DIRITTO D'AUTORE


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17 marzo 2020

14/20. Verbale di mediazione e termine per l’opposizione a decreto ingiuntivo. Mancata partecipazione: no alla giustificazione di contatti tra i difensori e sanzione intrasmissibile agli eredi (Osservatorio Mediazione Civile n. 14/2020)

=> Tribunale di Roma, 14 novembre 2019, n. 22084

Giusto il disposto di cui al comma 6 dell'art. 5 del d.lgs. 28/2010, dalla data del deposito del verbale di mediazione (con esito negativo) decorre il termine dei 40 giorni per presentare l’opposizione a decreto ingiuntivo (I).

La giustificazione dei presunti contatti tra difensori non andati a buon fine non esclude la responsabilità di cui al comma 4 bis dell'art. 8 del d.lgs. 28/2010 per la mancata partecipazione alla mediazione, con la conseguente applicazione della condanna, in capo al convenuto, del pagamento, in favore dello Stato Italiano, di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio (I).

Con riferimento alla sanzione di cui al comma 4 bis dell'art. 8 del d.lgs. 28/2010 per la mancata partecipazione alla mediazione (condanna al pagamento, in favore dello Stato Italiano, di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio), va affermato che il
decesso della parte impedisce l'inflizione della sanzione agli eredi in applicazione del principio di intrasmissibilità delle sanzioni amministrative (I).

(I) Si vedano gli artt. 5, comma 6, e 8, comma 4 bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 14/2020

