DIRITTO D'AUTORE


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29 ottobre 2021

41/21. Azione per inadempimento degli obblighi scaturenti dal contratto preliminare di vendita: mediazione obbligatoria? (Osservatorio Mediazione Civile n. 41/2021)

=> Tribunale di Milano, 13 aprile 2021 

L'eccezione di improcedibilità del giudizio per mancato esperimento della procedura di mediazione obbligatoria è infondata perché i giudizi aventi ad oggetto un’azione per inadempimento degli obblighi scaturenti dal contratto preliminare di vendita, non rientrano tra le ipotesi soggette alla mediazione obbligatoria. Infatti la presente controversia ha ad oggetto l'inadempimento alla stipulazione di un contratto di compravendita immobiliare, che non rientra nella categoria dei diritti reali ma, al contrario, in quella dei rapporti obbligatori e di conseguenza la controversia non è soggetta alla mediazione obbligatoria ex art. 5, d.lgs. 28/2010. (I).  

(I) Si veda l’art. 5, comma 1-bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 41/2021
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Tribunale di Milano
Sentenza
13 aprile 2021

Omissis

Devono innanzitutto essere esaminate le eccezioni preliminari di parte convenuta, che devono essere respinte in quanto infondate.

L'eccezione di improcedibilità del giudizio per mancato esperimento della procedura di mediazione obbligatoria è infondata perché i giudizi aventi ad oggetto un’azione per inadempimento degli obblighi scaturenti dal contratto preliminare di vendita, non rientrano tra le ipotesi soggette alla mediazione obbligatoria. Infatti la presente controversia ha ad oggetto l'inadempimento alla stipulazione di un contratto di compravendita immobiliare, che non rientra nella categoria dei diritti reali ma, al contrario, in quella dei rapporti obbligatori e di conseguenza la controversia non è soggetta alla mediazione obbligatoria ex art. 5 d.lgs 28/2010.

L'eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Milano in favore del Tribunale di Aosta è infondata perché le parti, con l'art. 11 del preliminare, ove hanno convenuto la competenza del foro di Milano “per ogni controversia relativa alla interpretazione ed esecuzione del contratto”, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 28 e 29 cpc, hanno chiaramente introdotto un foro alternativo in aggiunta a quelli ordinari.

E' infondata anche l'ulteriore eccezione di incompetenza territoriale secondo la quale la clausola 11 del contratto preliminare attribuiva al Tribunale di Milano solo la competenza a conoscere “ogni controversia relativa alla interpretazione ed esecuzione di questo contratto” e non quelle attinenti la risoluzione del contratto preliminare che esulano dal concetto di interpretazione ed esecuzione del contratto. La clausola non deve, infatti, essere interpretata in senso letterale/restrittivo perché in sede di stipula della clausola, considerate le esigenze di sintesi, le espressioni usate non assumono lo scopo di circoscrivere il contenuto analitico della clausola stessa. Una controversia in tema di “interpretazione” del contratto è necessariamente collegata ad una lite sull’adempimento oppure sulla validità o sull’efficacia del contratto medesimo; una vertenza in tema di “esecuzione” è normalmente connessa ad una domanda di risoluzione del contratto e di condanna al risarcimento danni. Una interpretazione restrittiva della clausola comporterebbe la possibilità di sottoporre a diversi giudici, anche contestualmente, la decisione di questioni strettamente collegate tra loro “interpretazione ed esecuzione del contratto” e “risoluzione del contratto” con una dilatazione dei tempi di giudizio e rischio di giudicati contrastanti. Infatti, qualora, in presenza di una siffatta clausola, una delle parti volesse agire per ottenere la risoluzione del contratto ed il risarcimento danni e l’altra eccepisse la nullità del contratto stesso, un’interpretazione letterale restrittiva della clausola imporrebbe irragionevolmente alle parti di ricorrere ad altro giudice solo per interpretare il contratto e verificarne la validità o meno. In definitiva, in assenza di specifica esclusione, deve ritenersi che le parti abbiano inteso devolvere al Tribunale di Milano, quale foro alternativo, tutte le controversie, contrattuali e non, derivanti, in modo diretto o indiretto, dal contratto.

L'eccezione di nullità del contratto preliminare inter partes per la mancata consegna della fideiussione ai sensi dell'ex art. 2 d.lg. n. 122/2005 sembra essere stata rinunciata nelle conclusioni e negli scritti conclusivi e comunque è infondata. Infatti, in linea generale, una lettura sistematica e teleologica del d.lg. n. 122/2005 fa propendere per una interpretazione estensiva della normativa la quale deve trovare applicazione, non solo alle costruzioni ex novo, ma, anche alle ristrutturazioni edilizie c.d. maggiori, ossia a quegli interventi complessi, come quello oggetto di causa, incidenti sugli elementi tipologici, strutturali e formali, dell’immobile, tali da determinare una vera e propria "trasformazione" radicale del bene preesistente. Ciò posto, è però insussistente nel caso in esame la invocata nullità del preliminare per l'omesso rilascio della fideiussione considerato che il Legislatore agli art. 2 e 3 del D. Lgs. 122/05 ha previsto l'obbligo per il venditore di garantire la restituzione delle somme versate dall’acquirente tramite la conclusione di un contratto di fideiussione per l'ipotesi in cui il costruttore dovesse risultare incapiente prima del compimento dell’opera, ma, nel caso di specie, è assolutamente pacifico che la convenuta Be. non ebbe a versare alcuna somma e di conseguenza non gli era dovuta alcuna fideiussione.

Anche l'eccezione di nullità del contratto preliminare inter partes per difetto di forma ex lege è infondata. L'art 6 del D. Lgs. 122/05 invocato dalla convenuta, ove prevede la forma dell'atto pubblico o scrittura privata autenticata, è entrato in vigore il 16 marzo 2019 e non trova applicazione per i contratti già in essere per i quali era stato già chiesto il titolo abilitativo, come quello oggetto di causa.

Nel merito, la domanda attorea è fondata  omissis. 

PQM 

Il Tribunale di Milano omissis: dichiara la risoluzione di diritto ex art. 1456 c.c. del contratto preliminare di compravendita omissis; condanna la convenuta a rimborsare in favore di omissis s.r.l. le spese di registrazione del contratto per complessivi € 364,36, oltre interessi al tasso legale dal 27.3.2019 al saldo; condanna parte convenuta a rimborsare in favore di omissis s.r.l. le spese condominiali per complessivi euro 5.254,37, oltre a quelle che risulteranno dovute fino alla data di rilascio, oltre agli interessi al tasso legale dal 27.3.2019 al saldo;condanna parte convenuta al risarcimento del danno per l'occupazione sine titolo in favore di omissis s.r.l. nella misura di euro 6.360,00 (Euro 265,00 mensili per 24 mesi), oltre alle successive mensilità dall’aprile 2021 al rilascio effettivo, ed agli interessi al tasso legale dalle singole scadenze mensili sino al saldo; condanna la convenuta omissis alla rifusione delle spese del giudizio a favore di omissis s.r.l., che liquida in € 9.650,00 per compensi, € 545,00 per spese, oltre 15% spese generali, IVA e CPA come per legge.

 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

9 aprile 2021

18/21. Vendita a rate con riserva della proprietà, acquirente inadempiente, domanda di restituzione del bene: mediazione obbligatoria? (Osservatorio Mediazione Civile n. 18/2021)

=> Tribunale di Roma, 12 novembre 2020

L'azione diretta a far valere il diritto alla restituzione di un bene oggetto di un contratto di vendita a rate con riserva della proprietà, nei confronti dello acquirente inadempiente all'obbligazione di pagamento del prezzo, ha natura non di azione reale di rivendica, bensì di azione contrattuale personale. Pertanto, la controversia non rientra tra quelle sottoposte alla mediazione obbligatoria (I).

(I) Si veda l’art. 5, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 18/2021
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Tribunale di Roma
Sentenza
12 novembre 2020
Omissis

Preliminarmente si osserva che la presente controversia non rientra tra quelle sottoposte alla mediazione obbligatoria, atteso che l’azione diretta a far valere il diritto alla restituzione di un bene oggetto di un contratto di vendita a rate con riserva della proprietà, nei confronti dello acquirente inadempiente all’obbligazione di pagamento del prezzo, ha natura non di azione reale di rivendica, bensì di azione contrattuale personale.

