DIRITTO D'AUTORE


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11 ottobre 2019

38/19. Fissazione del primo incontro, spese di notifica alle parti: agevolazioni fiscali (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2019)

Di seguito quanto esposto dal Ministero della Giustizia, Direzione della giustizia civile, con provvedimento 22 gennaio 2019 (Foglio Informativo n. 1-2/2019)

QUESITO
Ai fini del regime fiscale agevolato previsto in materia di mediazione civile dall’art. 17, comma 2, d.lgs. n. 28 del 2010, quando si intende iniziato il procedimento di mediazione?
Il regime fiscale agevolato previsto in materia di mediazione civile dall’art. 17, comma 2, d.lgs. n. 28 del 2010 si esenzione anche all’attività di notificazione richiesta dal mediatore all’ufficiale giudiziario per la notifica della comunicazione alle parti della fissazione del primo incontro?

RISPOSTA
del Ministero della Giustizia, Direzione della giustizia civile.
Ai fini dell’art. 17, comma 2, d.lgs. n. 28 del 2010, il “procedimento” di mediazione si intende iniziato con la presentazione della domanda di mediazione. L’agevolazione prevista dalla norma include “tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione” che “sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura”.
La menzionata norma si applica, pertanto, anche all’attività di notificazione richiesta dal mediatore all’ufficiale giudiziario per la notifica della comunicazione alle parti della fissazione del primo incontro (I) (II).

(I) Il grassetto e i collegamenti ipertestuali sono a cura della Redazione dell’Osservatorio.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2019
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

22 novembre 2018

51/18. Condizione di procedibilità: va chiesto al mediatore di adottare ogni opportuno provvedimento per assicurare la presenza personale delle parti (Osservatorio Mediazione Civile n. 51/2018)

=> Tribunale di Vasto, 29 gennaio 2018

Sia per la mediazione obbligatoria (art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010), sia per la mediazione demandata dal giudice (art. 5, comma 2, d.lgs. n. 28/2010), è necessario – ai fini del rispetto della condizione di procedibilità della domanda – che le parti compaiano personalmente (assistite dai propri difensori, come previsto dal successivo art. 8, d.lgs. n. 28/2010) all’incontro con il mediatore. Graverà su quest’ultimo, in qualità di soggetto istituzionalmente preposto ad esercitare funzioni di verifica e di garanzia della puntuale osservanza delle condizioni di regolare espletamento della procedura, l’onere di adottare ogni opportuno provvedimento finalizzato ad assicurare la presenza personale delle parti, ad esempio disponendo – se necessario – un rinvio del primo incontro, sollecitando anche informalmente il difensore della parte assente a stimolarne la comparizione, ovvero dando atto a verbale che, nonostante le iniziative adottate, la parte a ciò invitata non ha inteso partecipare personalmente agli incontri, né si è determinata a nominare un suo delegato (diverso dal difensore), per il caso di assoluto impedimento a comparire (I).

La parte che ha interesse contrario alla declaratoria di improcedibilità della domanda avrà l’onere di partecipare personalmente a tutti gli incontri di mediazione, chiedendo al mediatore di attivarsi al fine di procurare l’incontro personale tra i litiganti; potrà, altresì, pretendere che nel verbale d’incontro il mediatore dia atto della concreta impossibilità di procedere all’espletamento del tentativo di mediazione, a causa del rifiuto della controparte di presenziare personalmente agli incontri. Solo una volta acclarato che la procedura non si è potuta svolgere per indisponibilità della parte che ha ricevuto l’invito a presentarsi in mediazione, la condizione di procedibilità può considerarsi avverata.

(I) Si vedano l’art. 5, commi 1-bis e 2 e l’art. 8, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fattispecie: nel caso in esame, l’attore, a fronte del dissenso manifestato dal convenuto a partecipare alla mediazione, non ha formulato alcuna istanza: non ha chiesto al mediatore di attivarsi al fine di procurare l’incontro personale tra i litiganti, né preteso che nel verbale d’incontro il mediatore desse atto della concreta impossibilità di procedere all’espletamento del tentativo di mediazione a causa del rifiuto della controparte di presenziare personalmente agli incontri; tale concreta impossibilità non può desumersi da alcun elemento siccome lo stesso mediatore ha omesso qualunque iniziativa tesa personalmente. Pertanto, la procedura non si è svolta correttamente e il giudice assegna alle parti il termine di giorni quindici per la presentazione della domanda di mediazione (anziché dichiarare l’improcedibilità della domanda).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 51/2018

Tribunale di Vasto
Ordinanza
29 gennaio 2018

Omissis

Il decidente ritiene che, sia per la mediazione obbligatoria da svolgersi prima del giudizio ex art. 5, comma 1 bis, D. Lgs. n. 28/2010, sia per la mediazione demandata dal giudice, ex art. 5, comma 2, è necessario – ai fini del rispetto della condizione di procedibilità della domanda – che le parti compaiano personalmente (assistite dai propri difensori, come previsto dal successivo art. 8) all’incontro con il mediatore. Graverà su quest’ultimo, in qualità di soggetto istituzionalmente preposto ad esercitare funzioni di verifica e di garanzia della puntuale osservanza delle condizioni di regolare espletamento della procedura, l’onere di adottare ogni opportuno provvedimento finalizzato ad assicurare la presenza personale delle parti, ad esempio disponendo – se necessario – un rinvio del primo incontro, sollecitando anche informalmente il difensore della parte assente a stimolarne la comparizione, ovvero dando atto a verbale che, nonostante le iniziative adottate, la parte a ciò invitata non ha inteso partecipare personalmente agli incontri, né si è determinata a nominare un suo delegato (diverso dal difensore), per il caso di assoluto impedimento a comparire.
La parte che avrà interesse contrario alla declaratoria di improcedibilità della domanda avrà l’onere di partecipare personalmente a tutti gli incontri di mediazione, chiedendo al mediatore di attivarsi al fine di procurare l’incontro personale tra i litiganti; potrà, altresì, pretendere che nel verbale d’incontro il mediatore dia atto della concreta impossibilità di procedere all’espletamento del tentativo di mediazione, a causa del rifiuto della controparte di presenziare personalmente agli incontri.
Solo una volta acclarato che la procedura non si è potuta svolgere per indisponibilità della parte che ha ricevuto l’invito a presentarsi in mediazione, la condizione di procedibilità può considerarsi avverata, essendo in questo caso impensabile che il convenuto possa, con la propria colpevole o volontaria inerzia, addirittura beneficiare delle conseguenze favorevoli di un declaratoria di improcedibilità della domanda, che paralizzerebbe la disamina nel merito delle pretese avanzate contro di sé. Negli altri casi e segnatamente, quando è la stessa parte che ha agito (o che intende agire) in giudizio a non presentarsi personalmente in una procedura di mediazione da lei stessa attivata (anche su ordine del giudice), la domanda si espone al rischio di essere dichiarata improcedibile, per incompiuta osservanza delle disposizioni normative che impongono il previo corretto esperimento del procedimento di mediazione.
Nel caso in esame, nella procedura di mediazione, l’attore non è comparso personalmente, ma ha delegato un difensore - avv. X - che, a fronte del dissenso manifestato dalla convenuta (non comparsa neppure a mezzo del difensore), non ha formulato alcuna istanza: non ha chiesto al mediatore di attivarsi al fine di procurare l’incontro personale tra i litiganti, né preteso che nel verbale d’incontro il mediatore desse atto della concreta impossibilità di procedere all’espletamento del tentativo di mediazione a causa del rifiuto della controparte di presenziare personalmente agli incontri. Del resto, tale concreta impossibilità non può desumersi da alcun elemento siccome lo stesso mediatore ha omesso qualunque iniziativa tesa personalmente.
In conclusione, il mediatore … senza dare atto a verbale delle ragioni della assenza di ambo le parte e delle eventuali iniziative adottate al fine di procurare la comparizione personale delle stesse. Peraltro, al verbale non è neppure allegata la procura in favore dell’avv. X. 
La procedura non si è, pertanto, svolta correttamente.

Rammentato che l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda.

Ritenuto, pertanto, che occorre fissare l’udienza successiva alla scadenza del termine di cui all’art. 6 d. cit. assegnando alle parti il termine di giorni quindici per la presentazione della domanda di mediazione – anziché dichiarare l’improcedibilità della domanda – poiché l’orientamento giurisprudenziale innanzi esposto è successivo all’epoca dell’esperimento del precedente procedimento di mediazione.

PTM

Rimette la causa sul ruolo istruttorio e rinvia all’udienza del 26.6.18 ore 9.30, assegnando il termine suddetto. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza.
Vasto, 29.1.2018
Il Giudice Dott.ssa Anna Rosa Capuozzo

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità. I collegamenti ipertestuali nel corpo della pronuncia sono a cura della Redazione dell’Osservatorio. 

24 ottobre 2018

45/18. Partecipazione alla mediazione: la procura può essere anche verbale; il mediatore può testimoniare su quanto avvenuto nella fase di identificazione del primo incontro (Osservatorio Mediazione Civile n. 45/2018)

=> Tribunale di Udine, 7 marzo 2018

La procura a partecipare all’incontro di mediazione, non trattandosi di un mandato a gestire atti per i quali è necessaria la forma scritta, può essere anche verbale, salvo in ogni caso la ratifica, con efficacia retroattiva, della parte che l’ha rilasciata (la pronuncia in commento osserva che nel caso di specie l’attrice, nell’affermare che il proprio delegato era presente all’incontro di mediazione, sebbene sprovvisto di procura speciale notarile, di fatto va a ratificare una procura verbale al medesimo rilasciata).

L’art. 10, d.lgs. n. 28 del 2010 sancisce il divieto di dar corso alla prova testimoniale in ordine alle dichiarazioni delle parti rese nel procedimento medesimo, nonché l’impossibilità per il mediatore di deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel corso del procedimento. Ciò posto, si ritiene che il principio di riservatezza non si possa applicare alla c.d. fase di identificazione (fase preliminare del procedimento di mediazione volta all’identificazione delle parti, dei loro delegati e dei loro difensori, fase necessaria al mediatore per verificare se vi siano i presupposti soggettivi per dar corso alla procedura di mediazione e, quindi, all’informativa di cui al primo comma dell’art. 8, d.lgs. 28/2010). Difatti – aderendo a quanto evidenziato da Tribunale di Roma, 25.1.2016 – se le dichiarazioni delle parti riguardano le modalità della loro partecipazione alla mediazione ed allo svolgimento della stessa, non avendo ad oggetto il merito della lite, dev’essere ammesso non solo l’utilizzo del verbale, ma anche la prova orale volta ad accertare la partecipazione delle parti al procedimento di mediazione tutte quelle volte in cui il verbale di mediazione risulti lacunoso ed il mediatore non abbia correttamente e dettagliatamente trascritto tutte le circostanze inerenti la partecipazione dei soggetti. Pertanto, il mediatore può essere ammesso a deporre e, quindi, a testimoniare qualora trattasi di deposizione volta a rappresentare al Giudice quanto avvenuto nella fase c.d. di identificazione del primo incontro che, per sua natura, non può e non ha alcun contenuto sostanziale, non avendo ancora affrontato e trattato l’oggetto della lite tra le parti (I) (II).


(II) Si veda Tribunale di Roma, 25 gennaio 2016, in Osservatorio Mediazione Civile n. 50/2016 (Primo incontro, verbale, ragione del rifiuto a proseguire: il principio di riservatezza è riferito al merito, non allo svolgimento procedimentale).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 45/2018

Tribunale di Udine
Prima sezione civile
7 marzo 2018

Omissis

Il Condominio all’udienza del 31.10.2017 ha eccepito l’improcedibilità della domanda attorea per mancata presenza personale dell’attrice all’incontro di mediazione tenutosi il giorno precedente presso l’Organismo omissis.
L’attrice ha resistito all’eccezione esponendo che:
i) all’incontro del 30.10.2017 hanno partecipato, quale suo procuratore, il Geom. Omissis e, quale suo difensore, l’Avv. omissis;
ii) il Geom. omissis, su richiesta del mediatore, ha esibito una procura speciale da   quest’ultimo già dimessa in una precedente procedura di mediazione tenutasi avanti il medesimo  Organismo;
iii) il Mediatore, reperita la procura ed accertato che la stessa si riferiva ad una precedente procedura  di mediazione, non ne ha consentito l’utilizzazione;
iv) il mediatore ha, quindi, chiesto alle altre parti se autorizzavano il Geom. omissis, a presenziare all’incontro quale parte delegata dell’attrice;
v) le parti presenti hanno acconsentito che il Geom. omissis partecipasse all’incontro quale   delegato dell’attrice;
vi) le parti hanno confermato di voler iniziare il tentativo di mediazione e l’incontro è, pertanto, proseguito per circa due ore;
vii) il mediatore non ha ritenuto opportuno verbalizzare la presenza del Geom. Omissis.
Il Condominio ha confermato la presenza del Geom. omissis ribadendo, però, come lo stesso fosse sprovvisto di procura speciale; circostanza che, a dire del Condominio, non consentirebbe di ritenere l’attrice presente all’incontro di mediazione.
L’attrice, al fine di provare quanto esposto, ha formulato dei capitoli di prova ed ha citato a testimoniare il mediatore e l’assistente tirocinante, chiedendone l’ammissione.
Ciò premesso, occorre preliminarmente dare atto che il Condominio ha ammesso la presenza  del Geom. omissis all’incontro di mediazione del 30.10.2017 precisando, nella memoria autorizzata, che lo stesso era sprovvisto di procura e, nella memoria  di replica, che “il  geom.  omissis proceduralmente non esisteva” e che “il geometra omissis non era presente giuridicamente”.
Il Condominio non ha,  inoltre,  contestato  ex  art.  115  c.p.c.  quanto  affermato dall’attrice nella memoria autorizzata  in  merito  al  fatto  che  il  mediatore  avrebbe chiesto  alle parti  se  volevano  autorizzare il Geom. omissis a  presenziare  all’incontro di mediazione  quale  delegato dell’attrice, né ha contestato di aver negato il consenso e di aver dato corso alla discussione.

E’ pacifico che dal verbale dell’incontro del 30.10.2017 non risulta la presenza del Geom. Omissis.
Dall’esame dello stesso si possono, comunque, dedurre delle circostanze a favore della tesi attoree; circostanze che, diversamente, non troverebbero giustificazione in quanto incompatibili con l’ipotesi di assenza anche di una sola parte.
Ed, infatti, dal verbale risulta che: a) le parti “hanno deciso di iniziare il tentativo di mediazione”; b) le parti “hanno  dichiarato  di  voler  conciliare  nel  luogo  in  cui  -  oggi  - si tiene la procedura”; c) l’incontro  è  durato  circa  due  ore,  dalle  15  alle  16:50;  d) viene dato atto che vi è stata “ampia discussione”.

A ciò  si aggiunga  che,  sebbene il Geom. omissis fosse sprovvisto di procura speciale notarile in quanto quella esibita si riferiva ad una precedente procedura di mediazione promossa sempre dall’attrice nei confronti del Condominio, è pur vero che la procura a partecipare all’incontro di mediazione, non trattandosi di un mandato a gestire atti per i quali è necessaria la forma scritta, può essere anche verbale, salvo in ogni caso la ratifica, con efficacia retroattiva, della parte che l’ha rilasciata. E l’attrice,  nell’affermare  che il Geom. Omissis era presente all’incontro di mediazione quale suo delegato, sebbene sprovvisto di procura speciale notarile, di fatto va a ratificare una procura verbale al medesimo rilasciata.

Quanto, infine, alla richiesta istruttoria attorea, occorre preliminarmente “spendere” due parole in merito al principio di riservatezza al quale è improntato  il procedimento di mediazione ed alle carenze del verbale redatto dal mediatore.
Un’attenta e ben motivata ordinanza  del  Tribunale  di  Roma,  Sezione  XIII,  Giudice Dott. Massimo Moriconi, del 25.1.2016 ha chiarito sia il perimetro del principio di riservatezza, sia il contenuto del verbale.
In tale pronuncia è stato stabilito che “E’ opportuno, a tale proposito, esporre sinteticamente il quadro normativo in tema di mediazione, riservatezza, e verbalizzazione del mediatore. Il procedimento di mediazione è improntato alla riservatezza il che sta a significare che al fine di consentire l’effettiva possibilità delle parti di poter parlare liberamente senza la remora che eventuali dichiarazioni a sé sfavorevoli possano essere utilizzate nella causa, non si devono verbalizzare (da parte del mediatore) né possono essere propalate da chiunque (compresi gli avvocati delle parti) tali dichiarazioni che neppure possono essere oggetto di testimonianza et similia… Occorre però perimetrare con esattezza giuridica tale principio. Che, in primo luogo, non vale, per espressa disposizione di legge (art. 9 cit.) contro la volontà della parte dichiarante. Inoltre, per coerenza logico-giuridica con quanto testé osservato a proposito della tutela della libertà di dialogo che va garantita alle parti, il principio relativo alla riservatezza delle dichiarazioni delle parti deve essere riferito al solo contenuto sostanziale dell’incontro di mediazione, vale a dire al merito della lite. Ogni qualvolta, invece, tali dichiarazioni, quand’anche trasposte al di fuori del procedimento di mediazione, riguardano circostanze che attengono alle modalità della partecipazione delle parti alla mediazione e allo svolgimento (in senso procedimentale) della stessa, va predicata la assoluta liceità della verbalizzazione e dell’utilizzo da parte di chicchessia. Ed invero, in tale ambito una compiuta verbalizzazione è necessaria al fine di consentire al giudice la conoscenza del contenuto  della condotta  delle  parti  nello specifico contesto di cui trattasi: conoscenza indispensabile in relazione alle previsioni del decr.lgsl.28/2010 relative alla procedibilità  delle  domande  ed all’art. 8 co. 4 bis 4 dello stesso decreto, nonché, in via generale, dell’art. 96 III cpc. Sarebbe infatti un’assoluta aporia prevedere da una parte che il giudice debba e possa sanzionare la mancata o irrituale partecipazione delle parti al procedimento di mediazione e per contro precludergli la conoscenza e la valutazione degli elementi fattuali che tale ritualità o meno integrano’ …. “Conclusivamente, il mediatore deve trascrivere ogni circostanza - quand’anche consistente in dichiarazioni delle parti  -  utile a consentire (al giudice) le valutazioni di competenza, altrimenti impossibili, attinenti alla partecipazione (o meno) delle parti al procedimento di mediazione ed allo svolgimento dello stesso, come pure le circostanze che attengono al primo incontro informativo. In relazione al quale la parte che rifiuta di proseguire può esporne la ragione chiedendo che venga trascritta, con il correlativo obbligo del mediatore di verbalizzar/a. Il mediatore non è né un collaboratore del giudice né un suo ausiliario, ma lo schema della legge prevede, in sommo grado nella mediazione demandata, una serie di link che non possono essere ignorati fra il procedimento di mediazione e la causa. Fra essi vanno ricordati in primo luogo la condizione di procedibilità prevista dall’art. 5 commi 1 bis e 2 nonché le conseguenze della mancata partecipazione al procedimento di mediazione senza giustificato motivo di cui all’art. 8 co.  4  bis, gli effetti nella causa della proposta del mediatore di cui all’art. 13, l’efficacia di titolo esecutivo del verbale di accordo ove regolarmente asseverato dagli avvocati che abbiano assistito le parti che hanno aderito alla mediazione di cui all’art. 12 e benché non espressamente affermato dalla legge, la producibilità nella causa della relazione de/l’esperto di cui all’art. 8 co. 4. Una corretta verbalizzazione da parte del mediatore delle circostanze  che attengono  a segmenti  del  procedimento  di  mediazione  che, in vario modo, rilevano e si riverberano nella causa, si appalesa quindi più che utile, doverosa e necessaria. Ed il giudice svolge a tale fine una fondamentale attività didattica e di raccordo, nella grande varietà di condotte, non sempre approvabili, che emergono dall’esame dei verbali degli organismi di mediazione”.

Ebbene, nella fattispecie in esame, è evidente che il verbale del 30.10.2017 risulta lacunoso non essendo state correttamente rappresentate tutte le circostanze attinenti alla partecipazione delle parti alla mediazione.
Manca, infatti, ogni riferimento alla presenza per conto dell’attrice del Geom. omissis ed al consenso espresso da tutte le altre parti a considerare quest’ultimo delegato dell’attrice.

L’art. 10 del D. Lsg. n. 28 del 2010 stabilisce  che  “Le  dichiarazioni  rese  o  le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo  l’insuccesso  della mediazione,  salvo  consenso  della  parte  dichiarante o dalla quale provengono le informazioni. Sul contenuto delle stesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa prova testimoniale e non può essere deferito giuramento decisorio. 2. Il mediatore non può essere tenuto a deporre sul  contenuto  delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel procedimento di mediazione,  ne’ davanti all’autorità  giudiziaria  ne’  davanti  ad  altra  autorità.  Al  mediatore  si  applicano le disposizioni de/l’articolo 200 del codice di procedura  penale e  si  estendono  le  garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell’articolo 103 del  codice  di procedura penale in quanto applicabili”.
La norma sancisce il principio di riservatezza del procedimento di mediazione,  il divieto di dar corso alla prova testimoniale in ordine alle dichiarazioni delle parti, nonché l’impossibilità per il mediatore di deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel corso del procedimento.
Da un’interpretazione letterale della norma, ne deriverebbe il rigetto delle istanze istruttorie formulate dall’attrice.

La norma, come evidenziato dal Giudice Capitolino, richiede, però, un esame più approfondito che non può essere limitato al solo dato testuale.
Come evidenziato dal Tribunale di Roma il principio di riservatezza  dev’essere perimetrato e non può essere tout court applicato a tutte le fasi del procedimento di mediazione.
Quest’ultimo si caratterizza, infatti, per una fase preliminare volta all’identificazione delle parti, dei loro delegati e dei loro difensori. Questa fase è, pertanto, necessaria al mediatore per verificare se vi siano i presupposti soggettivi per dar corso alla procedura di mediazione e, quindi, all’informativa di cui al primo comma dell’art. 8 del Lgs n. 28 del 2010.
E’ evidente che l’assenza di una parte comporta  l’immediata  chiusura  della  procedura di mediazione e rende non necessaria la suindicata informativa.
Si deve, quindi, valutare se ciò che accade durante questa fase preliminare c.d. di identificazione della presenza dei soggetti partecipanti all’incontro, comporti o meno l’applicazione del disposto di cui all’art. 10 del D. Lgs. n. 28 del 2010.
Si ritiene che il principio di riservatezza non si possa applicare a questa c.d. fase di identificazione, poiché – aderendo a quanto evidenziato dal Tribunale di Roma – il suddetto principio riguarda le dichiarazioni delle parti riferite al solo contenuto sostanziale dell’incontro di mediazione e cioè al merito della lite.
Se, invece, le dichiarazioni delle parti riguardano le modalità della loro partecipazione alla mediazione ed allo svolgimento della stessa, non avendo ad oggetto il merito della lite, dev’essere ammesso non solo l’utilizzo del verbale, ma anche la prova orale volta ad accertare la partecipazione delle parti al procedimento di mediazione tutte quelle volte in cui il verbale di mediazione risulti lacunoso ed il mediatore non abbia correttamente e dettagliatamente trascritto tutte le circostanze inerenti la partecipazione dei soggetti.

Ulteriore corollario è che il mediatore possa sul punto essere ammesso a deporre e, quindi, a testimoniare in quanto trattasi di deposizione volta a rappresentare al Giudice quanto avvenuto nella fase c.d. di identificazione che, per sua natura, non può e non ha alcun contenuto sostanziale, non avendo ancora affrontato e trattato l’oggetto della lite tra le parti.
Nel momento in cui, terminata  la  procedura  di  mediazione,  una  delle parti (in  genere la convenuta) all’udienza fissata ex art. 5 del D. Lgs. n. 28 del 2010 eccepisca l’improcedibilità della domanda per la mancata partecipazione personale della controparte all’incontro della mediazione, il Giudice, prima di chiudere il giudizio con una mera pronuncia di improcedibilità della domanda deve, sulla base delle allegazioni e deduzioni fornitegli, poter verificare l’effettiva presenza o  meno  del  soggetto, accertando e conoscendo gli elementi fattuali di cui alla c.d. fase di identificazione.
Ne consegue che, se tale verifica risulti impedita per un’incompiuta verbalizzazione del mediatore, non si può ritenere di per sé inammissibile l’istanza di prova orale formulata dalla parte destinataria dell’eccezione di improcedibilità volta a provare la propria presenza all’incontro di mediazione.
Il Giudice è, quindi, tenuto a prendere in considerazione l’istanza e, se ne sussistono i presupposti, ad ammettere la prova orale ed il mediatore quale testimone.

Ebbene, venendo alla fattispecie in esame, pur sussistendo numerosi elementi che portano a ritenere che l’attrice fosse presente nella persona del Geom. omissis quale proprio delegato, all’incontro del 30.10.2017 appare, comunque, utile ammettere l’istanza istruttoria attorea.
Conseguentemente, per le ragioni sopra esposte, si ammette la prova orale richiesta dall’attrice con la memoria autorizzata del 5.12.2017 e, precisamente, i capitoli da 1 a 10 con i testi ivi indicati.

Fissa per l’escussione testimoniale l’udienza omissis.
Si comunichi.
Udine, lì 7.3.2018
Il G.O.P.
Avv. Fabio Fuser

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità. I collegamenti ipertestuali nel corpo della pronuncia sono a cura della Redazione dell’Osservatorio.

16 ottobre 2018

44/18. Partecipazione personale o procura notarile (per ragioni di oggettiva impossibilità) che va menzionata nel verbale del primo incontro (Osservatorio Mediazione Civile n. 44/2018)

=> Tribunale di Velletri, 22 maggio 2018

La pretesa azionata è improcedibile (ex art. 5, comma 1-bis d.lgs 28/2010) in caso di assenza dell'attore di persona all'incontro fissato dall'organismo di mediazione, in assenza di una valida procura speciale esibita al mediatore e menzionata nel verbale dell'incontro. In particolare, l'assenza dell'attore al primo incontro con il mediatore impone di ritenere non avverata la condizione di procedibilità, non potendosi ritenere che egli sia stato rappresentato dall’avvocato (presente in mediazione) in virtù della procura con firma autenticata dallo stesso difensore allegata alla memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c.; ciò sia perché occorre la procura notarile conferita per ragioni di oggettiva impossibilità a presenziare all'incontro, sia in quanto questa deve essere menzionata nel processo verbale dell'incontro come fonte dei poteri di rappresentanza sostanziale conferiti al difensore che sia nominato quale procuratore speciale (I) (II) (III).

Giusto il disposto di cui agli artt. 5, comma 2-bis, e 8, comma 1, d.lgs. 28/2010, la parte interessata ad assolvere la condizione di procedibilità ha l'onere di partecipare al primo incontro non solo per ricevere dal mediatore le informazioni circa la funzione e le modalità del procedimento di mediazione, ma anche per esprimere le proprie determinazioni in merito alle questioni oggetto di lite (I) (II).


(II) Per l’orientamento citato nella pronuncia in oggetto secondo cui “la funzione deflattiva assegnata dal legislatore all'istituto della mediazione postula che la parte che ha l'onere di instaurare il procedimento deve non solo avviarlo, ma anche parteciparvi personalmente al fine di rendere possibile il raggiungimento dell'accordo” si veda Trib. Firenze, sez. III. 21.4.2015, in Osservatorio Mediazione Civile n. 29/2015.

(III) Si veda l’art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c. in Codice di procedura civile de la Nuova Procedura civile (www.lanuovaproceduracivile.com).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 44/2018

Tribunale di Velletri
Sentenza
22 maggio 2018

Omissis

La pretesa azionata è improcedibile e tale va dichiarata, stante l'assenza dell'attore di persona all'incontro fissato dall'organismo di mediazione adito a seguito dell'ordinanza resa all'udienza del 13.4.2017, in assenza di una valida procura speciale esibita al mediatore e menzionata nel verbale dell'incontro.
Invero, se a norma dell'art. 5 comma 2bis D. Lgs. 28/2010, come modificato dall'art. 84 D.L. 69/2013, conv. in L. 98/2013, "la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo", è necessario che a detto incontro partecipino le parti, atteso che in difetto di partecipazione nessun accordo può essere raggiunto. Ne consegue che quella interessata ad assolvere la condizione di procedibilità ha l'onere di parteciparvi non solo per ricevere dal mediatore le informazioni circa la funzione e le modalità del procedimento di mediazione, ma anche per esprimere le proprie determinazioni in merito alle questioni oggetto di lite. Tanto si desume dal dettato dell'art. 8 comma I, che recita: "Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento."
Conseguentemente, nel caso che ci occupa, l'assenza dell'attore al primo incontro con il mediatore impone di ritenere non avverata la condizione di procedibilità, non potendosi ritenere che egli sia stato rappresentato dallo stesso avv. omissis in virtù della procura con firma autenticata dallo stesso difensore allegata alla memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c., sia perché occorre la procura notarile conferita per ragioni di oggettiva impossibilità a presenziare all'incontro, sia in quanto questa deve essere menzionata nel processo verbale dell'incontro come fonte dei poteri di rappresentanza sostanziale conferiti al difensore che sia nominato quale procuratore speciale. Orbene, poiché nel caso che ci occupa difettano la procura notarile e la menzione della stessa nel verbale di mediazione per dare contezza della presenza del difensore quale rappresentante sostanziale della parte opponente - si legge infatti che "il mediatore identifica le parti mediante i documenti esibiti in corso di validità allegati agli atti di procedura", senza menzione alcuna della procura speciale - deve ritenersi non avverata la condizione di procedibilità di una controversia soggetta a mediazione obbligatoria siccome concernente contratti bancari. Né può invocarsi, in senso contrario, la disposizione dell'art. 8 comma 4bis - a tenore della quale dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'art. 116 comma II c.p.c., e condannarla al versamento di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio all'entrata del bilancio dello stato — riguardando questa soltanto la parte che non è onerata ex lege all'esperimento della mediazione.
Invero, la funzione deflattiva assegnata dal legislatore all'istituto della mediazione postula che la parte che ha l'onere di instaurare il procedimento deve non solo avviarlo, ma anche parteciparvi personalmente al fine di rendere possibile il raggiungimento dell'accordo (v. in tal senso Trib. Firenze, sez. III. 21.4.2015; Trib. Reggio Emilia, 682/2017). La regolamentazione delle spese di lite segue la soccombenza, con liquidazione operata come in dispositivo, applicando i parametri minimi dello scaglione relativo alle cause di valore compreso tra euro 52.000,01 ed euro 260.000.00 di cui al D.M. 55/2014 in considerazione dell'attività concretamente svolta e della semplicità della definizione della controversia.

PQM

Il Tribunale di Velletri II Sezione civile in composizione monocratica in persona della dott.ssa Maria Casaregola, definitivamente pronunziando, così provvede: dichiara improcedibile la domanda; condanna l'attore al pagamento delle spese processuali sostenute da controparte, liquidate in euro 7.795.00 per compensi, oltre accessori di legge.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità. Grassetti e collegamenti ipertestuali sono a cura della Redazione dell’Osservatorio. 

14 marzo 2017

19/17. Mediazione obbligatoria, mancata partecipazione senza giustificato motivo: la sanzione prescinde dall’esito della causa (Osservatorio Mediazione Civile n. 19/2017)

=> Tribunale di Mantova, 25 ottobre 2016

In tema di mediazione c.d. obbligatoria (art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010) se la parte non compare all’incontro fissato dall’organismo di mediazione comunicando che non avrebbe aderito al tentativo di mediazione sia per motivi economici sia per le ragioni in diritto, deve ritenersi che la parte non sia comparsa senza giustificato motivo. Ne consegue che ricorrono i presupposti previsti dall’art. 8 co. 4-bis, d.lgs. 28/2010, norma questa che prevede una sanzione per la mancata ingiustificata partecipazione al tentativo di mediazione e che prescinde dall’esito della causa (I).

Affinché l’istituto della c.d. mediaconciliazione possa concretamente esplicare effetti è necessario il contatto diretto fra le parti e, quindi, la partecipazione personale di esse o, quantomeno, dei loro legali muniti di apposito mandato, tanto potendosi arguire dal tenore dell’art. 8 del d.lgs. 28/2010 (I).

Il legislatore ha introdotto l’istituto della c.d. mediaconciliazione al fine di evitare il sistematico ricorso alla giustizia ordinaria, ciò che non consente allo stato di garantire il rispetto del principio della ragionevole durata del processo (cfr. art. 111 Cost.) e, conseguentemente, di favorire la conciliazione stragiudiziale fra le parti (II).


(II) Sull’irragionevole durata del processo si veda, di recente, SPINA (a cura di), IRRAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO. Rassegna giurisprudenziale sistematica corredata daschemi, dottrina e formule, Diritto Avanzato, 2017 (ISBN: 978882603191).

FATTISPECIE:
Gli attori esponevano: di essere comproprietari pro-indiviso col convenuto di una piccola area cortiva; che, nel corso degli anni, i comproprietari avevano sistemato i rispettivi edifici di piena proprietà (costituite da case di civile abitazione e da rustici-garage) adiacenti all’area comune; che non era stato tuttavia possibile regolare l’uso di tale area comune ciò che alimentava continui contrasti, in particolare per la presenza non regolata di veicoli in sosta anche sotto le finestre della propria abitazione.
Il convenuto sosteneva che la fattispecie era regolata dalla disciplina di cui all’art. 1117 bis c.c.; che la zona in questione non poteva essere divisa, difettando entrambi i presupposti richiesti dall’art. 1119 c.c., tanto più che la stessa risultava gravata anche da servitù a favore di altri soggetti.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 19/2017

Tribunale di Mantova
Sentenza
25 ottobre 2016

Omissis

Con atto di citazione notificato in data omissis XX e ZZ esponevano: di essere comproprietari pro-indiviso con Y (ciascuno di essi per un quarto ciascuno e quest’ultimo per un mezzo) di una piccola area cortiva omissis di mq. 24; che, nel corso degli anni, i comproprietari avevano sistemato i rispettivi edifici di piena proprietà (costituite da case di civile abitazione e da rustici-garage) adiacenti all’area comune; che non era stato tuttavia possibile regolare l’uso di tale area comune ciò che alimentava continui contrasti, in particolare per la presenza non regolata di veicoli in sosta anche sotto le finestre della propria abitazione; che il tentativo di conciliazione attivato presso il competente organismo di mediazione non aveva dato esito; alla stregua di tali deduzioni gli attori chiedevano che venisse disposta la divisione dell’area comune.
Si costituiva Y il quale sosteneva: che la fattispecie era regolata dalla disciplina di cui all’art. 1117 bis c.c. che prevede l’applicazione delle disposizioni relative al condominio negli edifici in tutti i casi in cui “più unità immobiliari o più edifici ... abbiano parti comuni ai sensi dell’art. 1117c.c.”, laddove era pacifico che l’area oggetto della domanda costituiva un cortile comune; che la zona in questione non poteva essere divisa, difettando entrambi i presupposti richiesti dall’art. 1119 c.c. tanto più che la stessa risultava gravata anche da servitù a favore di altri soggetti; alla luce di tali considerazioni la difesa del convenuto chiedeva il rigetto della domanda.
Rigettate le istanze istruttorie formulate, la causa veniva rimessa in decisione sulle conclusioni formulate dalle parti nelle memorie redatte ex art. 183 VI co. n. 1 c.p.c. e discussa all’udienza del 25-10-2016, all’esito della quale veniva data lettura della sentenza.
La domanda non è fondata e deve essere rigettata.
In primo luogo va chiarito che gli attori hanno proposto una domanda di divisione della zona omissis mentre la loro richiesta di individuazione dei confini non è una domanda autonoma ma costituisce semplicemente la conseguenza della eventuale attribuzione in natura delle singole porzioni una volta operata la divisione.
Nel merito va osservato che non è in contestazione che la zona comune in questione - avente ridotte dimensioni (complessivamente mq. 130) e utilizzata come area di transito e sosta (anche con auto) per l’accesso alle prospicienti abitazioni delle parti in lite come si deduce dalle fotografie e dalle planimetrie dimesse- costituisca un cortile (per tale intendendosi oltre che l’area scoperta tra corpi di fabbrica di un edificio o più edifici anche i vari spazi liberi - ad es. spazi verdi, zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi - disposti esternamente alle facciate dell’edificio: in tal senso vedasi Cass.. 9-6-2000 n. 7889), cespite questo che rientra nell’ambito di previsione di cui all’art. 1117 c.c., norma inserita nel capo II, titolo VII, libro III del codice civile.
Occorre poi rilevare che l’art. 1117 bis c.c. (introdotto dalla legge 11-122012 n. 220) prevede l’applicabilità delle disposizioni del capo II (e cioè quelle di cui agli artt. 1117 e segg. c.c.), in quanto compatibili, in tutti i casi in cui, fra l’altro, più unità immobiliari ovvero più edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c., ipotesi che ricorre nella fattispecie in esame atteso che i soggetti in lite sono proprietari di distinti fabbricati che sono contigui ma non costituiscono un condominio e fra i quali è ubicato il cortile comune oggetto di giudizio. Al riguardo merita evidenziare che, se pure la comunione del cortile è venuta in essere anteriormente all’entrata in vigore della novella di cui alla legge n. 220/2012 (la quale non contiene norme di diritto intertemporale), tale nuova disciplina deve trovare applicazione al caso di specie in quanto, per effetto della stessa, non viene modificato il fatto generatore, pur risalente a un momento passato (la comproprietà di un’area che anche sotto la previgente normativa doveva qualificarsi come cortile), bensì vengono diversamente regolati (per il futuro) gli effetti e i rapporti derivanti dalla comproprietà di tale tipologia di cespite. Ciò premesso va notato che sussiste pure il presupposto costituito dalla compatibilità, essendo del tutto analoghe le esigenze di regolamentazione dei rapporti proprietari connesse con la divisione di un cortile costituente parte comune di un condominio ai sensi dell’art. 1117 c.c. rispetto a quelle riguardanti la divisione di un cortile parimenti comune, utilizzato per l’accesso a edifici contigui e confinanti ma non facenti parte di un condominio.
Ne consegue che non può procedersi alla divisione del cortile comune atteso che, nel caso in questione, mancano entrambi i presupposti richiesti dall’art. 1119 c.c. (norma richiamata dall’art. 1117 bis c.c.) e cioè la comoda divisibilità del cortile (si tratta infatti di un’area di modesta estensione parzialmente inserita fra le abitazioni delle parti che, ove suddivisa, non consentirebbe a nessuna di esse l’agevole transito e la sosta degli autoveicoli di cui dispongono) e il consenso di tutti i comproprietari alla divisione, avendolo il convenuto negato ancor prima dell’instaurazione della lite.
Infine deve rilevarsi che la controversia in questione rientra nell’ambito di previsione di cui all’art. 5, comma 1-bis del d.lgs. 28/2010 sicché tale controversia risulta soggetta al tentativo obbligatorio di mediazione.
In proposito va osservato che parte convenuta, costituitasi in giudizio, non è comparsa senza giustificato motivo all’incontro fissato dall’organismo di mediazione designato e che aveva fatto pervenire in data 23-10-2014, tramite il proprio legale, comunicazione con cui rendeva noto che non avrebbe aderito al tentativo di mediazione sia per motivi economici sia per le ragioni in diritto poi ribadite con la comparsa di costituzione: orbene deve ritenersi che parte convenuta non sia comparsa senza giustificato motivo all’incontro fissato per il 24-10-2014 dal mediatore, atteso che, affinché l’istituto della c.d. mediaconciliazione possa concretamente esplicare effetti, è necessario il contatto diretto fra le parti e, quindi, la partecipazione personale di esse o, quantomeno, dei loro legali muniti di apposito mandato, tanto potendosi arguire dal tenore dell’art. 8 del d. lgs. 28/2010 ove è ripetuto il riferimento agli incontri fra le parti e il mediatore nonché al compito di costui di chiarire funzioni e modalità di svolgimento della mediazione, ciò che implica necessariamente la loro presenza fisica nel senso sopra chiarito.
Ne consegue che ricorrono i presupposti previsti dall’art. 8 co. 4 bis  del d. lgs. 28/2010, norma questa che prevede una sanzione per la mancata ingiustificata partecipazione al tentativo di mediazione e che prescinde dall’esito della causa (sicché, trattandosi di onere imposto a ciascuna delle parti in lite, non può venire in considerazione la disciplina di cui all’art. 91 c.p.c.) atteso che il legislatore ha introdotto l’istituto della c.d. mediaconciliazione al fine di evitare il sistematico ricorso alla giustizia ordinaria ciò che non consente allo stato di garantire il rispetto del principio della ragionevole durata del processo (cfr. art. 111 Cost.) e, conseguentemente, di favorire la conciliazione stragiudiziale fra le parti: il convenuto quindi, benché non soccombente, va condannato al versamento in favore dell’erario dell’importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in conformità dei parametri di cui al d.m. 55/2014, tenendosi conto che non è stata svolta attività istruttoria e che non sono stati redatti scritti conclusionali.

PQM

Il Tribunale di Mantova, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: -rigetta la domanda  di divisione; condanna gli attori a rimborsare al convenuto le spese di lite, che si liquidano in €5.267,00 per onorari, oltre al rimborso delle spese generali pari al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge; condanna il convenuto Y al versamento in favore dell’erario dell’importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio, mandando alla cancelleria per quanto di competenza.
Mantova, 25 ottobre 2016.
Il Giudice dott. Mauro Pietro Bernardi

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

19 gennaio 2017

5/17. Rifiuto scritto a partecipare al primo incontro; sanzione pecuniaria irrogata in corso di causa; sollecito del giudice a considerare una definizione transattiva della lite (Osservatorio Mediazione Civile n. 5/2017)

=> Tribunale di Vasto, 6 dicembre 2016



In tema di mediazione obbligatoria (art. 5 comma 1-bis, d.lgs. 28/2010), la prassi di anticipare per iscritto il proprio rifiuto di partecipare al primo incontro costituisce un atto di mera cortesia, privo di alcuna idoneità a giustificare l’assenza della parte. Difatti, nell’attuale sistema normativo non è mai consentito alle parti di anticipare la discussione sul tema della possibilità di avviare la mediazione, senza avere prima partecipato personalmente al primo incontro e recepito le informazioni che il mediatore è tenuto a dare circa la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione (I).

Il dissenso alla mediazione, ai fini della sua validità, deve essere non solo personale, ma anche consapevole, informato e, soprattutto, motivato (I).

In caso di mancata partecipazione senza giustificato motivo alla mediazione, la sanzione pecuniaria di cui all’art. 8, comma 4-bis, d.lgs. 28/2010 (versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio), prescindendo del tutto dall’esito del giudizio, può essere irrogata anche in corso di causa (I).

Anche in caso di mancata partecipazione delle parti alla mediazione, il giudice può sollecitare le parti a considerare l’opportunità e a valutare i vantaggi di una definizione transattiva della controversia. A tal fine il giudice può assegnare alle parti un termine (nella specie decorrente dalla scadenza del terzo termine assegnato per le memorie di cui all’art. 183, comma 6), per depositare in cancelleria note contenenti una specifica proposta di definizione conciliativa della lite, da sottoporre all’esame della controparte, nonché invitare le stesse, per la successiva udienza, a prendere precisa posizione sulla proposta e ad esplicitare le ragioni di un eventuale rifiuto (di cui il Giudice tiene conto ai fini della condanna alle spese, ai sensi dell’art. 91 c.p.c.) (II).


(II) Per approfondimenti sugli artt. 91 e 183 c.p.c. si veda di recente VIOLA, CODICE DI PROCEDURA CIVILE con schemi, formule eapprofondimenti (dottrina e giurisprudenza), Cedam, 2016.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 5/2017

Tribunale di Vasto
Ordinanza
6 dicembre 2016

Omissis

Il giudizio introdotto da omissis ha ad oggetto una domanda di accertamento della nullità di un contratto di mutuo per applicazione di tassi di interesse usurari e, pertanto, rientra nel novero delle controversie in materia di contratti bancari e finanziari, per le quali l’art. 5, comma 1 bis, D.Lgs. n. 28/10 impone il previo esperimento del procedimento di mediazione, come condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Dal verbale del primo incontro di mediazione prodotto dall’attore, emerge che la banca odierna convenuta, costituitasi nel presente giudizio e ritualmente invitata a prendere parte alla mediazione, non si è presentata all’incontro all’uopo fissato dal mediatore, limitandosi a far pervenire alla segreteria dell’organismo di mediazione una comunicazione a mezzo p.e.c. con la quale esponeva la propria intenzione di non partecipare all’incontro ed illustrava in una lettera allegata le ragioni della decisione di rimanere assente.
A tale riguardo, è opportuno precisare che la condotta della parte che non si reca al primo incontro di mediazione e si limita a rappresentare per iscritto all’organismo di mediazione la decisione di non partecipare allo stesso, eventualmente anche illustrandone le ragioni, va interpretata alla stregua di una assenza ingiustificata della parte invitata, che la espone al rischio di subire le conseguenze sanzionatorie, sia sul piano processuale che su quello pecuniario, previste dall’art. 8, comma 4 bis, del D. Lgs. n. 28/10. Questo perché, nello spirito della norma che disciplina lo svolgimento del procedimento di mediazione (art. 8), la partecipazione delle parti, sia al primo incontro che agli incontri successivi, rappresenta una condotta assolutamente doverosa, che le stesse non possono omettere, se non in presenza di un giustificato motivo impeditivo che abbia i caratteri della assolutezza e della non temporaneità.
Posta in questi termini l’obbligatorietà della partecipazione, deve ritenersi che la prassi, talora adottata dalla parte invitata, di anticipare per iscritto il proprio rifiuto di partecipare al primo incontro, costituisce un atto di mera cortesia, che però non ha alcuna idoneità a giustificare la deliberata assenza della parte e ad esonerarla dalle conseguenti responsabilità.
Quanto, poi, alla enunciazione dei motivi della mancata partecipazione, ove essi – come sovente accade – non riguardino le cause che impediscono oggettivamente alla parte (che pure vorrebbe, ma non ha la materiale possibilità) di essere presente al primo incontro, ma invece concernino le ragioni per cui la stessa ritenga di non volere iniziare la procedura di mediazione, occorre chiarire che, nell’attuale sistema normativo, non è mai consentito alle parti di anticipare la discussione sul tema della possibilità di avviare la mediazione, senza avere prima partecipato personalmente al primo incontro e recepito le informazioni che il mediatore è tenuto a dare circa la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. In altri termini, il diniego del consenso ad intraprendere un percorso di mediazione può essere validamente espresso solo se la manifestazione di volontà negativa che la parte esprime sia:
a) innanzitutto, preceduta da un’adeguata opera di informazione del mediatore circa la ratio dell’istituto, le modalità di svolgimento della procedura, i possibili vantaggi rispetto ad una soluzione giudiziale della controversia, i rischi ragionevolmente prevedibili di un eventuale dissenso e l'esistenza di efficaci esiti alternativi del conflitto;
b) per altro verso, supportata da adeguate ragioni giustificatrici che siano non solo pertinenti rispetto al merito della controversia, ma anche dotate di plausibilità logica, prima ancora che giuridica, tali non essendo, ad esempio, quelle fondate sulla convinzione della insuperabilità dei motivi di contrasto (cfr., sul punto, precedente pronuncia di questo tribunale sulle caratteristiche del rifiuto di proseguire oltre il primo incontro – Trib. Vasto, ord. 23.04.2016).
Parafrasando una terminologia invalsa in ambito medico, il dissenso alla mediazione, ai fini della sua validità, deve essere non solo personale, ma anche consapevole, informato e, soprattutto, motivato.
Orbene, quando la parte invitata, senza partecipare alle attività informative e di interpellanza da espletarsi al primo incontro, annuncia per iscritto la propria assenza, provvedendo ad illustrare le ragioni che la inducono a decidere di non voler iniziare una mediazione, si deve ritenere che il dissenso così manifestato non sia stato validamente espresso, perché – a prescindere dalla validità delle argomentazioni giustificative – la parte non si è posta nelle condizioni di esprimere una volontà consapevole ed informata. Ne deriva che l’organismo di mediazione non è tenuto a prendere in considerazione o ad esaminare nel merito detta comunicazione scritta, se non a fini strettamente attinenti a profili organizzativi e logistici per la celebrazione del primo incontro.
Sulla scorta delle considerazioni innanzi espresse, va rilevato che, nel caso in esame, la banca non ha partecipato al primo incontro ed ha illustrato i motivi di tale scelta in una lettera allegata alla comunicazione inviata alla segreteria dell’organismo di mediazione, del cui contenuto, però, il mediatore non ha dato conto nel verbale del primo incontro.
Posto che, se si fosse trattato di ragioni oggettivamente impeditive della volontà della parte di essere presente, il mediatore avrebbe avuto il dovere professionale, non solo di darne atto nel verbale, ma anche di adottare ogni opportuna iniziativa finalizzata ad assicurare la presenza personale della stessa, ad esempio disponendo – se necessario – un rinvio del primo incontro (cfr., in tal senso, Trib. Vasto, ord. 23.06.2015, in tema di obblighi di verbalizzazione e di attivazione del mediatore), può ragionevolmente ritenersi, anche in considerazione dell’oggetto della controversia (accertamento della usurarietà dei tassi di interesse praticati nel contratto di mutuo) e della natura della parte invitata (istituto bancario), che le ragioni della mancata partecipazione al primo incontro vertessero sul merito della controversia e, come tali, non potevano – per le ragioni innanzi esposte – essere utilmente addotte dalla banca a giustificazione del proprio rifiuto di partecipare al primo incontro e, tantomeno, di iniziare la mediazione, atteso che il dissenso non solo appare fondato su argomentazioni delle quali non è possibile apprezzare la portata giustificativa, ma - prima ancora - non è stato preceduto dalla necessaria attività di informazione ed interpellanza riservata al mediatore al primo incontro ed, per di più, non è dato sapere se è stato espresso dalla parte personalmente (come la legge impone di fare) ovvero dal suo difensore (nel qual caso, sussisterebbe un ulteriore vizio di validità del dissenso).
Per tali motivi, visto che la parte invitata non ha partecipato senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, ricorrono i presupposti per adottare, ai sensi dell’art. 8, comma 4 bis, del D. Lgs. n. 28/10, una pronunciata di condanna della stessa (che si è ritualmente costituita in giudizio) al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. La lettera della citata disposizione, in virtù dell’uso da parte del legislatore del tempo indicativo presente, induce a ritenere obbligatoria la pronuncia di condanna in questione ogniqualvolta la parte che non ha partecipato al procedimento non fornisca una idonea giustificazione alla propria condotta.
Sulla questione della applicabilità della predetta disposizione anche in corso di causa, questo giudicante ritiene che l’irrogazione della sanzione pecuniaria prescinda del tutto dall’esito del giudizio e non sia necessariamente subordinata alla decisione del merito della controversia. Conformemente a quanto affermato da una parte della giurisprudenza di merito (cfr., Trib. Termini Imerese, 09/05/2012; Trib. Mantova, 22/12/2015), la sanzione pecuniaria in questione può, dunque, ben essere irrogata anche alla prima udienza o, comunque, in un momento temporalmente antecedente rispetto alla pronuncia del provvedimento che definisce il giudizio.
In disparte della irrogazione della sanzione pecuniaria, questo giudice si riserva di valutare la condotta della banca di ingiustificata renitenza alla mediazione, sia ai fini della ammissione di eventuali mezzi di prova che ai fini della successiva decisione della causa, ai sensi degli artt. 116, secondo comma e 96, terzo comma, c.p.c., tanto più alla luce del successivo comportamento processuale assunto dalla banca convenuta, che in prima udienza ha chiesto, unitamente all’attore, un rinvio per effettuare un tentativo di definizione bonaria della causa, così manifestando un atteggiamento di apertura ad un possibile esito conciliativo della controversia, che avrebbe dovuto trovare la sua sede naturale di sperimentazione non all’interno del processo, bensì nell’ambito della procedura di mediazione, nella quale le parti potevano cogliere l’opportunità di arrivare ad una soluzione concordata del conflitto con possibilità di successo sicuramente maggiori di quelle raggiungibili nel corso del processo.
A prescindere dalle questioni relative alla procedura di mediazione obbligatoria, va rilevato che le parti hanno chiesto, alla scorsa udienza, la fissazione dei termini di cui all’art. 183, sesto comma, c.p.c. e che la richiesta deve essere accolta.
Si reputa, in ogni caso, opportuno, anche alla luce della proposta conciliativa formulata a verbale dall’attore all’udienza del omissis, sollecitare le parti a considerare l’opportunità e a valutare i vantaggi di una definizione transattiva della controversia, dalla quale deriverebbe la possibilità non solo di sottrarsi all’inevitabile alea del giudizio, ma anche di pervenire ad una immediata definizione della lite, evitando il prevedibile prolungamento dei tempi del processo e l’ulteriore aggravio di spese processuali.

PQM

disattesa ogni diversa richiesta, così provvede: condanna la convenuta omissis al versamento, in favore dell’Erario, della somma di € 237,00, pari all’importo del contributo unificato dovuto per il presente giudizio, in conseguenza della ingiustificata mancata partecipazione al procedimento obbligatorio di mediazione; assegna alle parti i seguenti termini perentori omissis; assegna alle parti termine di ulteriori dieci giorni, decorrente dalla scadenza del termine sub c), per depositare in cancelleria note contenenti una specifica proposta di definizione conciliativa della lite, da sottoporre all’esame della controparte; invita le parti, per la prossima udienza, a prendere precisa posizione sulla proposta e ad esplicitare le ragioni di un eventuale rifiuto, di cui il Giudice terrà conto ai fini della condanna alle spese, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., come modificato dall’art. 45, comma 10, legge 18 giugno 2009, n. 69; rinvia
la causa all’udienza omissis, per la verifica delle condizioni di una possibile conciliazione o, in difetto, per la discussione orale sull’ammissione dei mezzi istruttori e per l’adozione dei provvedimenti per l’ulteriore impulso del processo.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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