DIRITTO D'AUTORE


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9 gennaio 2024

1/24. Mediazione delegata in appello, mancato esperimento, conseguenze; decesso di una parte, partecipazione alla mediazione degli eredi (Osservatorio Mediazione Civile n. 1/2024)


=> Corte di appello di Napoli, 19 luglio 2023

 

Nel giudizio di appello, il mancato esperimento mediazione in seguito all'ordine del giudice integra una forma di inattività, sanzionata con la improcedibilità, alla stessa stregua di quanto avviene nell'ipotesi di cui all'art. 348 c.p.c. In sostanza, l'esperimento della mediazione in appello ha natura di atto di impulso processuale a carico dell'appellante, il quale ne è onerato a pena di improcedibilità. Improcedibilità alla quale consegue in tale prospettiva la stabilizzazione  della sentenza di primo grado (sia pur in via indiretta ex art. 338 c.p.c.).

 

Il decesso di una parte non impedisce la partecipazione personale all'incontro di mediazione, al quale sono legittimati a partecipare gli eredi, divenuti (con la riassunzione del giudizio) parti del processo.  Ai fini della verifica della condizione di procedibilità ciò che rileva è l’identità dei soggetti che sono parte del processo con quelli che partecipano all'incontro di mediazione.

 

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 1/2024

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

 

Corte di appello di Napoli

Sentenza

19 luglio 2023

 

Omissis

 

3.4. Prima di procedere nella verifica del corretto esperimento della mediazione, occorre rilevare che non ha alcun pregio la difesa della parte appellante in ordine al fatto che --- è deceduto il 18 luglio 2022 e ciò avrebbe sostanzialmente impedito la partecipazione personale all'incontro di mediazione.

Invero, come emerge dagli atti, l'incontro di mediazione si è svolto il 18 ottobre 2022 e viene dichiarato il decesso di ---, ma non risultano presenti gli eredi e tantomeno --- (parte appellante e anche coerede di ---). Invero la riassunzione è stata effettuata il 31 agosto 2022 e, quindi, non si pone nemmeno il dubbio di valutare se gli eredi avrebbero potuto o meno partecipare in tale qualità prima della riassunzione. Possibilità che non può invero escludersi e che avrebbe potuto condurre alla soluzione conciliativa della lite anche a prescindere dalla preventiva riassunzione. Ciò posto ai fini della verifica della condizione di procedibilità ciò che rileva è la identità dei soggetti che sono parte del processo con quelli che partecipano all'incontro di mediazione.

D'altronde, anche solo a tali fini, sarebbe risultata sufficiente la partecipazione di --- (anche per procura) trattandosi di litisconsorzio unitario ex art. 110 c.p.c. (per cui è sufficiente che uno dei litisconsorti compia l'atto).

Quindi nel caso di specie, il decesso di uno degli appellanti principali --- non ha ostacolato l'iter per lo svolgimento della mediazione e tantomeno risulta dal verbale una richiesta di rinvio dell'incontro al fine di consentire la partecipazione personale degli appellanti (in esito alla riassunzione).

Si legge nel verbale di mediazione, infatti, che "il mediatore rileva, l'assenza della parte istante --- e degli eredi del ---, la presenza per parte intimante dell'Avv. --- munito di delega dell'Avv. ---, indi non è possibile proseguire oltre il primo incontro programmatico. Parte invitata dichiara: pur sussistendo la volontà di verificare la possibilità di entrare in mediazione tale attività risulta essere vana stante l'assenza degli istanti".

4. Ciò posto occorre verificare il corretto esperimento della mediazione ed in particolare la partecipazione (personale o per procura) in mediazione di --- e delle altre eredi --- e ---.

4.1. Dall'esame della documentazione prodotta dalle parti, oltre a quanto già sopra indicato, si rileva quanto segue:

la parte appellante principale (istante in mediazione), era assente e nessuna motivazione è stata addotta e tantomeno comprovata in quanto -come si è detto - tale non può ritenersi il decesso di ---;

l'avv. ---, procuratore costituito della parte appellante principale, era assente ma aveva delegato l'avv. ---, presente, ma senza che fosse nemmeno indicata l'esistenza di una procura sostanziale ad hoc per la mediazione, ma evidentemente sulla base della semplice procura alle liti conferita per il processo; quindi, si rileva l'assenza di una procura sostanziale ad hoc rilasciata da ---, --- e --- all'avv. --- (presente all'incontro di mediazione) e tantomeno all'avv. ---;

la parte appellata --- (invitata in mediazione) ha partecipato personalmente all'incontro di mediazione legalmente assistita.

4.2. Al riguardo, la Suprema Corte - in tema di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda - ha avuto modo di indicare alcune soluzioni interpretative con riguardo al regime vigente ratione temporis (e, dunque, prima della riforma ex D.Lgs. 149/2022) alle quali il Collegio intende aderire.

4.3. In primo luogo, la Cassazione ha ben evidenziato come dalla lettura sistematica della disciplina della mediazione emerge che "il successo dell'attività di mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale il quale può, grazie alla interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l'acuirsi della conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali" (Cass. civ. Sez. III, Sent., 27/03/2019, n. 8473; in termini, Cass. civ. Sez. III, Sent., 05/07/2019, n. 18068).

In questa prospettiva, "il legislatore ha previsto e voluto la comparizione personale delle parti dinanzi al mediatore, perché solo nel dialogo informale e diretto tra parti e mediatore, conta che si possa trovare quella composizione degli opposti interessi satisfattiva al punto da evitare la controversia ed essere più vantaggiosa per entrambe le parti"; in particolare, all'art. 8 D.Lgs. 28/2010 è stato previsto espressamente che "al primo incontro davanti al mediatore debbano essere presenti sia le parti che i loro avvocati". E "la previsione della presenza sia delle parti sia degli avvocati comporta che, ai fini della realizzazione delle condizione di procedibilità, la parte non possa evitare di presentarsi davanti al mediatore, inviando soltanto il proprio avvocato" (Cass. 8473/2019, cit.).

4.3.1. Tuttavia, secondo la S.C., "la necessità della comparizione personale non comporta che si tratti di attività non delegabile. In mancanza di una previsione espressa in tal senso, e non avendo natura di atto strettamente personale, deve ritenersi che si tratti di attività delegabile ad altri" e "non è previsto, né escluso che la delega possa essere conferita al proprio difensore" (Cass. 8473/2019, cit.).

4.3.2. Sul punto la Cassazione chiarisce poi che "allo scopo di validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte deve conferirgli tale potere mediante una procura avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto (ovvero, deve essere presente un rappresentante a conoscenza dei fatti e fornito dei poteri per la soluzione della controversia, ...). Quindi il potere di sostituire a sé stesso qualcun altro per la partecipazione alla mediazione può essere conferito con una procura speciale sostanziale" (Cass. 8473/2019, cit.).

4.3.3. A ciò consegue che, "sebbene la parte possa farsi sostituire dal difensore nel partecipare al procedimento di mediazione, in quanto ciò non è auspicato, ma non è neppure escluso dalla legge, non può conferire tale potere con la procura conferita al difensore e da questi autenticata, benché possa conferirgli con essa ogni più ampio potere processuale.

Per questo motivo, se sceglie di farsi sostituire dal difensore, la procura speciale rilasciata allo scopo non può essere autenticata dal difensore, perché il conferimento del potere di partecipare in sua sostituzione alla mediazione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti autenticabili

direttamente dal difensore" (Cass. 8473/2019, cit.).

4.3.4. In conclusione, "la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi liberamente sostituire, da chiunque e quindi anche dal proprio difensore, ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell'avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista" (Cass. 8473/2019, cit.).