Ciò premesso, in tema di prova dell’inadempimento il creditore che agisce per l’adempimento contrattuale deve soltanto provare la fonte del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto e tempestivo adempimento (per tutte, Cass. civ., Sez. un., 30/10/2001, n. 13533).

Nel caso in esame parte attrice ha documentato con il contratto e la documentazione in atti il titolo del diritto vantato, mentre i convenuti, non hanno invece provato, come era loro specifico onere, il pagamento tempestivo delle rate dovute, non contestando neanche il relativo inadempimento, anzi ammettendolo per euro 80.000,00, il quale non può essere giustificato da una invocata generica situazione di crisi economica.

Ne conseguono la risoluzione del contratto per grave inadempimento, anche ai sensi della clausola risolutiva espressa di cui all’art. 8.1) del contratto di compravendita, stante l’inapplicabilità dell’art. 1525 c.c. il quale prevede l’inadempimento occasionale di una sola rata mentre nel caso in esame le rate sono almeno due e vi è inadempimento continuato e non episodico (vedi allegato alla memoria ex art. 183 di omissis), la condanna alla restituzione del terreno ed il diritto a trattenere le rate già versate a titolo di indennità previsto dall’art. 8.2) sempre del contratto.

Non può essere accolta la domanda di indennità per i miglioramenti, non provati e, in ogni caso, soggetti ad autorizzazione scritta e nulla osta ex art. 7.4) del contratto.

Le spese processuali seguono la soccombenza.

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunciando: dichiara il contratto risolto per grave inadempimento di omissis; condanna omissis all’immediato rilascio del omissis; c) accerta il diritto dell’ omissis a trattenere a titolo di indennità le rate già versate; condanna omissis al pagamento in solido delle spese processuali pari ad euro 2.100,00 per compensi ed euro 1.200,00 per spese, oltre iva, cpa e spese generali.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

8 gennaio 2019

1/19. Preliminare di compravendita, azione ex art. 2932 c.c. volta a produrre gli effetti del contratto di vendita non concluso, mediazione obbligatoria (Osservatorio Mediazione Civile n. 1/2019)

=> Tribunale di Teramo, 19 dicembre 2018 n. 912

*Pronuncia segnalata in esclusiva all’Osservatorio
dall'Avv. Giuseppe Fagotti (foro di Teramo)

Qualora, stipulato un contratto preliminare di compravendita immobiliare e versato anticipo e caparra confirmatoria, si deduca in giudizio la mancata stipula del rogito definitivo di vendita per fatto e colpa della parte promissaria venditrice, invocando la pronuncia di una sentenza ex art. 2932 c.c. volta a produrre gli effetti del contratto di vendita non concluso, va affermato che, atteso il carattere lato dell'espressione "azione relativa a controversia in materia di diritti reali" contenuta nel comma 1 bis dell'art. 5, D.lgs 28/2010, la controversia afferisce a diritti reali essendo comunque l'eventuale pronuncia ex art. 2932 cc.c. una pronuncia costitutiva atta a tenere luogo degli effetti (nella specie, reali) del contratto definitivo di compravendita non concluso. Pertanto, per quanto, in generale, l’azione diretta all’esecuzione specifica dell’obbligo di stipulare ex art. 2932 c.c. sia diretta a far valere un diritto di obbligazione nascente da un contratto al fine di conseguire una pronuncia che tenga luogo degli effetti del contratto non concluso, assumendo pertanto connotati di azione personale e non propriamente reale, deve rilevarsi come, nella specifica fattispecie qui oggetto di vaglio, la sentenza costitutiva invocata fosse destinata a disporre il trasferimento del bene di cui in atti e dunque a tenere luogo di un contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà, con la conseguenza della inevitabile rilevanza del diritto reale anche sul piano dell'oggetto della domanda (o della causa petendi). Trova dunque applicazione la disciplina della mediazione c.d. obbligatoria, con la conseguenza che qualora l’attore non abbia avviato il procedimento di mediazione non risulta integrata la condizione di procedibilità della domanda (I).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 1/2019

Tribunale di Teramo
Sentenza
19 dicembre 2018 n. 912

Omissis

A ha evocato in giudizio B, in proprio e quale erede di ---, e premesso di avere stipulato, appunto, con B e con --- (quest'ultimo successivamente deceduto), un contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto due piccoli appezzamenti di terreno siti in Martinsicuro, e come meglio specificati in atti, e di avere versato in favore della parte promissaria venditrice, in ossequio all'articolo 3 del contratto in parola, la somma di euro 1000,00 a titolo di anticipo di pagamento e caparra confirmatoria, ha dedotto la mancata stipula del rogito definitivo di vendita per fatto e colpa della medesima parte promissaria venditrice, rimasta immotivatamente indifferente ai molteplici solleciti rivoltile.
Sulla base di tali premesse, l'attrice ha dunque invocato la pronuncia di una sentenza ex articolo 2932 codice civile volta a produrre gli effetti del contratto di vendita non concluso.
Ha resistito al giudizio, B, in proprio e quale erede di ---, il quale ha, in via preliminare, eccepito l'improcedibilità della domanda attrice per mancato previo esperimento del procedimento di mediazione, eccependo, nel merito: 1) l'inammissibilità della domanda in parola -in considerazione del ricorrere, nella specie, di una vendita- e, comunque, la non accoglibilità della medesima domanda in mancanza dell'inadempimento dedotto in causa come imputabile alla parte promissaria venditrice; 2) la nullità della scrittura privata inter partes in quanto non corredata del certificato di destinazione urbanistica.
Sulla base di tali assunti difensivi, il convenuto ha pertanto richiesto la condanna dell'attrice alla restituzione dei terreni per cui è causa, e, dichiarato di non opporsi alla stipula del definitivo, la condanna della medesima attrice al pagamento del residuo prezzo, oltre interessi e rivalutazione e oltre rimborso delle spese per tasse ed imposte (anche successorie) pagate.
All'udienza del 29.11.2017 la scrivente ha assegnato all'attrice termine di giorni 15 per la l'avvio della procedura di mediazione.
All'udienza successivamente svoltasi il convenuto ha dato atto del mancato avvio della procedura di mediazione ed ha insistito, in via esclusiva, nella richiesta di declaratoria di improcedibilità della domanda attrice, instando, altresì, per la condanna della controparte al pagamento di spese di lite e danni, anche per lite temeraria o abuso del processo ai sensi dell'articolo 96 Codice di procedura civile, lamentando inoltre la violazione dei doveri di lealtà e probità di cui all’articolo 88 Codice di procedura civile
La causa è dunque pervenuta all'odierna udienza, fissata dalla scrivente ai sensi dell'articolo 281 sexies Codice di procedura civile , ove è stata discussa come da verbale.
Deve anzitutto delibarsi in merito all'eccezione di improcedibilità sollevata dal convenuto.
Orbene, atteso il carattere lato dell'espressione "azione relativa a controversia in materia di diritti reali" contenuta nel comma 1 bis dell'articolo 5 D. lgs 28/2010, è da ritenere che la presente controversia, aderendo alla prospettazione dedotta in causa dall'attrice, afferisca a diritti reali essendo comunque l'eventuale pronuncia ex articolo 2932 codice civile una pronuncia costitutiva atta a tenere luogo degli effetti, (nella specie, reali) del contratto definitivo di compravendita non concluso.
Pertanto, per quanto, in generale, l’azione diretta all’esecuzione specifica dell’obbligo di stipulare ex art. 2932 codice civile sia diretta a far valere un diritto di obbligazione nascente da un contratto al fine di conseguire una pronuncia che tenga luogo degli effetti del contratto non concluso, assumendo pertanto connotati di azione personale e non propriamente reale, deve rilevarsi come, nella specifica fattispecie qui oggetto di vaglio, la sentenza costitutiva invocata fosse destinata a disporre il trasferimento del bene di cui in atti e dunque a tenere luogo di un contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà, con la conseguenza della inevitabile rilevanza del diritto reale anche sul piano dell'oggetto della domanda (o della causa petendi).
Ciò chiarito, e posto che parte attrice non ha pacificamente avviato il procedimento di mediazione e, dunque, non ha adempiuto all'attività necessaria ad integrare la condizione di procedibilità della domanda introdotta in causa, va da sè che detta domanda deve essere dichiarata improcedibile.
Quanto al governo delle spese di lite, deve rilevarsi come, in astratto, le stesse andrebbero poste a carico di parte attrice tecnicamente soccombente in ordine alla domanda introdotta in giudizio.
Tuttavia -e ferma restando la estrema genericità della richiesta di danni avanzata dal convenuto- la considerazione delle dichiarazioni rese da parte attrice medesima a proposito del fatto di non essere più in grado di pagare il residuo prezzo del frustolo di terreno per cui è causa e di essere costretta a vendere l'appartamento di cui detto terreno costituisce pertinenza e, soprattutto, a proposito della dichiarata disponibilità a rinunciare all'acconto già versato (cfr. verbale di udienza del 28.11.2018, richiamato oggi in sede di discussione orale della causa), oltre a far escludere che la condotta processuale della stessa possa dirsi caratterizzata da connotati di temerarietà, permeata da finalità di abuso del processo e idonea a contrastare con i principi di lealtà e probità di cui all’articolo 88 Codice di procedura civile, giustifica la integrale compensazione delle spese di lite.

