest’ultimo caso, il tribunale prescrive alle parti di intraprendere un percorso di mediazione, a pena di improcedibilità della domanda.
La nuova formulazione normativa dell’art. 5 comma II d.lgs. 28 del 2010 non è affatto incompatibile con un generale potere del giudice (art. 175 c.p.c.) di sollecitare un percorso volontario di mediazione mediante un invito: invito che, se seguito dalla adesione delle parti, ha il vantaggio (per le parti stesse) di non comportare conseguenze in punto di procedibilità della domanda. Infatti, la mediazione demandata dal giudice, altro non è se non una forma di mediazione volontaria, veicolata dal suggerimento del magistrato: l’espunzione dell’istituto, pertanto, non esclude e nemmeno limita la facoltà del giudicante di sollecitare una riflessione nei litiganti, mediante invito a rivolgersi spontaneamente ad un organismo di mediazione.
Si ricade nell’ambito dei normali poteri di governance giudiziale (175 c.p.c.). Né più e né meno di quanto già avviene per il celebre «invito a coltivare trattative». Pertanto, è sempre possibile – pur nella vigenza dell’attuale versione normativa del dlgs 28 del 2010 – che il giudice inviti le parti ad avviare il procedimento di mediazione, su scelta volontaria.
Assodato che il giudice può imporre/prescrivere la mediazione civile ma anche semplicemente suggerirla, deve rilevarsi che, nella fattispecie, il procedimento ha ad oggetto diritti non disponibili: l’azione primaria, infatti, mira a caducare il vincolo matrimonio celebrato tra l’attore principale (defunto in corso di processo) e la convenuta. La presenza del «diritto indisponibile» nel procedimento civile non esclude la co-presenza di diritti del tutto disponibili e, quindi, negoziabili. E, in genere, a fronte di una azione che ricada su diritti disponibili è sussistente un interesse sostanziale della parte che (anche solo) indirettamente mira al soddisfacimento di situazione giuridiche soggettive negoziabili.
In un habitat processuale in cui convivano pretese a giurisdizione necessaria e interessi suscettibili di transazione, deve trovare spazio il principio (peraltro) anche affermato dalla Suprema Corte secondo il quale la mediazione civile è suscettibile di trovare applicazione per quella “parte” di procedimento in cui imperano interessi disponibili e, perciò, negoziabili (v. Cass. Civ., Sez. Un., 22 luglio 2013 n. 17781). L’eventuale accordo sulla parte disponibile del processo può, infatti, avere poi ricadute sul procedimenti in generale: infatti, la composizione del conflitto “spegne” l’interesse delle parti per la procedura giudiziale che può, a questo punto, essere oggetto di atti dispositivi anche indiretti (negozi processuali. Si pensi al caso della parte attrice che rinuncia alla domanda giudiziale avente ad oggetto diritti indisponibili.
Nel caso di specie, il soggetto che predicava un interesse morale sovrastante ogni altra pretesa (cioè, il marito) è, purtroppo, deceduto. Le parti rimaste in causa (eredi del marito e moglie superstite), all’esito dell’audizione – risultata utile grazie alla collaborazione degli Avvocati – hanno lasciato emergere, al di là della formale posizione processuale, l’effettivo “interesse” nel conflitto: un interesse squisitamente patrimoniale e, in specie, i diritti sul patrimonio del de cuius. Interesse affatto secondario rispetto agli altri oggetto del processo e nemmeno meritevole di un diverso trattamento rimediale facendo capo a una situazione giuridica soggettiva presidiata dall’Ordinamento. Tuttavia, si tratta di un interesse che potrebbe ottenere un soddisfacimento diretto ed effettivo anche ricorrendo a una strada di composizione del conflitto diversa da quella attivata in sede giurisdizionale.
Mediante l’annullamento del matrimonio, la convenuta perderebbe la titolarità dei diritti sul patrimonio, in qualità di coniuge; ciò nondimeno, resterebbe nella piena disponibilità di beni già del de cuius trasmessi alla stessa dal medesimo allorché questi era in vita; beni rispetto ai quali, potrebbero profilarsi altre azioni, soprattutto nel caso in cui tali “trasferimenti” fossero qualificabili come liberalità indirette. Stima, dunque, questo Tribunale che una soluzione opportuna per le parti potrebbe essere quella di un accordo bonario in merito alla divisione del patrimonio del de cuius mediante l’assistenza di uno o più mediatori che possano assistere i litiganti e i loro Avvocati in una difficile e complicata opera di accertamento dei beni stessi e di possibile loro divisione: valga ricordare, che i beni in questione sono eterogeni, riguardando mobili, immobili quote societarie e alcuni di essi versano pure in condizioni giuridiche affatto semplici da comporre (es. i beni vincolati in trust); inoltre, una parte del patrimonio è all’estero e localizzata in diversi Stati.
A parere di questo Tribunale, pertanto, l’eventuale sentenza (soprattutto se di accoglimento) non sarebbe idonea a comporre il conflitto potendo solo definire il procedimento. Peraltro, i tempi della procedura non possono stimarsi ristretti: il processo è stato iscritto il 24 luglio 2014 e, già per le vicende anomale verificatesi (decesso di una delle parti), è decorso un anno e si è tuttora nella fase della trattazione. Inoltre, si sono cumulate questioni processuali da affrontare che potrebbero determinare finanche la regressione del procedimento alla fase anteriore alla concessione dei termini ex art. 183 comma VI c.p.c.
All’esito del colloquio con i difensori, è parso dunque opportuno invitare le parti a sperimentare un percorso di mediazione civile, al fine di verificare la sussistenza (in concreto) di possibili assetti conciliativi: ovviamente, con riferimento solo ed esclusivamente ai diritti di entrambi i litiganti sul patrimonio del de cuius, fermo il monopolio della giurisdizione sull’azione di annullamento. La seria collaborazione offerta dai difensori, induce, dunque, ad accogliere l’adesione delle parti all’invito del giudice e a fissare una udienza interlocutoria, con gli Avvocati, per fissare la modalità della mediazione (luogo, tempi, organismo) secondo quanto scelto dalle parti stesse; udienza interlocutoria, peraltro, che risponde ai desiderata dei difensori. In quella sede, peraltro, questo Tribunale stima opportuno anche eventualmente formulare una proposta conciliativa ex art. 185-bis c.p.c., al fine di offrire spunti ai mediatori e alle parti per le trattative: proposta che, inevitabilmente, potrà essere anche di tipo predittivo, mediante una prognosi in merito alla possibile/probabile fondatezza dell’azione, sulla scorta dell’attuale stato e condizione della piattaforma probatoria.

