=> Corte d’appello di Reggio Calabria, 12 novembre 2015
Sebbene l’art.84 bis d.l. 21 giugno 2013 n. 69, conv. in l. 9 agosto 2013 n. 98 abbiamodificato l’art. 2643 c.c., nel senso di includere tra gli atti
soggetti a trascrizione gli “accordi di mediazione che accertano
l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un
pubblico ufficiale a ciò autorizzato”, gli accordi di conciliazione, anche
se trascritti, non sono assimilabili alle sentenze di accertamento
dell’usucapione, essendo inopponibili ai terzi che vantano titoli
anteriormente trascritti o iscritti che in qualche modo possano essere
pregiudicati dagli accordi medesimi (difatti, sia che si ritenga che il n.12 bis non abbia fatto altro che esplicitare una soluzione interpretativa
già evincibile dal sistema, sia che si concluda che la norma sia del tutto
innovativa e che il verbale di conciliazione sia divenuto solo ora
trascrivibile, resta fermo che lo stesso non è comunque assimilabile, quanto
agli effetti, alla sentenza di accertamento dell’usucapione, la cui
trascrizione è disciplinata dall’art. 2651 c.c. Ed infatti, all’acquisto a
titolo di usucapione accertato con sentenza, che è - come è noto - un acquisto
a titolo originario, non si applica il principio della continuità delle
trascrizioni, sancito dall’art. 2650 c.c., e la trascrizione della relativa
sentenza, ai sensi dell’art. 2651 c.c., ha valore di mera pubblicità notizia. Gli
accordi conciliativi in materia di usucapione, invece, rientrano tra gli atti
ed i contratti elencati nell’art. 2643 c.c., per i quali gli effetti della
pubblicità sono regolati non dall’art. 2651 c.c., bensì dalle norme degli artt.
2644 c.c. e 2650 c.c., che si improntano al principio della continuità delle
trascrizioni che sorregge il sistema della pubblicità con riferimento agli
acquisti derivativo-traslativi) (I).
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 27/2016
Corte d’Appello di Reggio Calabria
Sentenza
12 novembre 2015
Omissis
Con l’unico motivo di impugnazione, l’appellante si duole del rigetto
dell’opposizione proposta, ribadendo di aver dato la prova del proprio diritto
di proprietà sul bene immobile oggetto della procedura esecutiva immobiliare,
attraverso la produzione del verbale di conciliazione giudiziale del 5 maggio
2008, e richiamando il principio giurisprudenziale secondo cui l’acquisto per
usucapione prevale sull’acquisto a titolo derivativo a prescindere
dall’anteriorità della trascrizione della sentenza che accerta l’usucapione o
della relativa domanda rispetto alla trascrizione del titolo derivativo, nonché
il correlato orientamento, secondo cui in sede di opposizione di terzo
all’usucapione immobiliare, il terzo è legittimato a far valere la proprietà o
altro diritto reale sul bene pignorato anche se tali situazioni non siano state
giudizialmente accertate, per cui lo stesso terzo le può far ben valere
rispetto ad un bene che assuma di avere già acquistato al momento
dell’opposizione per effetto di usucapione, non incidendo, a sua volta, su tale
acquisto l’esecuzione del pignoramento immobiliare e potendo, quindi, il
termine ventennale utile a consolidarlo venire a maturazione anche
successivamente al pignoramento medesimo.
Assume altresì l’appellante che la fondatezza dell’opposizione proposta
è ulteriormente confermata dalla norma contenuta nel n. 12 bis dell’art. 2643
c.c., a mente del quale le parti di un procedimento di mediazione avente ad
oggetto la domanda di usucapione di un bene possono accordarsi davanti ad un
mediatore e successivamente trascrivere l’accordo, norma che espressamente
prevede la trascrivibilità del verbale di conciliazione con efficacia ex tunc.
L’appello (sia pure ammissibile ex art. 342 c.p.c. novellato, a
differenza di quanto eccepito dalla omissis,
dal momento che sono individuate con sufficiente chiarezza le statuizioni
investite dall'impugnazione ed è evincibile, alla luce delle argomentazioni svolte
nell’atto, il contenuto della nuova valutazione richiesta al giudice di secondo
grado) non è meritevole di accoglimento.