4.3.5. Si deve poi rilevare che nello stesso senso si è già espressa questa Corte, che con riferimento alla procura sostanziale ha ribadito che "la ratio è da rinvenirsi nel fatto che l'attività di

mediazione è finalizzata a verificare se sia possibile instaurare tra le parti - innanzi al mediatore - un dialogo tale da consentire in quella sede la risoluzione alternativa della controversia. Ebbene tale condizione non può ritenersi soddisfatta dal conferimento della procura processuale conferita al difensore e da questi autenticata (neppure se ivi vi sia il riferimento dell'informazione alla parte dello svolgimento del procedimento di mediazione), posto che la procura processuale conferisce al difensore il potere di rappresentanza in giudizio della parte ma non gli conferisce la facoltà di sostituirsi ad esso in una attività esterna al processo - quale è appunto il procedimento di mediazione" (in una causa in materia di locazione in cui la Corte ha ritenuto inidonea una procura generale - di alcuni anni antecedenti l'insorgenza della lite - che consentiva la gestione ed anche la vendita di un immobile; App. Napoli, Sez. civ. II, sent. 29 settembre 2020, n. 3227; e più recentemente, App. Napoli, Sez. civ. VII, sent. 2 febbraio 2022, n. 421).

Appare chiaro dunque che non può mai ritenersi "la sufficienza della comune procura alle liti, ancorché accordata con facoltà di compiere ogni più ampio potere processuale" (App. Napoli, sent. 3227/2020, cit.), considerato che "l'attivazione della mediazione delegata non costituisce peraltro attività giurisdizionale", trattandosi di una "parentesi non giurisdizionale all'interno del processo" (Cass. civ. Sez. II, Sent., 14/12/2021, n. 40035).

4.3.6. Nella medesima direzione, con indicazioni ulteriormente restrittive, si muove la recente riforma della mediazione in quanto il legislatore delegante ha indicato tra i princìpi e criteri direttivi per il Governo delegato quello di "prevedere la possibilità per le parti del procedimento di mediazione di delegare, in presenza di giustificati motivi, un proprio rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la soluzione della controversia e prevedere che le persone giuridiche e gli enti partecipano al procedimento di mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per la soluzione della controversia" (art. 1, comma 4, lett. f, L. 26 novembre 2021, n. 206). In tal senso, il legislatore delegato ha profondamente riformato il D.Lgs. 28/2010 (si veda in particolare la nuova formulazione dell'art. 8).

4.4. Passando ad esaminare la norma che disciplina la mediazione demandata dal giudice, secondo quanto disposto dall'art. 5, comma 2, D.Lgs. 28/2010, "l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello" e, ad avviso del Collegio, in tale sede la domanda proposta è quella di impugnazione della sentenza di prime cure per cui l'onere che condiziona la medesima domanda non può non gravare sulla parte che agisce e, quindi, sulla parte appellante.

Invero, il mancato esperimento mediazione in seguito all'ordine del giudice integra, comunque, una forma di inattività, sanzionata con la improcedibilità, alla stessa stregua di quanto avviene nell'ipotesi di cui all'art. 348 c.p.c. In sostanza, l'esperimento della mediazione in appello ha natura di atto di impulso processuale a carico dell'appellante, il quale ne è onerato a pena di improcedibilità. Improcedibilità alla quale consegue in tale prospettiva la stabilizzazione (sia pur in via indiretta ex art. 338 c.p.c.) della sentenza di primo grado.

4.4.1. Tale prospettiva è coerente con il profilo dell'appello delineato dalle Sezioni Unite della Cassazione secondo cui nel vigente ordinamento processuale, il giudizio d'appello non può più dirsi, come un tempo, un riesame pieno nel merito della decisione impugnata (novum iudicium), ma ha assunto le caratteristiche di una impugnazione a critica vincolata (revisio prioris instantiae). Ne consegue che l'appellante assume sempre la veste di attore rispetto al giudizio d'appello e su di lui ricade l'onere di dimostrare la fondatezza dei propri motivi di gravame, quale che sia stata la posizione processuale di attore o convenuto assunta nel giudizio di primo grado (Cass. civ. Sez. Unite Sent., 08/02/2013, n. 3033; Cass. civ. Sez. III Sent., 09/06/2016, n. 11797; Cass. civ. Sez. II Ord., 03/09/2018, n. 21557).

4.4.2. Sulla base dei citati princìpi, è stato precisato da questa Corte in una precedente occasione come debba gravare sullo stesso soggetto l'ulteriore (e in un certo senso implicito) onere di porre in essere tutte le attività finalizzate a rendere esigibile dal giudice dell'impugnazione quella valutazione di merito delle critiche mosse alla sentenza di primo grado (App. Napoli, Sez. civ. VII, sent. 28 febbraio 2019, n. 1189), sebbene la procedura di mediazione in appello non integri "una automatica condizione di procedibilità", ma una "facoltà del giudice di creare tale condizione" (Cass. civ. Sez. III, 30/10/2018, n. 27433; Cass. civ. Sez. III, 13/12/2019, n. 32797).

4.4.3. Per cui deve giungersi alla conclusione secondo cui con riguardo al giudizio di appello la sanzione dell'improcedibilità attiene all'impugnazione e che ogni mediazione disposta ai sensi dell'art. 5, comma 2, D.Lgs. 28/2010 non consente alcun meccanismo di sanatoria una volta verificatasi la decadenza dalla proponibilità della mediazione e ciò a prescindere dalla eccezione di parte o della sua rilevazione entro la prima udienza di trattazione (App. Napoli, sent. n. 1152/2019 cit.).

4.5. Tuttavia, nel caso in esame, pur ritenendo che la mediazione sia stata avviata e svolta tempestivamente, l'esame del verbale relativo al primo incontro svoltosi 18 ottobre 2022 non consente di ritenere ritualmente esperita la condizione di procedibilità.

4.5.1. Come si è già precisato, al primo incontro di mediazione - lo si evince dal verbale che ha concluso la procedura con esito negativo - per l'istante (gravato dell'onere di esperire la mediazione) risulta presente (soltanto) l'avv. --- (che peraltro non ha nemmeno sottoscritto il verbale) privo di (una idonea) procura che gli potesse consentire di rappresentare la parte personalmente sostituendosi alla stessa.

4.5.2. Nella prospettiva indicata dalla S.C. (Cass. 8473/2019, cit.) infatti emerge nella fattispecie la mancata partecipazione al primo incontro di mediazione di ---, --- e --- o di altro soggetto delegato mediante il rilascio di una idonea procura ad negotia che abbia autorizzato il rappresentante ad agire e partecipare in nome e per conto delle rappresentate all'incontro di mediazione, con la chiara specificazione dei poteri e dei limiti, il cui documento risulti essere stato depositato agli atti dell'organismo entro la data indicata (18 ottobre 2022); per cui non può ritenersi ritualmente, validamente e legittimamente esperito il procedimento di mediazione, con il conseguente omesso avveramento della condizione di procedibilità.

4.5.3. Inoltre, in ogni caso, non è possibile disporre alcuna sanatoria proprio alla luce di quanto statuito dal comma 2 dell'art. 5 D.Lgs. 28/2010 (diversamente da quanto previsto dal comma 1-bis) una volta verificatasi la decadenza dalla proponibilità della mediazione e ciò a prescindere dalla eccezione di parte o della sua rilevazione entro la prima udienza di trattazione (App. Napoli, sent. n. 1152/2019 cit.).

Per cui la improcedibilità maturata non può essere in alcun modo superata disponendo nuovamente la mediazione.

5. Alla luce di quanto sopra esposto, l'appello proposto da --- e da --- deve essere dichiarato improcedibile.

6 - Con la riforma (anche eventualmente solo parziale) della sentenza impugnata la Corte è tenuta a procedere (d'ufficio), quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l'esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, sicché violerebbe il principio di cui all'art. 91 c.p.c., il giudice di merito che ritenesse la parte soccombente in un grado di giudizio e, invece, vincitrice in un altro grado (Cass. 28 settembre 2015, n. 19122; Cass. n. 6259/2014; in senso conforme: Cass. n. 23226/2013, Cass. n. 18837/2010, Cass. n. 15483/2008).

Pertanto, considerato l'esito complessivo del giudizio e, quindi, tenuto conto di quanto deciso con la sentenza parziale e con la presente sentenza definitiva, sussistono le ragioni per compensare integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi del processo.