Tribunale di Roma
Sentenza n. 22084
14 novembre 2019

Omissis

Esposizione dei fatti e delle posizioni delle parti
Con ricorso iscritto a ruolo il 22.12.2017 omissis ha presentato opposizione al decreto ingiuntivo 20732/2017 emesso il 11.09.2017 dal Tribunale di Roma e notificato il 02.10.2017 al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni: "Piaccia all'Ecc.mo Tribunale adito, ogni contraria istanza disattesa ed eccezione disattesa, accogliere il presente ricorso e conseguentemente: condannare il sig. omissis al versamento in favore dell'Erario, ai sensi dell'art. 8, comma 4 - bis, d.lgs. 28/2010, della somma di € 145,00 a titolo di contributo unificato e importo a titolo di anticipazione forfettarie dovuto per il presente giudizio in virtù della sua ingiustificata mancata partecipazione al procedimento obbligatorio di mediazione; revocare l'opposto decreto perché infondato, ingiusto ed illegittimo, per tutte le ragioni indicate in narrativa; con vittoria di spese, da distrarre in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari".
Si è costituito omissis con memoria depositata il 24.05.2018 nella quale ha rassegnato le seguenti conclusioni: "Voglia l'Ill.mo Giudice del Tribunale di Roma, respinta ogni contraria istanza per i motivi di cui in premessa: in via preliminare: accertare la tardività dell'opposizione proposta con ricorso del 22 dicembre 2017, iscritta al n. RG 476/2018, avverso il decreto ingiuntivo n. RG 20732/2017, emesso dal Tribunale di Roma in data 11 settembre 2017; in via principale, concedere la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo n. RG 20732/2017, emesso dal Tribunale di Roma in data 11 settembre 2017; nel merito, rigettare l'avversa opposizione proposta con ricorso del 22 dicembre 2017, iscritta al n. RG omissis /2018, avverso il decreto ingiuntivo n. omissis /2017, emesso dal Tribunale di Roma in data 11 settembre 2017, per i motivi di fatto e di diritto in premessa spiegati; con vittoria di diritti ed onorari del presente giudizio".
Il presente contenzioso è stato introdotto da omissis mediante deposito di ricorso per decreto ingiuntivo avvenuto il 08.08.2017 nel quale viene richiesta l'ingiunzione di pagamento per la somma di € 6.000,00. Le ragioni di credito poste a fondamento della richiesta, che costituiscono la causa petendi del presente giudizio, sono costituite dall'esistenza di un contratto di locazione del 20.05.2015, registrato il 11.06.2015, che sarebbe rimasto inadempiuto per le mensilità di aprile e maggio 2017 per un totale di € 1.500,00. A questi devono aggiungersi € 4.500,00 dovuti a titolo di indennità di preavviso. Invero, secondo omissis, omissis avrebbe rilasciato l'immobile il 31.05.2017 senza alcuna comunicazione di preavviso. In data 07.09.2017 è stato emesso il decreto ingiuntivo poi notificato il 02.10.2017. Il 24.10.2017 omissis ha presentato istanza di mediazione che si è conclusa con il verbale negativo del 23.11.2017.
Avverso il provvedimento monitorio ha presentato opposizione omissis evidenziando la mancata partecipazione senza giustificato motivo di omissis alla procedura di mediazione obbligatoria. Nel merito la ricorrente eccepisce di aver effettuato il pagamento del mese di maggio 2017 e che le mensilità di marzo e aprile 2017 devono ritenersi compensate con il deposito cauzionale. Con riguardo alla indennità di mancato preavviso la omissis sostiene che il locatore era già stato reso edotto per le vie brevi dell'intenzione di recedere dal contratto e che vi sarebbero state delle trattative per stipulare un contratto solutorio della locazione in essere. Da qui l'odierna opposizione.
omissis si è costituito sostenendo la tardività dell'odierna opposizione perché presentata oltre il termine di 40 giorni prescritto dal codice di rito. Inoltre il resistente evidenzia di non aver presenziato al tentativo di mediazione perché erano intercorsi dei contatti tra i Signori Avvocati delle parti non andati a buon fine. Nel merito omissis ammette l'avvenuto pagamento del canone di maggio 2017 ma sostiene di averlo imputato al canone non pagato più risalente del marzo 2017. Inoltre il resistente sostiene che il deposito cauzionale non possa essere compensato stante la presenza di danni nell'immobile. Infine omissis sostiene che nessun accordo solutorio è intercorso tra le parti e che le conversazioni riportate dalla controparte si riferiscono unicamente alle modalità di rilascio dell'immobile.
All'udienza del 16.05.2019 il processo è stato interrotto per il decesso di omissis. Il giudizio è stato riassunto da omissis con ricorso depositato il 17.06.2019 e notificato agli eredi dell'opposto il 17.07.2019. All'udienza del 14.11.2019 la causa è stata discussa.
In via preliminare
In via preliminare deve essere rigettata l'eccezione di improcedibilità del ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo per scadenza dei termini. Invero, come giustamente sostenuto dalla ricorrente, l'art. 5, comma 6, del D. Lgs. 28/2010 prescrive che "Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all'art. 11 presso la segreteria dell'organismo".
Nel caso di specie il decreto ingiuntivo è stato notificato il 02.10.2017, la domanda di mediazione il 24.10.2017 (entro i termini di opposizione) e il verbale con esito negativo è stato depositato il 23.11.2017. Da quest'ultima data decorre il termine dei 40 giorni per presentare opposizione. Nel caso di specie il ricorso di omissis è stato iscritto a ruolo il 22.12.2017, quindi nei termini. Di conseguenza l'eccezione di omissis deve essere rigettata.
Inoltre deve evidenziarsi come la Suprema Corte richieda la presenza personale delle parti al tentativo obbligatorio di mediazione (cfr. Corte di Cassazione, Sez. III, sen. n. 8473 del 27.03.2019) così che la giustificazione dei presunti contatti tra difensori, oltre che non provata, non esclude la responsabilità di cui al comma 4 bis dell'art. 8 del D. Lgs. 28/2010. In conclusione omissis deve essere condannato al pagamento, in favore dello Stato Italiano, di una somma pari al contributo unificato dovuto per il presente giudizio. D'altra parte il decesso dello stesso impedisce l'inflizione della sanzione agli eredi in applicazione del principio di intrasmissibilità delle sanzioni amministrative.
Nel merito
Sui canoni non pagati omissis è accertato un credito degli eredi di omissis di € 750,00 per la mensilità di aprile 2017.
Sull'indennità di preavviso omissis deve essere accertato un ulteriore credito degli eredi di omissis di € 4.500,00 a titolo di indennità di mancato preavviso.
Sulla compensazione del deposito cauzionale omissis residua un credito degli eredi di omissis per € 3.750,00.
In conclusione il decreto ingiuntivo opposto deve essere revocato ma omissis deve essere condannata al pagamento, in favore degli eredi di omissis, della somma di € 3.750,00 oltre interessi nella misura legale dalla data di presentazione della domanda del 08.08.2017 fino a quella di effettivo pagamento.
Sulle spese
Le spese del presente giudizio di merito seguono la soccombenza e sono liquidate in conformità al D.M. 55/2014 con riferimento alle controversie innanzi al Tribunale di valore ricompreso tra € 1.100,00 ed € 5.200,00 e applicando i parametri medi ma eliminando la fase istruttoria e quella decisoria per la mancata costituzione degli eredi di omissis. Infatti la Suprema Corte chiarisce che "La valutazione di soccombenza, ai fini della condanna alle spese, va rapportata all'esito finale della lite anche nell'ipotesi di giudizio seguito ad opposizione ex art. 645 cod. proc. civ., sicché il creditore opposto che veda conclusivamente riconosciuto, sebbene in parte (quand'anche minima) rispetto a quanto richiesto ed ottenuto col monitorio, il proprio credito, se legittimamente subisce la revoca integrale del decreto ingiuntivo e la condanna alla restituzione di quanto, eccedente rispetto al dovuto, percepito in dipendenza della sua provvisoria esecutività, non può tuttavia qualificarsi soccombente ed essere condannato alle spese del grado di appello, ove la pronuncia che questo definisca, benché impropriamente rigettando il gravame avverso l'integrale accoglimento dell'opposizione, comunque escluda dalla restituzione le somme ritenute come effettivamente dovute" (Corte di Cassazione, Sez. III, sen. n. 9587/2015). Pertanto omissis deve essere condannata alla rifusione delle spese di lite in favore degli eredi di omissis che si liquidano in € 810,00 per compensi ed € 121,50 per spese generali, oltre IVA, CPA e tutti gli ulteriori oneri di legge.

PQM

Il Giudice definitivamente pronunciando sulla causa specificata in epigrafe, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede: in parziale accoglimento dell'opposizione revoca il decreto ingiuntivo 20732/2017 emesso il 11.09.2017 dal Tribunale di Roma; condanna omissis al pagamento, in favore degli eredi di omissis, della somma di € 3.750,00 oltre interessi nella misura legale dalla data di presentazione della domanda del 08.08.2017 fino a quella di effettivo pagamento; condanna omissis alla rifusione delle spese di lite in favore degli eredi di omissis che si liquidano in € 810,00 per compensi ed € 121,50 per spese generali, oltre IVA, CPA e tutti gli ulteriori oneri di legge.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità. 