Osserva, anzitutto, la Corte che correttamente il Tribunale (avuto
riguardo alle disposizioni vigenti al momento della pronuncia) non ha
considerato efficace nei confronti del creditore pignorante e del creditore
ipotecario il verbale di conciliazione giudiziale del 5 maggio 2008, in
applicazione dell’orientamento della giurisprudenza di merito, secondo cui tale
verbale assume il valore di un mero negozio di accertamento, finalizzato a
rimuovere l'incertezza tra le parti circa i fatti a fondamento dell'acquisto
per usucapione, nel senso di dispensare la parte a favore della quale il
riconoscimento è stato compiuto dall'onere di provare il rapporto come
accertato e ponendo a carico della parte che ha compiuto il riconoscimento
l'onere della prova contraria.
Da qui l’esclusione della trascrivibilità sia in forza della
disposizione normativa di cui all'art. 2643 c.c. (nel testo ante riforma del
2013, su cui v. infra), non realizzando il verbale in parola un effetto
modificativo, estintivo o costitutivo di diritti reali immobiliari, sia ai
sensi dell'art. 2651 c.c., atteso che tale norma prevede la trascrizione solo
della sentenza accertativa dell’usucapione, che non è paragonabile all’accordo
conciliativo, poiché “la pronuncia giudiziale di accertamento dell'usucapione
contiene un accertamento valevole "erga omnes" nel senso che la
valutazione giuridica del rapporto operata dal giudice che ha pronunciato la
sentenza, pur non esplicando tra la parte ed il terzo rimasto estraneo al
giudizio la forza di giudicato nell'aspetto tipico considerato dall'art. 2909
c.c. fa parte tuttavia di quell'affermazione obiettiva di verità i cui effetti
anche i terzi sono tenuti a subire (così Cass. 10435/03, Cass. 7557/03)” (Trib.
Catania, I marzo 2012; conf. Trib. Roma, 8 febbraio 2012).
Ciò detto, è pur vero che, come sottolinea l’appellante, nelle more il
quadro normativo è mutato, avendo l’art. 84 bis d.l. 21 giugno 2013 n. 69,
conv. in l. 9 agosto 2013 n. 98, modificato l’art. 2643 c.c., nel senso di
includere tra gli atti soggetti a trascrizione gli “accordi di mediazione che
accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata
da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato” (v. n. 12 bis).
La nuova disciplina, tuttavia, non è suscettibile di condurre ad una
diversa soluzione della controversia, e ciò in quanto, sia che si ritenga che
il n. 12 bis non abbia fatto altro che esplicitare una soluzione interpretativa
già evincibile dal sistema, sia che si concluda che la norma sia del tutto
innovativa e che il verbale di conciliazione sia divenuto solo ora
trascrivibile, resta fermo che lo stesso non è comunque assimilabile, quanto
agli effetti, alla sentenza di accertamento dell’usucapione, la cui
trascrizione è disciplinata dall’art. 2651 c.c.
Ed infatti, all’acquisto a titolo di usucapione accertato con sentenza,
che è - come è noto - un acquisto a titolo originario, non si applica il
principio della continuità delle trascrizioni, sancito dall’art. 2650 c.c., e
la trascrizione della relativa sentenza, ai sensi dell’art. 2651 c.c., ha
valore di mera pubblicità notizia.
Gli accordi conciliativi in materia di usucapione, invece, rientrano tra
gli atti ed i contratti elencati nell’art. 2643 c.c., per i quali gli effetti
della pubblicità sono regolati non dall’art. 2651 c.c., bensì dalle norme degli
artt. 2644 c.c. e 2650 c.c., che si improntano al principio della continuità
delle trascrizioni che sorregge il sistema della pubblicità con riferimento
agli acquisti derivativo-traslativi.
Di conseguenza, gli accordi di conciliazione, anche se trascritti, non
sono assimilabili alle sentenze di accertamento dell’usucapione, essendo
inopponibili ai terzi che vantano titoli anteriormente trascritti o iscritti
che in qualche modo possano essere pregiudicati dagli accordi medesimi.
E’ quindi da escludere che il verbale di conciliazione in tema di usucapione
possa avere effetti liberatori (cd. usucapio libertatis) sul bene usucapito,
non potendosi opporre ai terzi estranei all’accordo l’acquisto a titolo
originario del bene e la retroattività degli effetti dell’usucapione.