7. Rilevato che l'atto di appello è stato notificato dopo il 31 gennaio 2013, la parte appellante principale (per la declaratoria di improcedibilità del gravame principale) e la parte appellante incidentale (per il rigetto dell'impugnazione incidentale disposta con la sentenza parziale) sono tenute al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto

per la proposizione dell'appello: v. art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, inserito dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012 n. 228, applicabile (art. 1, comma 18, ai procedimenti iniziati trenta giorni dopo l'entrata in vigore della legge 228 (quindi a partire dal 31 gennaio 2013), vale a dire alle impugnazioni proposte dopo tale data (secondo la pacifica interpretazione della norma da parte della Corte di Cassazione: cfr. Cass. 14515/2015, Cass. 13636/2015, Cass. 6280/2015).

 

PQM

 

La Corte di Appello di Napoli omissis dichiara l'improcedibilità dell'appello proposto da --- e da ---, riassunto da ---, --- e ---; compensa integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi del processo; dà atto che per effetto della decisione assunta sussistono i presupposti, a carico delle appellanti principali ---, --- e ---, e dell'appellante incidentale ---, di cui all'art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

12 giugno 2023

25/23. Mancata partecipazione alla mediazione, argomenti di prova ex art. 116 c.p.c., rifiuto giustificato da discrepanza tra pretese e CTU: non provato danno morale e nesso eziologico tra sinistro e patologia (Osservatorio Mediazione Civile n. 25/2023)

=> Corte appello di Roma, 20 aprile 2023 

La previsione dell'art. 8, co. 4, d.lgs. 28/2010 ha certamente una portata punitiva, volta per lo più a dissuadere le parti dal non partecipare al tentativo di mediazione; di fatto, permette al giudice di desumere prove ex 116 c.p.c. in virtù del solo comportamento omissivo della parte che illegittimamente si sottrae alla mediazione. Tale comportamento della parte è associato dall'ordinamento ad intenti dilatori, volti ad ostacolare la giustizia e porre gli interessi in gioco sul più scivoloso piano della disputa davanti ad un organo giudicante, in cui gli oneri probatori possono essere utilizzati come strumento per disinnescare le pretese avversarie, anche quando astrattamente fondate. Tuttavia gli elementi di prova desumibili dalla mancata ingiustificata partecipazione alla mediazione obbligatoria non possono prescindere dalla circostanza che la parte abbia comunque fornito una semiplena probatio sui fatti di causa (così, la parte ha giustificato il rifiuto in ragione della discrepanza tra le pretese risarcitorie attoree e gli esiti delle risultanze peritali, rendendosi al contempo disponibile a concludere un accordo che ricalcasse le risultanze della CTU in punto di quantum debeatur, riproponendo inoltre al Giudice di formulare una proposta ex art. 185 bis c.p.c. basata sulle risultanze del CTU, vedendosi rigettare l'istanza; il Giudice non poteva quindi: i) ricollegare alla detta condotta la presenza del danno morale; ii) ritenere - sol per tali ragioni - provato un nesso eziologico tra il sinistro stradale e patologia oculistica lamentata; iii) ritenere provato il nesso causale tra il sinistro e la detta patologia in via sanzionatoria applicando la disposizione di cui all'art. 8 co. 4, d.lgs. 28/2010, in quanto il riconoscimento del nesso eziologico non può essere considerato una conseguenza logico-giuridica della mancata partecipazione alla mediazione; iv) riconoscere l'aumento da danno morale – tenuto conto della assoluta genericità delle allegazioni e della modestia dei postumi riconosciuti dal ctu – che non può scaturire come esito sanzionatorio dell'applicazione dell'art. 8 co. 4 d.lgs. 28/2010 cit.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 25/2023

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Corte di appello di Roma

Sentenza

20 aprile 2023 

Omissis 

A seguito della discussione orale il Giudice Monocratico ha dato lettura della sentenza a fine udienza, riconoscendo a parte attrice il diritto al risarcimento del danno quantificato come segue:

- a omissis ha riconosciuto l'invalidità permanente nella misura del 4% (ricalcando quanto valutato dal CTU), una invalidità temporanea 100% di giorni 30, una invalidità temporanea 50% di giorni 20 e spese medico sanitarie di 3.000,00 euro; per un totale di complessivi 5.000,00 euro di risarcimento danni alla persona;

- a omissis ha riconosciuto invalidità permanente del 12% (così ritenuto dal giudice in veste di peritus peritorum), invalidità temporanea 100% di 20 giorni e invalidità temporanea 50% di 20 giorni; per un totale di 31.000,00 euro;

- a omissis ha invece confermato l'invalidità permanente nella misura dell'1% come valutato dal CTU, inoltre riconoscendo invalidità temporanea 100% di giorni 20, invalidità temporanea 50% di giorni 20; per un totale di 800,00 euro a titolo di risarcimento danni alla persona.

Queste somme sono state calcolate tenendo conto degli importi tabellari, delle spese affrontate da omissis per le cure mediche, di quanto già versato dall'assicurazione e soprattutto dell'incremento per danno morale e del riconoscimento del nesso eziologico tra il sinistro e la patologia oculare che ha interessato omissis.

Si legge in motivazione che il Tribunale di Roma è pervenuto a tali conclusioni facendo applicazione dell'art. 8 co. 4 del d.lgs. 28/2010 relativo alla “mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione” in base al quale il Giudice può desumere argomenti di prova ex art. 116 c.p.c., a fronte dell'ingiustificata mancata partecipazione alla mediazione obbligatoria di una parte (ritenendo così provato il danno morale , il nesso eziologico tra la patologia oftalmica e il sinistro e le spese affrontate dalla omissis ancorché non riconducibili al sinistro in base alla ctu).

Ancora, il Tribunale di Roma ha condannato X ad una sanzione pecuniaria di 9.000,00 euro, in applicazione dell'art. 96 co. 3 c.p.c., avendo dunque considerato che i convenuti abbiano “agito o resistito in giudizio in mala fede o colpa grave” (e nel caso specifico con dolo, secondo il Giudice Monocratico) e condannato altresì la x al pagamento di una somma pari al contributo unificato in favore dell' erario ex art. 8, comma 4 bis, d.lvo n. 28/2010.

Con atto di citazione in appello X e omissis hanno convenuto presso questa Corte di Appello le danneggiate - risultate pienamente vittoriose di fronte al Tribunale - formulando a tal fine motivi di gravame riferiti essenzialmente alla asserita illogicità della sentenza di primo grado.

Gli appellanti si lamentano di come nella pronuncia del Tribunale sia stato applicato l'art. 8 co. 4 del d.lgs. 28/2010 travisando la ratio dell'istituto e dunque travalicando il perimetro di legittima applicazione della norma.

Il Collegio ritiene che i motivi di appello siano fondati.

Deve infatti sottolinearsi come il Giudice di primo grado abbia frainteso le ragioni per cui l'ordinamento gli riconosce la possibilità di desumere argomenti di prova ex 116 c.p.c. in caso di mancata partecipazione alla procedura di mediazione.

La previsione dell'art. 8 co. 4 del d.lgs. 28/2010 ha certamente una portata punitiva, volta per lo più a dissuadere le parti dal non partecipare al tentativo di mediazione; di fatto, permette al giudice di desumere prove ex 116 c.p.c. in virtù del solo comportamento omissivo della parte che illegittimamente si sottrae alla mediazione chiudendo qualsiasi finestra di dialogo volta al raggiungimento di un accordo bonario.

Tale comportamento della parte che si sottrae alla mediazione, come sottolinea ampiamente anche il Giudice di prime cure in sentenza, è associato dall'ordinamento ad intenti dilatori, volti ad ostacolare la giustizia e porre gli interessi in gioco sul più scivoloso piano della disputa davanti ad un organo giudicante, in cui gli oneri probatori possono essere utilizzati come strumento per disinnescare le pretese avversarie, anche quando astrattamente fondate.

Tuttavia gli elementi di prova desumibili dalla mancata ingiustificata partecipazione alla mediazione obbligatoria non possono prescindere dalla circostanza che la parte abbia comunque fornito una semiplena probatio sui fatti di causa.

Nel caso di specie, X ha giustificato il rifiuto a partecipare ad un tentativo di composizione bonaria della lite in ragione della discrepanza tra le pretese risarcitorie attoree e gli esiti delle risultanze peritali , rendendosi al contempo disponibile a concludere un accordo che ricalcasse le risultanze della CTU in punto di quantum debeatur. La compagnia di assicurazioni ha inoltre riproposto al Giudice di formulare una proposta ex art. 185 bis cpc basata sulle risultanze del CTU, vedendosi rigettare l'istanza da parte del omissis. Alla luce di tali comportamenti il Giudice non poteva ricollegare alla condotta tenuta dalla Sa. la presenza del danno morale o ritenere - sol per tali ragioni - provato un nesso eziologico tra sinistro stradale e patologia oculistica del tutto non prova altrimenti avuto riguardo agli esiti dell' istruttoria che deponevano inequivocabilmente per la mancanza del nesso causale tra il sinistro stradale e la patologia oculistica da cui è risultata affetta omissis e del rilevante lasso di tempo trascorso fra l'insorgenza della malattia e il sinistro.

Tantomeno si può pensare di provare tale nesso in via sanzionatoria applicando la disposizione di cui all' dell'art. 8 co. 4 del d.lgs. 28/2010, in quanto il riconoscimento del nesso eziologico non può essere considerato una conseguenza logico-giuridica della mancata partecipazione alla mediazione.

Un discorso non dissimile deve essere esteso alla circostanza del riconoscimento a favore dei danneggiati dell'aumento da danno morale che tenuto conto della assoluta genericità delle allegazioni e della modestia dei postumi riconosciuti dal ctu non può trovare riconoscimento come esito sanzionatorio all'applicazione dell'art. 8 co. 4 del d.lgs. 28/2010.

Né- si osserva- possono ritenersi provate le spese mediche affrontate da omissis e riconosciute dal primo Giudice sulla base di una censurabile deduzione di elementi di prova.

Quindi ad omissis spetterà un risarcimento danni così ridimensionato e riadattato alle valutazioni del CTU: - 5.765,00 euro per I.P. al 4%, I.T. di 50 giorni e spese mediche; a omissis spetterà un risarcimento danni così ridimensionato e riadattato alle valutazioni del CTU: 1.468,00 euro per l'invalidità di un punto percentuale; a omissis spetterà un risarcimento danni così ridimensionato e riadattato alle valutazioni del CTU: 1.483,00 euro per l'invalidità di un punto percentuale; per quanto concerne la doglianza che verte sulla inflizione della sanzione ex art. 96 di 9000 euro, anche riguardo tale circostanza il Collegio ritiene di dover riformare il provvedimento impugnato in quanto il comportamento della compagnia assicurativa è giustificato dal fatto che controparte insisteva nel richiedere somme sulla base della valutazione del proprio CTP, il quale ha basato la propria consulenza su affermazioni e circostanze sprovviste della necessaria prova, così tentando di intavolare una trattativa partendo da presupposti che non avrebbero potuto realisticamente portare ad una composizione bonaria della lite.

In conclusione l' appello deve essere accolto mediante rideterminazione delle somme dovute e condanna dei responsabili civili alla restituzione delle somme corrisposte in eccesso nonché revoca della sanzione pecuniaria ex art. 96, comma 3, c.p.c. e della condanna della X, d'ufficio, al pagamento di una somma pari al contributo unificato ex art. 8 comma 4 bis D.Lvo 4 marzo 2010 n. 28 testo applicabile ratione temporis.

Tenuto conto dell' esito finale della lite che ha visto solo parzialmente vittoriosi gli attori, si compensano in ragione di un terzo le spese di lite del doppio grado di giudizio e si condannano i responsabili civili alla rifusione agli antistatari avv. omissis della residua parte liquidata nella misura indicata nella parte dispositiva. 

PQM 

La Corte  omissis riduce il risarcimento danni alla persona nel seguente modo: omissis ha diritto a 5.765,00 euro di risarcimento danni; omissis ha diritto a 1.468,00 euro di risarcimento danni; omissis ha diritto a 1.483,00 euro di risarcimento danni; compensa in ragione di un terzo le spese di lite del doppio grado nei rapporti appellanti omissis e condanna X Assicurazioni Spa e omissis in solido a rifondere agli antistatari avv. omissis la residua parte che liquida per la quota di spettanza in euro 2.000,00 per il primo grado e euro 2.644,00 per il secondo grado, il tutto oltre 15% rimborso spese generali, iva e cpa come per legge; condanna omissis a restituire alla X le somme ricevute in eccesso rispetto a quelle dovute in forza della presente sentenza; revoca il capo di condanna della X e omissis in solido al pagamento della sanzione pecuniaria ex art. 96 c.p.c..; revoca la condanna della X al pagamento di una somma pari al contributo unificato in favore dell' erario. 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

22 maggio 2022

19/22. La parte onerata, a prescindere dalla parte che abbia attivato la mediazione, non compare al primo incontro: improcedibilità (Osservatorio Mediazione Civile n. 19/2022)

=> Tribunale di Firenze, 10 gennaio 2022 

L'onere gravante sul soggetto tenuto ad attivare il tentativo di mediazione deve necessariamente sempre ricomprendere anche quello di partecipare al relativo procedimento. Ciò in quanto “esperire una procedura” non equivale ad avviarla, bensì a compiere tutto quanto necessario perché la stessa raggiunga il suo esito fisiologico, che nel caso della mediazione coincide, quantomeno, con il primo incontro avanti al mediatore e, se anche l'altra parte compare, con l'avvio dell'effettiva attività mediatoria, e tanto vale sia laddove la parte onerata abbia anche promosso il procedimento, sia laddove, nell'inerzia dell'onerata, la parte non onerata abbia provveduto all'attivazione sua sponte, essendo, in ogni caso, la procedibilità della causa condizionata ex lege non alla mera attivazione della procedura mediante il deposito della domanda presso l'organismo, ma al già citato esperimento del “primo incontro davanti al mediatore: donde, valorizzando il disposto di cui all'art. 5, d.lgs. 28/2010, dovrà essere sanzionato con l'improcedibilità il comportamento della parte onerata ex lege che, a prescindere dall'attivazione o meno del procedimento, non lo coltiva e non compare al primo incontro avanti al mediatore, dacché, diversamente opinando e ritenendo, invece, applicabili, in tal caso, le sole sanzioni di cui all'art. 8, d.lgs. 28/2010, si consentirebbe alla parte onerata di assolvere alla condizione, e di assicurare, dunque, la procedibilità della propria domanda, semplicemente mediante il compimento dell'incombente di natura meramente burocratica di attivazione del procedimento e non mediante “l'esperimento” del tentativo di mediazione richiesto dalla legge (I), (II).  

(I) Si vedano gli artt. 5 e 8, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

(II) La pronuncia in parola richiama, in senso conforme, Trib. Napoli Nord, 28/06/18 e Trib. Firenze, 21/04/15.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 19/2022
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Tribunale di Firenze
Sentenza, n. 30
10 gennaio 2022


Omissis

 

Sempre in punto di rito, premessa l'adesione al consolidato orientamento del S.C. per cui “In tema di contraddittorio, le questioni di esclusiva rilevanza processuale, siccome inidonee a modificare il quadro fattuale ed a determinare nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, non rientrano tra quelle che, ai sensi dell'art. 101, comma 2, c.p.c. (nel testo introdotto dall'art. 45, comma 13, della l. n. 69 del 2009), se rilevate d'ufficio, vanno sottoposte alle parti, le quali, per altro verso, devono avere autonoma consapevolezza degli incombenti cui la norma di rito subordina l'esercizio delle domande giudiziali” (Cass. ord. n. 6218/19), e preso atto della mancata partecipazione dell'attrice al primo incontro, così come a tutti i successivi incontri in cui si è svolto il procedimento di mediazione delegata ai sensi dell'art. 5, comma 2 D. Lgs. n. 28/10 e s.m.i., attivato da parte convenuta, rileva questo giudice l'improcedibilità dell'azione spiegata in giudizio dalla sig.ra --- per omessa assoluzione della condizione di procedibilità costituita dall'espletamento del tentativo di mediazione delegata.

Com'è noto, invero, ai sensi del comma 2 dell'art. 5 D. Lgs. n. 28/10, “il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione ed il comportamento delle parti, può disporre l'esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello”. La normativa de qua, del resto, deve ritenersi ratione temporis operante nel giudizio in questa sede pendente - da ritenersi instaurato in data 16/04/13, con il decorso del ventesimo giorno dall'espletamento degli incombenti di cui all'art. 143 c.p.c., avvenuto in data 27/03/13, come evincibile dal verbale di avvenuto deposito presso la Casa comunale redatto dall'UG nella relata in calce alla citazione. Se è da un lato vero, infatti, che la pronuncia della Corte Cost. 06/12/12 n. 272 ha comportato l'inapplicabilità in via retroattiva della normativa sulla mediazione vigente al momento dell'instaurazione del giudizio, è d'altro canto da osservarsi come l'art. 84 del DL. n. 69/13, conv. in L. n. 98/13, introduttivo dell'attuale disposto dell'art. 5, comma 2 D. Lgs. n. 28/10, debba ritenersi applicabile, ratione temporis, ai procedimenti già pendenti alla data della sua entrata in vigore (21/09/13), in ossequio al principio tempus regit actum, in forza del quale lo ius superveniens in materia processuale è immediatamente applicabile ai processi in corso: ciò in quanto detto principio generale deve ritenersi applicabile, in assenza di diversa espressa regolamentazione normativa del regime intertemporale, al cospetto di norme di natura processuale, quale la disposizione di specie, introduttiva di una condizione di procedibilità (Cass. ord. n. 30319/17; n. 22627/17; n. 15563/06; e ancora, nel senso del riconoscimento della legittima applicabilità, alle norme di procedura, del principio tempus regit actum, ritenuto non contrastante con l'art. 6 CEDU, cfr. Corte ED., Mo. c.Italia, 27/04/10).

Del resto, la giurisprudenza di merito pressoché unanime converge nel fornire una lettura del disposto di cui all'art. 84, comma 2 DL n. 69/13, conv. in L. n. 98/13 (a tenore del quale “le disposizioni di cui al comma 1 - comprensive delle modifiche che hanno portato i commi 1-bis e 2 dell'art. 5 D.Lgs. n. 28/10 alla loro attuale configurazione - si applicano decorsi trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”, ossia dalla data del 21/09/13), alla luce del citato principio generale processuale, nel senso di ritenere applicabile ed operativa la condizione di procedibilità nei procedimenti già pendenti il trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione, ferma restando la necessaria posteriorità, rispetto a tale data, dell'emissione dell'ordine giudiziale di invio in mediazione: si vedano, ex multis, Corte Appello Firenze, 17/11/16, n. 34 (“In base al principio tempus regit actum, la disposizione citata è applicabile ai procedimenti in corso (già pendenti) a partire dal 21 settembre 2013 - (art. 84 D.L. n. 69/2013)”); Tribunale di Roma, 24/10/14, Tribunale di Firenze, ord. 19/03/13 e ord. 14/11/13; Tribunale di Milano 29/10/13; Tribunale di Palermo 16/07/14; Tribunale di Verona, 27/11/14. Né, peraltro, può ritenersi espressivo di un contrario indirizzo ermeneutico il precedente di Cass. ord. n. 9557/17, pronunciatasi, in forma di obiter dictum, in relazione alla differente questione dell'operatività ratione temporis del disposto di cui all'art. 5, comma 1-bis D.lgs. n. 28/10, nel senso dell'inapplicabilità della nuova disposizione ai giudizi intrapresi prima del decorso dei trenta giorni dalla data dell'entrata in vigore della modifica legislativa: ponendo, infatti, il comma in questione, a differenza del comma 2 relativo alla mediazione delegata, una condizione di procedibilità da esperirsi necessariamente ante causam e il cui mancato esperimento non è rilevabile oltre la prima udienza di comparizione, è inevitabile che l'operatività di siffatta condizione debba valere unicamente per le cause ancora da instaurare alla data di entrata in vigore della relativa norma introduttiva.

Orbene, nell'ipotesi di specie, anteriormente alla fissazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni, il giudice precedente assegnatario del fascicolo, prima di dichiarare la chiusura dell'istruttoria, con ordinanza riservata del 31/10/17, nell'esercizio del potere concessogli, ha disposto ordine di attivazione del procedimento di mediazione, con concessione di apposito termine per l'espletamento dell'incombente, condizionando, così, l'esaminabilità nel merito della domanda all'adempimento delle parti rispetto al dictum giudiziale; sennonché, come rimasto incontestato tra le parti e comunque risultante dalla lettura del verbale di mediazione, mentre la sig.ra --- ha partecipato, mediante difensore delegato, al procedimento attivato tempestivamente dal convenuto, resosi parte diligente pur non essendo a ciò onerato ex lege, in nessuno degli incontri in cui si è svolto il procedimento risulta la presenza della sig.ra ---, coincidente con la parte espressamente onerata dalla legge dell'esperimento del tentativo di mediazione, avendo l'avv. ---, all'epoca della mediazione, ricevuto mandato difensivo dalla sola sig.ra --- e non anche dalla sig.ra ---.

Ciò posto, occorre quindi appurare se possa ritenersi assolta la condizione di procedibilità nell'ipotesi di specie - differente da quella della mancata partecipazione personale della parte al primo incontro e della partecipazione, in sua vece, del difensore o di soggetto delegato (attesa l'assenza di prova del conferimento di delega da parte della sig.ra --- al già difensore della sig.ra ---, così come ad altro soggetto), così come da quella in cui la parte onerata, presente al primo incontro, a seguito dell'attività informativa del mediatore, abbia espressamente dichiarato di non intendere procedere con la mediazione.

In proposito, occorre anzitutto rammentare il disposto del citato art. 5, comma 2-bis D. Lgs. n. 28/10, così come introdotto dal DL n. 69/13 conv. in L. n. 98/13, a tenore del quale la condizione di procedibilità della domanda giudiziale “si considera avverata se il primo incontro avanti al mediatore si conclude senza l'accordo”: norma da leggersi, a parere di questo giudice, nel senso per cui la condizione di procedibilità si considera avverata, anzitutto, laddove si sia svolto un “primo incontro”, ossia laddove le parti – per tali intendendo tutti i soggetti in causa nel giudizio a quo, in ipotesi di mediazione delegata, o nel giudizio da instaurarsi, in ipotesi di mediazione ante causam - si siano incontrate alla presenza del mediatore e con l'assistenza dei rispettivi avvocati. Del resto, se, come evincibile a contrario dalla lettura della disposizione citata, al primo incontro le parti possono raggiungere l'accordo, è evidente che le stesse devono, anzitutto, partecipare a tale evento; per contro, è ovvio che la mancata partecipazione di una delle parti in assenza di giustificato motivo impedirà la celebrazione del primo incontro e, dunque, precluderà a priori non soltanto la creazione di una chance di raggiungimento del risultato conciliativo (ossia il risultato che la legge intende conseguire con la previsione dell'istituto della mediazione), ma altresì l'avveramento della condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Peraltro, detta disposizione necessita di essere coordinata con il disposto dell'art. 8, comma 4-bis del D.Lgs. cit. (“dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'art. 116, II co., c.p.c.. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall'art. 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio”), il quale, ad una prima lettura, parrebbe escludere che alla mancata partecipazione di una parte al procedimento possa seguire la sanzione della improcedibilità e parrebbe, invece, prevedere, quali conseguenze della mancata ingiustificata partecipazione, unicamente riflessi sfavorevoli sotto il profilo probatorio, ex art. 116 c.p.c., oltre all'applicazione della sanzione pecuniaria. Onde conciliare le due disposizioni alla luce della summenzionata ratio della sanzione dell'improcedibilità e della finalità deflattiva dell'istituto senza dare luogo ad una interpretatio abrogans di alcuna di esse, occorre, ad avviso di questo giudice, operare una distinzione a seconda che la celebrazione del primo incontro sia stata impedita dalla mancata partecipazione della parte onerata o di quella della parte non onerata:

- da un lato, infatti, l'onere gravante sul soggetto tenuto ad attivare il tentativo di mediazione deve necessariamente sempre ricomprendere anche quello di partecipare al relativo procedimento (Tribunale Napoli Nord, sentenza 28/06/18): ciò in quanto, come già in altre occasioni condivisibilmente rilevato da questo Tribunale, “""esperire una procedura"" non equivale ad avviarla, bensì a compiere tutto quanto necessario perché la stessa raggiunga il suo esito fisiologico, che nel caso della mediazione coincide, quantomeno, con il primo incontro avanti al mediatore e, se anche l'altra parte compare, con l'avvio dell'effettiva attività mediatoria” (Tribunale di Firenze, sentenza 21/04/15), e tanto vale sia laddove la parte onerata abbia anche promosso il procedimento, sia laddove, nell'inerzia dell'onerata, la parte non onerata abbia provveduto all'attivazione sua sponte, essendo, in ogni caso, la procedibilità della causa condizionata ex lege non alla mera attivazione della procedura mediante il deposito della domanda presso l'organismo, ma al già citato esperimento del “primo incontro davanti al mediatore”: donde, valorizzando il disposto di cui all'art. 5, dovrà essere sanzionato con l'improcedibilità il comportamento della parte onerata ex lege che, a prescindere dall'attivazione o meno del procedimento, non lo coltiva e non compare al primo incontro avanti al mediatore, dacché, diversamente opinando e ritenendo, invece, applicabili, in tal caso, le sole sanzioni di cui all'art. 8 citato, si consentirebbe alla parte onerata di assolvere alla condizione, e di assicurare, dunque, la procedibilità della propria domanda, semplicemente mediante il compimento dell'incombente di natura meramente burocratica di attivazione del procedimento e non mediante “l'esperimento” del tentativo di mediazione richiesto dalla legge;

- dall'altro lato, invece, occorre escludere che la mancata partecipazione alla mediazione della parte non onerata possa sortire alcun effetto in punto di procedibilità della domanda attorea, non potendosi, logicamente, consegnare all'arbitrio della parte per definizione contro-interessata alla prosecuzione del giudizio le sorti della procedibilità della causa, imponendo alla parte onerata diligente di subire, suo malgrado, un pregiudizio per la mancata collaborazione della controparte: donde, il disposto del citato art. 8 dovrà intendersi come applicabile esclusivamente nei confronti della parte non onerata ex lege dell'esperimento della mediazione sotto comminatoria di improcedibilità.

Peraltro, è appena il caso di osservare come, avendo la sig.ra --- e la sig.ra --- attivato due autonomi giudizi avverso il medesimo convenuto, cumulati nel medesimo giudizio unicamente per ragioni di economia processuale, entrambe le attrici risultassero onerate alla proposizione del procedimento obbligatorio di mediazione, non potendo l'espletamento del tentativo da parte dell'una, siccome correlato a una separata e differente domanda giudiziale, valere a ritenere assolta la condizione di procedibilità anche nei confronti dell'altra: ragion per cui, la mancata partecipazione della sig.ra --- al procedimento determinerà l'improcedibilità della sola domanda giudiziale dalla stessa proposta, ferma invece la procedibilità della domanda proposta dall'altra attrice.

omissis le spese di lite, come liquidate in dispositivo ai sensi del DM n. 55/14, con applicazione dei valori minimi relativi allo scaglione individuato dalla sommatoria delle domande proposte contro il medesimo convenuto, in considerazione della non elevata complessità della causa e della prossimità del relativo valore al minimo dello scaglione ministeriale applicato, seguono la soccombenza. Devono, invece, essere posta a carico della sola sig.ra ---, sempre in ragione della sua soccombenza nella causa di merito (Cass. n. 12712/19), le spese (intese quali compensi, sempre in applicazione dei valori minimi) della procedura di mediazione delegata, essendosi detta procedura svolta solamente tra questa attrice e il convenuto.

 

PQM

 

Il Tribunale di Firenze, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione assorbita e/o disattesa: dichiara inammissibile omissis; rigetta le domande omissis; condanna omissis in solido, alla rifusione, in favore del sig. Ro. Ma., delle spese di lite, che liquida in euro 5635 a titolo di compensi, oltre IVA e CPA come per legge e oltre a spese generali forfetarie; condanna la sig.ra --- alla rifusione, in favore omissis, delle spese della procedura di mediazione, che liquida in euro 2880, oltre IVA e CPA come per legge e oltre a spese generali forfetarie.

 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

26 settembre 2021

34/21. BARNI, Le conseguenze derivanti dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione (Osservatorio Mediazione Civile n. 34/2021)

Le conseguenze derivanti dalla mancata partecipazione
senza giustificato motivo al procedimento di mediazione

di Edoardo Luigi BARNI
Dottore in Giurisprudenza, Mediatore di Controversie Civili e Commerciali

Introduzione 

Tra le varie questioni in materia di mediazione di controversie civili e commerciali delle quali la giurisprudenza si è occupata, vi è quella, che ha costituto di recente oggetto di diverse pronunce (più frequentemente di merito, ma anche di legittimità), inerente alle conseguenze derivanti dalla mancata partecipazione al procedimento di mediazione in assenza di giustificato motivo. Nel testo normativo di riferimento, ovverossia il D.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, la disposizione che viene in rilievo, per quanto riguarda questo tema, è l’art. 8.

Si tratta di una disposizione che detta la disciplina di diversi aspetti concernenti lo svolgimento del procedimento di mediazione, tra i quali la nomina del mediatore dal parte dell’organismo ove è stata depositata l’istanza, la fissazione della data del primo incontro di mediazione, la comunicazione alla parte chiamata sia della domanda sia della data fissata per il primo incontro, la possibilità di nominare uno o più mediatori ausiliari qualora l’oggetto della controversia sia tale da richiedere particolari competenze tecniche nonché la possibilità di avvalersi di esperti.

Quanto al tema che si intende sviluppare più ampiamente ed approfondire in questa trattazione, la previsione normativa di riferimento consiste nel comma 4-bis, e la pronuncia giurisprudenziale che si vuole analizzare è la recentissima sentenza Trib. Torino, 25/03/2021 (il cui testo è riportato, in misura integrale, su https://www.101mediatori.it/sentenze-mediazione/e-sempre-sanzionabile-la-mancata-partecipazione-al-procedimento-di-mediazione-947.aspx), la cui statuizione viene poi confrontata con alcune altre pronunce ad essa precedenti, anche al fine di esaminare situazioni e approcci alla medesima questione tra loro differenti.

Trib. Torino, 25/03/2021: il caso e la decisione del Tribunale di Torino

La causa promossa innanzi al Tribunale di Torino (e che ha avuto esito nella pronuncia su cui ci si vuole concentrare) era inerente ad un contratto bancario, che, secondo la prospettazione di parte attrice, conteneva pattuizioni contra legem e, in particolare, clausole che stabilivano interessi usurai, che si chiedeva pertanto di accertare e dichiarare nulle, con la conseguente rideterminazione del saldo effettivo del conto corrente. Si chiedeva quindi di condannare il convenuto istituto di credito alla restituzione delle somme indebitamente versate dalla società attrice. Dal canto suo, la banca convenuta chiedeva al giudice adito di accertare e dichiarare l’intervenuta prescrizione di qualsiasi diritto restitutorio fatto valere dalla società attrice, nonché di rigettare tutte le domande proposte dall’attrice medesima in quanto infondate in fatto ed in diritto, e dunque confermare, per l’effetto, la legittimità del rapporto di conto corrente e dichiarare che la convenuta nulla doveva a controparte.

Per quanto concerne la questione cui qui si intende dedicare più spazio, occorre partire dal disposto dell’art. 8, comma 4-bis, D.Lgs. n. 28/10. Questa disposizione normativa prevede due tipi di conseguenze, entrambe rilevanti sul piano processuale, nell’ipotesi in cui la parte costituitasi in giudizio non abbia partecipato al procedimento di mediazione senza che vi fosse giustificato motivo alla base di tale condotta (a tale proposito, Bove Mauro, La mancata comparizione innanzi al mediatore, su https://www.judicium.it/wp-content/uploads/saggi/105/Bove.pdf), ovverossia: i) il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio in virtù di quanto stabilito dall’art. 116, comma 2, c.p.c., che prevede la possibilità, per il giudice, di ricavare argomenti di prova da atti e comportamenti tenuti dalle parti; ii) il giudice condanna la parte costituita in giudizio che, nelle ipotesi individuate dall’art. 5 D.Lgs. n. 28/10 (mediazione obbligatoria ex lege, mediazione ex officio iudicis e mediazione cosiddetta “concordata”), non abbia partecipato, senza giustificato motivo, alla procedura stragiudiziale a versare, all’entrata del bilancio dello Stato, una somma di ammontare corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.

A tale proposito, nel caso di specie, il Tribunale adito ha ritenuto la banca convenuta meritevole di condanna al versamento di una somma, appunto, di importo pari al contributo unificato dovuto per il giudizio, poiché essa, oltre a non partecipare al procedimento di mediazione, non si era neppure curata di fornire alcuna giustificazione riguardo a tale condotta.

È bene specificare e sottolineare che non si tratta del versamento di un ulteriore contributo unificato, bensì di una sanzione, avente natura processuale, il cui ammontare corrisponde a quanto è stato pagato, appunto come contributo unificato, all’atto di iscrizione a ruolo della causa. Tale importo consiste quindi in una sanzione non soggetta alle regole relative al contributo unificato, se non circa la sua quantificazione nell’ammontare (per approfondimenti sul tema, Caglioti Gaetano Walter, Mediazione civile: recupero della sanzione per mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento, su https://blog.ilcaso.it/news_794/26-05-19/Mediazione_civile-_recupero_della_sanzione_per_mancata_partecipazione_senza_giustificato_motivo_al_procedimento).

In un’altra recente pronuncia di merito, ovverossia la sentenza Trib. Roma, 7 luglio 2020 (il cui testo è riportato su http://osservatoriomediazionecivile.blogspot.com/2020/11/4420-mancata-partecipazione-alla.html), avente oggetto un caso in cui la mediazione era obbligatoria e ciononostante la parte convenuta non aveva partecipato alla procedura stragiudiziale senza peraltro preoccuparsi di addurre alcuna giustificazione alla base di ciò, tale condotta omissiva era stata qualificata come rilevante ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., disposizione codicistica che concerne l’ipotesi di lite temeraria e che sanziona il comportamento della parte che, sebbene consapevole dell’infondatezza della sua domanda od eccezione, la propone ugualmente.  

Ci si deve poi soffermare, per quanto riguarda la sentenza del Tribunale di Torino, su una precisazione addotta in detta pronuncia circa la previsione della sanzione pecuniaria di cui all’art. 8, comma 4-bis: essa prescinde da quello che è poi l’esito del giudizio e la ratio di tale previsione normativa è individuabile in un principio che esprime l’importanza dell’istituto della mediazione, ovverossia quello secondo cui la partecipazione alla procedura stragiudiziale rappresenta un valore in sé,  indipendentemente, dunque, dal merito della controversia e dal convincimento di non essere poi soccombente all’esito del giudizio

Nel caso di specie, infatti, se da un lato il Tribunale ha rigettato le domande proposte dalla attrice, ha condannato la stessa, in persona del legale rappresentante pro tempore, a rimborsare alla banca le spese per il giudizio ed ha posto a carico della attrice le spese di ctu, dall’altro lato ha condannato la convenuta alla sanzione pecuniaria di cui all’art. 8, comma 4-bis.

La sentenza di merito appena analizzata, limitatamente al tema oggetto di questa trattazione, consente dunque di concentrarsi su una questione rilevante in materia di mediazione civile e commerciale e in ordine alla quale conviene riflettere. Proprio guardando al caso esaminato dal Tribunale di Torino e ad altri casi ad esso analoghi oppure più o meno simili, si è portati a chiedersi se la parte comparsa in sede di primo incontro davanti al mediatore nominato, qualora non intenda aderire alla procedura, debba manifestare, in tale sede, i motivi alla base di questa sua scelta, e a chiedersi se di questi motivi debba o meno rimanere traccia, anche al fine di evitare di andare incontro alle conseguenze di cui all’art. 8, comma 4-bis.

Il dissenso alla mediazione, e cioè a prendere parte alla procedura stragiudiziale, dovrebbe essere consapevole, informato e, come rimarcato ripetutamente, motivato (riguardo a questi profili, aventi anche importanza pratica, si veda Spina Giulio, Mediazione: il decalogo dei requisiti del diniego di partecipare, in commento a Trib. Vasto, ordinanza riservata 6 dicembre 2016, su https://www.altalex.com/documents/news/2016/12/19/requisiti-diniego-di-partecipare-a-mediazione-condanna-sanzione-pecuniaria-parte-assente). Non può dirsi tale il dissenso alla mediazione qualora esso appaia basato su argomentazioni della quali non sia possibile rilevare la portata giustificativa. Non può, parimenti, dirsi tale il dissenso alla mediazione qualora lo stesso non sia stato preceduto dall’attività di informazione che deve notoriamente essere espletata dal mediatore designato in sede di primo incontro, avente carattere prodromico alla mediazione vera e propria.

Precedenti pronunce di legittimità e di merito e relativi approcci alla questione

Altre pronunce giurisprudenziali hanno preceduto quella appena esaminata del Tribunale di Torino, occupandosi, tra l’altro, della questione delle conseguenze derivanti dalla mancata partecipazione al procedimento di mediazione. Se ne richiamano qui di seguito alcune, sia per confrontare approcci tra loro differenti a fronte della medesima questione in considerazione delle particolarità dei vari casi, sia per provare a chiarire meglio quando, in concreto, può dirsi sussistente il “giustificato motivo” di cui all’art. 8, comma 4-bis, D.Lgs. n. 28/10.

Molto recente è la sentenza  App. Genova, 13 luglio 2020, n. 652 (il cui testo è riportato su https://www.mondoadr.it/giurisprudenza_art/non-costituisce-giustificato-motivo-la-mancata-partecipazione-alla-mediazione-per-la-pretesa-infondatezza-delle-ragioni-della-controparte/), che, oltre a  sottolineare la necessità in considerazione della quale è stato introdotto l’istituto della mediazione, ossia quella di permettere alle parti di trovare una composizione amichevole alla controversia tra loro insorta, qualifica la partecipazione delle parti agli incontri in cui si articola il procedimento di mediazione come una condotta “assolutamente doverosa” che le parti stesse possono mancare di tenere solo ove vi sia un “giustificato motivo impeditivo” che presenti – e anche in questa più specifica indicazione può essere ravvisato interesse per la pronuncia in questione – i caratteri della “assolutezza” e della “non temporaneità”.

Un’altra pronuncia di merito che è opportuno citare, nell’ambito di questa rapida rassegna, è App. Milano, 16 dicembre 2020 (il cui testo è riportato su http://osservatoriomediazionecivile.blogspot.com/2021/05/2221-complessita-procedimentale.html), anche perché essa individua, nel caso esaminato, un “giustificato motivo” in virtù del quale alla parte che non aveva partecipato alla mediazione non si è ritenuto dovesse essere comminata la sanzione pecuniaria ex art. 8, comma 4-bis. Nel caso di specie, un condominio, in qualità di appellante, deduceva che il giudice di primo grado aveva ritenuto priva di giustificazione la sua mancata partecipazione alla procedura, ed affermava che si sarebbe invece dovuto tenere conto sia della complessità dell’iter che l’amministratore del condominio avrebbe dovuto seguire al fine di poter giungere a sottoscrivere, appunto in sede stragiudiziale, una transazione con le controparti, dovendo ciò notoriamente essere preceduto dalla convocazione di un’assemblea e da una libera in virtù della quale fosse autorizzata la partecipazione all’incontro di mediazione. A ciò si aggiungevano le complessità procedimentali legate all’autorizzazione a chiedere, sempre in sede di mediazione, la nomina di un consulente tecnico e ad altri successivi passaggi nonché una compagine condominiale assai folta. Erano, in altri termini, la complessità ed anche l’incertezza di questo strutturato iter procedimentale a costituire, in questo caso, il “giustificato motivo” e a indurre a ritenere preferibile l’instaurazione di un giudizio ordinario. La Corte d’Appello, considerato tutto ciò, ha dunque ritenuto, al contrario del giudice di primo grado, giustificata la condotta del condominio.

Una sentenza di merito più risalente, ovverossia Trib. Roma, 29 maggio 2014 (il cui testo è riportato integralmente su https://www.adrintesa.it/news-mediazione-civile/giurisprudenza/tribunale-di-roma-sez-xiii-civile-sentenza-29-maggio-2014), fornisce ulteriori indicazioni riguardo alle circostanze in cui è rinvenibile il requisito del “giustificato motivo”. Muovendo ovviamente dalle dinamiche caratterizzanti il caso di specie, il Tribunale ha osservato come la parte che non abbia partecipato al procedimento di mediazione non possa limitarsi ad opporre, come giustificato motivo alla base di tale condotta, l’affermazione (evidentemente aprioristica) per cui la propria tesi è corretta e fondata a differenza di quella prospettata da controparte. D’altronde, ritenendo una simile asserzione tale da giustificare la mancata partecipazione alla procedura stragiudiziale, chiunque potrebbe ritenere sussistente in capo a sé un giustificato motivo rilevante ai sensi dell’art. art. 8, comma 4-bis, D.Lgs. n. 28/10. Tra l’altro, come ha sottolineato il Tribunale di Roma nella richiamata sentenza, un simile atteggiamento basato su posizioni aprioristiche stride con quello che è lo spirito della mediazione: laddove via sia un contrasto tra le parti, il compito del mediatore è anche e in primis quello di riallacciare tra le stesse i canali di comunicazione e di dialogo, non potendo, proprio affinché ciò sia possibile, esservi alcuna presa di posizione preconcetta ed anzi occorrendo una partecipazione effettiva.

Si richiama, infine, una pronuncia di legittimità, Cass., 26 gennaio 2018, n. 2030 (in Foro it., Le banche dati, Archivio Cassazione civile e su http://osservatoriomediazionecivile.blogspot.com/2018/11/5218-corte-di-cassazione-su-mancata.html), che afferma un principio in tema di impugnazione del provvedimento di condanna alla sanzione pecuniaria che viene comminata nell’ipotesi di ingiustificata mancata partecipazione alla mediazione. In questa pronuncia, si afferma che non può essere proposto ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. avverso l’esercizio di tale potere sanzionatorio. L’ordinanza di condanna alla sanzione pecuniaria in discorso può essere impugnata ma attraverso l’appello presentato avverso la sentenza che definisce il giudizio seguito alla procedura stragiudiziale, tenendo conto che detta sentenza deve contenere anche la comminatoria della sanzione di cui all’art. 8, comma 4-bis.

Pavia, 05/08/2021 

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Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 33/2021 

33/21. La partecipazione alla mediazione è un valore in sé: si tratta di un principio ormai immanente dell'ordinamento giuridico (Osservatorio Mediazione Civile n. 33/2021)

=> Tribunale Torino, 25 marzo 2021 

In applicazione dell'art. 8, comma 4 bis, d.lgs. 28/2010 la parte che non ha partecipato al procedimento di mediazione e non ha fornito alcuna giustificazione di tale mancata partecipazione deve essere condannata a versare all'entrata del bilancio dello Stato una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il presente giudizio. Si tratta di una prescrizione (versamento dell'importo a favore dello Stato) che prescinde dall'esito del giudizio e la cui ratio risiede nella violazione di quello che è ormai un principio immanente dell'ordinamento giuridico e cioè che la partecipazione alla mediazione è un valore in sé, a prescindere dal merito e quindi dal convincimento di non dover incorrere nella soccombenza (I).

(I) Si veda l’art. 8, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018). 

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 33/2021
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Tribunale di Torino
Sentenza
25 marzo 2021

Omissis 

Le doglianze sul punto di parte attrice non risultano quindi fondate, dovendosi anche osservare che l'art. 198 (richiamato in ordinanza ma comunque operante a prescindere) opera con il consenso di tutte le parti che, ovviamente, sono libere di prestarlo o meno.

Ciò premesso, si ritiene che la domanda attorea debba essere respinta perché non provata: in mancanza degli estratti conto (non prodotti e non richiesti ai sensi delle norme sopra citate) non è stato infatti possibile effettuare alcuna verifica delle doglianze formulate da parte attrice. Il CTU ha pertanto dovuto limitare la sua indagine alla documentazione contrattuale in atti, riferendo che - in presenza degli estratti conto - avrebbe considerato legittimo l'anatocismo (nei termini indicati nel quesito) atteso che il contratto 20.9.2004 riporta la clausola di pari periodicità trimestrale e la sottoscrizione del cliente e che - sempre in presenza degli estratti conto mancanti in atti - non avrebbe operato alcuno storno delle somme addebitate a titolo di cms in quanto il contratto prevede la corretta indicazione di tale commissione e di varie voci di spese. Non è stato possibile, al CTU, effettuare ulteriori considerazioni attesa la carenza della documentazione contabile che era onere (non assolto) di parte attrice produrre o far confluire in giudizio. Resta solo da aggiungere che, in questo contesto, l' eccezione di prescrizione formulata da parte convenuta risulta assorbita.

Atteso quanto sopra esposto, la domanda attorea deve essere respinta senza necessità di nuova CTU e/o di integrazione della CTU esperita e le spese del giudizio, liquidate nella misura che verrà indicata in dispositivo, seguono la soccombenza (DM 2014 n. 55, scaglione fino ad euro 52.000, valori medi).

Anche le spese di CTU, come già liquidate (decreto 4.12.20) vanno poste a carico di parte attrice. Si richiama inoltre il principio giurisprudenziale in base al quale: "in tema di consulenza tecnica di ufficio, il compenso dovuto al consulente è posto solidalmente a carico di tutte le parti, atteso che l' attività posta in essere dal professionista è finalizzata alla realizzazione del superiore interesse della giustizia, che invece non rileva nei rapporti interni tra le parti, nei quali la ripartizione delle spese è regolata dal diverso principio della soccombenza" (Cass. civ., sez. II, 30/12/2009, n. 28094).

In applicazione dell'art. 8, comma 4 bis del d. lgs. 2010 n. 28 - a norma del quale "Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall'art. 5, non ha partecipato al procedimento [di mediazione] senza giustificato motivo al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio"- omissis, che non ha partecipato al procedimento di mediazione e non ha fornito alcuna giustificazione di tale mancata partecipazione, deve essere condannata a versare all'entrata del bilancio dello Stato una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il presente giudizio. Si tratta, come è noto, di una prescrizione (versamento dell'importo a favore dello Stato) che prescinde dall'esito del giudizio e la cui ratio risiede nella violazione di quello che è ormai un principio immanente dell'ordinamento giuridico e cioè che la partecipazione alla mediazione è un valore in sé, a prescindere dal merito e quindi dal convincimento di non dover incorrere nella soccombenza. 

PQM 

Il Tribunale, decidendo nel procedimento iscritto nel RG al n. 6773/19, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta o dichiarata assorbita o inammissibile, così provvede: rigetta le domande omissis; condanna omissis, in persona del legale rappresentante pro tempore, a rimborsare a omissis, in persona del legale rappresentante pro tempore, le spese del giudizio, che liquida in euro 7.254,00, oltre IVA e cpa come per legge e rimborso forfettario nella misura del 15%; pone le spese di CTU, come già liquidate, a definitivo carico di omissis, in persona del legale rappresentante pro tempore; condanna omissis, in persona del legale rappresentante pro tempore, a versare all' entrata del bilancio dello Stato una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il presente giudizio. 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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