PQM

Riserva la decisione sulle questioni pendenti, dà atto che le parti hanno aderito all’invito  giudiziale di procedere alla mediazione. Fissa l’udienza in data omissis.


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

30 novembre 2015

53/15. Vantaggi della mediazione: conviene rivolgersi a organismi seri e mediatori onesti e competenti. Mediazione e procedimento di accertamento tecnico preventivo (Osservatorio Mediazione Civile n. 53/2015)

=> Tribunale di Roma, 16 luglio 2015

I grandi vantaggi della mediazione possono essere conseguiti dalle parti solo laddove venga consultato un organismo serio ed efficiente, dotato di mediatori onesti e competenti, con assoluta esclusione di quegli organismi e di quei mediatori che perseguano solo un interesse di lucro connesso all'offerta di una rapida rimozione – ancora da molti istanti ricercata (ed illusoriamente immaginata, vista la ormai diffusa giurisprudenza che richiede l'effettività del percorso di mediazione) – della condizione di procedibilità della causa in presenza di mediazione obbligatoria o demandata (I) (II).

Nell’ambito del procedimento di accertamento tecnico preventivo ai sensi dell'art. 696 bis c.p.c. il giudice ben può invitare le parti ad introdurre una procedura (volontaria) di mediazione (I) (II).


