=> Tribunale di Roma, 10 marzo 2016
Sebbene gli enti pubblici tendano a non partecipare, pur quando
ritualmente convocati, in mediazione, la partecipazione al procedimento di
mediazione demandata (art. 5, comma 2, d.lgs. 28/2010) è obbligatoria per
legge e proprio in considerazione di ciò non è giustificabile una negativa e
generalizzata scelta aprioristica di rifiuto e di non partecipazione al
procedimento di mediazione. Neppure ove tale condotta muova dal timore
di incorrere in danno erariale a seguito della conciliazione (I).
La legge, nel disciplinare la mediazione, sia dal punto di vista attivo
che passivo, non fa alcuna eccezione per quanto riguarda l’ente pubblico:
la lettera e la sostanza della normativa sulla mediazione va nella direzione
del raggiungimento di accordi conciliativi, senza alcuna eccezione soggettiva.
Le PP.AA. pertanto hanno, in subjecta materia, gli stessi oneri ed
obblighi di qualsiasi altro soggetto.
È opportuno procedimentalizzare la condotta delle PP.AA. in mediazione:
il soggetto che va in mediazione in rappresentanza della P.A. deve
quindi concordare con chi ha il potere dispositivo perimetri oggettivi
all’interno dei quali poter condurre le trattative.
Una conciliazione raggiunta sulla base del correlativo provvedimento
del giudice, spesso anche corredato da indicazioni motivazionali, in
nessun caso potrebbe esporre il funzionario a responsabilità erariale, caso
mai potendo essa derivare dalle conseguenze sanzionatorie (art. 96 III cpc)
che possono conseguire ad una condotta deresponsabilizzata ignava ed
agnostica della P.A.
In sede di
mediazione al fine di facilitare il
raggiungimento di un accordo, le parti possono convenire la nomina di un consulente
per l’accertamento dell’ammontare del danno, producibile in giudizio:
anche in caso di mancato accordo, quindi, tale attività conserva utilità.
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 61/2016
Tribunale di Roma
Sezione XIII
ordinanza
10 marzo 2016
Omissis
Gli enti pubblici,
per quanto risulta in base alla lunga e significativa esperienza del
Giudicante, tendono a non partecipare, pur quando ritualmente convocati, in
mediazione.
Ove mai l'esistenza
di una tale scelta pregiudiziale e generalizzata non esista, non sarebbe da
aggiungere altro. In caso contrario vale ricordare che la partecipazione al
procedimento di mediazione demandata è obbligatoria per legge e che proprio in
considerazione di ciò non è giustificabile una negativa e generalizzata scelta
aprioristica di rifiuto e di non partecipazione al procedimento di mediazione.
Neppure ove tale condotta muova dal timore di incorrere in danno erariale a
seguito della conciliazione.
Va infatti
considerato che in tale timore è insita un’aporia. A prescindere che esiste la
possibilità di un autorevole e rassicurante ausilio nel percorso conciliativo
in mediazione, sta di fatto che è la legge, nel disciplinare la mediazione, sia
dal punto di vista attivo che passivo, non fa alcuna eccezione per quanto
riguarda l’ente pubblico.
Un pregiudizio in
tale senso pertanto costituisce un controsenso. Come dire che se una P.A. deve
intentare una causa in una delle materie di cui all’art. 5 co. 1 bis del
decr.lgsl.20/2010, promuove necessariamente il procedimento di mediazione, ma
lo fa con la riserva mentale di non poter accordarsi (sic?).
Si tratta
all’evidenza di un paradossale non pòssumus, del tutto contrario alla lettera
ed alla sostanza della legge, che va in tutt’altra direzione. Che è quella del
raggiungimento di accordi conciliativi, senza alcuna eccezione soggettiva. Le
PP.AA. pertanto hanno, in subjecta materia, gli stessi oneri ed obblighi di
qualsiasi altro soggetto. Fermo restando che è opportuno procedimentalizzare la
loro condotta al riguardo. Il che sta a significare che il soggetto che va in
mediazione in rappresentanza della P.A. deve concordare con chi ha il potere
dispositivo perimetri oggettivi all’interno dei quali poter condurre le
trattative.