17 gennaio 2020

4/20. Il difetto di genericità o asimmetria della domanda di mediazione rispetto alla domanda giudiziale deve riferirsi al contenuto dell'istanza, non a quello del verbale di mediazione (Osservatorio Mediazione Civile n. 4/2020)

=> Tribunale di Milano, 16 settembre 2019, n. 8252

Posto che l'art. 4, comma 2, d.lgs. 28/2010 stabilisce che l'istanza di mediazione deve indicare “l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa”, va affermato che l’esplicitazione di tali “ragioni – che costituisce dunque requisito di validità della procedura di mediazione – deve avvenire nell'istanza e non nel verbale (che si limita a dare atto dell’esito della stessa). Pertanto, ai fini della valutazione dell’eccepita improcedibilità della domanda in caso di mediazione c.d. obbligatoria, non può fondarsi il difetto di genericità o asimmetria della domanda di mediazione proposta dall'attore su di una censura del verbale di mediazione, dovendo piuttosto riferirsi al contenuto dell'istanza (nella specie il giudice non condivide la tesi della banca convenuta che aveva eccepito l'improcedibilità delle domande attoree per il mancato rispetto dei requisiti di cui all'art. 4 cit., sostenendo la mancanza di simmetria tra l'oggetto della controversia indicato nel verbale di mediazione e quello oggetto del giudizio, stante l'assoluta genericità della dicitura "contratti bancari" indicata nel verbale quale "oggetto della controversia") (I).