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 53/2015

Tribunale di Roma
16 luglio 2015
ordinanza

Omissis

è stato proposto da --- accertamento tecnico preventivo ai sensi dell'art. 696 bis in relazione ai danni alla persona subiti e lamentati a seguito di un incidente stradale occorsogli, mentre era alla guida di motociclo di sua proprietà, in data 31.3.2014.
Nella contumacia del conducente dell'autovettura antagonista, si costituiva la compagnia ---.
Sentiti i difensori delle parti presenti (ricorrente ed assicurazione), emergeva che non vi era contestazione fra le parti circa l'esistenza e le modalità del sinistro, ma solo sulle conseguenze derivatene, relativamente ai danni alla persona del ricorrente.
Il giudice prospettava alle parti un'alternativa a quella, usuale, della nomina, sicuramente possibile e pertinente alla fattispecie concreta, di un consulente tecnico di ufficio e precisamente l'introduzione di una procedura di mediazione, nell'ambito della quale le parti avrebbero potuto invitare e sollecitare il mediatore alla nomina di un consulente tecnico esperto in medicina legale. In particolare il giudice segnalava le seguenti circostanze: - la possibilità di nomina di un consulente nel procedimento di mediazione è espressamente prevista dalla legge; - anche nel caso di mancato accordo, la consulenza in mediazione ed in particolare la relazione dell'esperto elaborata e depositata in quel procedimento non è un atto privo di utilità successive, potendo essere prodotto ed utilizzato nella causa che segue alle condizioni, nei limiti e per gli effetti che la giurisprudenza ha motivatamente elaborato; - le parti potranno sottoporre al consulente, di comune accordo, mediante la fattiva presenza e collaborazione del mediatore, i quesiti che meglio rispondano agli interessi coinvolti nella lite; - i costi della consulenza in mediazione, che le parti sopporteranno in pari misura, anche tenuto conto delle modeste indennità di mediazione previste dalle norme, sono senz'altro più vantaggiosi (e prevedibili, attesa la possibilità di previa interlocuzione con l'organismo, di cui è impensabile una corrispondente in sede giudiziale) rispetto a quelli della causa; - i tempi di svolgimento e conclusione del percorso di mediazione (neppure soggetto alla sospensione feriale) sono più brevi, disponibili dalle parti e meno formali di quelli del procedimento giudiziale; - la possibilità, least but non last, che il consulente in mediazione, compensato in ogni caso a forfait per il suo lavoro, secondo le usuali convenzioni che i migliori organismi di mediazione intrattengono con i consulenti, possa operare realmente ai fini conciliativi, sviluppando un'utile sinergia con il mediatore.
A fronte di tali indubbi aspetti positivi del percorso mediatorio, il giudice avvertiva però che tali vantaggi potranno essere conseguiti: - solo laddove venga consultato un organismo, a scelta del ricorrente, o congiuntamente di entrambe le parti, serio ed efficiente, dotato di mediatori onesti e competenti; con assoluta esclusione di quegli organismi e di quei mediatori che perseguano solo un interesse di lucro connesso all'offerta di una rapida rimozione, ancora da molti istanti ricercata (ed illusoriamente immaginata, vista la ormai diffusa giurisprudenza che richiede l'effettività del percorso di mediazione), della condizione di procedibilità della causa in presenza di mediazione obbligatoria o demandata; -solo allorché il mediatore, capace e preparato, sappia orientare la (sua) scelta e propiziare l'attività del consulente nominato (fra i C.T.U. del tribunale) nell'alveo di un percorso rispettoso dei fondamentali principi che devono essere considerati dal consulente anche in ambito non giudiziario, qual è la mediazione, ed in particolare il rispetto del contraddittorio; - l'astensione dall'acquisizione in mancanza del consenso, delle dichiarazioni delle parti; - il contenimento dell'attività di consulenza nel perimetro dei quesiti che le parti di comune accordo abbiano inteso demandargli (cfr. l'ordinanza citata in nota per l'esposizione di un decalogo delle regole che devono essere rispettate dal consulente in mediazione).
I difensori delle parti concordavano con il giudice sulla utilità e convenienza di tale percorso mediatorio, sicché occorre provvedere di conseguenza.
L'art. 5 del decreto legislativo 28/2010 prevede al quarto comma lettera c) che nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all'articolo 696 - bis del codice di procedura civile non si applichino i commi 1 - bis e 2.
Vale a dire che le prescrizioni relative alla mediazione obbligatoria ed a quella demandata non si applicano al presente procedimento.
Ne consegue che l'invito di questo giudice, nel caso in esame, non va iscritto in tali moduli procedimentali, per gli effetti che ne possono scaturire, ma piuttosto quale percorso volontario concordato dalle parti all'esito della prospettazione da parte del giudice delle evidenti maggiori utilità di una buona mediazione.

