=> Tribunale di Verona, 7 luglio 2016
L’art. 4, comma 2, d.lgs. 28/2010 richiede, al fine di assolvere la condizione
di procedibilità, che vengano individuate nell’istanza di mediazione
tutte le ragioni sottostanti alle diverse domande svolte in giudizio, a
nulla rilevando che parte convenuta nulla abbia eccepito al riguardo né
in fase di mediazione né nel corso del giudizio. Pertanto, se
dalla domanda di mediazione emerge che questa ha riguardato solo alcuni dei
diversi titoli azionati in causa, va dichiarata l’improcedibilità delle altre
domande (I).
L’art. 5, comma 2, d.lgs. 28/2010 non individua un termine ultimo per il
rilievo officioso del difetto della condizione di procedibilità in caso di
mediazione demandata (I).
Per approfondimenti si veda SPINA, Mediazione demandata ha riguardato solo alcune domande? Le altre sono improcedibili,
Altalex, 2016
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 65/2016
Tribunale di Verona
sentenza
7 luglio 2016
Omissis
Omissis Srl, in qualità di debitrice principale, e
i suoi garanti omissis hanno promosso
nei confronti del Banco Popolare società cooperativa un'azione d'indebito
oggettivo, finalizzata ad ottenere la restituzione delle somme indebitamente
incassate dalla Banca, e ammontanti a euro 17.237,85, nel corso di un rapporto
bancario di conto corrente, meglio identificato in atto di citazione e concluso
in data 18.12.2006. A sostengo di tali domande l’attrice ha dedotto che, nel
corso del rapporto di conto corrente, l’istituto di credito aveva applicato
interessi passivi superiori al tasso soglia e comunque in condizioni di usura
soggettiva dell’attrice, nonché la capitalizzazione trimestrale degli interessi
debitori. Gli attori hanno inoltre lamentato la nullità totale o parziale del
contratto di conto corrente sotto numerosi profili, meglio esplicitati alle
pag. 18 e 19 dell’atto di citazione. Gli attori hanno anche lamentato
l’invalidità del contratto di mutuo chirografario dell’importo di euro 8.092,16
concesso alla omissis dalla
convenuta, per mancanza di causa e contrarietà a norme imperative, in quanto
accordato al fine di estinguere le passività derivanti dal contratto di conto
corrente, e per essere stati applicati interessi anatocistici nel corso di
esso.
Gli attori hanno
anche svolto una domanda di inibitoria della convenuta dalla segnalazione alla
centrale rischi dei loro nominativi, sul presupposto che sarebbe stata
contraria alla buona fede, e una domanda di risarcimento dei danni patrimoniali
e non patrimoniali subiti per effetto del comportamento della convenuta.
Quest’ultima si è
costituita in giudizio, resistendo alle domande avversarie e assumendone
l’infondatezza.
Ciò detto con
riguardo agli assunti delle parti, in via preliminare va dichiarata
l’improcedibilità, delle domande, avanzate dalla omissis, di nullità del contratto e delle clausole del rapporto di
conto corrente e di quella di inibitoria alla segnalazione in Centrale rischi
per mancato espletamento della procedura di mediazione demandata da questo
giudice, ai sensi dell’art. 5, comma 2, d. lgs. 28/2010, con ordinanza del 18
dicembre 2014. Tale conclusione discende dalla considerazione che dalla istanza
di mediazione, presentata in data 24.12.2014, che parte attrice ha prodotto
solo in data 18 aprile 2016, in ossequio all’ordinanza interlocutoria di questo
Giudice, emerge che il procedimento conciliativo ha riguardato solo alcuni dei
diversi titoli azionati in causa, vale a dire la ripetizione degli interessi
anatocistici ed usurari applicati al rapporto di conto corrente e
l’accertamento della gratuità del contratto di mutuo e della clausola di esso
relativa alla pattuizione di interessi usurari (cfr. la parte della domanda di
mediazione relativa alla indicazione delle ragioni della pretesa, prodotta da
parte attrice).
Orbene, l’art. 4,
comma 2, D. Lgs. 28/2010 richiedeva, al fine di assolvere la condizione di
procedibilità, che fossero individuate nella istanza di mediazione tutte le
ragioni sottostanti alle diverse domande svolte dalla omissis, a nulla rilevando in contrario che parte convenuta nulla
abbia eccepito al riguardo né in fase di mediazione né nel corso del presente
giudizio. Non va poi trascurato che l’art. 5, comma 2, d. lgs. 28/2010 non
individua un termine ultimo per il rilievo officioso del difetto della
condizione di procedibilità in caso di mediazione demandata. Infatti il
richiamo al comma 1 bis operato da tale disposizione deve intendersi riferito
alla elencazione delle ipotesi di mediazione obbligatoria ex lege presente nel
comma suddetto.
In ogni caso nel
caso di specie questo giudice è stato posto in condizioni di rilevare la
mancanza del presupposto processuale solo dopo che era stata fissata udienza di
discussione. La stessa conclusione di improcedibilità non è invece consentita
per le domande, relative ai predetti profili, svolte dal B. e dalla S., in
qualità di fideiussori della omissis,
atteso che, ad avviso di questo Giudice, il contratto di fideiussione non è
riconducibile alla categoria dei contratti bancari, di cui all’art. 5, comma 1
bis, D. Lgs. 28/2010. Infatti deve ritenersi che con tale espressione il
legislatore abbia inteso far riferimento solamente ai rapporti tipicamente
bancari. Venendo al merito le restanti domande attoree sono tutte infondate e
vanno pertanto rigettate.
A giustificare il
rigetto della doglianza relativa alla pretesa applicazione della
capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, è sufficiente la
considerazione che il contratto di conto corrente per cui è causa è stato
stipulato nel dicembre 2006 e in esso era stata prevista la pari periodicità
degli interessi attivi e passivi (cfr. doc.3 di parte convenuta).
Quanto ai
molteplici profili di nullità del contratto prospettati dagli attori, essi
vanno tutti disattesi o perché generici (considerazione che vale per quello
relativo alle clausole contrattuali che stabiliscono non meglio precisate
condizioni più sfavorevoli per il cliente, per quello relativo alle clausole,
non identificate e qualificate come abusive o vessatorie e di quelle relative
all’applicazione delle valute in mancanza dell’indicazione del parametro sulla
base del quale sono state considerate invalide) o perché infondati in quanto
relativi a facoltà e iniziative dell’istituto di credito che erano state
previste nel contratto (considerazione che vale per tutti i rilievi non
ritenuti generici e di cui alle pagine 18 e 19 dell’atto di citazione).
Parimenti generico è l’assunto relativo alla situazione di usura soggettiva in
cui si sarebbe trovata la omissis al
momento della conclusione del contratto, in difetto di precisazione della parte
attrice di quale fosse stato il tasso medio praticato per operazioni similari
da assumere come riferimento per la valutazione del caso.
Quanto poi alla
doglianza relativa alla applicazione di interessi debitori usurari nel corso
del rapporto di conto corrente anch’essa va disattesa poiché si fonda su
criteri non condivisibili.
A tale riguardo,
occorre innanzitutto osservare che, per il periodo precedente all’entrata in vigore
della L. n. 2/09, non si condivide l'assunto teorico attoreo che ricollega il
metodo di calcolo del TEG alla diretta applicazione del principio di cui
all'art. 644, 4 comma cod.pen., ("…per la determinazione del tasso
d'interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a
qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate
all'erogazione del credito”), che ricomprende nel calcolo del TEG anche la CMS.
Invero, può evidenziarsi, criticamente, che tale assunto: 1) porta alla
‘disapplicazione’ delle Istruzioni emanate dalla Banca d'Italia ai sensi
dell’art. 2, comma 1, della legge n. 108/96, che espressamente escludono la CMS
dal computo del TEG prevedendone la rilevazione separata (vedi pgf. C5 delle
Istruzioni come periodicamente aggiornate sino al 2009), senza tuttavia
considerare che la stessa legge 108/96, nel rimettere all'autorità
amministrativa ministeriale il compito del rilevamento periodico dei tassi,
esige la rilevazione comparata di “… operazioni della stessa natura”, cioè di
elementi omogenei tra loro, quali non sono gli interessi e la CMS, ove
concepita, secondo il modello di tecnica bancaria (ripreso poi anche da Cass.
n. 870/06, che ne ha valorizzato il carattere di remunerazione per la messa
disposizione dei fondi indipendente dall'effettivo prelevamento) come “…il
corrispettivo pagato dal cliente per compensare l'intermediario dell'onere di
dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione
nell'utilizzo dello scoperto del conto” (cfr. Istruzioni Banca d'Italia, nei
vari aggiornamenti periodici, sub pgf. C5) e perciò fatta oggetto di autonoma
rilevazione “…finalizzata all’enucleazione di una specifica soglia usuraria ad
hoc, all’evidente fine di non omogeneizzare categorie di interessi pecuniari
finanziariamente disomogenei (si pensi, ad es., a quelli che accedono al mutuo
fondiario familiare per l’acquisto della prima casa rispetto a quelli, assai
diversi financo sul piano ragionieristico, derivanti da apertura di credito in
conto corrente in favore di impresa commerciale”) (cfr. Tribunale di Verona,
sent. 3/10/12); 2) non tiene conto del fatto che, riconosciuta nell'art. 644
una norma penale in bianco suscettibile di eterointegrazione per la
determinazione del “…limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari”,
sono gli stessi Decreti Ministeriali di rilevazione dei tassi usurari, emessi
ai sensi dell'art. 2 della legge n. 108/96 e, quindi, integrativi della stessa
norma penale (cfr. art. 644, 3 comma, cod.pen.), che, ‘legificando’ il criterio
tecnico della B.I.: a) prevedono espressamente che i tassi non sono comprensivi
della commissione di massimo scoperto eventualmente applicata, la quale viene
rilevata e pubblicata a parte, come allegato alla tabella dei tassi (cfr. art.
1, 2 comma, dei decreti); b) fanno propri i criteri illustrati dalla Banca
d'Italia nelle “Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio
ai sensi della legge sull'usura”, che sono elaborate dall'Istituto di Vigilanza
non già per ragioni interne al sistema bancario o meramente statistiche bensì
proprio nell'ambito del procedimento disciplinato dall'art. 2 della legge n.
108/96; c) ribadiscono che le banche e gli intermediari finanziari, al fine di
verificare il rispetto del limite di cui all'art. 2, 4 comma, della legge n.
108/96, si attengono ai criteri di calcolo delle Istruzioni della Banca
d'Italia (cfr. art. 3, 2 comma, dei decreti).
Inoltre, la tesi
dell’inclusione della CMS nel calcolo del TEG, si pone in aperto contrasto: a)
con la ultima parte del 2 comma dell'art. 2 bis della legge n. 2/09, che, a
chiusura del dibattito giurisprudenziale insorto negli anni in materia, ha
previsto l'inclusione della CMS nel calcolo del TEG solo a partire dalla data
dell’entrata in vigore della legge stessa, confermando per il periodo
precedente la disciplina anteriormente in vigore (cfr. l’art. 2 bis, 2 comma,
ultima parte, della L. 2/09, secondo cui “Il Ministro dell'economia e delle
finanze, sentita la Banca d'Italia, emana disposizioni transitorie in relazione
all'applicazione dell'articolo 2 della legge 7 marzo 1996, n. 108, per stabilire
che il limite previsto dal terzo comma dell'articolo 644 del codice penale,
oltre il quale gli interessi sono usurari, resta regolato dalla disciplina
vigente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto fino a che la rilevazione del tasso effettivo globale medio non verrà
effettuata tenendo conto delle nuove disposizioni”); b) con la prima parte del
2 comma dell'art. 2 bis della legge n. 2/09, che correlativamente prevede che
“Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole,
comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca,
dipendente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del
cliente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell'applicazione
dell'articolo 1815 del codice civile, dell'articolo 644 del codice penale e
degli articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108”).
Le superiori
considerazioni giustificano anche il rigetto delle domande di nullità e
accertamento di simulazione relative al contratto di mutuo atteso che, una
volta escluso che le passività derivanti dal contratto di conto corrente
fossero non dovute, esso deve ritenersi pienamente valido.
Quanto invece alla
doglianza relativa al tasso di interesse applicato alla somma mutuata deve
osservarsi che, come affermato da diverse pronunce di merito (cfr. tra le altre
le pronunce di questo Tribunale del 24 marzo 2015 e del 27 aprile 2015) non è
concettualmente configurabile il fenomeno anatocistico con riferimento a mutuo
con ammortamento c.d. alla francese, difettando in sede genetica del negozio,
il presupposto stesso dell’anatocismo, vale a dire la presenza di un interesse
giuridicamente definibile come scaduto” sul quale operare il calcolo
dell’interesse composto ex art. 1283 c.c.
Pertanto, in tale
tipo di ammortamento, il metodo di calcolo della tradizionale rata costante
espressa nel relativo piano (rata contenente, nel suo senso la restituzione
frazionata del capitale e dell’interesse fissato per il mutuo) si risolve, a
tutto voler concedere, in una formula più complessa di calcolo del futuro
interesse corrispettivo da versare, estranea dunque alla disciplina imperativa
di cui all’art. 1283 c.c.
Venendo alla regolamentazione
delle spese di lite esse vanno poste a carico degli attori in applicazione del
principio della soccombenza.
Alla liquidazione
delle somme spettanti a titolo di compenso si procede come in dispositivo sulla
base del d.m. 55/2014.
In particolare il
compenso per le fasi di studio ed introduttiva può essere determinato assumendo
a riferimento i corrispondenti valori medi di liquidazione previsti dal
succitato regolamento mentre quello per le fasi istruttoria e decisionale va
quantificato in una somma pari ai corrispondenti valori medi di liquidazione,
ridotti del 30 %, alla luce della considerazione che la prima è consistita nel
solo deposito delle memorie ex art. 183 VI comma c.p.c.. e nella partecipazione
ad una udienza mentre nella fase decisionale le parti hanno ripreso le medesime
argomentazioni che avevano già svolto in precedenza.
Il compenso così
risultante è pari ad euro 2581,00 ed esso va aumentato del 40% ai sensi
dell’art. 4, comma II, d.m.55/2014.
Sull’importo
riconosciuto a titolo di compenso alla convenuta spetta anche il rimborso delle
spese generali nella misura massima consentita del 15 % della somma sopra
indicata.
PQM
Il Giudice unico
del Tribunale di Verona, definitivamente pronunciando ogni diversa ragione ed
eccezione disattesa e respinta, dichiara improcedibili le domande di nullità
relative al contratto di conto corrente per cui è causa e quella di inibitoria
dalla segnalazione alla Centrale rischi avanzate da omissis; rigetta tutte le altre domande di parte attrice e condanna
gli attori in solido tra loro a rifondere alla convenuta le spese del presente
giudizio che liquida nella somma di euro 3.613,40, oltre rimborso spese
generali nella misura del 15 % del compenso, Iva, se dovuta e Cpa.