Peraltro, va
considerato che una conciliazione raggiunta sulla base del correlativo
provvedimento del giudice, spesso, come in questo caso anche corredato da
indicazioni motivazionali, in nessun caso potrebbe esporre il funzionario a
responsabilità erariale, caso mai potendo essa derivare dalle conseguenze
sanzionatorie (art. 96 III° cpc) che possono conseguire ad una condotta
deresponsabilizzata ignava ed agnostica della P.A.
Alle parti si
assegna termine fino all'udienza di rinvio per il raggiungimento di un accordo
amichevole. Va fissato il termine di gg.15 decorrente dal 1.4.2016, per
depositare presso un organismo di mediazione, a scelta delle parti
congiuntamente o di quella che per prima vi proceda, la domanda di cui al
secondo comma dell’art.5 del decr.legisl.4.3.2010 n.28; con il vantaggio di
poter pervenire rapidamente ad una conclusione, per tutte le parti vantaggiosa,
anche da punto di vista economico e fiscale (cfr. art.17 e 20 del
decr.legisl.4.3.2010 n.28), della controversia in atto.
Va evidenziato che
ai sensi e per l'effetto del secondo comma dell'art.5 decr.lgsl.28/10 come
modificato dal D.L.69/13 è richiesta l'effettiva partecipazione al procedimento
di mediazione demandata, laddove per effettiva si richiede che le parti non si
fermino alla sessione informativa e che oltre agli avvocati difensori siano
presenti le parti personalmente; e che la mancata partecipazione (ovvero
l'irrituale partecipazione) senza giustificato motivo al procedimento di
mediazione demandata dal giudice oltre a poter attingere, secondo una sempre
più diffusa interpretazione giurisprudenziale, alla stessa procedibilità della
domanda, è in ogni caso comportamento valutabile nel merito della causa.
All’udienza di
rinvio, le parti, in caso di accordo, potranno anche non comparire; viceversa,
in caso di mancato accordo, potranno, volendo, in quella sede fissare a verbale
quali siano le loro posizioni al riguardo, anche al fine di consentire
l’eventuale valutazione giudiziale della condotta processuale delle parti ai
sensi degli artt. 91 e 96 III° cpc.
In sede di
mediazione al fine di facilitare il raggiungimento di un accordo, le parti
potranno convenire la nomina di un consulente per l’accertamento dell’ammontare
del danno (chi scrive ha già espresso in provvedimenti noti – sui siti on line
relativi alla mediazione- i termini e le condizioni per la producibilità in
giudizio della consulenza in mediazione; come dire che anche in caso di mancato
accordo tale attività potrebbe conservare utilità).
PQM
A scioglimento
della riserva che precede,
- ammette i
documenti prodotti dalle parti;
- dispone che le
parti procedano alla mediazione demandata, ai sensi dell'art. 5 comma secondo
del decr.lgsl. 28/2010, della controversia;
- invita i
difensori delle parti ad informare i loro assistiti della presente ordinanza
nei termini di cui all’art.4, co. 3 decr.lgsl. 28/2010, e specificamente della
necessità di partecipare effettivamente e di persona, assistiti dai rispettivi
avvocati, al procedimento di mediazione;
- informa le parti
che l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità
della domanda ai sensi dell’art. 5, co.2 e che ai sensi dell’art. 8 dec.lgs.
28/10 la mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di
mediazione comporta le conseguenze previste dalla norma stessa; oltre che
dall’art. 96 III° cpc;
- va fissato il
termine dilatorio di gg. 15, decorrente dal 1.4.2016, per depositare presso un
organismo di mediazione, a scelta delle parti congiuntamente o di quella che
per prima vi proceda, la domanda di cui al secondo comma dell’art. 5 del
dec.lgs. 28/10;
- rinvia
all’udienza del omissis.
Roma lì 10.3.2016
Il Giudice dott.
cons. Massimo Moriconi