PQM

A scioglimento della riserva, fissa termine fino al quindicesimo giorno dalla comunicazione del provvedimento per depositare presso un organismo di mediazione, a scelta delle parti congiuntamente o di quella che per prima vi proceda, la domanda di mediazione; rinvia all'udienza del ---.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

21 maggio 2013

41/13. La mediazione delle controversie ambientali (Osservatorio Mediazione Civile n. 41/2013)


La mediazione delle controversie ambientali
Giulio Spina
Estratto da Ambiente & Sviluppo n. 5/2013

[…]
L’opportunità di intraprendere un siffatto percorso appare notevolmente evidente proprio con riferimento alle controversie in materia ambientale, specie in quelle relative al danno ambientale ove, come noto, anche in linea con i principi informanti la materia del risarcimento del diritto ambientale di matrice europea[1], la priorità è quella del ripristino dello stato dei luoghi piuttosto che il mero risarcimento per equivalente monetario[2] (forma risarcitoria ripristinatoria che anche la più recente giurisprudenza di legittimità descrive come “ontologicamente più idonea di quella per equivalente a garantire l’effettività dei risultati della reazione del soggetto leso dal lamentato danno ambientale e della risposta giudiziaria che ne riconosca il fondamento”[3]).
Proprio in questa peculiare caratteristica della disciplina del risarcimento del danno ambientale emerge come anche il legislatore si sia preoccupato di dare priorità all’interesse reale sotteso alla lite piuttosto che alla posizione di diritto da tutelare (ovvero alla tutela del bene ambiente, nella concretezza della fattispecie di volta in volta in analisi)[4]; ciò posto, si consideri come il ripristino dello stato dei luoghi possa in realità avvenire con innumerevoli modalità con riferimento alle quali un consapevole dialogo tra le parti potrebbe portare alla definizione di modalità pratiche ripristinatorie non solo che soddisfino le stesse maggiormente, ma che ne garantisca poi anche una più agevole realizzazione concreta[5]; vi sono inoltre minori probabilità che nascano specifici contenzioni tra le parti in merito all’esecuzione di un accordo volontariamente raggiunto tra le stesse, piuttosto che con riferimento all’adempimento di un obbligo imposto da altri[6].
L’ampiezza degli aspetti che possono entrare in una mediazione, che dunque non riguarda solo la definizione del singolo elemento in controversia, ma che può ampliarsi sino a comprendere in senso più ampio l’interezza dei rapporti tra le parti in lite, anche (e soprattutto) in una prospettiva futura, risulta al riguardo elemento peculiare di tale procedimento, che ne suggerisce una potenziale ed ampia applicazione proprio con riferimento a numerose tipologie di controversie ambientali[7].
In questi termini appare evidente come la mediazione […].

