=> Tribunale di Roma, 4 novembre 2017, n. 20690
Va dichiarata l’improcedibilità
della domanda per mancato esperimento del tentativo di conciliazione concordato
dalle parti. In particolare va affermato che nell’attuale momento storico, la
politica giudiziaria contrassegna l’ordinamento giuridico con sistemi di
soluzione alternativa delle controversie (A.D.R., alternative dispute
resolution), in cui il patto con cui le
parti vincolano il diritto di agire in giudizio al previo esperimento del
tentativo di conciliazione, attraverso lo strumento della mediazione, deve
ritenersi valido e legittimo senza per ciò
violare il diritto di difesa. La mediazione assistita, infatti, risponde al
criterio di terzietà. Ebbene, quando
la mediazione non è obbligatoria, le parti ben possono espressamente indicarla
come condizione di procedibilità, dovendo ritenersi nella disponibilità delle parti medesime la subordinazione della lite
alla previa sottoposizione del rapporto controverso ad un terzo come condizione
di procedibilità di cui all'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010 (I) (II).
Nelle materie in
cui è prevista la mediazione obbligatoria ben possono le parti scegliere preliminarmente di avvalersi
della negoziazione assistita, sebbene in
caso di fallimento siano tenute a rispettare la condizione di procedibilità
prevista espressamente per la materia controversa. Infatti, è stato dato
ingresso – nel modulo operativo processuale, all’indomani della vigente
coesistenza dei nuovi istituti – alla utilizzabilità
di detti strumenti alternativi anche in via meramente facoltativa dalle parti,
e, dunque, può accadere che ad una
mediazione fallita segua un tentativo di negoziazione assistita o, viceversa (c.d. "doppia a.d.r.", SPINA) (III).
(I) Si veda l’art.
5, comma 1-bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).
(III) In tema
di negoziazione assistita si veda:
- tutti i
contributi dell’Osservatorio in tema
di negoziazione assistita.
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 49/2018
Tribunale di Roma
Sezione VIII
Sentenza
4 novembre 2017
Omissis
Con atto di citazione ritualmente notificato, --- s.p.a. conveniva in
giudizio A. G. S., sia in proprio sia in qualità di titolare di omonima ditta
individuale, per chiedere – previo accertamento delle violazioni agli accordi
contrattuali assunti, meglio specificati nell’atto introduttivo - la condanna
dello stesso al pagamento della somma di euro 30.000,00.
Si costituiva il convenuto contestando integralmente la domanda
attorea, ed eccependo, per quanto rileva ai fini della decisione,
l’improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo di
conciliazione come concordato nel contratto sottoscritto in data 19.05.2014.
Il giudice delibato, con rigetto, le altre istanze preliminari,
tratteneva la causa in decisione all'udienza del 14 luglio 2017, concedendo
termini abbreviati come indicati nell’art. 190 c.p.c.
Deve essere dichiarata l’improcedibilità della domanda giudiziale per
le ragioni di seguito indicate.
Le parti hanno espressamente subordinato l’introduzione della domanda
giudiziale al previo esperimento del tentativo di conciliazione, come
testualmente si legge nella clausola stipulata al punto 12.2 del contratto, in
base alla quale: “Ogni controversia nascente da o collegata al presente
Contratto dovrà essere preliminarmente oggetto di un tentativo di conciliazione
ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 in base al Regolamento di
Mediazione omissis”.
Al riguardo è da rilevare l’inefficacia delle osservazioni difensive
dell’attrice basate sulla giurisprudenza tutta antecedente, dunque, inidonee
alla corretta soluzione da adottare nella fattispecie processuale che ci occupa
e che si inserisce in un momento storico della politica giudiziaria che
contrassegna l’ordinamento giuridico con sistemi di soluzione alternativa delle
controversie (A.D.R., alternative dispute resolution), in cui il patto con cui
le parti vincolano il diritto di agire in giudizio al previo esperimento del
tentativo di conciliazione, attraverso lo strumento della mediazione, deve
ritenersi valido e legittimo senza per ciò violare il diritto di difesa, come
sostiene parte attrice.