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 4/2020

Tribunale di Milano
Sentenza n. 8252
16 settembre 2019

Omissis

La domanda di parte attrice è da ritenersi fondata nei limiti di seguito esposti.
Banca omissis eccepisce in via preliminare l'improcedibilità delle domande attoree per il mancato rispetto dei requisiti di cui all'art. 4 D. Lgs. n. 28/2010 nella domanda di mediazione.
La stessa sostiene invero la mancanza di simmetria tra l'oggetto della controversia indicato nel verbale di mediazione versato in atti (doc. 7 fasc. attore) e quello oggetto del giudizio, stante l'assoluta genericità della dicitura "contratti bancari" indicata nel verbale quale "oggetto della controversia".
La tesi non può essere condivisa.
L'art. 4 comma 2° del D. Lgs. 28/2010, disposizione invocata dalla convenuta a sostegno della propria argomentazione, stabilisce che "L'istanza [di mediazione] deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa". L'esplicitazione di tali ragioni, che costituisce dunque requisito di validità della procedura di mediazione, deve quindi avvenire nell'istanza e non nel verbale che si limita a dare atto dell'esito della stessa.
Non può dunque considerarsi generica o asimmetrica la domanda di mediazione proposta dall'attore non potendo tale difetto fondarsi, come vorrebbe l'Istituto, su di una censura del verbale di mediazione, dovendo piuttosto riferirsi al contenuto dell'istanza.
In ogni caso quest'ultima, che risulta versata in atti (doc. 10 fasc. attore), si appalesa specifica e circostanziata laddove contiene l'indicazione di tutte le contestazioni di parte attrice compresa l'indicazione del quantum della pretesa, elementi che sono del tutto simmetrici al petitum del presente giudizio.
L'eccezione di parte convenuta è pertanto infondata e va respinta.
Parimenti infondata appare l'eccezione di prescrizione dell'azione di ripetizione di indebito mossa dalla Banca convenuta relativamente agli importi di cui al c/c antecedenti al 15.7.2005, data anteriore di dieci anni il primo atto idoneo ad interrompere il decorso del termine di prescrizione costituito dalla lettera di diffida trasmessa dal procuratore di parte attrice alla Banca (doc. 2 fasc. attrice).
In proposito va ricordato che il conto corrente è un rapporto unitario sebbene trovi esecuzione frazionata in una molteplicità di operazioni sicché il termine prescrizionale per la ripetizione di indebiti decorre dalla chiusura (Cass. sez. un. n. 24418/ 2010).
Nel caso di specie il conto corrente n. 19221 è stato estinto nel mese di dicembre 2007 (è del 24.12.2007 la data della missiva con cui C.C. ha richiesto l'estinzione del conto - doc. 3 fasc. attore) e non può dunque ritenersi maturata la prescrizione decennale essendo stata notificata la citazione in data 20 aprile 2016.
Peraltro diversa disciplina devono avere i versamenti solutori perché effettuati su conto scoperto per assenza o superamento del fido. In tal caso, invero, tale versamento non si limita a ripristinare la provvista, ma estingue un debito esigibile del correntista, assumendo quindi la natura di autonomo pagamento, per cui limitatamente a questo genere di operazioni la prescrizione decorre dalla data di esecuzione e quindi opera l'eccepita prescrizione decennale (ancora Cass. sez. un. n. 24418/ 2010).
Sul punto l'accertamento peritale svolto in corso di causa ha evidenziato che " omissis ". Quanto invece al periodo intercorrente tra il 28 febbraio 2003 ed il 15 luglio 2005 il saldo del conto n. omissis è rimasto costantemente a debito del cliente, ne consegue che stante l'esistenza di un c.d. "fido di fatto" le rimesse afferenti a tale lasso di tempo debbano considerarsi ripristinatorie e dunque ripetibili.  Invero, pur in assenza di specifica pattuizione scritta sul punto, come osservato anche dal c.t.u., si può verosimilmente ritenere che il conto corrente di cui è causa fosse implicitamente affidato. "Questa ipotesi è supportata dalla considerazione secondo la quale non risulta plausibile che una banca consenta stabilmente scoperture sul conto corrente acceso a nome del cliente in misura non irrilevante [...] in assenza di un affidamento accordato dalla funzione organizzativa competente" (pag. 11 ctu). La prova del fido può infatti essere fornita anche per il tramite di prove indirette dalle quali emerga in modo univoco tale evidenza non essendo, diversamente da quanto sostenuto dalla convenuta, la forma scritta obbligatoria per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di contratti, quale quelli di c/c, la cui redazione è prevista per iscritto.
Relativamente ai contratti di apertura di credito invero l'art. 6 delle Norme Uniformi Bancarie (NUB) per il contratto di c/c ne contiene la disciplina essenziale.  Come noto, l'art. 10 della Delibera CICR 4.3.2003, in attuazione dell'art. 117 comma 2 TUB, ha autorizzato la Banca d'Italia ad individuare forme diverse per operazioni e servizi effettuati sulla base di contratti redatti per iscritto e le Istruzioni di vigilanza, al Titolo X, cap. 1, sezione III.2, hanno sancito la non obbligatorietà della forma scritta per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto, fra i quali rientrano le operazioni regolate in conto corrente, quali sono appunto le aperture di credito.  A partire dal 29.7.2009 le medesime disposizioni sono state inserite nel provvedimento di Banca d'Italia rubricato "Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari" dove alla sezione III, par. 2, è espressamente previsto che "La forma scritta non è obbligatoria per: a) le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di contratti redatti per iscritto". Non sussiste, quindi, alcun obbligo di forma scritta per i contratti di affidamento potendo l'esistenza degli stessi essere dimostrata anche mediante prove indirette.  Da ciò deriva che la doglianza della Banca in punto di prescrizione è solo parzialmente fondata e che le rimesse eseguite dalla correntista per il periodo tra il 28 febbraio 2003 ed il 15 luglio 2005 sono da considerare tutte ripristinatorie e dunque ripetibili. omissis