Estratto da

Ambiente & Sviluppo

Consulenza epratica per l'impresa e gli enti locali

Ipsoa

n. 5 del 2013



[1] Al riguardo basta rimare ai principi espressi dalla nota Direttiva n. 2004/35/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, nonché alla connessa procedura di infrazione n. 2007/4679 attivata proprio nei confronti dell’Italia in tema di risarcimento del danno ambientale in forma pecuniaria.
[2] Tale forma risarcitoria (tutela reale) è considerata quale disciplina speciale rispetto alle norme generali dettate dal codice civile in materia di risarcimento del danno. Come noto, infatti, il c.d. Codice dell’ambiente (D.lgs. n. 152 del 2006, nel testo oggi vigente) stabilisce: all’art. 311, comma 1 che il Ministero dell’ambiente agisce per il risarcimento del danno in forma specifica e, se è necessario, per equivalente patrimoniale; all’art. 311, comma 2 che chiunque, realizzando un fatto illecito, o omettendo attività o comportamenti doverosi, con violazione di legge, di regolamento, o di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza o in spregio a norme tecniche, arrechi danno all’ambiente è obbligato al ripristino della precedente situazione e, in mancanza, al risarcimento per equivalente patrimoniale nei confronti dello Stato; all’art. 303, comma 1, lett. f), che i richiamati criteri di determinazione dell’obbligazione risarcitoria in tema di danno ambientale si applicano anche alle domande di risarcimento proposte o da proporre ai sensi della legge 18 luglio 1986, n. 349, art. 18, in luogo, in particolare, delle previsioni di cui al Titolo 9 del Libro 4 del codice civile.
[3] Si veda al riguardo Cass. civ. n. 22382 del 2012, la quale – in applicazione di tali principi – ha affermato la tesi della potenziale officiosità dell’ordine di ripristino (e cioè del risarcimento in forma specifica anche laddove l’attore abbia richiesto esclusivamente una tutela per equivalente, essendo ammissibile il passaggio dalla richiesta di tutela per equivalente a quella reale, in chiave sollecitativa di una facoltà riconosciuta al giudice).
[4] In questo senso, in dottrina, evidenziando come la mediazione ambientale rivesta occupi in Italia ancora uno spazio di nicchia, è stata sottolineata le potenzialità della valenza applicativa della mediazione proprio con riferimento alla materia del risarcimento del danno ambientale (da intendersi, richiamando il dettato normativo di cui all’art. 300 D.lgs. n. 300 del 2006, quale “deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima”) nonché delle connesse questioni relative alla risarcibilità del danno non patrimoniale, magari di modesta entità, che derivi da menomazione del rilievo istituzionale dell’ente costituitosi parte civile. M. G. Imbesi, Il valore sociale della mediazione ambientale, in Giureta - Rivista di Diritto dell’Economia, dei Trasporti e dell’Ambiente, n. X del 2012, p. 517.
[5] In questo senso è stato infatti osservato come “nell’eventualità di un’effettiva compromissione delle matrici ambientali potrebbe, talvolta, risultare fruttuoso lo svolgimento di un procedimento di mediazione – ad istanza di parte o su sollecitazione del Giudice – in cui negoziare (meramente) le modalità del ripristino dello stato dei luoghi, il risarcimento per le c.d. perdite provvisorie (e, eventualmente, il danno non patrimoniale da menomazione del rilievo istituzionale dell’ente). L. Giampietro, I procedimenti di mediazione in materia ambientale: spunti di riflessione, Ambiente & Sviluppo, Ipsoa, n. 3 del 2011, p. 251.
[6] Proprio con riferimento al ripristino è stato infatti osservato che “scegliere la procedura conciliativa potrebbe, in linea teorica, rivelarsi utile per limitare le contestazioni (e conseguenti contenziosi), incentrati sulla reale efficacia degli interventi messi in atto”. L. Giampietro, I procedimenti di mediazione in materia ambientale: spunti di riflessione, in Ambiente & Sviluppo, Ipsoa, n. 3 del 2011, p. 251.
Si ritiene tuttavia che l’utilizzo della mediazione non possa essere circoscritto ai soli “casi di modesta compromissione ambientale” (come quelli nei quali il ripristino comporti la semplice rimozione di materiali non pericolosi), potendo l’istituto in esame – sempre sulla base delle premesse sopra ricordate con riferimento all’ambito applicativo del D.lgs. n. 28 del 2010 – trovare fruttuose applicazione anche (o forse soprattutto) in situazioni più complesse.
Quanto agli accordi conciliativi in materia raggiungibili in sede di mediazione va inoltre ricordata l’importanza di definire, con sufficiente specificità, le modalità dell’eventuale monitoraggio.
[7] Si veda al riguardo la formulazione dell’art. 4, comma 2, D.lgs. n. 28 del 2010 in ordine agli elementi dell’istanza di mediazione, con riferimento alla quale lo stesso legislatore delegato precisa che essa è volta a delineare “una cornice più snella rispetto a quella della domanda giudiziale, in quanto riferibile a una contesa che investa un rapporto fonte di possibili plurime cause”. Relazione illustrativa al decreto 4 marzo 2010, n. 28, in riferimento all’art. 4, comma 2.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 41/2013 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

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