Significativo, nei termini ricostruttivi appena riferiti, si rivelano
gli enunciati della Corte di Cassazione in materia arbitrale, il cui
parallelismo logico giuridico è senza dubbio di ausilio interpretativo. Invero
il nucleo concettuale dirimente sta nella diversa funzione affidata ai nuovi
istituti della negoziazione assistita e della mediazione, analogamente, sotto
questo profilo, alla distinzione che corre, rispettivamente, tra arbitrato
irrituale e arbitrato rituale; al riguardo la Corte di Cassazione, con una
sentenza-guida della tematica, così statuì: “Posto che sia l'arbitrato rituale
che quello irrituale hanno natura privata, la differenza tra l'uno e l'altro
tipo di arbitrato non può imperniarsi sul rilievo che con il primo le parti
abbiano demandato agli arbitri una funzione sostitutiva di quella del giudice,
ma va ravvisata nel fatto che, nell'arbitrato rituale, le parti vogliono che si
pervenga ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli
effetti di cui all'art. 825 c.p.c., con l'osservanza del regime formale del
procedimento arbitrale, mentre nell'arbitrato irrituale esse intendono affidare
all'arbitro (o agli arbitri) la soluzione di controversie (insorte o che
possano insorgere in relazione a determinati rapporti giuridici) soltanto
attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un
negozio di accertamento riconducibile alla volontà delle parti stesse, le quali
si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della
loro volontà. (Cass. Civ. sez. I. 2 luglio 2007, n. 14972).
Ebbene, solo la mediazione assistita, risponde al criterio di terzietà,
analogamente all’arbitrato rituale, ed in conseguenza analogamente deve
ritenersi distintamente diretta la volontà delle parti che condizionano
l’inizio del giudizio al previo esperimento della mediazione: non, dunque, il
ricorso ad un atto di natura meramente negoziale la cui esecuzione è lasciata
al libero adempimento della parte (in parallelo ulteriore all’arbitrato
irrituale) bensì la scelta verso un atto idoneo a vincolare l’accordo raggiunto
mediante l’idoneità a rendersi esecutivo a prescindere dall’adempimento e, qui
il disrimen, attraverso l’opera effettiva di un soggetto terzo (e qui il
parallelismo con l’arbitrato rituale).
Precisamente, si deve considerare che nelle materie in cui è prevista
la mediazione obbligatoria ben possono le parti scegliere preliminarmente di
avvalersi della negoziazione assistita, sebbene in caso di fallimento siano
tenute a rispettare la condizione di procedibilità prevista espressamente per
la materia controversa; ebbene, lo stesso, allora, deve ritenersi nel caso
contrario, quando, cioè, la mediazione non sia obbligatoria ma le parti la
abbiano espressamente indicata come condizione di procedibilità, dovendo
ritenersi nella disponibilità delle parti medesime la subordinazione della lite
alla previa sottoposizione del rapporto controverso ad un terzo come condizione
di procedibilità di cui all'art. 5, comma 1 bis, del d.lgs. n. 28/2010.
Infatti, è stato dato ingresso -nel modulo operativo processuale,
all’indomani della vigente coesistenza dei nuovi istituti- alla utilizzabilità
di detti strumenti alternativi anche in via meramente facoltativa dalle parti,
e, dunque, può accadere che ad una mediazione fallita segua un tentativo di
negoziazione assistita o, viceversa.
L’esito della controversia, unitamente alla novità delle questioni come
connotato necessitato della novità degli Istituti di risoluzione alternativa
delle controversie, giustifica ampiamente la compensazione delle spese
processuali.
PQM
Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente
pronunciando, disattesa o assorbita ogni diversa, istanza, eccezione e
deduzione così provvede:
a. dichiara improcedibile la domanda;
b. compensa le spese processuali.
Roma, 10 ottobre 2017
Il giudice
Dott.ssa Massimiliana Battagliese