Pertanto correttamente il Consulente tecnico d'ufficio ha epurato il conto corrente degli interessi attivi e passivi unilateralmente scelti e applicati dalla Banca e li ha sostituiti con i tassi legali pro tempore vigenti.
Per ciò che attiene alla capitalizzazione degli interessi parte attrice sostiene in primo luogo che mancherebbe la relativa pattuizione di cui all'art. 2 della Delibera CICR del 9 febbraio 2000 e che, in ogni caso, le clausole in punto di anatocismo di cui al conto corrente n. 19221 sarebbero state stipulate in violazione dell'art. 1283 c.c..
La tesi non merita di essere condivisa.
Va in primo luogo chiarito che, quanto all'asserita violazione dell'art. 1283 c.c., la disposizione menzionata si occupava di disciplinare, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, le clausole anatocistiche stipulate anteriormente alla delibera CICR del 9 febbraio 2000 attuativa del d.lgs. 342/1999 le quali sono da considerarsi nulle proprio perché in violazione dell'art. 1283 c.c. in quanto basate su un uso negoziale e non su un uso normativo, mancando di quest'ultimo il necessario requisito soggettivo, consistente nella convinzione di tenere un comportamento giuridicamente obbligatorio, perché conforme ad una norma già esistente nell'ordinamento (Cass. sez. un. 21095/2004).
Tuttavia con l'entrata in vigore della delibera CICR del 9 febbraio 2000, che ha consentito esplicitamente la capitalizzazione periodica degli interessi a condizione di reciprocità delle condizioni contrattuali tra le parti, non vi è motivo di ritenere la prassi anatocistica illegittima per contrasto con l'art. 1283 c.c. purché venga fornita la prova che la Banca ha correttamente adempiuto, ex art. 7 comma 2 della citata delibera, al dovere di fornire "opportuna notizia per iscritto alla clientela" della nuova modalità di regolazione dei rapporti di dare e avere relativi al conto corrente.
Nel caso di specie dalle evidenze documentali risultano chiaramente sia la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell'adeguamento dell'Istituto alla delibera CICR del 9 febbraio 2000, sia la comunicazione al correntista avvenuta mediante l'estratto conto del 30.6.2000, adeguamento che non risulta peraltro essere mai stato oggetto di contestazione da parte del cliente.
Ne consegue che, delle quattro ipotesi di ricalcolo fornite dal consulente tecnico d'ufficio (ipotesi n. 1 in assenza di fido di fatto, ipotesi n. 2 con fido di fatto e capitalizzazione trimestrale degli interessi, ipotesi n. 3 con fido di fatto e capitalizzazione annuale e ipotesi n. 4 con fido di fatto ma senza alcuna capitalizzazione) va dato seguito all'ipotesi n. 2 a fronte della già chiarita esistenza di un c.d. "fido di fatto" e della corretta pattuizione in punto di capitalizzazione trimestrale emergente dagli atti. omissis
Va infine rigettata la richiesta di parte attrice volta all'ottenimento della condanna della Banca al risarcimento del danno stante l'assoluta genericità della domanda peraltro non supportata da alcun riscontro probatorio circa il pregiudizio che l'addebito di illegittime voci di costo da parte della convenuta avrebbe arrecato all'attore.
In conclusione le doglianze dell'attore appaiono fondate nei limiti sopra descritti.
All'esito dei riconteggi effettuati nell'elaborato, il saldo del conto corrente omissis va rideterminato nella misura indicata dal C.t.u. che ha individuato, alla data del 27 dicembre 2007, una differenza a credito del correntista pari a complessivi € 10.468,69 (importo ottenuto sommando le differenze a favore del correntista alle diverse date del 28.2.04 e 27.12.07)-ipotesi n. 2 dell'elaborato peritale-.
Le conclusioni della C.t.u. appaiono congrue e logicamente motivate e sono integralmente condivise dal Tribunale.
omissis S.p.A. è pertanto tenuta a corrispondere all'attore la somma di € 10.468,69 oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo.
Le spese di lite e di Ctu seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra domanda ed eccezione, così provvede: accerta e dichiara la prescrizione dell'azione di ripetizione omissis; dichiara la nullità delle clausole di capitalizzazione degli interessi, della clausola di commissioni di massimo scoperto e della clausola in punto di interessi; ridetermina il saldo omissis; condanna Banca omissis a corrispondere a omissis la suddetta somma, oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo; rigetta ogni altra domanda; pone definitivamente a carico della convenuta soccombente le spese di C.t.u. come liquidate in corso di causa; condanna la convenuta Banca omissis a rifondere all'attore le spese di lite liquidate in complessivi € omissis oltre accessori di legge, IVA e CPA.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità. 

25 giugno 2019

31/19. Più liti tra stesse parti, mancata partecipazione alla mediazione, sanzioni: attenzione alla domanda di mediazione e al verbale (Osservatorio Mediazione Civile n. 31/2019)

=> Corte di appello di Genova, 29 novembre 2018

In caso di pluralità di procedure che vedevano contrapposte le medesime parti, deve sussistere anche la prova dell'esatto contenuto della domanda di mediazione e del suo specifico riferimento alla procedura in questione. Qualora invece si sia solo in presenza di un verbale del procedimento piuttosto generico, senza peraltro copia della domanda introduttiva della procedura, non è dato comprendere a quale delle diverse cause si riferisca; in tale situazione, non deve essere applicata la sanzione di cui all’art. 8 c. 4-bis, d.lgs. n. 28 del 2010 (I).


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 31/2019

Corte di appello di Genova
Sentenza
29 novembre 2018

Omissis

Con atto di licenza per finita locazione e citazione per la convalida, nel luglio 2016, i sig.ri omissis, premesso: che omissis, alla cui morte erano succeduti omissis, erano comproprietarie di un immobile ad uso commerciale locato dal 1987 alla società omissis s.a.s. di omissis; che al socio accomandatario omissis, nel 1993, era succeduta la omissis; che in data 28.7.2015 era stata inoltrata disdetta dal contratto; convenivano in giudizio parte conduttrice, perché fosse convalidata la licenza per finita locazione per il 31.12.2016.
Si costituiva in giudizio la società omissis s.a.s. in persona omissis, socia accomandataria, eccependo che non vi era stata alcuna valida disdetta, sia perché la raccomandata 28.7.2015 proveniva dal difensore di parte locatrice, e non dalla stessa personalmente, sia perché essa era stata indirizzata a omissis s.a.s. di omissis, e proprio il omissis l'aveva ritirata, quando egli non era più accomandatario e non aveva alcun potere di ritirare gli atti per la società, mentre nessuna valida disdetta era giunta alla legale rappresentante omissis, per cui il contratto si era rinnovato per ulteriori sei anni.
Il primo Giudice ordinava il rilascio con esecuzione al 28.2.2017; quindi, disponeva il mutamento di rito e concedeva termine per il deposito di memorie. Omissis Parte conduttrice ribadiva le propri difese.
Con la sentenza qui appellata, il primo Giudice ritenuto che la disdetta era stata inoltrata alla società, seppure con un errore materiale; che la lettera di disdetta era stata ritirata dal omissis; che era irrilevante che egli non fosse il legale rappresentante; che l'atto era giunto alla sede della società; che il difensore aveva speso il nome dei clienti e solo loro potevano far valere il difetto di procura, procura che poteva essere rilasciata anche verbalmente; convalidava lo sfratto, condannando la società al rilascio alla data del 28.2.2017, ed al pagamento delle spese di lite.
Ha proposto appello la società omissis s.a.s. lamentando:
1) l'erronea valutazione dei fatti e documenti, e il difetto di preventiva comunicazione di disdetta omissis.
2) la mancata partecipazione al procedimento di mediazione.
Censura poi l'appellante che il primo Giudice abbia ritenuta ingiustificata la sua mancata partecipazione al giudizio di mediazione, mentre, invece, non vi era prova del luogo ove era avvenuta la comunicazione delle raccomandate di convocazione, nè da esse poteva evincersi a quali procedimento si riferisse l'invito, precisazione necessaria per la pluralità di giudizi che contrapponevano le odierne parti (compreso un procedimento di sfratto per morosità ancora pendente). Comunque, era errato anche il valore della controversia preso a base della determinazione del contributo unificato, che avrebbe dovuto determinarsi in Euro 49,00 e non in Euro.118,50 come fatto da controparte.
3) L'appellante ha poi censurato altri vari errori che omissis imputa alla frettolosità e superficialità della sentenza omissis.
Si sono costituiti in giudizio i locatori che hanno preliminarmente eccepito: a) come la mancata partecipazione al procedimento di mediazione, ovvero la mancata iniziativa da parte della conduttrice circa detto procedimento rendesse improcedibile ogni sua domanda; b) come l'appello fosse, comunque, redatto in violazione dell'art. 342 c.p.c. , trattandosi di ripetizione delle difese già svolte in primo grado, sicché esso era inammissibile e improcedibile; nel merito, hanno riferito che, dopo l'inoltro della disdetta del luglio 2015, omissis, spendendo il nome di omissis sas aveva scritto ai locatori diverse lettere dal valore confessorio circa il suo ruolo nella società; ha ribadito come la notifica presso la sede della società sia pienamente valida se ritirata da chi risulta addetto alla sede, essendo elemento irrilevante la convivenza o meno tra i due soci, che essi appellati, comunque, avevano provato con il certificato anagrafico versato in atti. Né era importante l'errata indicazione di omissis s.a.s. di omissis, perché la disdetta aveva raggiunto lo scopo, essendo stata inoltrata e ricevuta alla sede sociale. Circa la legittimazione del difensore, hanno affermato che la disdetta può essere data dal difensore e ratificata validamente dai locatori a termine scaduto.
All'udienza di discussione del 31.10.2018 le parti si sono richiamate alle loro difese insistendo come in esse, e la causa è stata decisa dandosi lettura dell'allegato dispositivo.
Innanzitutto si rileva che l'eccezione preliminare svolte dagli appellati in merito all'improcedibilità delle domande avverse per mancata proposizione del procedimento di mediazione ex art. 5 c.2 D.Lgs. n. 28 del 2010, non può essere accolta, siccome tale eccezione è stata sollevata solo in questo grado, quindi, tardivamente.
Nè può ritenersi sussista la violazione dell'art. 342 c.p.c., poiché, se è ben vero che l'atto di appello motivato deve essere redatto in modo più organico e strutturato rispetto al passato, nel caso in esame, l'appellante contesta con sufficiente puntualità la sentenza impugnata nelle parti in ordine alle quali chiede che venga riformata, soddisfacendo, quindi, il requisito della specificità dei motivi di cui all'art. 342 c.p.c..
Circa i motivi di appello si osserva:
1) il difetto di preventiva comunicazione di disdetta omissis.
2) sulla mancata partecipazione al procedimento di mediazione.
Deve, invece, ritenersi fondata la doglianza in merito all'intervenuta applicazione dell'art. 8 c.4 bis D.Lgs. n. 28 del 2010 , avendo la sentenza ritenuta ingiustificata la mancata partecipazione di omissis al giudizio di mediazione, e così avendola condannata al versamento del contributo unificato dovuto per il giudizio.
Ritiene, infatti, il Collegio che, essendo pacifica la pluralità di procedure che vedevano contrapporsi le odierne parti, anche ritenuto che le raccomandate di convocazione per il procedimento di mediazione siano giunte presso la società, per esprimere un giudizio sulla ingiustificata assenza al procedimento, avrebbe dovuto sussistere anche la prova dell'esatto contenuto della domanda di mediazione e del suo specifico riferimento a questa procedura.
Invece, in atti risulta soltanto il verbale del procedimento (cfr. verbale omissis) piuttosto generico , sicchè non è dato comprendere a quale delle diverse cause si riferisca; nè risulta una copia della domanda introduttiva della procedura.
In tale situazione, il motivo di appello deve essere accolto, dichiarandosi che non deve essere applicata la suddetta sanzione.
3) Non meritano seguito, invece, le generiche doglianze su errori vari che affliggerebbero la sentenza.
Relativamente all'errore della data del contratto, si tratta di un mero errore materiale che non inficia la validità della pronuncia, poichè da esso non è derivato alcun errore circa la data di cessazione del contratto.
Quanto al fatto, poi, che nel dispositivo della sentenza sia stato convalidato lo sfratto per finita locazione, mentre tale pronuncia avrebbe dovuto assumersi con ordinanza ed inoltre, essendo la locazione ancora in corso, non avrebbe dovuto essere emessa una convalida di sfratto, si osserva che essendovi stato il mutamento di rito per l'opposizione di parte conduttrice, il giudizio ordinario così instaurato doveva concludersi con una sentenza, che è intervenuta, comunque, dopo che, come affermato nella parte motiva, il contratto era già cessato in data 31.12.2016. Avendo ritenuta infondata l'opposizione, quindi, non avrebbe che potuto confermarsi il provvedimento di rilascio già disposto con l'ordinanza ex art. 665 c.p.c., essendo, comunque, evidente che la convalida dell'intimazione equivale ad una pronuncia di risoluzione del contratto.
In ordine, poi, alle prove dedotte, come già detto, si tratta di capitoli inammissibili omissis.
Nella prevalente soccombenza dell'appellante, le spese di lite gravano sulla stessa e si liquidano secondo il D.M. n. 55 del 2014 come segue: quanto al primo grado in complessivi Euro 3.400,00 per compensi (fase di studio Euro 620,00; fase introduttiva Euro.620,00; fase istruttoria Euro 1080,00; fase decisoria Euro 1080,00); quanto al secondo grado in complessivi Euro 3777,00 per compensi (fase di studio Euro 1080,00; fase introduttiva Euro. 877,00; fase decisoria Euro. 1820,00), oltre spese generali ed accessori di legge per i due gradi.