In altre parole, come si è osservato in dottrina, mentre la sentenza di
usucapione ha la forza di radicare un diritto nuovo in capo all’usucapiente al
quale i terzi non possono opporre i loro diritti in base alle regole fissate
negli artt. 2644 c.c. e 2650 c.c., l’accordo conciliativo attribuisce
all’usucapiente un diritto che può far valere nei confronti dei terzi nei
limiti dei diritti spettanti all’usucapito e nel rispetto delle regole sulla
continuità delle trascrizioni, sicché tale accordo non può in alcun modo
danneggiare terzi soggetti estranei al medesimo che vantino legittimi titoli
anteriormente trascritti o iscritti (il che del resto ben si comprende tenuto
conto della diversa garanzia che è in grado di assicurare la sentenza di
usucapione rispetto all’accordo conciliativo).
Ne discende che agli accordi de quibus non si applica il consolidato
orientamento giurisprudenziale (richiamato dall’appellante), secondo cui in caso
di conflitto tra avente causa del precedente proprietario ed usucapiente non
prevale chi ha trascritto per primo il suo titolo di acquisto, ma prevale colui
che ha acquistato a titolo originario anche in caso di mancata trascrizione
della sentenza di accertamento (dato il valore di mera pubblicità notizia
assegnato alla pubblicità di cui all’art. 2651 c.c.).
Gli accordi con cui si accerta l’usucapione non sono infatti, come già
detto, opponibili a terzi che vantino pretese nei confronti del soggetto usucapito
ovvero sui beni oggetto di accertamento, in forza di un titolo trascritto o
iscritto anteriormente agli accordi medesimi Precisamente, l’operatività del
meccanismo regolato dall’art. 2644 c.c. impone che sia rispettato il principio
della continuità delle trascrizioni ex art. art. 2650 c.c. e, quindi, che il
titolo di ciascun avente causa (ivi compreso colui che assume di aver
usucapito) trovi corrispondenza e giustificazione in un titolo trascritto a
favore del dante causa. In assenza di un titolo di proprietà (ovvero di altro
diritto reale, a seconda delle ipotesi) trascritto a favore del dante causa le
trascrizioni successive e, dunque, anche la trascrizione dell’accordo
accertativo dell’usucapione, avranno effetto, secondo il disposto del 2° comma dell’art.
2650 c.c., solo allorquando l’atto anteriore di acquisto sarà trascritto.
Trascritto il titolo di proprietà, le Successive trascrizioni o iscrizioni
produrranno effetto secondo il loro ordine rispettivo, nel rispetto dei
principi di cui all’art. 2644 c.c.
Ed allora, data la differenza sostanziale tra gli effetti della
pubblicità della sentenza di usucapione e gli effetti della pubblicità degli
accordi conciliativi, è di tutta evidenza che il verbale di conciliazione in
esame, anche se venisse trascritto, non sarebbe in ogni caso opponibile né al
creditore pignorante né al creditore ipotecario.
Non essendovi pertanto spazio per l’invocata riforma della sentenza
impugnata, l’appello deve essere rigettato.
Dato l’esito dell’impugnazione, deve condannarsi l’appellante al
pagamento delle spese del grado, che si liquidano in favore di ciascuna delle
controparti costituite come da dispositivo, in applicazione dei parametri
previsti dal D.M. n. 55/2014 (e non anche delle spese del giudizio davanti al
Tribunale, che sono state per intero compensate, attesa la mancata proposizione
di appello incidentale sul punto).
Deve infine darsi atto, ex art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002,
n. 115, che sussistono i presupposti per il versamento da parte dell’appellante
di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto
per l'impugnazione.
PQM
La Corte di appello di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando
sull’appello proposto, avverso la sentenza omissis,
così provvede: rigetta l’appello; condanna l’appellante a rifondere a ciascuna
delle controparti costituite le spese del grado, che liquida in €1.960,00 per
la fase di studio, €1.350,00 per la fase introduttiva ed €1.652,50 per la fase
decisoria, oltre rimborso forfetario CPA ed IVA come per legge; ex art. 13
comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto che sussistono i
presupposti per il versamento da parte dell’appellante di un ulteriore importo
a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione.