=> Tribunale di Vasto, 6 dicembre 2016
Per approfondimenti si veda SPINA, Mediazione: il decalogo dei requisiti del diniego di partecipare, Altalex, 2016
In tema di mediazione obbligatoria (art. 5 comma 1-bis, d.lgs. 28/2010), la prassi di anticipare per iscritto il proprio rifiuto
di partecipare al primo incontro costituisce un atto di mera cortesia, privo di alcuna idoneità a giustificare
l’assenza della parte. Difatti, nell’attuale sistema normativo non è mai consentito alle parti di
anticipare la discussione sul tema della possibilità di avviare la mediazione,
senza avere prima partecipato
personalmente al primo incontro e recepito le informazioni che il mediatore
è tenuto a dare circa la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione
(I).
Il dissenso alla
mediazione, ai fini della sua validità, deve essere non solo personale, ma anche consapevole, informato e, soprattutto, motivato
(I).
In caso di mancata
partecipazione senza giustificato motivo alla mediazione, la sanzione pecuniaria di cui all’art. 8, comma 4-bis, d.lgs. 28/2010 (versamento all’entrata del bilancio dello
Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per
il giudizio), prescindendo del tutto dall’esito del giudizio, può essere irrogata anche in corso di causa (I).
Anche in caso di mancata partecipazione delle parti
alla mediazione, il giudice può
sollecitare le parti a considerare l’opportunità e a valutare i vantaggi di una
definizione transattiva della controversia. A tal fine il giudice può
assegnare alle parti un termine (nella specie decorrente dalla scadenza del
terzo termine assegnato per le memorie di cui all’art. 183, comma 6), per depositare in cancelleria note contenenti
una specifica proposta di definizione conciliativa della lite, da
sottoporre all’esame della controparte, nonché invitare le stesse, per la
successiva udienza, a prendere precisa
posizione sulla proposta e ad esplicitare le ragioni di un eventuale rifiuto
(di cui il Giudice tiene conto ai fini della condanna alle spese, ai sensi
dell’art. 91 c.p.c.) (II).
(I) Si vedano gli artt. 5, comma 1-bis, e 4, comma 2, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 aggiornato al D.L. 132/2014 c.d. di degiurisdizionalizzazione conv. con mod. in L. 162/2014, in Osservatorio Mediazione Civile n. 61/2014. Per approfondimenti si veda SPINA, CODICE OPERATIVO DEI NUOVI ADR, Pacini ed., Pisa, 2016 (Osservatorio Mediazione Civile n. 64/2016).
(II) Per approfondimenti sugli artt. 91 e 183
c.p.c. si veda di recente VIOLA, CODICE DI PROCEDURA CIVILE con schemi, formule eapprofondimenti (dottrina e giurisprudenza), Cedam, 2016.
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 5/2017
Tribunale di Vasto
Ordinanza
6 dicembre 2016
Omissis
Il giudizio
introdotto da omissis ha ad oggetto
una domanda di accertamento della nullità di un contratto di mutuo per
applicazione di tassi di interesse usurari e, pertanto, rientra nel novero
delle controversie in materia di contratti bancari e finanziari, per le quali
l’art. 5, comma 1 bis, D.Lgs. n. 28/10 impone il previo esperimento del
procedimento di mediazione, come condizione di procedibilità della domanda
giudiziale.
Dal verbale del
primo incontro di mediazione prodotto dall’attore, emerge che la banca odierna
convenuta, costituitasi nel presente giudizio e ritualmente invitata a prendere
parte alla mediazione, non si è presentata all’incontro all’uopo fissato dal
mediatore, limitandosi a far pervenire alla segreteria dell’organismo di
mediazione una comunicazione a mezzo p.e.c. con la quale esponeva la propria
intenzione di non partecipare all’incontro ed illustrava in una lettera
allegata le ragioni della decisione di rimanere assente.
A tale riguardo, è
opportuno precisare che la condotta della parte che non si reca al primo
incontro di mediazione e si limita a rappresentare per iscritto all’organismo di
mediazione la decisione di non partecipare allo stesso, eventualmente anche
illustrandone le ragioni, va interpretata alla stregua di una assenza
ingiustificata della parte invitata, che la espone al rischio di subire le
conseguenze sanzionatorie, sia sul piano processuale che su quello pecuniario,
previste dall’art. 8, comma 4 bis, del D. Lgs. n. 28/10. Questo perché, nello
spirito della norma che disciplina lo svolgimento del procedimento di
mediazione (art. 8), la partecipazione delle parti, sia al primo incontro che
agli incontri successivi, rappresenta una condotta assolutamente doverosa, che
le stesse non possono omettere, se non in presenza di un giustificato motivo
impeditivo che abbia i caratteri della assolutezza e della non temporaneità.