PQM

La Corte d'appello di Genova, definitivamente pronunciando; in parziale accoglimento dell'appello dichiara non applicabile la sanzione di cui all’art. 8 D.Lgs. n. 28 del 2010; conferma le restanti statuizioni di merito; dichiara tenuta e condanna l'appellante al pagamento delle spese di lite che liquida a favore di parte appellata quanto al primo grado, in complessivi Euro 3.400,00 per compensi e quanto al presente grado in complessivi Euro 3.777,00, per compensi, oltre oneri accessori per i due gradi.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità. 

30 novembre 2018

53/18. FORMULA, consulenza tecnica dell’esperto in mediazione: verbale per la nomina del CTU (Osservatorio Mediazione Civile n. 53/2018)

Verbale nomina CTU

Il mediatore dopo aver esaminato la documentazione in atti e sentite le parti ed i loro avvocati, fa presente che per procedere nello svolgimento della mediazione, visto l’art. 8 comma 4 del decreto legislativo 4 Marzo 2010 n. 28, ritiene opportuno di avvalersi di un esperto iscritto nell’albo dei consulenti presso i Tribunali.
Le parti ed i loro avvocati chiedono, pertanto, che il mediatore si avvalga di un esperto che viene concordemente individuato nella persona di                  , con studio in               , tel.               Fax                     Email                           .
Il mediatore nomina, quindi, il sopra indicato esperto affinché rediga un elaborato tecnico scritto fornendo risposta al seguente quesito.

“qui il testo del quesito”

Le parti e i loro avvocati dichiarano e concordano espressamente sin da ora che l’elaborato tecnico redatto dall’ausiliario sopra indicato, ivi inclusi tutti gli allegati, il presente verbale e quello di conferimento dell’incarico all’esperto, NON saranno assoggettati agli obblighi di riservatezza di cui all’art. 9 del decreto legislativo 4 Marzo 2010 n. 28, anche in caso di produzione in sede giudiziaria che deve, pertanto, considerarsi reciprocamente autorizzata dalle parti e dai loro avvocati.
Le parti si impegnano altresì a farsi carico in via solidale dei costi relativi all’opera prestata dall’ausiliario tecnico.
Il mediatore rinvia la procedura al giorno __/__/______ affinché sia presente l’ausiliario tecnico sopra indicato per il conferimento formale dell’incarico, assegnando alla segreteria il compito di effettuare le necessarie comunicazioni all’esperto nominato.

Firma delle parti
Firma degli avvocati
Firma del mediatore

NOTA
La Formula qui riportata è stata realizzata dall’Osservatorio sulla Giustizia Civile (Reggio Emilia) – Gruppo Mediazione (ADR), anno 2018 ed è disponibile sul portale del citato Osservatorio.
I grassetti e i collegamenti ipertestuali sono stati aggiunti dall’Osservatorio Nazionale sulla Mediazione Civile.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 53/2018
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

24 ottobre 2018

45/18. Partecipazione alla mediazione: la procura può essere anche verbale; il mediatore può testimoniare su quanto avvenuto nella fase di identificazione del primo incontro (Osservatorio Mediazione Civile n. 45/2018)

=> Tribunale di Udine, 7 marzo 2018

La procura a partecipare all’incontro di mediazione, non trattandosi di un mandato a gestire atti per i quali è necessaria la forma scritta, può essere anche verbale, salvo in ogni caso la ratifica, con efficacia retroattiva, della parte che l’ha rilasciata (la pronuncia in commento osserva che nel caso di specie l’attrice, nell’affermare che il proprio delegato era presente all’incontro di mediazione, sebbene sprovvisto di procura speciale notarile, di fatto va a ratificare una procura verbale al medesimo rilasciata).

L’art. 10, d.lgs. n. 28 del 2010 sancisce il divieto di dar corso alla prova testimoniale in ordine alle dichiarazioni delle parti rese nel procedimento medesimo, nonché l’impossibilità per il mediatore di deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel corso del procedimento. Ciò posto, si ritiene che il principio di riservatezza non si possa applicare alla c.d. fase di identificazione (fase preliminare del procedimento di mediazione volta all’identificazione delle parti, dei loro delegati e dei loro difensori, fase necessaria al mediatore per verificare se vi siano i presupposti soggettivi per dar corso alla procedura di mediazione e, quindi, all’informativa di cui al primo comma dell’art. 8, d.lgs. 28/2010). Difatti – aderendo a quanto evidenziato da Tribunale di Roma, 25.1.2016 – se le dichiarazioni delle parti riguardano le modalità della loro partecipazione alla mediazione ed allo svolgimento della stessa, non avendo ad oggetto il merito della lite, dev’essere ammesso non solo l’utilizzo del verbale, ma anche la prova orale volta ad accertare la partecipazione delle parti al procedimento di mediazione tutte quelle volte in cui il verbale di mediazione risulti lacunoso ed il mediatore non abbia correttamente e dettagliatamente trascritto tutte le circostanze inerenti la partecipazione dei soggetti. Pertanto, il mediatore può essere ammesso a deporre e, quindi, a testimoniare qualora trattasi di deposizione volta a rappresentare al Giudice quanto avvenuto nella fase c.d. di identificazione del primo incontro che, per sua natura, non può e non ha alcun contenuto sostanziale, non avendo ancora affrontato e trattato l’oggetto della lite tra le parti (I) (II).


