DIRITTO D'AUTORE


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29 settembre 2016

68/16. Mediazione obbligatoria: competenza territoriale dell’organismo derogabile con domanda congiunta, altrimenti la domanda è improcedibile; il termine di 15 giorni è perentorio (Osservatorio Mediazione Civile n. 68/2016)

=> Tribunale di Napoli Nord, 14 marzo 2016

In caso di controversia assoggettata alla c.d. mediazione obbligatoria, qualora il giudice conceda il termine per la presentazione della domanda di mediazione (art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010), la domanda di mediazione va presentata mediante deposito di una istanza presso un organismo nel logo del giudice competente territorialmente per la controversia (art. 4, comma 3, d.lgs. cit.). Trattandosi di norme legate alla mera competenza territoriale, le parti, se tutte d’accordo, possono porvi deroga rivolgendosi, con domanda congiunta, ad altro organismo scelto di comune accordo. Nel caso in cui tale accordo non vi sia stato, e la domanda di mediazione sia stata presentata unilateralmente dinanzi ad un organismo che non aveva competenza territoriale, va dichiarata l’improcedibilità della domanda. A tal fine non può neppure essere considerata la successiva domanda di mediazione presentata, oltre il termine di 15 giorni assegnato dal giudice, ad un organismo di mediazione competente per territorio (I) (II).

Il termine di quindici giorni per la presentazione dell’istanza di mediazione (art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010) ha carattere di perentorietà, in quanto la normativa riconnette allo spirare del termine in questione la grave sanzione dell’improcedibilità della domanda giudiziale, con la necessità di emettere sentenza di puro rito, così impedendo al processo di pervenire al suo esito fisiologico (I) (III).


(II) La giurisprudenza in tema di competenza territoriale dell’organismo di mediazione è consultabile al seguente link:

(III) La giurisprudenza in tema di mancato rispetto dei termini di presentazione dell’istanza di mediazione è consultabile al seguente link:

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 68/2016

Tribunale di Napoli Nord
Aversa
sentenza
14 marzo 2016

Omissis

Il G.U., all’esito di riserva, ha depositato in data omissis ordinanza provvisoria di rilascio, ex art.665 c.p.c. ed ha contestualmente mutato il rito, fissato udienza di comparizione e discussione di fronte a sé per il giudizio a cognizione piena nelle forme del rito locatizio e assegnato un termine alle parti per l’integrazione dei rispettivi atti introduttivi nonché un termine di quindici giorni dalla comunicazione della ordinanza per l’esperimento del tentativo di mediazione.
Sia gli attori che il convenuto hanno depositato memoria integrativa nel rispetto del termine loro concesso. In particolare il omissis ha chiesto dichiararsi la improcedibilità della domanda attorea e la revoca della ordinanza provvisoria di rilascio.
Va premesso che la intimazione di sfratto per morosità e la contestuale richiesta di convalida contenevano la domanda di pronuncia costitutiva di risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore, tantevvero che per effetto della opposizione dell’intimato si instaura su tale domanda il giudizio ordinario a cognizione piena (v. Cass. Civ. se. III, 14/9/1983, n.5566), e che nel caso di specie gli attori con la citazione hanno proposto anche una domanda di pagamento dei canoni e degli oneri condominiali rimasti insoluti oltre i canoni a scadere, non limitandosi a chiedere la condanna al rilascio dell’immobile. A tale domanda si è aggiunta, con la memoria integrativa depositata dal convenuto, la richiesta di revoca della ordinanza provvisoria di rilascio.
In ordine alla domanda di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento e condanna al pagamento dei canoni scaduti ed a scadere va dichiarata la improcedibilità.
Sul punto l’eccezione del convenuto è fondata.
Invero con l’ordinanza provvisoria di rilascio era stato concesso termine di quindici giorni dalla comunicazione del provvedimento per esperire il procedimento di mediazione a pena di improcedibilità della domanda, posto che le controversie in materia di locazione rientrano tra quelle per le quali è obbligatorio il tentativo di mediazione.
La obbligatorietà è stabilità dall’art. 5 comma 1 bis D.Lgs. 4/3/2010 n. 28, trattandosi di norma applicabile al presente giudizio perché instaurato successivamente all’entrata in vigore di tale nuova disciplina, a pena di improcedibilità secondo quanto previsto dal comma 2 del medesimo art. 5. Di qui la concessione, sempre di cui al comma 1 bis dell’art. 5 D.L.gs 4/3/2010 n.28, del termine per la presentazione della domanda di mediazione.
In concreto la domanda di mediazione è stata proposta dagli attori nel rispetto del termine ma dinanzi ad un organismo di mediazione esistente presso la Camera di Commercio di Napoli, e quindi al di fuori della circoscrizione del Tribunale di Napoli Nord, nonostante la lite fosse pendente presso quest’ultimo circondario e non presso il Tribunale di Napoli.
Ora, anche per le mediazioni attivate su disposizione del Giudice, è vincolante la previsione di cui al novellato art. 4 comma 3 D.Lgs. 28/2010: la domanda di mediazione va presentata mediante deposito di una istanza presso un organismo nel logo del giudice competente territorialmente per la controversia. Ovviamente, trattandosi di norme legate alla mera competenza territoriale, è chiaro che le parti – se tutte d’accordo – possono porvi deroga rivolgendosi, con domanda congiunta, ad altro organismo scelto di comune accordo. Nel caso di specie tale accordo non vi è stato, e la domanda di mediazione è stata presentata unilateralmente dinanzi ad un organismo che non aveva competenza territoriale, il che significa che non ha prodotto effetti (v. sul punto Tribunale di Milano, sez. IX 29/10/2013). A tal fine non può neppure essere considerata la successiva domanda di mediazione presentata ad un organismo di mediazione esistente a Casoria, che invece rientra nel territorio del Tribunale di Napoli Nord. Invero il termine di quindici giorni per la presentazione della istanza ha carattere di perentorietà. Ciò in quanto, secondo l’opinione prevalente in giurisprudenza i termini sono perentori non solo quando vengono espressamente definiti tali dalla legge, ma anche quando la normativa vigente riconnette allo spirare del termine, come nel caso di specie, la decadenza dal potere di compiere un atto (cfr. nella giurisprudenza di legittimità, Cass. Civ. trib. 8/2/2006, n. 2787; Cass. Civ. sez.III, 5/3/2004 n. 4530; Cass. Civ. sez. un. 12/10/2010 n. 262, in motivazione). Per l’appunto che il termine concesso dal giudice ex art. 5 comma 2, D. Lgs. 28/2010 per il deposito della domanda di mediazione abbia natura perentoria lo si desume dalla stessa gravità della sanzione prevista, perché l’improcedibilità della domanda giudiziale comporta la necessità di emettere sentenza di puro rito, così impedendo al processo di pervenire al suo esito fisiologico (cfr. sul punto Tribunale di Firenze, 4/6/2015).
Ferma restando la definizione in punto di rito della domanda attorea, occorre pronunciarsi nel merito della domanda di parte convenuta, proposta con la memoria integrativa, di revoca della ordinanza provvisoria di rilascio per perdita di efficacia.
Sul punto va rilevato che la ordinanza  di rilascio con riserva delle eccezioni del convenuto emessa ex art. 665 c.p.c., dal Giudice nell’ambito di un procedimento di convalida di sfratto, sulla opposizione proposta dall’intimato che in tal modo determina la conclusione del procedimento sommario e la instaurazione di un autonomo processo a cognizione ordinaria, conserva la sua efficacia di titolo esecutivo anche in casi di successiva estinzione del giudizio di merito a cognizione piena, atteso che l’ordinanza di rilascio, pur se non idonea ad acquistare autorità di giudicato in ordine al diritto fatto valere dal locatore, rientrando nella categoria dei provvedimenti di condanna con riserva di eccezioni del convenuto, ha natura non di provvedimento cautelare o meramente ordinatorio ma di provvedimento sostanziale provvisorio, i cui effetti (afferenti alla cessazione o risoluzione della locazione e conseguentemente all’attribuzione del diritto di rilascio dell’immobile, attuabile in via esclusiva) permangono fino a quando, ove non vengano definitivamente confermati, siano messi nel nulla dalla sentenza di merito che conclude l’ordinario giudizio di cognizione, salva restando in casi di estinzione di questo al conduttore di far valere, nel termine di prescrizione, le sue eccezioni in un autonomo nuovo processo (v. Cass. Civ. sez. III 29/3/1995, n.3730) e salvo l’assorbimento della medesima ordinanza nella sentenza dichiarativa della risoluzione del contratto, con conseguentemente preclusione in appello di ogni questione attinente alla sua validità (c. Cass. Civ. sez. III, 23/1/2006, n. 1223).
Di qui il rigetto della domanda di revoca avanzata dal convenuto a causa della permanente efficacia della ordinanza provvisoria di rilascio, secondo quanto sopra precisato.
Sussistono fondate ragioni per compensare integralmente ex art.92 comma 2 c.p.c., tra le parti le spese di giudizio alla luce della soccombenza reciproca, visto che alla soccombenza in punto di rito sulla domanda attorea di risoluzione del contratto di rilascio.

PQM

Il Giudice, definitivamente pronunciando, così provvede: dichiara la improcedibilità della domanda attorea; rigetta la richiesta di revoca della ordinanza provvisoria di rilascio; compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

27 settembre 2016

67/16. Mediazione delegata espletata, ma con istanza depositata oltre il termine dei 15 giorni: no all’improcedibilità (Osservatorio Mediazione Civile n. 67/2016)

=> Corte d’appello di Milano, 28 giugno 2016

Disposto l'instaurazione del procedimento di mediazione secondo quanto previsto ai sensi dell'art.5 d.lgs. n. 28/2010, fissando il termine di legge di 15 giorni per il deposito della domanda di mediazione, va osservato che il mancato rispetto di un termine di natura ordinatoria, fissato dal giudice in stretta applicazione dei termini di legge previsti ai sensi dell'art. 5 d.lgs, n. 28/2010, non comporta l'improcedibilità del giudizio, stante la natura non perentoria del termine medesimo, la cui mancata osservanza non determina certamente gli effetti decadenziali rilevati dal giudice di primo grado, atteso che il tentativo di mediazione è stato regolarmente espletato (I) (II) (III).


(II) La pronuncia d’appello massimata è relativa alla pronuncia di primo grado Tribunaledi Monza, 21 gennaio 2016, n. 156, in Osservatorio Mediazione Civile n. 39/2016

(III) La giurisprudenza in tema di mancato rispetto dei termini di presentazione dell’istanza di mediazione è consultabile al seguente link:

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 67/2016

Corte d’appello di Milano
ordinanza
28 giugno 2016

Omissis

il giudice di prime cure ha disposto l'instaurazione del procedimento di mediazione secondo quanto previsto ai sensi dell'art. 5 d.lgs. n. 28/2010, fissando il termine di legge di 15 giorni per il deposito della domanda di mediazione;
a fronte dei tardivo deposito della suddetta domanda, avvenuto il 18 novembre 201.5 e, pertanto, oltre il termine del 31 luglio 2015 indicato dal giudice in conformità alla norma di cui sopra, il giudice di prima istanza ha dichiarato l'improcedibilità del giudizio nonostante fosse stata dal medesimo accertata la natura ordinatoria del termine suddetto;
il mancato rispetto di un termine di natura ordinatoria, fissato dal giudice in stretta applicazione dei termini di legge previsti ai sensi dell'art. 5 d.lgs, n. 28/2010, non comporterebbe pertanto l'improcedibilità del giudizio, stante la natura non perentoria del termine medesimo, la cui mancata osservanza non determina certamente gli effetti decadenziali rilevati dal giudice, atteso che il tentativo di mediazione è stato regolarmente espletato;
ai fini del decidere il merito della controversia, risulta pertanto necessario procedere alla fase istruttoria sollecitata dal omissis sin dai primo grado di giudizio, francata solo per effetto della declaratoria d' improcedibilità;
risulta pertanto necessario procedere alla nomina di un consulente tecnico affinché venga effettuata una perizia calligrafica sulla sottoscrizione apposta alla fideiussione asseritamente rilasciata da parte del omissis nei confronti di omissis, disconosciuta dalla parte opponente sin dall'atto di opposizione e di cui la controparte ha chiesto di avvalersi producendone l' originale;
alla stregua di quanto rilevato, è necessario nominare all'uopo il CTU dott. omissis cui si assegna il seguente quesito peritale: "Accerti il consulente, esaminati gli atti e i documenti di causa, se la sottoscrizione apposta alla fideiussione rilasciata da parte del omissis nei confronti di omissis sia riconducibile al sig. omissis ".

PQM

La Corte d'Appello nomina quale CTU dott. omissis, convocandolo per il conferimento del suddetto incarico innanzi al consigliere relatore omissis all'udienza monocratica che si terrà omissis.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

23 settembre 2016

66/16. Mediazione obbligatoria senza l’assistenza dell’avvocato: improcedibilità (Osservatorio Mediazione Civile n. 66/2016)

=> Tribunale di Torino, 30 marzo 2016

Non può considerarsi validamente esperito il procedimento di mediazione obbligatoria esperito senza l’assistenza di un avvocato. Va pertanto accolta l’eccezione pregiudiziale di improcedibilità, in quanto nel procedimento di mediazione obbligatoria è necessaria, per espressa previsione legislativa (art.5 comma 1 bis d.lgs. 28/2010), l’assistenza di un avvocato (I).


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 66/2016

Tribunale di Torino
sentenza
30 marzo 2016

Omissis

L’attrice ha chiesto al Tribunale di dichiarare l’invalidità e la nullità parziale dei contratti di conto corrente …omissis…
All’udienza del omissis il Giudice ha rilevato non essere stato esperito l’obbligatorio tentativo di mediazione, rinviando per la produzione, di parte attrice, della predetta documentazione.
Parte attrice ha depositato il verbale di conclusione del procedimento di mediazione del omissis promosso omissis senza l’assistenza di un avvocato, ma solo del consulente omissis.
La Banca ha insistito per l’accoglimento dell’eccezione pregiudiziale di improcedibilità delle domande avversarie in quanto nel procedimento di mediazione obbligatoria è necessaria l’assistenza di un avvocato.
Ritiene il giudicante che l’eccezione pregiudiziale di improcedibilità di parte convenuta è da accogliere in quanto l’art. 5 comma 1 bis D.Lgs. 28/2010 recita che “Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di (…) contratti (…) bancari (…) è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente ad esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto (…). L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale”: di conseguenza il procedimento di mediazione esperito da parte attrice non può considerarsi validamente esperito, essendo necessaria, per espressa previsione legislativa, l’assistenza di un avvocato per la validità del procedimento stesso.
Non vi sono le condizioni per la condanna dell’attrice ex art. 96 c.p.c .
Le spese seguono la soccombenza.

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: dichiara improcedibili le domande di parte attrice; dichiara tenuta e condanna parte attrice a rimborsare a parte convenuta le spese di lite che liquida in omissis.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

21 settembre 2016

65/16. Mediazione demandata: contenuto dell’istanza di mediazione e termine ultimo per il rilievo officioso dell’improcedibilità (Osservatorio Mediazione Civile n. 65/2016)

=> Tribunale di Verona, 7 luglio 2016

L’art. 4, comma 2, d.lgs. 28/2010 richiede, al fine di assolvere la condizione di procedibilità, che vengano individuate nell’istanza di mediazione tutte le ragioni sottostanti alle diverse domande svolte in giudizio, a nulla rilevando che parte convenuta nulla abbia eccepito al riguardo né in fase di mediazione né nel corso del giudizio. Pertanto, se dalla domanda di mediazione emerge che questa ha riguardato solo alcuni dei diversi titoli azionati in causa, va dichiarata l’improcedibilità delle altre domande (I).

L’art. 5, comma 2, d.lgs. 28/2010 non individua un termine ultimo per il rilievo officioso del difetto della condizione di procedibilità in caso di mediazione demandata (I).




Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 65/2016

Tribunale di Verona
sentenza
7 luglio 2016

Omissis

Omissis Srl, in qualità di debitrice principale, e i suoi garanti omissis hanno promosso nei confronti del Banco Popolare società cooperativa un'azione d'indebito oggettivo, finalizzata ad ottenere la restituzione delle somme indebitamente incassate dalla Banca, e ammontanti a euro 17.237,85, nel corso di un rapporto bancario di conto corrente, meglio identificato in atto di citazione e concluso in data 18.12.2006. A sostengo di tali domande l’attrice ha dedotto che, nel corso del rapporto di conto corrente, l’istituto di credito aveva applicato interessi passivi superiori al tasso soglia e comunque in condizioni di usura soggettiva dell’attrice, nonché la capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori. Gli attori hanno inoltre lamentato la nullità totale o parziale del contratto di conto corrente sotto numerosi profili, meglio esplicitati alle pag. 18 e 19 dell’atto di citazione. Gli attori hanno anche lamentato l’invalidità del contratto di mutuo chirografario dell’importo di euro 8.092,16 concesso alla omissis dalla convenuta, per mancanza di causa e contrarietà a norme imperative, in quanto accordato al fine di estinguere le passività derivanti dal contratto di conto corrente, e per essere stati applicati interessi anatocistici nel corso di esso.
Gli attori hanno anche svolto una domanda di inibitoria della convenuta dalla segnalazione alla centrale rischi dei loro nominativi, sul presupposto che sarebbe stata contraria alla buona fede, e una domanda di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti per effetto del comportamento della convenuta.
Quest’ultima si è costituita in giudizio, resistendo alle domande avversarie e assumendone l’infondatezza.
Ciò detto con riguardo agli assunti delle parti, in via preliminare va dichiarata l’improcedibilità, delle domande, avanzate dalla omissis, di nullità del contratto e delle clausole del rapporto di conto corrente e di quella di inibitoria alla segnalazione in Centrale rischi per mancato espletamento della procedura di mediazione demandata da questo giudice, ai sensi dell’art. 5, comma 2, d. lgs. 28/2010, con ordinanza del 18 dicembre 2014. Tale conclusione discende dalla considerazione che dalla istanza di mediazione, presentata in data 24.12.2014, che parte attrice ha prodotto solo in data 18 aprile 2016, in ossequio all’ordinanza interlocutoria di questo Giudice, emerge che il procedimento conciliativo ha riguardato solo alcuni dei diversi titoli azionati in causa, vale a dire la ripetizione degli interessi anatocistici ed usurari applicati al rapporto di conto corrente e l’accertamento della gratuità del contratto di mutuo e della clausola di esso relativa alla pattuizione di interessi usurari (cfr. la parte della domanda di mediazione relativa alla indicazione delle ragioni della pretesa, prodotta da parte attrice).
Orbene, l’art. 4, comma 2, D. Lgs. 28/2010 richiedeva, al fine di assolvere la condizione di procedibilità, che fossero individuate nella istanza di mediazione tutte le ragioni sottostanti alle diverse domande svolte dalla omissis, a nulla rilevando in contrario che parte convenuta nulla abbia eccepito al riguardo né in fase di mediazione né nel corso del presente giudizio. Non va poi trascurato che l’art. 5, comma 2, d. lgs. 28/2010 non individua un termine ultimo per il rilievo officioso del difetto della condizione di procedibilità in caso di mediazione demandata. Infatti il richiamo al comma 1 bis operato da tale disposizione deve intendersi riferito alla elencazione delle ipotesi di mediazione obbligatoria ex lege presente nel comma suddetto.
In ogni caso nel caso di specie questo giudice è stato posto in condizioni di rilevare la mancanza del presupposto processuale solo dopo che era stata fissata udienza di discussione. La stessa conclusione di improcedibilità non è invece consentita per le domande, relative ai predetti profili, svolte dal B. e dalla S., in qualità di fideiussori della omissis, atteso che, ad avviso di questo Giudice, il contratto di fideiussione non è riconducibile alla categoria dei contratti bancari, di cui all’art. 5, comma 1 bis, D. Lgs. 28/2010. Infatti deve ritenersi che con tale espressione il legislatore abbia inteso far riferimento solamente ai rapporti tipicamente bancari. Venendo al merito le restanti domande attoree sono tutte infondate e vanno pertanto rigettate.
A giustificare il rigetto della doglianza relativa alla pretesa applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, è sufficiente la considerazione che il contratto di conto corrente per cui è causa è stato stipulato nel dicembre 2006 e in esso era stata prevista la pari periodicità degli interessi attivi e passivi (cfr. doc.3 di parte convenuta).
Quanto ai molteplici profili di nullità del contratto prospettati dagli attori, essi vanno tutti disattesi o perché generici (considerazione che vale per quello relativo alle clausole contrattuali che stabiliscono non meglio precisate condizioni più sfavorevoli per il cliente, per quello relativo alle clausole, non identificate e qualificate come abusive o vessatorie e di quelle relative all’applicazione delle valute in mancanza dell’indicazione del parametro sulla base del quale sono state considerate invalide) o perché infondati in quanto relativi a facoltà e iniziative dell’istituto di credito che erano state previste nel contratto (considerazione che vale per tutti i rilievi non ritenuti generici e di cui alle pagine 18 e 19 dell’atto di citazione). Parimenti generico è l’assunto relativo alla situazione di usura soggettiva in cui si sarebbe trovata la omissis al momento della conclusione del contratto, in difetto di precisazione della parte attrice di quale fosse stato il tasso medio praticato per operazioni similari da assumere come riferimento per la valutazione del caso.
Quanto poi alla doglianza relativa alla applicazione di interessi debitori usurari nel corso del rapporto di conto corrente anch’essa va disattesa poiché si fonda su criteri non condivisibili.
A tale riguardo, occorre innanzitutto osservare che, per il periodo precedente all’entrata in vigore della L. n. 2/09, non si condivide l'assunto teorico attoreo che ricollega il metodo di calcolo del TEG alla diretta applicazione del principio di cui all'art. 644, 4 comma cod.pen., ("…per la determinazione del tasso d'interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all'erogazione del credito”), che ricomprende nel calcolo del TEG anche la CMS. Invero, può evidenziarsi, criticamente, che tale assunto: 1) porta alla ‘disapplicazione’ delle Istruzioni emanate dalla Banca d'Italia ai sensi dell’art. 2, comma 1, della legge n. 108/96, che espressamente escludono la CMS dal computo del TEG prevedendone la rilevazione separata (vedi pgf. C5 delle Istruzioni come periodicamente aggiornate sino al 2009), senza tuttavia considerare che la stessa legge 108/96, nel rimettere all'autorità amministrativa ministeriale il compito del rilevamento periodico dei tassi, esige la rilevazione comparata di “… operazioni della stessa natura”, cioè di elementi omogenei tra loro, quali non sono gli interessi e la CMS, ove concepita, secondo il modello di tecnica bancaria (ripreso poi anche da Cass. n. 870/06, che ne ha valorizzato il carattere di remunerazione per la messa disposizione dei fondi indipendente dall'effettivo prelevamento) come “…il corrispettivo pagato dal cliente per compensare l'intermediario dell'onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell'utilizzo dello scoperto del conto” (cfr. Istruzioni Banca d'Italia, nei vari aggiornamenti periodici, sub pgf. C5) e perciò fatta oggetto di autonoma rilevazione “…finalizzata all’enucleazione di una specifica soglia usuraria ad hoc, all’evidente fine di non omogeneizzare categorie di interessi pecuniari finanziariamente disomogenei (si pensi, ad es., a quelli che accedono al mutuo fondiario familiare per l’acquisto della prima casa rispetto a quelli, assai diversi financo sul piano ragionieristico, derivanti da apertura di credito in conto corrente in favore di impresa commerciale”) (cfr. Tribunale di Verona, sent. 3/10/12); 2) non tiene conto del fatto che, riconosciuta nell'art. 644 una norma penale in bianco suscettibile di eterointegrazione per la determinazione del “…limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari”, sono gli stessi Decreti Ministeriali di rilevazione dei tassi usurari, emessi ai sensi dell'art. 2 della legge n. 108/96 e, quindi, integrativi della stessa norma penale (cfr. art. 644, 3 comma, cod.pen.), che, ‘legificando’ il criterio tecnico della B.I.: a) prevedono espressamente che i tassi non sono comprensivi della commissione di massimo scoperto eventualmente applicata, la quale viene rilevata e pubblicata a parte, come allegato alla tabella dei tassi (cfr. art. 1, 2 comma, dei decreti); b) fanno propri i criteri illustrati dalla Banca d'Italia nelle “Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull'usura”, che sono elaborate dall'Istituto di Vigilanza non già per ragioni interne al sistema bancario o meramente statistiche bensì proprio nell'ambito del procedimento disciplinato dall'art. 2 della legge n. 108/96; c) ribadiscono che le banche e gli intermediari finanziari, al fine di verificare il rispetto del limite di cui all'art. 2, 4 comma, della legge n. 108/96, si attengono ai criteri di calcolo delle Istruzioni della Banca d'Italia (cfr. art. 3, 2 comma, dei decreti).
Inoltre, la tesi dell’inclusione della CMS nel calcolo del TEG, si pone in aperto contrasto: a) con la ultima parte del 2 comma dell'art. 2 bis della legge n. 2/09, che, a chiusura del dibattito giurisprudenziale insorto negli anni in materia, ha previsto l'inclusione della CMS nel calcolo del TEG solo a partire dalla data dell’entrata in vigore della legge stessa, confermando per il periodo precedente la disciplina anteriormente in vigore (cfr. l’art. 2 bis, 2 comma, ultima parte, della L. 2/09, secondo cui “Il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, emana disposizioni transitorie in relazione all'applicazione dell'articolo 2 della legge 7 marzo 1996, n. 108, per stabilire che il limite previsto dal terzo comma dell'articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono usurari, resta regolato dalla disciplina vigente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto fino a che la rilevazione del tasso effettivo globale medio non verrà effettuata tenendo conto delle nuove disposizioni”); b) con la prima parte del 2 comma dell'art. 2 bis della legge n. 2/09, che correlativamente prevede che “Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell'applicazione dell'articolo 1815 del codice civile, dell'articolo 644 del codice penale e degli articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108”).
Le superiori considerazioni giustificano anche il rigetto delle domande di nullità e accertamento di simulazione relative al contratto di mutuo atteso che, una volta escluso che le passività derivanti dal contratto di conto corrente fossero non dovute, esso deve ritenersi pienamente valido.
Quanto invece alla doglianza relativa al tasso di interesse applicato alla somma mutuata deve osservarsi che, come affermato da diverse pronunce di merito (cfr. tra le altre le pronunce di questo Tribunale del 24 marzo 2015 e del 27 aprile 2015) non è concettualmente configurabile il fenomeno anatocistico con riferimento a mutuo con ammortamento c.d. alla francese, difettando in sede genetica del negozio, il presupposto stesso dell’anatocismo, vale a dire la presenza di un interesse giuridicamente definibile come scaduto” sul quale operare il calcolo dell’interesse composto ex art. 1283 c.c.
Pertanto, in tale tipo di ammortamento, il metodo di calcolo della tradizionale rata costante espressa nel relativo piano (rata contenente, nel suo senso la restituzione frazionata del capitale e dell’interesse fissato per il mutuo) si risolve, a tutto voler concedere, in una formula più complessa di calcolo del futuro interesse corrispettivo da versare, estranea dunque alla disciplina imperativa di cui all’art. 1283 c.c.
Venendo alla regolamentazione delle spese di lite esse vanno poste a carico degli attori in applicazione del principio della soccombenza.
Alla liquidazione delle somme spettanti a titolo di compenso si procede come in dispositivo sulla base del d.m. 55/2014.
In particolare il compenso per le fasi di studio ed introduttiva può essere determinato assumendo a riferimento i corrispondenti valori medi di liquidazione previsti dal succitato regolamento mentre quello per le fasi istruttoria e decisionale va quantificato in una somma pari ai corrispondenti valori medi di liquidazione, ridotti del 30 %, alla luce della considerazione che la prima è consistita nel solo deposito delle memorie ex art. 183 VI comma c.p.c.. e nella partecipazione ad una udienza mentre nella fase decisionale le parti hanno ripreso le medesime argomentazioni che avevano già svolto in precedenza.
Il compenso così risultante è pari ad euro 2581,00 ed esso va aumentato del 40% ai sensi dell’art. 4, comma II, d.m.55/2014.
Sull’importo riconosciuto a titolo di compenso alla convenuta spetta anche il rimborso delle spese generali nella misura massima consentita del 15 % della somma sopra indicata.

PQM

Il Giudice unico del Tribunale di Verona, definitivamente pronunciando ogni diversa ragione ed eccezione disattesa e respinta, dichiara improcedibili le domande di nullità relative al contratto di conto corrente per cui è causa e quella di inibitoria dalla segnalazione alla Centrale rischi avanzate da omissis; rigetta tutte le altre domande di parte attrice e condanna gli attori in solido tra loro a rifondere alla convenuta le spese del presente giudizio che liquida nella somma di euro 3.613,40, oltre rimborso spese generali nella misura del 15 % del compenso, Iva, se dovuta e Cpa.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

20 settembre 2016

64/16. CODICE OPERATIVO DEI NUOVI ADR, 2016 (Osservatorio Mediazione Civile n. 64/2016)

Il Codice è dedicato ai nuovi strumenti di Alternative Dispute Resolution che – come disciplinati, in particolare, dalla c.d. riforma di de-giurisdizionalizzazione (l. 162/2014, tenendo conto anche del d.m. 61/2016) – costituiscono ormai parte integrante del sistema di gestione dei conflitti civili, con nuovi obblighi e oneri, ma anche nuove opportunità operative.



L’obiettivo del volume è fornire un agile strumento di lavoro per professionisti e studiosi, dalla pratica consultazione, che illustri, in modo organico e sistematico, il contenuto delle nuove norme e il funzionamento concreto degli istituti trattati, con particolare riferimento al loro rapporto con il processo civile. Ogni istituto (mediazione civile, negoziazione assistita, arbitrato di prosecuzione e ADR per i consumatori) è illustrato singolarmente, nelle seguenti sezioni:
  • norme: raccolta di tutta la normativa nazionale (leggi, circolari, ecc.) ed europea;
  • schemi: schemi pratici, diagrammi di flusso sugli iter procedimentali e tabelle esplicative (con la finalità di illustrare contenuti della normativa e funzionamento pratico degli istituti);
  • formule: formulario specifico (formule e modelli);
  • focus tematici: approfondimenti (articoli e rassegne giurisprudenziali) su temi di maggior dibattito ed interesse pratico (aggiornati anche alle recenti riforme su depenalizzazioni ex d.lgs. 7/2016 e sulle unioni civili ex l. 76/2016).
L’Opera è corredata da un indice analitico per un’immediata selezione delle informazioni d’interesse.

ISBN: 978-88-6995-046-9
Anno: 2016
Pagine: 416





Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 64/2016

16 settembre 2016

63/16. Relazione 26.8.2016 della Commissione europea sull’applicazione della dir. 2008/52/CE (Osservatorio Mediazione Civile n. 63/2016)

Ove il recepimento della direttiva ha determinato l'adozione di modifiche sostanziali del quadro di mediazione esistente o l'introduzione di un sistema di mediazione completo, è stato compiuto un importante passo in avanti nella promozione dell'accesso alla risoluzione alternativa delle controversie e nel raggiungimento di un'equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario. Tuttavia, sono state identificate alcune difficoltà pratiche nel funzionamento dei sistemi di mediazione nazionali, connesse principalmente alla mancanza di una "cultura" della mediazione negli Stati membri, a una conoscenza insufficiente del modo in cui gestire i casi transfrontalieri, al basso livello di sensibilizzazione alla mediazione e al funzionamento dei meccanismi di controllo della qualità per i mediatori (I).

La direttivasulla mediazione è stata introdotta per facilitare l'accesso alla risoluzione alternativa delle controversie, promuovere la composizione amichevole delle stesse e garantire che le parti che ricorrono alla mediazione possano fare affidamento su un quadro giuridico prevedibile. Questo obiettivo politico è valido ancora oggi e per il futuro: la mediazione può contribuire a evitare procedimenti giudiziari inutili a spese dei contribuenti e a ridurre i tempi e i costi associati alle controversie giudiziarie. A lungo termine può creare una cultura non contenziosa in cui non esistono né vincitori né perdenti, ma partner (I).


Si riporta di seguito il testo del documento, così come reso noto dalle Istituzioni comunitarie al seguente link:
https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2016/IT/1-2016-542-IT-F1-1.PDF

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 63/2016


Bruxelles, 26.8.2016
COM(2016) 542 final

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL
CONSIGLIO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

on the application of Directive 2008/52/EC of the European Parliament and of the
Council on certain aspects of mediation in civil and commercial matters


1. INTRODUZIONE
1.1. Obiettivo
La direttiva 2008/52/CE relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e
commerciale1
, compreso il diritto di famiglia, ha l'obiettivo di facilitare l'accesso alla
risoluzione alternativa delle controversie (ADR) e di promuoverne la composizione
amichevole incoraggiando il ricorso alla mediazione e garantendo un'equilibrata relazione tra
mediazione e procedimento giudiziario. Si applica nelle controversie transfrontaliere in
materia civile e commerciale, e il suo termine di recepimento negli ordinamenti nazionali è
scaduto il 21 maggio 2011. La presente valutazione della sua applicazione è condotta
conformemente all'articolo 11 della direttiva.
L'obiettivo di garantire un migliore accesso alla giustizia, come parte della politica
dell'Unione europea di istituire uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, comprende
l'accesso ai metodi giudiziali ed extragiudiziali di risoluzione delle controversie. La
mediazione può fornire una risoluzione extragiudiziale conveniente e rapida delle
controversie in materia civile e commerciale attraverso procedure concepite in base alle
esigenze delle parti. Gli accordi risultanti dalla mediazione hanno maggiori probabilità di
essere rispettati volontariamente dalle parti. Tali benefici diventano anche più evidenti nelle
situazioni che presentano elementi di portata transfrontaliera.
Benché la mediazione sia in genere vantaggiosa nell'ambito delle questioni civili e
commerciali, occorre sottolinearne l'importanza nel settore del diritto di famiglia. La
mediazione può creare un'atmosfera costruttiva di discussione e garantire rapporti equi tra i
genitori. Inoltre, le soluzioni amichevoli tendono ad essere durature e possono riguardare,
oltre alla residenza principale del minore, le disposizioni o gli accordi di visita relativi al
mantenimento del minore.
1.2. Contesto
La direttiva è stata la prima misura a incoraggiare la mediazione nell'ambito delle controversie
civili e commerciali in generale. In seguito alla sua adozione sono stati condotti a livello
dell'Unione europea ulteriori lavori attinenti alla mediazione:
• dal 2012 il miglioramento della qualità, dell'indipendenza e dell'efficienza dei sistemi
giudiziari è stato un aspetto centrale del semestre europeo. Il quadro di valutazione UE
della giustizia alimenta il semestre europeo e assiste gli Stati membri nel
miglioramento dell'efficacia dei relativi sistemi di giustizia. Il quadro di valutazione
include inoltre i dati sulle attività intraprese dagli Stati membri per promuovere l'uso
volontario dei metodi ADR. La Commissione incoraggia la raccolta e la condivisione
delle informazioni sulle prassi e sui metodi per promuovere l'uso volontario dei
sistemi ADR. La promozione dei sistemi ADR include la pubblicità personalizzata
(brochure, sessioni informative), la raccolta e la pubblicazione di dati, nonché la
valutazione dell'efficacia e della disponibilità del patrocinio a spese dello Stato per i
metodi ADR2;
• nel quadro della rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale, un gruppo
di lavoro ha elaborato una serie di raccomandazioni volte a potenziare l'uso della
mediazione familiare nei contesti transfrontalieri, in particolare nei casi di sottrazione
di minore. È stata creata una sezione distinta del portale europeo della giustizia
elettronica dedicata alla mediazione transfrontaliera3
 nell'ambito del diritto di famiglia
per fornire informazioni sui sistemi di mediazione nazionali;
• inoltre, mediante il programma Giustizia4
, la Commissione cofinanzia diversi progetti
riguardanti la promozione della mediazione e la formazione di giudici e professionisti;
• infine, la direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie dei
consumatori (“direttiva sull'ADR”) 5
 e il regolamento (UE) n. 524/2013 sulla
risoluzione delle controversie online dei consumatori (“regolamento ODR”) 6
garantiscono che i consumatori possano rivolgersi ad organismi ADR di qualità per
tutti i tipi di controversie contrattuali con i professionisti e stabiliscono una
piattaforma online di portata europea per le controversie dei consumatori che derivano
dalle transazioni online con i professionisti (www.ec.europa.eu/odr).
1.3. Fonti d'informazione
La presente relazione si basa sulle informazioni raccolte da diverse fonti:
• nel 2013 è stato condotto uno studio sull'attuazione della direttiva7. Lo studio è stato
aggiornato nel 20168;
• nel 2014 un gruppo di lavoro della rete giudiziaria europea in materia civile e
commerciale ha redatto un documento sulla promozione della mediazione familiare
internazionale nei casi di sottrazione internazionale di minore;
• i risultati dello studio e le esperienze degli Stati membri relative all'applicazione della
direttiva sono stati discussi durante una riunione della rete giudiziaria europea in
materia civile e commerciale tenutasi a luglio 2015;
• infine, tra il 18 settembre e il 18 dicembre 2015 è stata condotta una consultazione
pubblica online9
. Sono pervenute 562 risposte da persone interessate, mediatori,
giudici, avvocati, altri operatori della giustizia, accademici, organizzazioni, autorità
pubbliche e Stati membri.

2. VALUTAZIONE GENERALE
La valutazione mostra che, complessivamente, la direttiva ha fornito valore aggiunto europeo.
Sensibilizzando i legislatori nazionali ai vantaggi della mediazione, l'attuazione della direttiva
ha avuto un impatto significativo sulla legislazione di diversi Stati membri. L'entità
dell'impatto varia a seconda del livello preesistente dei sistemi di mediazione nazionali:
• 15 Stati membri disponevano già di un sistema di mediazione completo prima
dell'adozione della direttiva. In questi Stati membri la direttiva ha comportato poche o
nessuna modifica del sistema;
• in 9 Stati membri la mediazione era disciplinata da norme sparse o, nel settore privato,
si basava sull'autoregolamentazione. In questi Stati membri il recepimento della
direttiva ha reso necessarie modifiche sostanziali del quadro di mediazione esistente;
• 4 Stati membri hanno adottato per la prima volta un sistema di mediazione a seguito
del recepimento della direttiva. In questi Stati membri la direttiva ha determinato la
costituzione di quadri legislativi adeguati per la disciplina della mediazione.
Ove il recepimento della direttiva ha determinato l'adozione di modifiche sostanziali del
quadro di mediazione esistente o l'introduzione di un sistema di mediazione completo, è stato
compiuto un importante passo in avanti nella promozione dell'accesso alla risoluzione
alternativa delle controversie e nel raggiungimento di un'equilibrata relazione tra mediazione
e procedimento giudiziario.
Tuttavia, sono state identificate alcune difficoltà pratiche nel funzionamento dei sistemi di
mediazione nazionali, connesse principalmente alla mancanza di una "cultura" della
mediazione negli Stati membri, a una conoscenza insufficiente del modo in cui gestire i casi
transfrontalieri, al basso livello di sensibilizzazione alla mediazione e al funzionamento dei
meccanismi di controllo della qualità per i mediatori. Diversi partecipanti alla consultazione
pubblica hanno sostenuto che la mediazione non è sufficientemente conosciuta e che è ancora
necessario un "cambiamento culturale" per garantire che i cittadini abbiano fiducia nella
mediazione. Hanno inoltre sottolineato che i giudici e gli organi giurisdizionali sono ancora
riluttanti a proporre la mediazione alle parti.
I partecipanti alla consultazione pubblica hanno riconosciuto l'importante ruolo della
mediazione, in particolare per le questioni di diritto di famiglia (specialmente nei
procedimenti che riguardano l'affidamento di minori, i diritti di visita e i casi di sottrazione di
minore) e le controversie commerciali.

3. PUNTI DI VALUTAZIONE SPECIFICI
3.1. Dati statistici sulla mediazione
Lo studio e la consultazione pubblica mostrano che è molto difficile ottenere dati statistici
completi sulla mediazione (numero di casi mediati, durata media e percentuali di successo dei
procedimenti di mediazione), soprattutto per quanto riguarda la mediazione transfrontaliera.
In particolare, mancano dati completi e comparabili per tutte le giurisdizioni. Tuttavia,
durante la consultazione molti mediatori hanno fornito dati sulla loro attività, in particolare il
numero di mediazioni condotte e le percentuali di successo, spesso notevoli. Altri hanno
dichiarato che le percentuali di successo dipendevano dal numero delle parti, dall'oggetto in
questione e dalla situazione individuale, fattori che avrebbero un impatto anche sulla durata
dei procedimenti. Altri si rammaricano che senza una banca dati affidabile sia molto difficile
promuovere la mediazione e la sua efficacia, e ottenere la fiducia pubblica.
Complessivamente, i partecipanti alla consultazione sembrano d'accordo sul fatto che la
mediazione consente importanti risparmi di costi in un'ampia gamma di controversie civili e
commerciali e che in molti casi riduce significativamente i tempi di risoluzione delle
controversie.
Benché sia riconosciuto che, per la natura "non ufficiale" della mediazione rispetto alle
procedure legali formali, sia più difficile ottenere dati completi sulla mediazione, una base
dati più solida avrebbe un'importanza significativa per promuovere ulteriormente l'uso della
mediazione. La rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale ha iniziato a lavorare
per migliorare la raccolta di dati nazionali sull'applicazione degli strumenti dell'Unione in
materia civile e commerciale, tra cui la direttiva 2008/52/CE.
3.2. Ambito di applicazione (articolo 1, paragrafo 2)
Quasi tutti gli Stati membri hanno esteso l'ambito di applicazione delle misure nazionali di
recepimento della direttiva per farvi rientrare, oltre alle controversie transfrontaliere, quelle
nazionali. Solo 3 Stati membri hanno scelto di recepire la direttiva esclusivamente in
relazione alle controversie transfrontaliere, utilizzando la definizione "transfrontaliera" della
direttiva. L'estensione dell'ambito di applicazione alle controversie nazionali va accolto con
favore poiché il numero di controversie nazionali supera di gran lunga quello delle
controversie transfrontaliere. Le norme della direttiva vanno quindi al di là del suo ambito di
applicazione, a vantaggio di quanti ricorrono alla mediazione. L'inclusione delle controversie
nazionali dimostra inoltre la volontà degli Stati membri di trattare allo stesso modo le
controversie nazionali e quelle transfrontaliere. Tenuto conto del contenuto delle norme della
direttiva, non vi è alcun motivo per differenziare le due tipologie di controversie.
Inoltre occorre notare che, benché nella pratica il diritto di famiglia sembri essere il settore in
cui la mediazione è più utilizzata, la direttiva si applica a tutte le questioni civili e
commerciali. Un settore in cui la mediazione resta poco sviluppata è quello delle procedure
d'insolvenza. È opportuno ricordare che nella raccomandazione su un nuovo approccio al
fallimento commerciale e all'insolvenza la Commissione ha incoraggiato la nomina di
mediatori da parte degli organi giurisdizionali, ove necessario, al fine di assistere il debitore e
i creditori nel corretto svolgimento delle negoziazioni su un piano di ristrutturazione.
3.3. Meccanismi di controllo della qualità (articolo 4, paragrafo 1)
3.3.1. Codici di condotta
L'adozione dei codici di condotta a livello nazionale è percepita dai portatori di interessi come
uno strumento importante per garantire la qualità della mediazione. 19 Stati membri
richiedono lo sviluppo e il rispetto di codici di condotta, mentre in altri Stati membri i
fornitori di servizi di mediazione hanno stabilito i propri codici etici. In alcuni casi gli Stati
membri si sono spinti oltre i requisiti minimi della direttiva rendendo obbligatorio il rispetto
dei codici di condotta da parte dei mediatori e delle organizzazioni di mediazione. Il codice
europeo di condotta per mediatori10 assume un ruolo fondamentale in questo contesto poiché
o è direttamente utilizzato dai portatori di interessi o è d'ispirazione per i codici nazionali o di
settore. In alcuni Stati membri il rispetto del codice europeo è prescritto dalla legge, mentre in
altri il codice è applicato nella pratica pur non essendovi un obbligo legale. La maggior parte
dei portatori di interessi ha ritenuto efficaci gli sforzi profusi per incoraggiare i mediatori e le
organizzazioni che forniscono i servizi di mediazione richiesti dalla direttiva a sviluppare
volontariamente codici di condotta e a rispettarli. Risulta quindi che in relazione ai codici di
condotta l'attuazione della direttiva è nel complesso soddisfacente.
3.3.2. Norme sulla qualità per la fornitura di servizi di mediazione
18 Stati membri dispongono di norme sui meccanismi di controllo della qualità per la
fornitura di servizi di mediazione. La maggior parte degli Stati membri è dotata di procedure
di accreditamento obbligatorie per i mediatori e di registri dei mediatori. Laddove la
legislazione non prevede tali procedure e registri, le organizzazioni che forniscono servizi di
mediazione in genere li hanno istituiti autonomamente. Attualmente esistono svariati
meccanismi di controllo della qualità nell'UE.
Numerosi partecipanti alla consultazione, tra cui molti mediatori, si sono espressi a favore
dello sviluppo a livello europeo di norme sulla qualità per la fornitura di servizi di
mediazione. Gli Stati membri tuttavia non hanno manifestato quasi nessun sostegno.
I partecipanti favorevoli allo sviluppo a livello europeo di norme sulla qualità erano divisi tra
chi propugnava norme europee uniformi, considerate necessarie per promuovere
ulteriormente il ricorso alla mediazione, e chi invece sosteneva norme minime, che
garantirebbero la coerenza permettendo nel contempo di tenere conto delle differenze locali
delle culture di mediazione. Altri hanno sottolineato la necessità che le norme europee si
basino sulle norme nazionali esistenti più elevate per evitare che siano il frutto del minimo
comun denominatore.
I partecipanti alla consultazione contrari allo sviluppo di norme sulla qualità a livello europeo
hanno affermato che tali norme non sono necessarie per il successo della mediazione, che le
norme nazionali sono troppo diverse, che lo sviluppo di queste norme dovrebbe spettare agli
Stati membri o che l'autoregolamentazione in ciascun mercato nazionale è già di per sé
sufficiente. Hanno inoltre sottolineato che tra gli Stati membri sussistono differenze culturali e
giuridiche significative riguardo alla risoluzione delle controversie e che tali differenze
incidono sul modo in cui le parti ricorrono alla mediazione. L'uniformità limiterebbe la scelta
del consumatore e genererebbe controversie. Al massimo, l'Unione europea dovrebbe
promuovere e agevolare la condivisione delle buone prassi.
Tenuto conto della riluttanza degli Stati membri all'introduzione, a livello europeo, di norme
sulla qualità vincolanti, ma anche del supporto significativo dei portatori di interessi, una
possibilità potrebbe consistere nell'erogazione di finanziamenti UE per lo sviluppo a livello
europeo di norme sulla qualità per la fornitura di servizi di mediazione da parte dei portatori
di interessi nel contesto dell'attività del Comitato europeo di normalizzazione (CEN) sulla
base del regolamento (UE) n. 1025/2012 sulla standardizzazione a livello europeo, ad
esempio per un CEN Workshop agreement (CWA). Nonostante in linea di principio i CWA
debbano essere completamente guidati dal mercato, tale finanziamento è possibile se
considerato "necessari[o] e adeguat[o] a sostenere la legislazione e le politiche dell’Unione"11.
3.4. Formazione dei mediatori (articolo 4, paragrafo 2)
17 Stati membri incoraggiano la formazione o la disciplinano, parzialmente o in dettaglio,
nella legislazione nazionale. Andando oltre i requisiti minimi della direttiva, la maggior parte
degli Stati membri regolamenta la formazione iniziale dei mediatori e la rende obbligatoria.
Inoltre, molti impongono un obbligo di ulteriore formazione. Negli Stati membri dove la
formazione non è disciplinata, le organizzazioni di mediazione in genere offrono formazione
su base volontaria.
La grande maggioranza dei partecipanti alla consultazione ha considerato efficaci gli sforzi
profusi per incoraggiare la formazione iniziale e successiva dei mediatori richiesta dalla
direttiva. Altri hanno messo in evidenza i livelli di disparità e le divergenze tra i vari Stati
membri per quanto riguarda la creazione, il riconoscimento, la crescita e lo sviluppo della
professione di mediatore. A loro avviso esiste una base comune ma poca sinergia tra le
diverse giurisdizioni in riferimento alla formazione e alla definizione delle norme. Ritengono
inoltre che la formazione dei mediatori in Europa vari sostanzialmente quanto alle ore
richieste e ai contenuti.
Nei casi di mediazione nel settore del diritto di famiglia, la rete giudiziaria europea in
materia civile e commerciale ha evidenziato l'importanza per i cittadini di poter accedere a
mediatori che abbiano ricevuto una formazione specifica sulla mediazione familiare
internazionale e sui casi di sottrazione di minori.
Per promuovere ulteriormente la formazione dei mediatori la Commissione continuerà a
cofinanziare mediante il programma Giustizia diversi progetti riguardanti la formazione sulla
mediazione.
3.5. Ricorso alla mediazione (articolo 5, paragrafo 1)
Tutti gli Stati membri prevedono la possibilità per gli organi giurisdizionali di invitare le parti
a ricorrere alla mediazione o almeno a partecipare a sessioni informative sulla mediazione. In
alcuni Stati membri la partecipazione a tali sessioni è obbligatoria, su ordine del giudice
(Repubblica ceca) o per legge per determinate controversie specifiche, ad esempio in materia
di diritto di famiglia (Lituania, Lussemburgo, Inghilterra e Galles). Alcuni Stati membri fanno
obbligo agli avvocati di informare i loro clienti sulla possibilità di ricorrere alla mediazione o
richiedono che nelle domande presentate all'organo giurisdizionale sia indicato se il tentativo
di mediazione è stato esperito o se sussistono motivi che lo ostacolano. In alcuni Stati membri
sono stati sviluppati meccanismi di mediazione per soddisfare i requisiti di procedimenti
specifici, quali i termini imperativi. Nei Paesi Bassi, ad esempio, il giudice preliminare
esamina principalmente la possibilità di mediazione transfrontaliera con i genitori che
desiderano ricorrere alla mediazione nei casi di sottrazione di minori da parte di un genitore.
La mediazione transfrontaliera inizia il giorno successivo all'udienza preliminare e si
conclude entro tre giorni. In caso di esito positivo, i risultati sono immediatamente comunicati
al giudice investito della causa. Nel Regno Unito il giudice è tenuto, in qualsiasi momento del
procedimento, a valutare se la controversia possa essere risolta con un metodo alternativo di
risoluzione delle controversie, tra cui la mediazione, e, se de caso, invita le parti a ricorrervi.
La grande maggioranza dei portatori di interessi considera inefficaci le prassi dirette a incoraggiare le parti alla mediazione. Tali inviti sarebbero infatti troppo rari poiché i giudici
non conoscono la mediazione o non vi hanno fiducia. I partecipanti alla consultazione che
invece considerano tali prassi efficaci fanno principalmente riferimento al diritto di famiglia.
Tutto ciò dimostra che le prassi che incoraggiano le parti a utilizzare la mediazione non sono
ancora complessivamente soddisfacenti, ad eccezione degli esempi specifici citati. Sono
pertanto necessari ulteriori sforzi a livello nazionale per potenziare i sistemi di mediazione
esistenti. I partecipanti alla consultazione hanno indicato come particolarmente utili le
seguenti misure disposte dal diritto nazionale: l'obbligo delle parti di indicare nella domanda
presentata all'organo giurisdizionale se il tentativo di mediazione è stato esperito, che
consente di ricordare sia al giudice investito della domanda sia agli avvocati di parte la
possibilità di ricorrere alla mediazione; le sessioni informative obbligatorie nel quadro del
procedimento giudiziario; l'obbligo dell'organo giurisdizionale di valutare la possibilità di
mediazione in ogni fase del procedimento, in particolare nelle controversie di diritto di
famiglia.
3.6. Legislazione che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto a
incentivi o sanzioni (articolo 5, paragrafo 2)
Dallo studio risulta che in 5 Stati membri la mediazione è obbligatoria in determinati casi
specifici. Ad esempio, in Italia la mediazione è obbligatoria per svariati tipi di controversie, in
Ungheria e in Croazia per determinate controversie di diritto di famiglia.
Vari Stati membri promuovono la mediazione offrendo incentivi finanziari alle parti. 13 Stati
membri offrono incentivi finanziari alla mediazione sotto forma di riduzioni o rimborso
integrale delle spese e dei costi legati al procedimento giudiziario se la mediazione permette
di raggiungere un accordo durante la sospensione del procedimento. Ad esempio in
Slovacchia, a seconda della fase processuale in cui viene raggiunto l'accordo, è rimborsato il
30%, 50% o 90% dei diritti di cancelleria. In alcuni Stati membri la mediazione è offerta
gratuitamente o a costi inferiori in funzione della situazione economica delle parti.
Gli incentivi finanziari possono assumere anche la forma di patrocinio a spese dello Stato. Gli
Stati membri applicano norme diverse per i vari tipi di controversie o procedimenti di
mediazione. Ad esempio, in Germania il patrocinio a spese dello Stato si applica sempre alla
mediazione giudiziale, ma è limitato per la mediazione extragiudiziale, in Slovenia si applica
solo alla mediazione giudiziale, in Lussemburgo è disponibile per la mediazione giudiziale e
familiare condotta da un mediatore qualificato e in Italia è disponibile per la mediazione
obbligatoria. In questo contesto, bisogna sottolineare che l'articolo 10 della direttiva
2003/8/CE estende il diritto al patrocinio a spese dello Stato per le controversie
transfrontaliere ai procedimenti stragiudiziali, tra cui la mediazione, qualora l'uso di tali mezzi
sia richiesto dalla legge ovvero qualora il giudice vi abbia rinviato le parti in causa.
5 Stati membri prevedono sanzioni come strumento per promuovere l'uso della mediazione. In
Ungheria sono imposte sanzioni alle parti che dopo aver concluso un accordo di mediazione
agiscono comunque in giudizio o non adempiono agli obblighi stabiliti nell'accordo di
mediazione. In Irlanda le sanzioni si applicano al rifiuto ingiustificato di prendere in
considerazione la mediazione. In Italia la parte vincitrice di una controversia non può ripetere
le spese sostenute se il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde al contenuto di
una proposta di mediazione che detta parte ha in precedenza rifiutato. Sono inoltre previste
sanzioni per il caso in cui, nonostante l'obbligatorietà della mediazione, le parti non vi
ricorrano agendo invece in giudizio. In Polonia la parte che dapprima acconsente alla
mediazione e poi rifiuta senza giustificazione di parteciparvi può essere condannata al
pagamento delle spese processuali indipendentemente dall'esito del giudizio. In Slovenia
l'organo giurisdizionale può condannare la parte che senza giustificazione rifiuta la
mediazione giudiziale al pagamento totale o parziale delle spese legali della controparte.
La questione dell'obbligatorietà o meno della mediazione è controversa. Secondo alcuni
portatori di interessi, la non obbligatorietà della mediazione ne ostacola la promozione12.
Secondo altri, invece, per sua natura la mediazione può essere solo volontaria per poter
funzionare correttamente e, se resa obbligatoria, perderebbe la sua attrattiva rispetto alle
procedure legali.
È importante ricordare che la mediazione obbligatoria incide sull'esercizio del diritto a un
ricorso effettivo e a un giudice imparziale sancito all'articolo 47 della Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione europea.
La maggior parte dei portatori di interessi è favorevole a un approccio più coercitivo nei
confronti della mediazione. Tuttavia la maggioranza degli Stati membri e del mondo
accademico si oppone. Tra i favorevoli, alcuni caldeggiano l'obbligatorietà della mediazione
per determinate categorie di controversie (commerciali, di diritto di famiglia, di diritto del
lavoro o per quelle di modesta entità). In misura minore è stata propugnata l'obbligatorietà
della mediazione per tutti i tipi di controversie.
In generale è stato espresso poco sostegno alle sanzioni contro il mancato ricorso alla
mediazione, sebbene la condanna al pagamento delle spese inflitta alla parte che rifiuta la
mediazione senza motivo abbia ricevuto un certo appoggio. Gli incentivi per le parti a
ricorrere alla mediazione hanno riscosso maggiore successo. Esempi di incentivi utili
menzionati dai partecipanti alla consultazione sono: la riduzione delle spese di giudizio per le
parti che hanno tentato la mediazione prima di agire in giudizio; deduzioni fiscali effettive e
interessanti; la gratuità della mediazione o, quanto mento, un supporto finanziario dello Stato
per i servizi di mediazione.
L'uso di incentivi sembra utile a incoraggiare le parti a ricorrere alla mediazione. I costi
connessi alla risoluzione di una controversia sono un fattore importante per le parti quando
decidono se tentare la mediazione o agire in giudizio. Gli incentivi finanziari che rendono
economicamente più attrattiva la mediazione rispetto a un procedimento giudiziario possono
quindi essere considerati una migliore prassi. L'imposizione della mediazione nel quadro di
un procedimento giudiziario potrebbe essere prevista quando le parti, per la natura della loro
relazione, potrebbero avere motivo di ripetuto disaccordo o di contenzioso, ad esempio in
alcune controversie di diritto di famiglia (come in materia di diritti di visita) o nelle
controversie di vicinato. Bisogna sottolineare che anche in tali casi deve essere rispettato il
diritto di accesso alla giustizia garantito dall'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea.
Alla luce di quanto precede, l'articolo 5, paragrafo 2, della direttiva può essere considerato
appropriato.
3.7. Esecutività degli accordi risultanti dalla mediazione (articolo 6)
Tutti gli Stati membri prevedono l'esecutività degli accordi di mediazione conformemente a
quanto previsto dalla direttiva. Alcuni Stati membri si sono spinti oltre i requisiti della
direttiva: il Belgio, la Repubblica Ceca, l'Ungheria e l'Italia non richiedono esplicitamente il
consenso di tutte le parti affinché possa essere chiesta l'esecutività dell'accordo di mediazione.
In Grecia e Slovacchia la richiesta di esecutività può essere presentata da una delle parti senza
l'esplicito consenso delle altre. Ai sensi della legge polacca, sottoscrivendo l'accordo le parti
acconsentono a richiedere all'organo giurisdizionale di rendere l'accordo esecutivo.
Possono sussistere alcune eccezioni all'esecutività generale degli accordi di mediazione, ad
esempio quando l'accordo è contrario all'ordine pubblico o all'interesse del minore nel caso di
controversie familiari.
La maggioranza dei portatori di interessi considera efficaci le prassi riguardanti l'esecutività
degli accordi risultanti dalla mediazione. Essi hanno evidenziato l'estrema rarità della
necessità di rendere esecutivo un accordo di mediazione. A loro avviso, per la natura stessa
della mediazione è molto probabile che le parti, avendo acconsentito all'accordo, lo rispettino.
Alcuni partecipanti alla consultazione che considerano le prassi inefficaci ritengono che tutti
gli accordi di mediazione dovrebbero essere esecutivi indipendentemente dalla volontà delle
parti. Infatti, per garantire l'efficacia della mediazione, la migliore prassi consisterebbe nel
permettere a una parte di chiedere l'esecutività dell'accordo anche senza il consenso esplicito
dell'altra parte.
3.8. Riservatezza della mediazione (articolo 7)
La riservatezza della mediazione è tutelata in tutti gli Stati membri conformemente a quanto
richiesto dalla direttiva; la direttiva è quindi stata attuata correttamente. Alcuni Stati membri
si sono spinti oltre i requisiti della direttiva e hanno introdotto norme più rigide. Ad esempio,
a Malta i mediatori devono mantenere la riservatezza sul raggiungimento o meno di un
accordo di mediazione e questa informazione può essere divulgata solo se le parti vi
acconsentono espressamente per iscritto.
Un gran numero di portatori di interessi considera efficaci le prassi riguardanti la riservatezza
della mediazione. Tuttavia, numerosi partecipanti alla consultazione hanno segnalato che,
sebbene siano tenuti alla riservatezza, i mediatori non dispongono di un diritto generale a non
testimoniare, contrariamente ad altre professioni legali quali gli avvocati. Non vi sono però
indicazioni del fatto che, nella pratica, l'articolo 7 non tuteli sufficientemente la riservatezza
della mediazione.
3.9. Effetto della mediazione sui termini di prescrizione e decadenza (articolo 8)
Tutte le legislazioni nazionali garantiscono che alle parti che scelgono la mediazione non sia
successivamente impedito di avviare un procedimento giudiziario per il fatto che durante il
procedimento di mediazione siano scaduti i termini di prescrizione o decadenza. Sotto questo
profilo la direttiva è stata pertanto attuata correttamente.
La sospensione dei termini di prescrizione e decadenza è particolarmente importante quando
il procedimento giudiziario prevede termini imperativi, ad esempio nei procedimenti di
ritorno del minore nell'ambito di una sottrazione di minore da parte di un genitore.
Un gran numero di portatori di interessi considera efficaci le prassi riguardanti la sospensione
dei termini di prescrizione e decadenza durante il procedimento di mediazione. Alcuni hanno
sottolineato che nelle loro giurisdizioni tale sospensione è stata garantita dal recepimento
della direttiva nell'ordinamento nazionale.
3.10. Informazioni al pubblico (articolo 9)
13 Stati membri hanno incluso nella loro legislazione nazionale l'obbligo di diffondere le
informazioni sulla mediazione. Sono state adottate svariate misure per informare i cittadini e
le imprese sulla mediazione (ad esempio informazioni online sui siti web degli organismi
nazionali competenti, conferenze pubbliche, campagne promozionali pubbliche, spot
televisivi, trasmissioni radio, poster, ecc.). In tutti gli Stati membri le informazioni sui
vantaggi della mediazione e le informazioni pratiche utili sui costi e sul procedimento sono
fornite anche dalle associazioni dei mediatori, dagli ordini degli avvocati o dagli stessi
mediatori.
Ciononostante, lo studio rivela che la conoscenza della mediazione resta limitata e che le parti
che potrebbero esserne interessate dispongono di poche informazioni. Ciò incide
negativamente sull'efficienza dei servizi di mediazione, come confermato dai portatori di
interessi in 18 Stati membri. Le informazioni mancano non solo per le parti ma anche per i
professionisti legali; ciò costituisce un ulteriore ostacolo alla potenziale diffusione dell'uso
della mediazione in almeno 10 Stati membri. Secondo la maggioranza dei partecipanti alla
consultazione la comunicazione di informazioni al pubblico non è efficace. Molti di coloro
che invece la considerano efficace ritengono che le informazioni più efficaci sono quelle
pubblicate su internet, in particolare dai tribunali, dai ministeri, dalle organizzazioni di
mediazione o dalle camere di commercio. Altri strumenti efficaci citati sono gli opuscoli
informativi, le visite private agli organi giurisdizionali o gli eventi informativi come le
giornate della mediazione.
La Commissione europea cofinanzia progetti sulla promozione della mediazione mediante il
programma Giustizia. Inoltre, sul sito web del portale europeo della giustizia elettronica13
sono disponibili svariate informazioni sui sistemi di mediazione degli Stati membri e su chi
contattare. Sarebbe opportuno esaminare, attraverso la rete giudiziaria europea in materia
civile e commerciale, il modo in cui aumentare la conoscenza delle informazioni disponibili.

4. CONCLUSIONI
La direttiva sulla mediazione è stata introdotta per facilitare l'accesso alla risoluzione
alternativa delle controversie, promuovere la composizione amichevole delle stesse e
garantire che le parti che ricorrono alla mediazione possano fare affidamento su un quadro
giuridico prevedibile. Questo obiettivo politico è valido ancora oggi e per il futuro: la
mediazione può contribuire a evitare procedimenti giudiziari inutili a spese dei contribuenti e
a ridurre i tempi e i costi associati alle controversie giudiziarie. A lungo termine può creare
una cultura non contenziosa in cui non esistono né vincitori né perdenti, ma partner. La
direttiva sulla mediazione ha introdotto vari modi per promuovere la composizione
amichevole delle controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale e ha fornito un
quadro europeo per la mediazione come metodo di risoluzione extragiudiziale o alternativa
delle controversie.
Sulla base dello studio, della consultazione pubblica online e della discussione con gli Stati
membri in seno alla rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale, risulta che
l'attuazione della direttiva sulla mediazione ha avuto un impatto significativo sulla
legislazione di molti Stati membri. Oltre a definire alcuni requisiti chiave per l'uso della
mediazione nelle controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale, la direttiva ha
dato impulso in tutta l'Unione europea a un maggiore utilizzo della mediazione anche nelle
controversie puramente nazionali. Ciò è dovuto in particolare al fatto che la maggior parte
degli Stati membri ha esteso l'ambito di applicazione delle misure di recepimento della
direttiva alle controversie nazionali. In generale, la direttiva ha fornito un valore aggiunto UE
aumentando la consapevolezza tra i legislatori nazionali sui vantaggi della mediazione,
introducendo sistemi di mediazione o dando l'impulso per estendere i sistemi di mediazione
esistenti.
L'entità dell'impatto della direttiva sugli Stati membri varia a seconda del livello preesistente
dei sistemi di mediazione nazionali. Le difficoltà riguardanti il funzionamento pratico dei
sistemi di mediazione nazionali sono principalmente connesse alla tradizione del
contraddittorio che prevale in molti Stati membri, a un livello di conoscenza della mediazione
spesso limitato e al funzionamento dei meccanismi di controllo della qualità.
La valutazione dimostra che in questo stadio non è necessario modificare la direttiva ma che
la sua applicazione può essere ulteriormente migliorata:
• gli Stati membri dovrebbero, ove necessario e opportuno, adoperarsi maggiormente
per promuovere e incoraggiare l'uso della mediazione attraverso i diversi mezzi e
meccanismi previsti nella direttiva ed esaminati nella presente relazione. In
particolare, occorrerebbero ulteriori sforzi a livello nazionale per aumentare il numero
di controversie per la cui risoluzione le autorità giurisdizionali invitano le parti a
ricorrere alla mediazione. Esempi di migliori prassi al riguardo sono: l'obbligo per le
parti di indicare nelle domande presentate agli organi giurisdizionali se la mediazione
è stata tentata; in particolare in materia di diritto di famiglia, la partecipazione a
sessioni informative obbligatorie nel quadro di un procedimento giudiziario e l'obbligo
per l'organo giurisdizionale di considerare la mediazione in ogni fase del
procedimento giudiziario; gli incentivi finanziari che rendono la mediazione
economicamente più attrattiva rispetto al procedimento giudiziario; la possibilità di
rendere esecutivo l'accordo di mediazione senza richiedere necessariamente il
consenso di tutte le parti dell'accordo;
• la Commissione continuerà a cofinanziare mediante il programma Giustizia i progetti
connessi alla mediazione. In linea di principio è anche disponibile all'erogazione di
fondi europei affinché i portatori di interessi sviluppino norme a livello europeo sulla
qualità per la fornitura di servizi di mediazione. Inoltre, la Commissione continuerà a
consultare la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale per promuovere
ulteriormente l'utilizzo della mediazione, ad esempio per creare una banca dati più
solida sull'uso della mediazione e per aumentare la consapevolezza del pubblico, in
particolare riguardo alle informazioni disponibili sul sito web del portale europeo
della giustizia elettronica relative ai sistemi di mediazione degli Stati membri.

NOTE

1 GU L 136 del 24.5.2008, pag. 3.
5 GU L 165 del 18.6.2013, pag. 63.
6 GU L 165 del 18.6.2013, pag. 1.
/EUR/ViewPublication-Start?PublicationKey=DS0216335
11 Cfr. articolo 15, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 1025/2012 (GU L 316 del 14.11.2012, pag. 12)
12 Cfr. lo studio del Parlamento europeo: "‘Rebooting’ the mediation directive":


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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