PQM

Definitivamente pronunciando nella causa indicata in epigrafe, ogni altra domanda ed eccezione disattesa: dichiara improcedibile la domanda svolta dall'attrice; rigetta la richiesta di danni avanzata dal convenuto, anche ai sensi dell'articolo 96 cpc; compensa integralmente le spese di lite.

Così deciso in Teramo, all'esito della camera di consiglio del 19.12.2018
IL GIUDICE
dott. Eloisa Angela Imbesi

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità. 

30 marzo 2016

27/16. Usucapione, nuovo art. 2643 c.c. e inopponibilità ai terzi: gli accordi di mediazione, anche se trascritti, non sono assimilabili alle sentenze (Osservatorio Mediazione Civile n. 27/2016)

=> Corte d’appello di Reggio Calabria, 12 novembre 2015

Sebbene l’art.84 bis d.l. 21 giugno 2013 n. 69, conv. in l. 9 agosto 2013 n. 98 abbiamodificato l’art. 2643 c.c., nel senso di includere tra gli atti soggetti a trascrizione gli “accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”, gli accordi di conciliazione, anche se trascritti, non sono assimilabili alle sentenze di accertamento dell’usucapione, essendo inopponibili ai terzi che vantano titoli anteriormente trascritti o iscritti che in qualche modo possano essere pregiudicati dagli accordi medesimi (difatti, sia che si ritenga che il n.12 bis non abbia fatto altro che esplicitare una soluzione interpretativa già evincibile dal sistema, sia che si concluda che la norma sia del tutto innovativa e che il verbale di conciliazione sia divenuto solo ora trascrivibile, resta fermo che lo stesso non è comunque assimilabile, quanto agli effetti, alla sentenza di accertamento dell’usucapione, la cui trascrizione è disciplinata dall’art. 2651 c.c. Ed infatti, all’acquisto a titolo di usucapione accertato con sentenza, che è - come è noto - un acquisto a titolo originario, non si applica il principio della continuità delle trascrizioni, sancito dall’art. 2650 c.c., e la trascrizione della relativa sentenza, ai sensi dell’art. 2651 c.c., ha valore di mera pubblicità notizia. Gli accordi conciliativi in materia di usucapione, invece, rientrano tra gli atti ed i contratti elencati nell’art. 2643 c.c., per i quali gli effetti della pubblicità sono regolati non dall’art. 2651 c.c., bensì dalle norme degli artt. 2644 c.c. e 2650 c.c., che si improntano al principio della continuità delle trascrizioni che sorregge il sistema della pubblicità con riferimento agli acquisti derivativo-traslativi) (I).
  

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 27/2016

Corte d’Appello di Reggio Calabria
Sentenza
12 novembre 2015

Omissis

Con l’unico motivo di impugnazione, l’appellante si duole del rigetto dell’opposizione proposta, ribadendo di aver dato la prova del proprio diritto di proprietà sul bene immobile oggetto della procedura esecutiva immobiliare, attraverso la produzione del verbale di conciliazione giudiziale del 5 maggio 2008, e richiamando il principio giurisprudenziale secondo cui l’acquisto per usucapione prevale sull’acquisto a titolo derivativo a prescindere dall’anteriorità della trascrizione della sentenza che accerta l’usucapione o della relativa domanda rispetto alla trascrizione del titolo derivativo, nonché il correlato orientamento, secondo cui in sede di opposizione di terzo all’usucapione immobiliare, il terzo è legittimato a far valere la proprietà o altro diritto reale sul bene pignorato anche se tali situazioni non siano state giudizialmente accertate, per cui lo stesso terzo le può far ben valere rispetto ad un bene che assuma di avere già acquistato al momento dell’opposizione per effetto di usucapione, non incidendo, a sua volta, su tale acquisto l’esecuzione del pignoramento immobiliare e potendo, quindi, il termine ventennale utile a consolidarlo venire a maturazione anche successivamente al pignoramento medesimo.
Assume altresì l’appellante che la fondatezza dell’opposizione proposta è ulteriormente confermata dalla norma contenuta nel n. 12 bis dell’art. 2643 c.c., a mente del quale le parti di un procedimento di mediazione avente ad oggetto la domanda di usucapione di un bene possono accordarsi davanti ad un mediatore e successivamente trascrivere l’accordo, norma che espressamente prevede la trascrivibilità del verbale di conciliazione con efficacia ex tunc.
L’appello (sia pure ammissibile ex art. 342 c.p.c. novellato, a differenza di quanto eccepito dalla omissis, dal momento che sono individuate con sufficiente chiarezza le statuizioni investite dall'impugnazione ed è evincibile, alla luce delle argomentazioni svolte nell’atto, il contenuto della nuova valutazione richiesta al giudice di secondo grado) non è meritevole di accoglimento.
Osserva, anzitutto, la Corte che correttamente il Tribunale (avuto riguardo alle disposizioni vigenti al momento della pronuncia) non ha considerato efficace nei confronti del creditore pignorante e del creditore ipotecario il verbale di conciliazione giudiziale del 5 maggio 2008, in applicazione dell’orientamento della giurisprudenza di merito, secondo cui tale verbale assume il valore di un mero negozio di accertamento, finalizzato a rimuovere l'incertezza tra le parti circa i fatti a fondamento dell'acquisto per usucapione, nel senso di dispensare la parte a favore della quale il riconoscimento è stato compiuto dall'onere di provare il rapporto come accertato e ponendo a carico della parte che ha compiuto il riconoscimento l'onere della prova contraria.
Da qui l’esclusione della trascrivibilità sia in forza della disposizione normativa di cui all'art. 2643 c.c. (nel testo ante riforma del 2013, su cui v. infra), non realizzando il verbale in parola un effetto modificativo, estintivo o costitutivo di diritti reali immobiliari, sia ai sensi dell'art. 2651 c.c., atteso che tale norma prevede la trascrizione solo della sentenza accertativa dell’usucapione, che non è paragonabile all’accordo conciliativo, poiché “la pronuncia giudiziale di accertamento dell'usucapione contiene un accertamento valevole "erga omnes" nel senso che la valutazione giuridica del rapporto operata dal giudice che ha pronunciato la sentenza, pur non esplicando tra la parte ed il terzo rimasto estraneo al giudizio la forza di giudicato nell'aspetto tipico considerato dall'art. 2909 c.c. fa parte tuttavia di quell'affermazione obiettiva di verità i cui effetti anche i terzi sono tenuti a subire (così Cass. 10435/03, Cass. 7557/03)” (Trib. Catania, I marzo 2012; conf. Trib. Roma, 8 febbraio 2012).
Ciò detto, è pur vero che, come sottolinea l’appellante, nelle more il quadro normativo è mutato, avendo l’art. 84 bis d.l. 21 giugno 2013 n. 69, conv. in l. 9 agosto 2013 n. 98, modificato l’art. 2643 c.c., nel senso di includere tra gli atti soggetti a trascrizione gli “accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato” (v. n. 12 bis).
La nuova disciplina, tuttavia, non è suscettibile di condurre ad una diversa soluzione della controversia, e ciò in quanto, sia che si ritenga che il n. 12 bis non abbia fatto altro che esplicitare una soluzione interpretativa già evincibile dal sistema, sia che si concluda che la norma sia del tutto innovativa e che il verbale di conciliazione sia divenuto solo ora trascrivibile, resta fermo che lo stesso non è comunque assimilabile, quanto agli effetti, alla sentenza di accertamento dell’usucapione, la cui trascrizione è disciplinata dall’art. 2651 c.c.
Ed infatti, all’acquisto a titolo di usucapione accertato con sentenza, che è - come è noto - un acquisto a titolo originario, non si applica il principio della continuità delle trascrizioni, sancito dall’art. 2650 c.c., e la trascrizione della relativa sentenza, ai sensi dell’art. 2651 c.c., ha valore di mera pubblicità notizia.
Gli accordi conciliativi in materia di usucapione, invece, rientrano tra gli atti ed i contratti elencati nell’art. 2643 c.c., per i quali gli effetti della pubblicità sono regolati non dall’art. 2651 c.c., bensì dalle norme degli artt. 2644 c.c. e 2650 c.c., che si improntano al principio della continuità delle trascrizioni che sorregge il sistema della pubblicità con riferimento agli acquisti derivativo-traslativi.
Di conseguenza, gli accordi di conciliazione, anche se trascritti, non sono assimilabili alle sentenze di accertamento dell’usucapione, essendo inopponibili ai terzi che vantano titoli anteriormente trascritti o iscritti che in qualche modo possano essere pregiudicati dagli accordi medesimi.
E’ quindi da escludere che il verbale di conciliazione in tema di usucapione possa avere effetti liberatori (cd. usucapio libertatis) sul bene usucapito, non potendosi opporre ai terzi estranei all’accordo l’acquisto a titolo originario del bene e la retroattività degli effetti dell’usucapione.
In altre parole, come si è osservato in dottrina, mentre la sentenza di usucapione ha la forza di radicare un diritto nuovo in capo all’usucapiente al quale i terzi non possono opporre i loro diritti in base alle regole fissate negli artt. 2644 c.c. e 2650 c.c., l’accordo conciliativo attribuisce all’usucapiente un diritto che può far valere nei confronti dei terzi nei limiti dei diritti spettanti all’usucapito e nel rispetto delle regole sulla continuità delle trascrizioni, sicché tale accordo non può in alcun modo danneggiare terzi soggetti estranei al medesimo che vantino legittimi titoli anteriormente trascritti o iscritti (il che del resto ben si comprende tenuto conto della diversa garanzia che è in grado di assicurare la sentenza di usucapione rispetto all’accordo conciliativo).
Ne discende che agli accordi de quibus non si applica il consolidato orientamento giurisprudenziale (richiamato dall’appellante), secondo cui in caso di conflitto tra avente causa del precedente proprietario ed usucapiente non prevale chi ha trascritto per primo il suo titolo di acquisto, ma prevale colui che ha acquistato a titolo originario anche in caso di mancata trascrizione della sentenza di accertamento (dato il valore di mera pubblicità notizia assegnato alla pubblicità di cui all’art. 2651 c.c.).
Gli accordi con cui si accerta l’usucapione non sono infatti, come già detto, opponibili a terzi che vantino pretese nei confronti del soggetto usucapito ovvero sui beni oggetto di accertamento, in forza di un titolo trascritto o iscritto anteriormente agli accordi medesimi Precisamente, l’operatività del meccanismo regolato dall’art. 2644 c.c. impone che sia rispettato il principio della continuità delle trascrizioni ex art. art. 2650 c.c. e, quindi, che il titolo di ciascun avente causa (ivi compreso colui che assume di aver usucapito) trovi corrispondenza e giustificazione in un titolo trascritto a favore del dante causa. In assenza di un titolo di proprietà (ovvero di altro diritto reale, a seconda delle ipotesi) trascritto a favore del dante causa le trascrizioni successive e, dunque, anche la trascrizione dell’accordo accertativo dell’usucapione, avranno effetto, secondo il disposto del 2° comma dell’art. 2650 c.c., solo allorquando l’atto anteriore di acquisto sarà trascritto. Trascritto il titolo di proprietà, le Successive trascrizioni o iscrizioni produrranno effetto secondo il loro ordine rispettivo, nel rispetto dei principi di cui all’art. 2644 c.c.
Ed allora, data la differenza sostanziale tra gli effetti della pubblicità della sentenza di usucapione e gli effetti della pubblicità degli accordi conciliativi, è di tutta evidenza che il verbale di conciliazione in esame, anche se venisse trascritto, non sarebbe in ogni caso opponibile né al creditore pignorante né al creditore ipotecario.
Non essendovi pertanto spazio per l’invocata riforma della sentenza impugnata, l’appello deve essere rigettato.
Dato l’esito dell’impugnazione, deve condannarsi l’appellante al pagamento delle spese del grado, che si liquidano in favore di ciascuna delle controparti costituite come da dispositivo, in applicazione dei parametri previsti dal D.M. n. 55/2014 (e non anche delle spese del giudizio davanti al Tribunale, che sono state per intero compensate, attesa la mancata proposizione di appello incidentale sul punto).
Deve infine darsi atto, ex art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, che sussistono i presupposti per il versamento da parte dell’appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione.

PQM

La Corte di appello di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sull’appello proposto, avverso la sentenza omissis, così provvede: rigetta l’appello; condanna l’appellante a rifondere a ciascuna delle controparti costituite le spese del grado, che liquida in €1.960,00 per la fase di studio, €1.350,00 per la fase introduttiva ed €1.652,50 per la fase decisoria, oltre rimborso forfetario CPA ed IVA come per legge; ex art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte dell’appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

22 settembre 2015

41/15. Mediazione e negoziazione assistita in tema di diritti reali e risarcimento danni (Osservatorio Mediazione Civile n. 41/2015)

=> Tribunale di Verona, 25 giugno 2015

Qualora siano proposte due domanda, una – in tema di diritti reali - rientrante nella disciplina della mediazione obbligatoria, ed una relativa al risarcimento dei danni patiti per effetto della condotta censurata nella prima domanda, ma – in quanto non attinente la lesione della componente non patrimoniale del diritto di cui alla prima domanda – non soggetta alla mediazione obbligatoria ex art. 1-bis. D.lgs. n. 28/2010, è opportuno, al fine evitare di separare le due domande per consentire lo svolgimento del procedimento di mediazione sulla prima, demandare alla mediazione anche la controversia sul danno in applicazione del disposto dell’art. 5, comma 2 d. lgs. 28/2010.

La domanda per il risarcimento dei danni indeterminata nel quantum non è soggetta a negoziazione assistita obbligatoria ai sensi dell’art. 3, comma 1 d.l. 132/2014, convertito dalla legge 162/2014.




Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 41/2015

Tribunale di Verona
ordinanza
25 giugno 2015

Omissis

Rilevato che

gli attori, con atto di citazione notificato in data 11 marzo 2015, hanno convenuto in giudizio davanti a questo Tribunale il --- per sentirlo condannare al ripristino dello status quo ante di un’area cortiva, originariamente destinata a giardino, e la cui proprietà spetta in comune ad attori e convenuto che quest’ultimo aveva trasformato in parcheggio;
gli attori hanno anche avanzato domanda di condanna del convenuto al risarcimento dei danni non patrimoniali, da determinarsi in corso di causa, che hanno assunto di aver patito per effetto della predetta condotta, sul presupposto che essa avrebbe determinato un cambiamento delle loro abitudini di vita;
la prima delle predette domande ha introdotto una controversia in materia di diritti reali che, ai sensi dell’art. 5, comma 1 bis d. lgs. 28/2010, è soggetta a mediazione obbligatoria;
tale considerazione non vale per l’altra domanda, proposta dagli attori, atteso che essa attiene non già alla lesione della componente non patrimoniale del diritto reale di cui gli stessi sono titolari ma alla lesione del loro diritto alla salute;
peraltro essa, essendo indeterminata nel quantum, non è nemmeno soggetta a negoziazione assistita obbligatoria ai sensi dell’art. 3, comma 1 d.l. 132/2014, convertito dalla la legge 162/2014, che è entrato in vigore il 9 febbraio di quest’anno;
alla luce delle superiori considerazioni la domanda risarcitoria andrebbe separata da quella fondantesi sul diritto di comunione per consentire lo svolgimento del procedimento di mediazione su quest’ultima ma tale soluzione rischierebbe di compromettere ab origine la prospettiva conciliativa poiché le parti si troverebbero a trattare di una parte solamente della complessiva controversia tra loro pendente;
per ovviare a tale inconveniente è opportuno demandare alla mediazione anche la controversia sul danno lamentato dagli attori in applicazione del disposto dell’art. 5, comma 2 d. lgs. 28/2010.

PQM

Fissa alle parti il termine di quindici giorni dalla comunicazione del presente provvedimento per presentare l’istanza di mediazione in relazione alla controversia sul diritto di comunione.
Dispone la mediazione sulla controversia risarcitoria fissando a tal fine alle parti il medesimo termine sopra indicato e rinvia la causa all’udienza del ---.


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

27 marzo 2014

20/14. Consiglio Nazionale del Notariato, studio sulla trascrizione dell’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione (Osservatorio Mediazione Civile n. 20/2014)

Il Consiglio Nazionale del Notariato ha recentemente pubblicato uno studio avente ad oggetto la trascrizione dell’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione (Studio n. 718-2013/C. Approvato dall'Area Scientifica - Studi Civilistici il 24 ottobre 2013 Approvato dal CNN il 31 gennaio 2014).

Lo Studio, in particolare, affronta le seguenti tematiche:
  1. Le novità del decreto del fare in tema di accordi di mediazione accertativi dell’usucapione;
  2. Gli orientamenti della giurisprudenza che hanno preceduto la nuova disposizione;
  3. La qualificazione giuridica dell’atto di accertamento. Presupposti dell’atto di accertamento;
  4. Rapporti tra usucapente ed usucapiti. L’usucapione come titolo di acquisto originario;
  5. L’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione come negozio con causa transattiva in senso lato;
  6. Conclusioni.

Riportiamo di seguito le conclusioni dello Studio in parola, così come pubblicate sul sito web del Consiglio Nazionale del Notariato, ove è possibile consultare il documento completo.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 20/2014

Consiglio Nazionale del Notariato
Studio n. 718-2013/C
La trascrizione dell’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione
Approvato dall'Area Scientifica - Studi Civilistici il 24 ottobre 2013
Approvato dal CNN il 31 gennaio 2014.

Lo studio in sintesi (Abstract): Prima dell’innovazione normativa introdotta dal n. 12-bis
dell’art. 2643 cod. civ. l’usucapione era una modalità di acquisto a titolo originario il cui ingresso, nel
sistema della pubblicità immobiliare, richiedeva una pronuncia giudiziaria la cui trascrizione, regolata
dall’art. 2651 cod. civ., aveva valore di pubblicità notizia; con l’introduzione del cit. n. 12-bis nel
sistema della pubblicità immobiliare l’usucapione si pone al centro di una pluralità di fattispecie che
realizzano effetti diversi, le une dalle altre, tra le parti e rispetto ai terzi e, così, in via esemplificativa:
- l’usucapione potrà essere oggetto di una pronuncia giudiziaria e la sua trascrizione produrrà
gli effetti previsti dall’art. 2651 cod. civ.
- potrà essere oggetto di un accordo accertativo e la sua pubblicità, ex n. 12-bis dell’art. 2643
cod. civ. avrà gli effetti di cui all’art. 2644 cod. civ. laddove sia rispettato il principio della
continuità delle trascrizioni;
- potrà essere oggetto di un accordo accertativo e la sua pubblicità, ex n. 12-bis dell’art. 2643
cod. civ., avrà meri effetti prenotativi, ai sensi dell’art. 2650 cod. civ., laddove il soggetto
usucapito che ha sottoscritto l’accordo non risulti legittimato in base ad un titolo debitamente
trascritto nei registri immobiliari;
- l’usucapione potrà essere oggetto di un atto negoziale di mero accertamento, anche al di fuori
di una procedura conciliativa, con effetti meramente preclusivi che potrà essere trascritto ai
sensi dell’art. 2645 cod. civ. che ha arricchito il suo contenuto in ragione dell’introduzione del n.
12-bis dell’art. 2643 cod. civ.;
- il riconoscimento dell’usucapione potrà essere oggetto di un accordo transattivo soggetto a
trascrizione ai sensi del n. 13 dell’art. 2643 cod. civ. ed i cui effetti saranno regolamentati dagli
artt. 2644 e 2650 cod. civ.
Pur in presenza di una pluralità di fattispecie, alcune delle quali poste in essere dall’autonomia
privata, l’usucapione mantiene la sua caratteristica fondamentale di effetto legale e non negoziale di
acquisto della proprietà; l’accordo conciliativo, quindi, non avrà ad oggetto il trasferimento di diritti ma avrà ad oggetto l’accertamento tra le parti dei presupposti su cui si fonda l’usucapione con effetti
preclusivi rispetto, ai fatti accertati, tra le parti stesse e loro aventi causa.
L’applicazione delle regole sugli acquisti a titolo derivativo all’accordo conciliativo accertativo
dell’usucapione si risolve, in buona sostanza, in un ibrido con conseguenze tra le parti e rispetto ai
terzi significativamente diverse rispetto al medesimo accertamento contenuto in una sentenza.
In assenza di un titolo di proprietà (ovvero di altro diritto reale, a seconda delle ipotesi)
trascritto a favore del dante causa le trascrizioni successive e, quindi, anche la trascrizione
dell’accordo accertativo dell’usucapione, avranno effetto, secondo il disposto del 2° comma dell’art.
2650 c.c., solo allorquando l’atto anteriore di acquisto sarà trascritto. Trascritto il titolo di proprietà,
le successive trascrizioni o iscrizioni produrranno effetto secondo il loro ordine rispettivo, nel rispetto
dei principi di cui all’art. 2644 c.c.
La soluzione del conflitto d’interessi tra presunto usucapiente e terzi, secondo il meccanismo
degli artt. 2644 c.c. e 2650 c.c. costituisce la differenza sostanziale tra gli effetti della pubblicità della
sentenza di usucapione, disciplinata dall’artt. 2651 cod. civ. e gli effetti della pubblicità dell’accordo
conciliativo de quo.
Nel sistema della pubblicità immobiliare l’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione, per
la sua collocazione all’interno dell’art. 2643 c.c., non sarà titolo idoneo a dare vita ad una nuova
catena di legittimi titoli di proprietà (o di altri diritti) da far valere erga omnes e con presunzione
assoluta rispetto ai terzi, ma sarà titolo di acquisto con gli effetti di cui agli artt. 2644 c.c. e 2650 c.c.
che, per volontà del Legislatore, dovrà collocarsi, per produrre i suoi effetti nei confronti dei terzi,
all’interno di una catena di legittimi titoli che troverà la sua origine in un diverso titolo di acquisto
originario.
Infine, per quanto riguarda gli aspetti riguardanti l’applicazione delle norme in tema di
prestazione energetica, urbanistica e di conformità catastale può affermarsi che mentre per il
suddetto accordo non trovano spazio applicativo le disposizioni riguardanti gli obblighi di dotazione e
di allegazione dell’attestato di prestazione energetica e le norme che impongono la verifica
dell’allineamento tra banca dati catastale e registri immobiliari (cd. conformità catastale soggettiva),
dovranno al contrario essere applicate e rispettate tutte le disposizioni riguardanti la materia
urbanistica-edilizia e quelle riguardanti la cd. conformità catastale oggettiva.

…omissis…

6. Conclusioni

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte possiamo affermare che prima dell’innovazione
normativa introdotta dal n. 12-bis dell’art. 2643 cod. civ. l’usucapione era una modalità di acquisto a
titolo originario il cui ingresso, nel sistema della pubblicità immobiliare, richiedeva una pronuncia
giudiziaria la cui trascrizione, regolata dall’art. 2651 cod. civ., aveva valore di pubblicità notizia; con
l’introduzione del cit. n. 12-bis nel sistema della pubblicità immobiliare l’usucapione si pone al centro
di una pluralità di fattispecie che realizzano effetti diversi, le une dalle altre, tra le parti e rispetto ai
terzi e, così, in via esemplificativa:
- l’usucapione potrà essere oggetto di una pronuncia giudiziaria e la sua trascrizione produrrà
gli effetti previsti dall’art. 2651 cod. civ.
- potrà essere oggetto di un accordo accertativo e la sua pubblicità, ex n. 12-bis dell’art. 2643
cod. civ. avrà gli effetti di cui all’art. 2644 cod. civ. laddove sia rispettato il principio della
continuità delle trascrizioni;
- potrà essere oggetto di un accordo accertativo e la sua pubblicità, ex n. 12-bis dell’art. 2643
cod. civ., avrà meri effetti prenotativi, ai sensi dell’art. 2650 cod. civ., laddove il soggetto
usucapito che ha sottoscritto l’accordo non risulti legittimato in base ad un titolo debitamente
trascritto nei registri immobiliari;
- l’usucapione potrà essere oggetto di un atto negoziale di mero accertamento, anche al di fuori
di una procedura conciliativa, con effetti meramente preclusivi che potrà essere trascritto ai
sensi dell’art. 2645 cod. civ. che ha arricchito il suo contenuto in ragione dell’introduzione del
n. 12-bis dell’art. 2643 cod. civ.;
- il riconoscimento dell’usucapione potrà essere oggetto di un accordo transattivo soggetto a
trascrizione ai sensi del n. 13 dell’art. 2643 cod. civ. ed i cui effetti saranno regolamentati dagli
artt. 2644 e 2650 cod. civ.
Pur in presenza di una pluralità di fattispecie, alcune delle quali poste in essere dall’autonomia
privata, va sottolineato che l’usucapione mantiene la sua caratteristica fondamentale di effetto
legale e non negoziale di acquisto della proprietà; l’accordo conciliativo, quindi, non avrà ad oggetto
il trasferimento di diritti ma avrà ad oggetto l’accertamento tra le parti dei presupposti su cui si
fonda l’usucapione con effetti preclusivi tra le parti stesse e loro aventi causa. Rispetto ai terzi,
invece, l’opponibilità dell’accordo stesso seguirà le regole degli acquisti a titolo derivativo disciplinati
dagli artt. 2644e 2650 cod. civ.
Di conseguenza un terzo potrà comunque far valere i propri diritti nei confronti del suo
legittimo dante causa disconoscendo l’accordo, sottoscritto in suo danno, tra le parti partecipanti
all’accordo stesso; si pensi, ad esempio, ad un creditore ipotecario dell’usucapito, ovvero a chi abbia
acquistato un diritto reale di godimento dall’usucapito. In buona sostanza l’accordo conciliativo non
è opponibile a terzi che vantino pretese nei confronti del soggetto usucapito ovvero sui beni oggetto
di accertamento, in forza di un titolo trascritto o iscritto anteriormente all’accordo conciliativo
secondo il meccanismo dell’art. 2644 c.c. che regola i conflitti d’interessi tra più aventi causa dal
medesimo soggetto. La soluzione del conflitto d’interessi regolata dall’art. 2644 c.c. impone che sia
rispettato il principio della continuità delle trascrizioni imposto dall’art. 2650 cod. civ. e, quindi, che il
titolo di ciascun avente causa (ivi compreso colui che assume di aver usucapito) trovi corrispondenza
e giustificazione in un titolo trascritto a favore del dante causa.
In assenza di un titolo di proprietà (ovvero di altro diritto reale, a seconda delle ipotesi)
trascritto a favore del dante causa le trascrizioni successive e, quindi, anche la trascrizione
dell’accordo accertativo dell’usucapione, avranno effetto, secondo il disposto del 2° comma dell’art.
2650 c.c., solo allorquando l’atto anteriore di acquisto sarà trascritto. Trascritto il titolo di proprietà,
le successive trascrizioni o iscrizioni produrranno effetto secondo il loro ordine rispettivo, nel
rispetto dei principi di cui all’art. 2644 c.c.
La soluzione del conflitto d’interessi tra presunto usucapiente e terzi, secondo il meccanismo
degli artt. 2644 c.c. e 2650 c.c. , come più volte ripetuto, costituisce la differenza sostanziale tra gli
effetti della pubblicità della sentenza di usucapione e gli effetti della pubblicità dell’accordo
conciliativo de quo.
Non sembrano applicabili, invero, all’accordo accertativo dell’usucapione quei principi
consolidati in giurisprudenza relativi alla soluzione del conflitto d’interesse tra usucapiente e terzi
che presuppongono un accertamento giudiziario dell’usucapione in ragione della diversità delle
norme sulla continuità delle trascrizioni rispetto alle norme che regolano la pubblicità degli acquisti a
titolo originario (30). Invero, in giurisprudenza si afferma che in caso di conflitto tra avente causa del
precedente proprietario e usucapiente non prevarrà chi ha trascritto per primo il suo titolo di
acquisto, ma prevarrà colui che ha acquistato a titolo originario anche in caso di mancata
trascrizione della sentenza di accertamento in ragione del valore di mera pubblicità notizia
assegnato alla pubblicità di cui all’art. 2651 cod. civ. (31); nel caso di accordo accertativi
dell’usucapione, al contrario, prevarrà il terzo che ha acquistato dall’usucapito se la sua trascrizione
precede la trascrizione dell’accordo accertativi. Così pure, sotto altro aspetto, di possibile conflitto
tra curatela fallimentare e soggetto usucapiente, si è affermato da parte della Suprema Corte (32) che
può essere usucapito un bene del fallito sulla base del presupposto che l’acquisto a titolo di
usucapione è acquisto a titolo originario, onde il conflitto fra acquirente a titolo derivativo ed
usucapiente, si risolve sempre a favore di quest’ultimo indipendentemente dalla trascrizione della
sentenza di usucapione; anche questo principio valido per l’usucapione accertata giudizialmente non
troverà applicazione nel caso di accordo accertativi dell’usucapione che, come più volte detto è
regolato dal principio della continuità delle trascrizione che risolve i conflitti di interesse in base
all’art. 2644 cod. civ. e, quindi, sulla base della priorità della trascrizione del titolo
Mentre la sentenza di usucapione accerta un diritto acquistato dall’usucapiente prescindendo
dalla posizione soggettiva dell’usucapito e, quindi da eventuali diritti dal medesimo costituiti
(trasferimenti di proprietà, costituzione di diritti reali di garanzia, costituzione di diritti reali di
godimento) ed al possessore-usucapiente non potrà essere addebitato un onere (recte: una
presunzione) di conoscenza dell’esistenza delle formalità ipotecarie o di precedenti trascrizioni
pregiudizievoli, in quanto il possesso utile ai fini dell’usucapione prescinde del tutto dalla conoscenza
in capo all’usucapiente di chi sia il legittimo proprietario del bene, nell’accordo accertativo
dell’usucapione l’usucapiente avrà un onere di conoscenza di quanto reso pubblico nei registri
immobiliari sotto il duplice profilo che, da un lato, saranno a lui opponibili le iscrizioni e trascrizioni
pubblicate anteriormente all’accordo conciliativo contro il legittimo dante causa e, da altro lato, che
la trascrizione dell’accordo accertativo per produrre i suoi effetti deve essere effettuata nei confronti
di chi appare proprietario del bene usucapito in base ad una serie di titoli debitamente trascritti
(artt. 2644 e 2650 cod. civ.), in difetto, la trascrizione dell’accordo accertativo produrrà i suoi effetto
allorquando colui che ha riconosciuto i fatti costitutivi dell’usucapione si sarà dotato di un legittimo
titolo e lo trascriva.
Peraltro, l’assenza della trascrizione del titolo di acquisto in capo all’usucapito può ascriversi
ad una negligenza del dante causa che, ad esempio, non ha curato la trascrizione del suo acquisto
mortis causa, ovvero ad un difetto di forma del titolo che, ad esempio, non riveste la forma
autentica o pubblica necessaria per la trascrizione, ovvero all’assenza di un titolo di acquisto a favore
del presunto usucapito; in quest’ultima ipotesi, è fuor di dubbio, che un eventuale accertamento
dell’usucapione non avrebbe alcuna giustificazione causale atteso che la dichiarazione accertativa
sarebbe effettuata da un soggetto privo di poteri dispositivi sul bene su cui si intende accertare
l’usucapione stessa. Su questo punto, la giurisprudenza della Suprema Corte, giova ripetere è
costante nell’affermare che “il negozio di accertamento di un diritto reale, la cui funzione è quella di
rendere definitiva la situazione giuridica derivante dal rapporto preesistente eliminando gli elementi
di incertezza, non ha alcun effetto traslativo, e, pertanto, per la regolamentazione della relativa
situazione giuridica controversa, deve farsi capo, in ogni caso, alla fonte precettiva originaria, che ne
costituisce il fondamento”.
Per quanto attiene agli aspetti relativi al ruolo del notaio nella procedura di mediazione e
conciliazione ed alla forma dell’autentica valgono le indicazioni e le conclusioni generali cui sono
giunti gli studi del Consiglio Nazionale del Notariato raccolti nel “MANUALE DELLA MEDIAZIONE
CIVILE COMMERCIALE, Il contributo del Notariato alla luce del D.lgs. 28/2010, Edizioni Scientifiche
Italiane, Napoli, 2012” (33).
Considerazioni specifiche meritano i temi riguardanti:
- l’obbligo di dotazione ed allegazione dell’attestato di prestazione energetica di cui al comma 3°
dell’art. 6 del D.lgs. n. 192/2005 che, nella nuova stesura introdotta dal d.l. 23 dicembre 2013
n. 145, recita: “«3. Nei contratti di compravendita immobiliare, negli atti di trasferimento di
immobili a titolo oneroso o nei nuovi contratti di locazione di edifici o di singole unità
immobiliari soggetti a registrazione è inserita apposita clausola con la quale l’acquirente o il
conduttore dichiarano di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva
dell’attestato, in ordine alla attestazione della prestazione energetica degli edifici; copia
dell’attestato di prestazione energetica deve essere altresì allegata al contratto, tranne che nei
casi di locazione di singole unità immobiliari (omissis…)”
- il rispetto della normativa urbanistica contenuta nel D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 del 2001 (artt.
30 e 46) ”;
- gli obblighi in tema di conformità soggettiva ed oggettiva di cui all’art. 19 comma 14 del D.L. 31
maggio 2010 n. 78 (conv. in l. 30 luglio 2010 n. 122).
Sul primo punto, non sembra che possano esserci fondati dubbi sul fatto che la fattispecie non
rientri nel perimetro degli atti per i quali vi è l’obbligo di dotazione ed allegazione in quanto il
comma 3 dell’art. 6 del D.lgs. n. 192/2005 circoscrive il suddetto obbligo ai soli atti di compravendita
ed agli atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso. Gli effetti meramente accertativi che il
suddetto accordo produce non rientrano né nello schema negoziale della vendita né nella categoria
degli atti di trasferimento a titolo oneroso. A diversa conclusione dovrà giungersi laddove l’accordo
non sarà meramente accertativo ma presenterà una causa transattiva idonea a produrre effetti
traslativi ed a far rientrare l’accordo stesso nel paradigma degli trasferimenti a titolo oneroso
facendo sorgere i conseguenti obblighi di dotazione ed allegazione di cui al cit. comma 3 dell’art. 6.
A conclusioni diverse deve invece giungersi per quanto riguarda gli obblighi ed i divieti
derivanti dalle norme urbanistiche di cui al D.P.R. 380/2001.
Una lettura che si fermasse al dato meramente letterale degli artt. 30 e 46 del cit. D.P.R.
380/2001 potrebbe far dubitare che gli accordi accertativi dell’usucapione siano soggetti al rispetto
delle suddette disposizioni nel presupposto che i suddetti accordi non avrebbero ad oggetto il
trasferimento di un diritto reale” ma “accertano l’usucapione”, valorizzando, quindi, esclusivamente
l’effetto legale scaturente dalla fattispecie e marginalizzando invece il ruolo dell’autonomia privata
all’interno di questa nuova fattispecie.
Questa interpretazione va disattesa in quanto frutto di una lettura parziale ed asistematica
delle norme ed incoerente con i principi cui l’autonomia privata deve uniformarsi nella circolazione
dei beni immobili a tutela di interessi pubblici.
Invero, l’intento del Legislatore che emerge dalle norme in materia urbanistica è quello di
assoggettare ai relativi obblighi ed alla sanzione civilistica della nullità tutti gli atti negoziali o
comunque frutto della libera determinazione dell’autonomia privata, con le sole eccezioni previste
dalle norme stesse, costituite, per quanto riguarda gli edifici ”dagli atti costitutivi, modificativi o
estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù” e, per quanto riguarda i terreni, “dalle divisioni
ereditarie, dalle donazioni fra coniugi e fra parenti in linea retta ed dai testamenti, nonché dagli atti
costitutivi, modificativi od estintivi di diritti reali di garanzia e di servitù”.
Il rapporto regola-eccezione espresso dal Legislatore all’interno delle norme che disciplinano la
circolazione degli edifici e dei terreni è in grado di ricomprendere al suo interno qualunque vicenda
negoziale che riguarda i suddetti beni cosicché compito dell’interprete sarà quello di verificare se un
determinato atto frutto dell’autonomia privata sia da ricomprendere nella regola o nell’eccezione.
E’ di tutta evidenza che l’accordo in oggetto, come si è detto nel corso del presente studio, per
una scelta di politica legislativa, sebbene abbia ad oggetto l’usucapione che è un modo di acquisto a
titolo originario ed è effetto legale scaturente dalla ricorrenza di determinati presupposti di legge, si
inserisce quanto agli effetti derivanti dalla pubblicità immobiliare nella logica circolatoria degli
acquisti a titolo derivativo, proprio perché frutto di un atto rimesso alla libera determinazione delle
parti e non frutto di un accertamento giudiziario.
I presidi normativi e le sanzioni civilistiche in materia urbanistica si pongono come limiti
all’autonomia privata in tema di circolazione degli immobili cosicché ciò che l’interprete deve
considerare è l’effetto finale conseguito dalle parti con il negozio posto in essere non essendo
conferenti gli argomenti che valorizzano esclusivamente l’aspetto legato alla natura giuridica
dell’usucapione svalutando il dato negoziale presente nell’accordo.
L’accordo previsto dal cit. n. 12-bis dell’art. 2643 cod civ. si regge sulla volontà delle parti che
in qualche modo possono condizionare anche gli effetti e le conseguenze dell’accordo stesso.
Sottrarre i suddetti atti agli obblighi ed ai divieti sanciti dalle rigorose norme in materia urbanistica
consentirebbe all’autonomia privata di porre in essere condotte elusive degli obblighi stessi
all’interno di vicende circolatorie dei beni immobili ed in assenza di un valido motivo che giustifichi la
collocazione dell’accordo stesso tra le eccezioni di sistema.
Pertanto, il differente trattamento della sentenza di accertamento dell’usucapione rispetto
agli accordi di cui al cit. n. 12-bis dell’art. 2643 c.c. è giustificata dalla diversa modalità di
accertamento dell’usucapione. Diversità che il Legislatore ha colto collocando l’accordo accertativo
all’interno dell’art. 2643 c.c. e quindi nella logica sistematica degli acquisti a titolo derivativo e la
sentenza di accertamento dell’usucapione tra i provvedimenti di cui all’art. 2651 cod. civ. soggetti
alle regole della cd. pubblicità notizia.
Le relative dichiarazioni, richieste dalla normativa urbanistica all’interno dell’atto dovranno
essere rese non dal cd. “usucapito”, al quale per definizione è stato sottratto il possesso, per un
tempo significativo, del bene stesso ma dovranno essere rese, come conseguenza logica, dal
soggetto usucapiente ossia da colui che afferma e rivendica la disponibilità ed il possesso del bene
quale proprietario (o titolare di altro diritto reale). Questa soluzione appare coerente anche con gli
effetti retroattivi derivanti dall’usucapione (34).
Le medesime considerazioni e conclusioni valgono per quanto riguarda la dichiarazione di
conformità catastale oggettiva richiesta per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, dall’art. 19
del d.l. 78/2010 (conv. In l. 122/2010). Anche in questo caso la parte che dovrà rendere le relative
dichiarazioni non potrà essere l’”intestatario catastale”, né l’usucapito, ma l’usucapiente per gli
stessi motivi appena esposti relativamente alle dichiarazioni da rendere in materia urbanistica.
Queste considerazioni sul soggetto obbligato a rendere la dichiarazione di conformità giustifica
anche la diversa soluzione a cui si deve pervenire relativamente all’obbligo di verifica
dell’allineamento catastale con le risultanze dei registri immobiliari. Detta verifica sarebbe priva di
ogni giustificazione, nell’economia dell’art. 19 del cit. d.l. 78/2010 proprio perché il cd. soggetto
usucapito ha perso proprietà e possesso del bene immobile e l’accordo serve proprio per sancire la
perdita della proprietà e del possesso del bene stesso con efficacia retroattiva con decorrenza
dall’inizio del possesso da parte dell’usucapiente stesso.
Peraltro, la natura dell’accordo accertativo e le sue finalità giustificano la possibilità che
all’accordo stesso intervengano soggetti che per qualche motivo siano disallineati rispetto alle
risultanze del catasto. Sotto quest’aspetto sono condivisibili le conclusioni cui è giunta la circolare
del CNN del 28 giugno 2010 sul tema che qui si riportano: “In altri casi, il mancato aggiornamento
delle banche dati può derivare da ragioni di carattere sistematico come avviene per le ipotesi di
acquisti per i quali è irrilevante la pubblicità immobiliare e che prescindono dalla precedente
titolarità (es. acquisto per usucapione non accertato giudizialmente, fattispecie della quale molto si
discute; o, ancora, il caso del titolo di provenienza del disponente irreperibile o di ardua reperibilità
perché risalente nel tempo). Poiché per tali vicende, caratterizzate dal fatto che la titolarità del diritto
e la legittimazione a disporre si collegano ad un acquisto a titolo originario o, comunque, ad un titolo
di provenienza irreperibile o di difficile reperibilità, la pubblicità immobiliare – intesa come
meccanismo destinato a risolvere i conflitti tra più aventi causa da un medesimo autore - non
giocherà alcun ruolo e quindi la finalità dell’aggiornamento soggettivo non potrà essere realizzata
nei termini previsti dalla norma rispetto al disponente” (35).
Può aggiungersi che laddove fosse richiesto l’allineamento tra risultanze del catasto e dei
registri immobiliari risulterebbero esclusi dall’ambito di applicazione della norma tutti gli accordi tra
soggetti nei cui confronti manca un allineamento tra le banche dati del catasto e dei registri
immobiliari, soluzione che in un corretto bilanciamento degli interessi che emergono dalle norme in
esame (quella sulla conformità soggettiva e quella in tema di mediazione contenuta nel novello n.
12-bis) appare non corretta, tenuto conto che obiettivo principale della disposizione che ha
disciplinato la pubblicità dell’accordo accertativo dell’usucapione è quello di prevenire e risolvere
controversie, con intenti deflattivi del contenzioso, e tale scopo sarebbe frustrato se l’ambito di
applicazione della nuova norma fosse condizionato da accertamenti sulle risultanze dei pubblici
registri o del catasto che potrebbero, essi stessi, essere materia di contestazione ed oggetto della
controversia che si intende prevenire o risolvere.
D’altronde, gli effetti cd. prenotativi o “provvisori” di cui all’art. 2650 c.c. non si potrebbero
ottenere laddove non fosse consentita questa deroga che appare del tutto coerente con quello che
può essere il contenuto normale dei suddetti accordi in ragione delle loro finalità.
Peraltro, derivando l’efficacia cd. “prenotativa” di cui all’art. 2650 c.c. dal principio della
continuità delle trascrizioni e non da una libera scelta delle parti non sarebbe coerente con i principi
sin qui esposti condizionare la ricevibilità dell’accordo de quo ad un obbligo a carico del notaio di
previa individuazione degli intestatari catastali e verifica della loro conformità con le risultanze dei
registri immobiliari.
Riassumendo pertanto le conclusioni ai quesiti sopra posti sulle tematiche concernenti la
normativa in tema di prestazione energetica, urbanistica e di conformità catastale può affermarsi
che, per le ragioni esposte, mentre per il suddetto accordo non trovano spazio applicativo le
disposizioni riguardanti gli obblighi di dotazione e di allegazione dell’attestato di prestazione
energetica e le norme che impongono la verifica dell’allineamento tra banca dati catastale e registri
immobiliari (cd. conformità catastale soggettiva), dovranno al contrario essere applicate e rispettate
tutte le disposizioni riguardanti la materia urbanistica-edilizia e quelle riguardanti la cd. conformità
catastale oggettiva.