Posta in questi
termini l’obbligatorietà della partecipazione, deve ritenersi che la prassi,
talora adottata dalla parte invitata, di anticipare per iscritto il proprio
rifiuto di partecipare al primo incontro, costituisce un atto di mera cortesia,
che però non ha alcuna idoneità a giustificare la deliberata assenza della
parte e ad esonerarla dalle conseguenti responsabilità.
Quanto, poi, alla
enunciazione dei motivi della mancata partecipazione, ove essi – come sovente
accade – non riguardino le cause che impediscono oggettivamente alla parte (che
pure vorrebbe, ma non ha la materiale possibilità) di essere presente al primo
incontro, ma invece concernino le ragioni per cui la stessa ritenga di non
volere iniziare la procedura di mediazione, occorre chiarire che, nell’attuale
sistema normativo, non è mai consentito alle parti di anticipare la discussione
sul tema della possibilità di avviare la mediazione, senza avere prima
partecipato personalmente al primo incontro e recepito le informazioni che il
mediatore è tenuto a dare circa la funzione e le modalità di svolgimento della
mediazione. In altri termini, il diniego del consenso ad intraprendere un
percorso di mediazione può essere validamente espresso solo se la
manifestazione di volontà negativa che la parte esprime sia:
a) innanzitutto,
preceduta da un’adeguata opera di informazione del mediatore circa la ratio
dell’istituto, le modalità di svolgimento della procedura, i possibili vantaggi
rispetto ad una soluzione giudiziale della controversia, i rischi ragionevolmente
prevedibili di un eventuale dissenso e l'esistenza di efficaci esiti
alternativi del conflitto;
b) per altro verso,
supportata da adeguate ragioni giustificatrici che siano non solo pertinenti
rispetto al merito della controversia, ma anche dotate di plausibilità logica,
prima ancora che giuridica, tali non essendo, ad esempio, quelle fondate sulla
convinzione della insuperabilità dei motivi di contrasto (cfr., sul punto,
precedente pronuncia di questo tribunale sulle caratteristiche del rifiuto di
proseguire oltre il primo incontro – Trib. Vasto, ord. 23.04.2016).
Parafrasando una
terminologia invalsa in ambito medico, il dissenso alla mediazione, ai fini
della sua validità, deve essere non solo personale, ma anche consapevole,
informato e, soprattutto, motivato.
Orbene, quando la
parte invitata, senza partecipare alle attività informative e di interpellanza
da espletarsi al primo incontro, annuncia per iscritto la propria assenza,
provvedendo ad illustrare le ragioni che la inducono a decidere di non voler
iniziare una mediazione, si deve ritenere che il dissenso così manifestato non
sia stato validamente espresso, perché – a prescindere dalla validità delle
argomentazioni giustificative – la parte non si è posta nelle condizioni di
esprimere una volontà consapevole ed informata. Ne deriva che l’organismo di
mediazione non è tenuto a prendere in considerazione o ad esaminare nel merito
detta comunicazione scritta, se non a fini strettamente attinenti a profili
organizzativi e logistici per la celebrazione del primo incontro.
Sulla scorta delle
considerazioni innanzi espresse, va rilevato che, nel caso in esame, la banca
non ha partecipato al primo incontro ed ha illustrato i motivi di tale scelta
in una lettera allegata alla comunicazione inviata alla segreteria
dell’organismo di mediazione, del cui contenuto, però, il mediatore non ha dato
conto nel verbale del primo incontro.
Posto che, se si
fosse trattato di ragioni oggettivamente impeditive della volontà della parte
di essere presente, il mediatore avrebbe avuto il dovere professionale, non
solo di darne atto nel verbale, ma anche di adottare ogni opportuna iniziativa
finalizzata ad assicurare la presenza personale della stessa, ad esempio
disponendo – se necessario – un rinvio del primo incontro (cfr., in tal senso,
Trib. Vasto, ord. 23.06.2015, in tema di obblighi di verbalizzazione e di
attivazione del mediatore), può ragionevolmente ritenersi, anche in
considerazione dell’oggetto della controversia (accertamento della usurarietà
dei tassi di interesse praticati nel contratto di mutuo) e della natura della
parte invitata (istituto bancario), che le ragioni della mancata partecipazione
al primo incontro vertessero sul merito della controversia e, come tali, non
potevano – per le ragioni innanzi esposte – essere utilmente addotte dalla
banca a giustificazione del proprio rifiuto di partecipare al primo incontro e,
tantomeno, di iniziare la mediazione, atteso che il dissenso non solo appare
fondato su argomentazioni delle quali non è possibile apprezzare la portata
giustificativa, ma - prima ancora - non è stato preceduto dalla necessaria
attività di informazione ed interpellanza riservata al mediatore al primo
incontro ed, per di più, non è dato sapere se è stato espresso dalla parte
personalmente (come la legge impone di fare) ovvero dal suo difensore (nel qual
caso, sussisterebbe un ulteriore vizio di validità del dissenso).
Per tali motivi,
visto che la parte invitata non ha partecipato senza giustificato motivo al
procedimento di mediazione, ricorrono i presupposti per adottare, ai sensi
dell’art. 8, comma 4 bis, del D. Lgs. n. 28/10, una pronunciata di condanna
della stessa (che si è ritualmente costituita in giudizio) al versamento
all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al
contributo unificato dovuto per il giudizio. La lettera della citata
disposizione, in virtù dell’uso da parte del legislatore del tempo indicativo
presente, induce a ritenere obbligatoria la pronuncia di condanna in questione
ogniqualvolta la parte che non ha partecipato al procedimento non fornisca una
idonea giustificazione alla propria condotta.
Sulla questione
della applicabilità della predetta disposizione anche in corso di causa, questo
giudicante ritiene che l’irrogazione della sanzione pecuniaria prescinda del
tutto dall’esito del giudizio e non sia necessariamente subordinata alla
decisione del merito della controversia. Conformemente a quanto affermato da
una parte della giurisprudenza di merito (cfr., Trib. Termini Imerese,
09/05/2012; Trib. Mantova, 22/12/2015), la sanzione pecuniaria in questione
può, dunque, ben essere irrogata anche alla prima udienza o, comunque, in un
momento temporalmente antecedente rispetto alla pronuncia del provvedimento che
definisce il giudizio.
In disparte della
irrogazione della sanzione pecuniaria, questo giudice si riserva di valutare la
condotta della banca di ingiustificata renitenza alla mediazione, sia ai fini
della ammissione di eventuali mezzi di prova che ai fini della successiva
decisione della causa, ai sensi degli artt. 116, secondo comma e 96, terzo
comma, c.p.c., tanto più alla luce del successivo comportamento processuale
assunto dalla banca convenuta, che in prima udienza ha chiesto, unitamente
all’attore, un rinvio per effettuare un tentativo di definizione bonaria della
causa, così manifestando un atteggiamento di apertura ad un possibile esito
conciliativo della controversia, che avrebbe dovuto trovare la sua sede
naturale di sperimentazione non all’interno del processo, bensì nell’ambito della
procedura di mediazione, nella quale le parti potevano cogliere l’opportunità
di arrivare ad una soluzione concordata del conflitto con possibilità di
successo sicuramente maggiori di quelle raggiungibili nel corso del processo.
A prescindere dalle
questioni relative alla procedura di mediazione obbligatoria, va rilevato che
le parti hanno chiesto, alla scorsa udienza, la fissazione dei termini di cui
all’art. 183, sesto comma, c.p.c. e che la richiesta deve essere accolta.
Si reputa, in ogni
caso, opportuno, anche alla luce della proposta conciliativa formulata a
verbale dall’attore all’udienza del omissis,
sollecitare le parti a considerare l’opportunità e a valutare i vantaggi di una
definizione transattiva della controversia, dalla quale deriverebbe la
possibilità non solo di sottrarsi all’inevitabile alea del giudizio, ma anche
di pervenire ad una immediata definizione della lite, evitando il prevedibile
prolungamento dei tempi del processo e l’ulteriore aggravio di spese
processuali.
PQM
disattesa ogni
diversa richiesta, così provvede: condanna la convenuta omissis al versamento, in favore dell’Erario, della somma di €
237,00, pari all’importo del contributo unificato dovuto per il presente
giudizio, in conseguenza della ingiustificata mancata partecipazione al
procedimento obbligatorio di mediazione; assegna alle parti i seguenti termini
perentori omissis; assegna alle parti
termine di ulteriori dieci giorni, decorrente dalla scadenza del termine sub
c), per depositare in cancelleria note contenenti una specifica proposta di
definizione conciliativa della lite, da sottoporre all’esame della controparte;
invita le parti, per la prossima udienza, a prendere precisa posizione sulla
proposta e ad esplicitare le ragioni di un eventuale rifiuto, di cui il Giudice
terrà conto ai fini della condanna alle spese, ai sensi dell’art. 91 c.p.c.,
come modificato dall’art. 45, comma 10, legge 18 giugno 2009, n. 69; rinvia
la causa
all’udienza omissis, per la verifica
delle condizioni di una possibile conciliazione o, in difetto, per la
discussione orale sull’ammissione dei mezzi istruttori e per l’adozione dei
provvedimenti per l’ulteriore impulso del processo.