DIRITTO D'AUTORE


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30 marzo 2016

27/16. Usucapione, nuovo art. 2643 c.c. e inopponibilità ai terzi: gli accordi di mediazione, anche se trascritti, non sono assimilabili alle sentenze (Osservatorio Mediazione Civile n. 27/2016)

=> Corte d’appello di Reggio Calabria, 12 novembre 2015

Sebbene l’art.84 bis d.l. 21 giugno 2013 n. 69, conv. in l. 9 agosto 2013 n. 98 abbiamodificato l’art. 2643 c.c., nel senso di includere tra gli atti soggetti a trascrizione gli “accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”, gli accordi di conciliazione, anche se trascritti, non sono assimilabili alle sentenze di accertamento dell’usucapione, essendo inopponibili ai terzi che vantano titoli anteriormente trascritti o iscritti che in qualche modo possano essere pregiudicati dagli accordi medesimi (difatti, sia che si ritenga che il n.12 bis non abbia fatto altro che esplicitare una soluzione interpretativa già evincibile dal sistema, sia che si concluda che la norma sia del tutto innovativa e che il verbale di conciliazione sia divenuto solo ora trascrivibile, resta fermo che lo stesso non è comunque assimilabile, quanto agli effetti, alla sentenza di accertamento dell’usucapione, la cui trascrizione è disciplinata dall’art. 2651 c.c. Ed infatti, all’acquisto a titolo di usucapione accertato con sentenza, che è - come è noto - un acquisto a titolo originario, non si applica il principio della continuità delle trascrizioni, sancito dall’art. 2650 c.c., e la trascrizione della relativa sentenza, ai sensi dell’art. 2651 c.c., ha valore di mera pubblicità notizia. Gli accordi conciliativi in materia di usucapione, invece, rientrano tra gli atti ed i contratti elencati nell’art. 2643 c.c., per i quali gli effetti della pubblicità sono regolati non dall’art. 2651 c.c., bensì dalle norme degli artt. 2644 c.c. e 2650 c.c., che si improntano al principio della continuità delle trascrizioni che sorregge il sistema della pubblicità con riferimento agli acquisti derivativo-traslativi) (I).
  

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 27/2016

Corte d’Appello di Reggio Calabria
Sentenza
12 novembre 2015

Omissis

Con l’unico motivo di impugnazione, l’appellante si duole del rigetto dell’opposizione proposta, ribadendo di aver dato la prova del proprio diritto di proprietà sul bene immobile oggetto della procedura esecutiva immobiliare, attraverso la produzione del verbale di conciliazione giudiziale del 5 maggio 2008, e richiamando il principio giurisprudenziale secondo cui l’acquisto per usucapione prevale sull’acquisto a titolo derivativo a prescindere dall’anteriorità della trascrizione della sentenza che accerta l’usucapione o della relativa domanda rispetto alla trascrizione del titolo derivativo, nonché il correlato orientamento, secondo cui in sede di opposizione di terzo all’usucapione immobiliare, il terzo è legittimato a far valere la proprietà o altro diritto reale sul bene pignorato anche se tali situazioni non siano state giudizialmente accertate, per cui lo stesso terzo le può far ben valere rispetto ad un bene che assuma di avere già acquistato al momento dell’opposizione per effetto di usucapione, non incidendo, a sua volta, su tale acquisto l’esecuzione del pignoramento immobiliare e potendo, quindi, il termine ventennale utile a consolidarlo venire a maturazione anche successivamente al pignoramento medesimo.
Assume altresì l’appellante che la fondatezza dell’opposizione proposta è ulteriormente confermata dalla norma contenuta nel n. 12 bis dell’art. 2643 c.c., a mente del quale le parti di un procedimento di mediazione avente ad oggetto la domanda di usucapione di un bene possono accordarsi davanti ad un mediatore e successivamente trascrivere l’accordo, norma che espressamente prevede la trascrivibilità del verbale di conciliazione con efficacia ex tunc.
L’appello (sia pure ammissibile ex art. 342 c.p.c. novellato, a differenza di quanto eccepito dalla omissis, dal momento che sono individuate con sufficiente chiarezza le statuizioni investite dall'impugnazione ed è evincibile, alla luce delle argomentazioni svolte nell’atto, il contenuto della nuova valutazione richiesta al giudice di secondo grado) non è meritevole di accoglimento.
Osserva, anzitutto, la Corte che correttamente il Tribunale (avuto riguardo alle disposizioni vigenti al momento della pronuncia) non ha considerato efficace nei confronti del creditore pignorante e del creditore ipotecario il verbale di conciliazione giudiziale del 5 maggio 2008, in applicazione dell’orientamento della giurisprudenza di merito, secondo cui tale verbale assume il valore di un mero negozio di accertamento, finalizzato a rimuovere l'incertezza tra le parti circa i fatti a fondamento dell'acquisto per usucapione, nel senso di dispensare la parte a favore della quale il riconoscimento è stato compiuto dall'onere di provare il rapporto come accertato e ponendo a carico della parte che ha compiuto il riconoscimento l'onere della prova contraria.
Da qui l’esclusione della trascrivibilità sia in forza della disposizione normativa di cui all'art. 2643 c.c. (nel testo ante riforma del 2013, su cui v. infra), non realizzando il verbale in parola un effetto modificativo, estintivo o costitutivo di diritti reali immobiliari, sia ai sensi dell'art. 2651 c.c., atteso che tale norma prevede la trascrizione solo della sentenza accertativa dell’usucapione, che non è paragonabile all’accordo conciliativo, poiché “la pronuncia giudiziale di accertamento dell'usucapione contiene un accertamento valevole "erga omnes" nel senso che la valutazione giuridica del rapporto operata dal giudice che ha pronunciato la sentenza, pur non esplicando tra la parte ed il terzo rimasto estraneo al giudizio la forza di giudicato nell'aspetto tipico considerato dall'art. 2909 c.c. fa parte tuttavia di quell'affermazione obiettiva di verità i cui effetti anche i terzi sono tenuti a subire (così Cass. 10435/03, Cass. 7557/03)” (Trib. Catania, I marzo 2012; conf. Trib. Roma, 8 febbraio 2012).
Ciò detto, è pur vero che, come sottolinea l’appellante, nelle more il quadro normativo è mutato, avendo l’art. 84 bis d.l. 21 giugno 2013 n. 69, conv. in l. 9 agosto 2013 n. 98, modificato l’art. 2643 c.c., nel senso di includere tra gli atti soggetti a trascrizione gli “accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato” (v. n. 12 bis).
La nuova disciplina, tuttavia, non è suscettibile di condurre ad una diversa soluzione della controversia, e ciò in quanto, sia che si ritenga che il n. 12 bis non abbia fatto altro che esplicitare una soluzione interpretativa già evincibile dal sistema, sia che si concluda che la norma sia del tutto innovativa e che il verbale di conciliazione sia divenuto solo ora trascrivibile, resta fermo che lo stesso non è comunque assimilabile, quanto agli effetti, alla sentenza di accertamento dell’usucapione, la cui trascrizione è disciplinata dall’art. 2651 c.c.
Ed infatti, all’acquisto a titolo di usucapione accertato con sentenza, che è - come è noto - un acquisto a titolo originario, non si applica il principio della continuità delle trascrizioni, sancito dall’art. 2650 c.c., e la trascrizione della relativa sentenza, ai sensi dell’art. 2651 c.c., ha valore di mera pubblicità notizia.
Gli accordi conciliativi in materia di usucapione, invece, rientrano tra gli atti ed i contratti elencati nell’art. 2643 c.c., per i quali gli effetti della pubblicità sono regolati non dall’art. 2651 c.c., bensì dalle norme degli artt. 2644 c.c. e 2650 c.c., che si improntano al principio della continuità delle trascrizioni che sorregge il sistema della pubblicità con riferimento agli acquisti derivativo-traslativi.
Di conseguenza, gli accordi di conciliazione, anche se trascritti, non sono assimilabili alle sentenze di accertamento dell’usucapione, essendo inopponibili ai terzi che vantano titoli anteriormente trascritti o iscritti che in qualche modo possano essere pregiudicati dagli accordi medesimi.
E’ quindi da escludere che il verbale di conciliazione in tema di usucapione possa avere effetti liberatori (cd. usucapio libertatis) sul bene usucapito, non potendosi opporre ai terzi estranei all’accordo l’acquisto a titolo originario del bene e la retroattività degli effetti dell’usucapione.
In altre parole, come si è osservato in dottrina, mentre la sentenza di usucapione ha la forza di radicare un diritto nuovo in capo all’usucapiente al quale i terzi non possono opporre i loro diritti in base alle regole fissate negli artt. 2644 c.c. e 2650 c.c., l’accordo conciliativo attribuisce all’usucapiente un diritto che può far valere nei confronti dei terzi nei limiti dei diritti spettanti all’usucapito e nel rispetto delle regole sulla continuità delle trascrizioni, sicché tale accordo non può in alcun modo danneggiare terzi soggetti estranei al medesimo che vantino legittimi titoli anteriormente trascritti o iscritti (il che del resto ben si comprende tenuto conto della diversa garanzia che è in grado di assicurare la sentenza di usucapione rispetto all’accordo conciliativo).
Ne discende che agli accordi de quibus non si applica il consolidato orientamento giurisprudenziale (richiamato dall’appellante), secondo cui in caso di conflitto tra avente causa del precedente proprietario ed usucapiente non prevale chi ha trascritto per primo il suo titolo di acquisto, ma prevale colui che ha acquistato a titolo originario anche in caso di mancata trascrizione della sentenza di accertamento (dato il valore di mera pubblicità notizia assegnato alla pubblicità di cui all’art. 2651 c.c.).
Gli accordi con cui si accerta l’usucapione non sono infatti, come già detto, opponibili a terzi che vantino pretese nei confronti del soggetto usucapito ovvero sui beni oggetto di accertamento, in forza di un titolo trascritto o iscritto anteriormente agli accordi medesimi Precisamente, l’operatività del meccanismo regolato dall’art. 2644 c.c. impone che sia rispettato il principio della continuità delle trascrizioni ex art. art. 2650 c.c. e, quindi, che il titolo di ciascun avente causa (ivi compreso colui che assume di aver usucapito) trovi corrispondenza e giustificazione in un titolo trascritto a favore del dante causa. In assenza di un titolo di proprietà (ovvero di altro diritto reale, a seconda delle ipotesi) trascritto a favore del dante causa le trascrizioni successive e, dunque, anche la trascrizione dell’accordo accertativo dell’usucapione, avranno effetto, secondo il disposto del 2° comma dell’art. 2650 c.c., solo allorquando l’atto anteriore di acquisto sarà trascritto. Trascritto il titolo di proprietà, le Successive trascrizioni o iscrizioni produrranno effetto secondo il loro ordine rispettivo, nel rispetto dei principi di cui all’art. 2644 c.c.
Ed allora, data la differenza sostanziale tra gli effetti della pubblicità della sentenza di usucapione e gli effetti della pubblicità degli accordi conciliativi, è di tutta evidenza che il verbale di conciliazione in esame, anche se venisse trascritto, non sarebbe in ogni caso opponibile né al creditore pignorante né al creditore ipotecario.
Non essendovi pertanto spazio per l’invocata riforma della sentenza impugnata, l’appello deve essere rigettato.
Dato l’esito dell’impugnazione, deve condannarsi l’appellante al pagamento delle spese del grado, che si liquidano in favore di ciascuna delle controparti costituite come da dispositivo, in applicazione dei parametri previsti dal D.M. n. 55/2014 (e non anche delle spese del giudizio davanti al Tribunale, che sono state per intero compensate, attesa la mancata proposizione di appello incidentale sul punto).
Deve infine darsi atto, ex art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, che sussistono i presupposti per il versamento da parte dell’appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione.

PQM

La Corte di appello di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sull’appello proposto, avverso la sentenza omissis, così provvede: rigetta l’appello; condanna l’appellante a rifondere a ciascuna delle controparti costituite le spese del grado, che liquida in €1.960,00 per la fase di studio, €1.350,00 per la fase introduttiva ed €1.652,50 per la fase decisoria, oltre rimborso forfetario CPA ed IVA come per legge; ex art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte dell’appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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