Marco Krogh

30) Cfr. ex multis: Cass., 2° sez. civ. 3 febbraio 2005 n. 2161 e sentenze in essa citate e cass, 2° sez. civ. 3 febbraio 2005 n. 2162,
entrambe in Rivista del Notariato 2006, parte II, pag. 208 e segg. con nota di S. METALLO, Conflitti giuridici e trascrizione: la
pubblicità dichiarativa e non costitutiva;. la sentenza della cass. 2161/2005 è riportata anche in Giurisprudenza Italiana,
Diritto civile, 2005, pag. 2275 e segg. con nota di R. PERATONER, Usucapione e trascrizione ed in Rivista Giuridica
dell’Edilizia, 2006, pag. 349 e segg. con nota di E. VARANO, Conflitto tra acquirente per usucapione e avente causa
dell’usucapito nel sistema della trascrizione immobiliare. Sul valore della sentenza di accertamento dell’usucapione, cfr.
G.BARALIS, Negozi di accertativi in materia immobiliare, ..cit.
31) Cass., 2° sez. civ. 3 febbraio 2005 n. 2161,. Sul punto anche Cass. 26 novembre 1999 n. 13184, in Il Diritto Fallimentare e
delle società commerciali, 2000, pag. 1125, che afferma il principio secondo il quale può essere proposta nei confronti della
curatela la domanda di acquisto a titolo originario di un bene immobile del fallito, in virtù di usucapione, che si verifica
anche durante il fallimento, né occorre che la domanda stessa sia stata trascritta anteriormente all’apertura della
procedura concorsuale.
32) Cass, 26 novembre 1999 n. 13184, in Il Diritto Fallimentare e delle Società Commerciali, maggio-giugno 2000, CEDAM –
Padova, pag. 1125 e segg . la Suprema Corte ha affermato che il vincolo di indisponibilità derivante dal fallimento – con
equiparazione del fallimento al pignoramento – non può essere riferito a “fatti” acquisitivi di diritti reali tipici che si
assumono già compiuti e produttivi di interessi in capo al fallito, restando del tutto indifferente l’eventuale trascrizione della
sentenza di usucapione prima del fallimento, “non essendo configurabile alcun onere di pubblicità a carico dell’usucapiente,
in quanto l’art. 2651 c.c. dispone al riguardo una forma di trascrizione (della sentenza, e non anche della domanda) priva di
effetti sostanziali e limitata a rendere più efficiente il sistema pubblicitario”.
33) V RUBERTELLI, “Autentica notarile e pubblicità” in Manuale della mediazione civile commerciale, cit. pag 336 e segg. Il
notaio in veste di pubblico ufficiale autenticante dovrà:
- preliminarmente valutare il contenuto sostanziale dell’accordo;
- quindi, a seconda del risultato della valutazione contenutistica conformare l’accordo a tutte le norme di ordine formale,
documentale e redazionale.
Il notaio dovrà svolgere la consueta funzione di adeguamento, ferma restando la conservazione della volontà in concreto
manifestata dalle parti in funzione della risoluzione della controversia.
Laddove l’accordo redatto dalle parti presenti cause di invalidità che non ne determinino nullità radicale ed insanabile, il
notaio riceverà un negozio ripetitivo nel quale potranno essere inserite tute le dichiarazioni, allegazioni e rispettati gli altri

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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