DIRITTO D'AUTORE


Tutti i testi e le massime giurisprudenziali sono coperti da diritto d’autore. Uso consentito citando la fonte con relativo link. Pregasi segnalare la citazione.

24 novembre 2018

52/18. Corte di Cassazione su mancata partecipazione alla mediazione: sanzione pecuniaria in sentenza e condanna sempre appellabile (Osservatorio Mediazione Civile n. 52/2018)

=> Cassazione civile, 26 gennaio 2018, n. 2030

Il fatto che l’ordinanza di condanna alla pena pecuniaria di cui all'art. 8, comma 4-bis, d.lgs. 28/2010 in tema di mancata partecipazione alla mediazione, sia non impugnabile è smentito dal tenore della norma, che non fa menzione di tale connotazione del provvedimento di condanna e, ancor più, a contrario, dalla mancata conversione in legge del D.L. n. 212 del 2011, secondo cui la sanzione andava comminata "con ordinanza non impugnabile pronunciata d'ufficio alla prima udienza di comparazione delle parti, ovvero all'udienza successiva di cui all'art. 5, comma 1". Una volta riconosciuto che l'ordinanza in questione è impugnabile, va affermato che essa lo debba essere attraverso l'appello della sentenza che definisce il giudizio che è seguito al procedimento di mediazione: sentenza che deve contenere anche la comminatoria della pena pecuniaria di cui all'art. 8, comma 4 bis in esame. Non può di contro essere condivisa la tesi per cui, richiamando l'art. 179 c.p.c., comma 2, contro l'esercizio del potere sanzionatorio in questione potrebbe proporsi ricorso straordinario per cassazione a norma dell'art. 111 Cost., comma 7 (I).

La mancata conversione in legge del D.L. n. 212 del 2011, secondo cui la sanzione andava comminata "con ordinanza non impugnabile pronunciata d'ufficio alla prima udienza di comparazione delle parti, ovvero all'udienza successiva di cui all'art. 5, comma 1", costituisce elemento per poter affermare che il provvedimento sanzionatorio di cui all'art. 8, comma 4-bis, d.lgs. 28/2010 costituisca capo accessorio della sentenza. Ove il provvedimento venga poi adottato non già con sentenza, in esito al giudizio, ma con ordinanza, nel corso della trattazione di questo, il mancato rispetto dei tempi e delle forme del processo, che imporrebbe al giudice di emettere la sanzione allorquando definisce il giudizio, non può costituire argomento per affermare che l'irrogazione della pena pecuniaria sia in questo caso inappellabile, dal momento che il contenuto del provvedimento è, nelle due ipotesi, il medesimo. Se è impugnabile con l'appello il capo della sentenza che ha ad oggetto il versamento del contributo, sarà allo stesso modo impugnabile il provvedimento che, impropriamente, nella forma dell'ordinanza, disponga nel medesimo senso nel corso del giudizio (I).


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 52/2018

Cassazione civile
Sezione VI
Ordinanza
26 gennaio 2018, n. 2030

Omissis

Fatti di causa

E' impugnato per cassazione il provvedimento con cui il Tribunale di Chieti, sezione distaccata di Ortona, in applicazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 8, comma 4 bis constatato che la Banca --- aveva mancato di partecipare al procedimento di mediazione introdotto prima dell'instaurazione del giudizio civile, ha condannato la stessa al versamento all'entrata del bilancio dello Stato, dell'importo di Euro 759,00, corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.
Il ricorso è fondato su due motivi.
Non vi sono controricorrenti.

Ragioni della decisione

Il primo motivo denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 8, comma 4 bis nella parte in cui il Tribunale ha condannato la banca al versamento all'entrata del bilancio dello Stato della somma corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio, nonostante la ricorrente stessa avesse evidenziato un giustificato motivo circa il proprio rifiuto a presenziare. Osserva, in proposito, l'istante che la ragione della propria mancata comparizione era stata comunicata formalmente all'organismo di mediazione e che la giustificazione addotta dava conto di un impedimento avente i caratteri dell'assolutezza e della non temporaneità.
Il secondo motivo lamenta la nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 8, comma 4 bis nonchè per violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.) e del principio di integrità del contraddittorio (art. 101 c.p.c.). L'istante si duole del fatto che il Tribunale abbia pronunciato la condanna con provvedimento non definitivo, nel corso dell'udienza del 15 dicembre 2016, senza attendere la decisione del merito della causa.
Il ricorso è inammissibile.
La disposizione di cui ha fatto applicazione il giudice di prime cure è il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 8, comma 4 bis comma che è stato aggiunto dal D.L. n. 69 del 2013, art. 84, comma 1, lett. i) convertito con modificazioni in L. n. 98 del 2013. Dispone la norma testé richiamata: "Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice puoi desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'art. 116 c.p.c., comma 2. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall'art. 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio". Dunque, e per quanto qui interessa, il cit. art. 8, comma 4 bis accorda al giudice uno speciale potere sanzionatorio, a fronte della diserzione dell'incontro programmato avanti all'organismo di mediazione da parte dei contendenti che si siano costituiti in giudizio. Si tratta di un potere officioso che deve essere esercitato obbligatoriamente - l'espressione "condanna" non lascia spazio a dubbi in proposito - in presenza della condizione legittimante individuata dalla norma: e cioè della mancata partecipazione al procedimento senza giustificato motivo.
Assume la banca ricorrente che contro l'esercizio di tale potere sanzionatorio essa potrebbe proporre ricorso straordinario per cassazione a norma dell'art. 111 Cost., comma 7. Lo sostiene osservando come l'ordinanza pronunciata dal giudice è stata emessa alla presenza del proprio procuratore: il che renderebbe applicabile l'art. 179 c.p.c., comma 2, secondo cui l'ordinanza pronunciata in udienza in presenza dell'interessato non è impugnabile, ma pur sempre ricorribile per cassazione, incidendo con efficacia di giudicato su diritti soggettivi.
Tale tesi non può essere condivisa.
L'art. 179 c.p.c. fa riferimento alle condanne a pene pecuniarie previste nel codice di rito: si tratta delle sanzioni comminate dal giudice nell'esercizio di un potere latamente disciplinare (il quale, secondo risalente ma autorevole dottrina, avrebbe un suo fondamento testuale nei poteri di polizia di cui all'art. 128 c.p.c., comma 2 e di direzione del procedimento, previsti dall'art. 175 c.p.c., comma 1) e di cui costituiscono espressione, a livello esemplificativo, le pene pecuniarie prescritte per la mancata esecuzione dell'incarico da parte del custode (art. 67 c.p.c., comma 1) o il rifiuto del terzo di consentire all'ispezione (art. 118 c.p.c., comma 3). Di contro, nella fattispecie si fa questione di una sanzione che è prevista da una legge speciale, che non ha nulla a che vedere col richiamato potere disciplinare e che colpisce condotte di inerzia anteriori all'instaurazione del processo ed esterne ad esso.
Che l'ordinanza di condanna alla pena pecuniaria di cui all'art. 8, comma 4 bis sia non impugnabile è, del resto, smentito dal tenore della norma, che non fa menzione di tale connotazione del provvedimento di condanna e, ancor più, a contrario, dalla mancata conversione in legge del D.L. n. 212 del 2011, secondo cui la sanzione andava comminata "con ordinanza non impugnabile pronunciata d'ufficio alla prima udienza di comparazione delle parti, ovvero all'udienza successiva di cui all'art. 5, comma 1".
Una volta riconosciuto che l'ordinanza in questione è impugnabile, va affermato che essa lo debba essere attraverso l'appello della sentenza che definisce il giudizio che è seguito al procedimento di mediazione: sentenza che deve contenere anche la comminatoria della pena pecuniaria di cui all'art. 8, comma 4 bis in esame. Va detto, in proposito, che la mancata conversione del cit. D.L. n. 212 del 2011 costituisce elemento per poter pure affermare che il provvedimento sanzionatorio costituisca capo accessorio della sentenza, come affermato da più parti in dottrina e come ritenuto in alcune delle poche pronunce di merito edite intervenute sull'argomento. Del resto, significativamente, la disciplina normativa non individua per la statuizione di cui trattasi uno speciale mezzo di reclamo.
Ove - come nella fattispecie è avvenuto - il provvedimento venga poi adottato non già con sentenza, in esito al giudizio, ma con ordinanza, nel corso della trattazione di questo, le conclusioni non muteranno. Il mancato rispetto dei tempi e delle forme del processo, che imporrebbe al giudice di emettere la sanzione allorquando definisce il giudizio, non può costituire argomento per affermare che l'irrogazione della pena pecuniaria sia in questo caso inappellabile, dal momento che il contenuto del provvedimento è, nelle due ipotesi, il medesimo. Se è impugnabile con l'appello il capo della sentenza che ha ad oggetto il versamento del contributo, sarà allo stesso modo impugnabile il provvedimento che, impropriamente, nella forma dell'ordinanza, disponga nel medesimo senso nel corso del giudizio.
Il ricorso è quindi inammissibile.
Nulla deve statuirsi in punto di spese.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità. I collegamenti ipertestuali nel corpo della pronuncia sono a cura della Redazione dell’Osservatorio.

NEWSLETTER MENSILE SULLA MEDIAZIONE