(II) Si veda Tribunale di Roma, 25 gennaio 2016, in Osservatorio Mediazione Civile n. 50/2016 (Primo incontro, verbale, ragione del rifiuto a proseguire: il principio di riservatezza è riferito al merito, non allo svolgimento procedimentale).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 45/2018

Tribunale di Udine
Prima sezione civile
7 marzo 2018

Omissis

Il Condominio all’udienza del 31.10.2017 ha eccepito l’improcedibilità della domanda attorea per mancata presenza personale dell’attrice all’incontro di mediazione tenutosi il giorno precedente presso l’Organismo omissis.
L’attrice ha resistito all’eccezione esponendo che:
i) all’incontro del 30.10.2017 hanno partecipato, quale suo procuratore, il Geom. Omissis e, quale suo difensore, l’Avv. omissis;
ii) il Geom. omissis, su richiesta del mediatore, ha esibito una procura speciale da   quest’ultimo già dimessa in una precedente procedura di mediazione tenutasi avanti il medesimo  Organismo;
iii) il Mediatore, reperita la procura ed accertato che la stessa si riferiva ad una precedente procedura  di mediazione, non ne ha consentito l’utilizzazione;
iv) il mediatore ha, quindi, chiesto alle altre parti se autorizzavano il Geom. omissis, a presenziare all’incontro quale parte delegata dell’attrice;
v) le parti presenti hanno acconsentito che il Geom. omissis partecipasse all’incontro quale   delegato dell’attrice;
vi) le parti hanno confermato di voler iniziare il tentativo di mediazione e l’incontro è, pertanto, proseguito per circa due ore;
vii) il mediatore non ha ritenuto opportuno verbalizzare la presenza del Geom. Omissis.
Il Condominio ha confermato la presenza del Geom. omissis ribadendo, però, come lo stesso fosse sprovvisto di procura speciale; circostanza che, a dire del Condominio, non consentirebbe di ritenere l’attrice presente all’incontro di mediazione.
L’attrice, al fine di provare quanto esposto, ha formulato dei capitoli di prova ed ha citato a testimoniare il mediatore e l’assistente tirocinante, chiedendone l’ammissione.
Ciò premesso, occorre preliminarmente dare atto che il Condominio ha ammesso la presenza  del Geom. omissis all’incontro di mediazione del 30.10.2017 precisando, nella memoria autorizzata, che lo stesso era sprovvisto di procura e, nella memoria  di replica, che “il  geom.  omissis proceduralmente non esisteva” e che “il geometra omissis non era presente giuridicamente”.
Il Condominio non ha,  inoltre,  contestato  ex  art.  115  c.p.c.  quanto  affermato dall’attrice nella memoria autorizzata  in  merito  al  fatto  che  il  mediatore  avrebbe chiesto  alle parti  se  volevano  autorizzare il Geom. omissis a  presenziare  all’incontro di mediazione  quale  delegato dell’attrice, né ha contestato di aver negato il consenso e di aver dato corso alla discussione.

E’ pacifico che dal verbale dell’incontro del 30.10.2017 non risulta la presenza del Geom. Omissis.
Dall’esame dello stesso si possono, comunque, dedurre delle circostanze a favore della tesi attoree; circostanze che, diversamente, non troverebbero giustificazione in quanto incompatibili con l’ipotesi di assenza anche di una sola parte.
Ed, infatti, dal verbale risulta che: a) le parti “hanno deciso di iniziare il tentativo di mediazione”; b) le parti “hanno  dichiarato  di  voler  conciliare  nel  luogo  in  cui  -  oggi  - si tiene la procedura”; c) l’incontro  è  durato  circa  due  ore,  dalle  15  alle  16:50;  d) viene dato atto che vi è stata “ampia discussione”.

A ciò  si aggiunga  che,  sebbene il Geom. omissis fosse sprovvisto di procura speciale notarile in quanto quella esibita si riferiva ad una precedente procedura di mediazione promossa sempre dall’attrice nei confronti del Condominio, è pur vero che la procura a partecipare all’incontro di mediazione, non trattandosi di un mandato a gestire atti per i quali è necessaria la forma scritta, può essere anche verbale, salvo in ogni caso la ratifica, con efficacia retroattiva, della parte che l’ha rilasciata. E l’attrice,  nell’affermare  che il Geom. Omissis era presente all’incontro di mediazione quale suo delegato, sebbene sprovvisto di procura speciale notarile, di fatto va a ratificare una procura verbale al medesimo rilasciata.

Quanto, infine, alla richiesta istruttoria attorea, occorre preliminarmente “spendere” due parole in merito al principio di riservatezza al quale è improntato  il procedimento di mediazione ed alle carenze del verbale redatto dal mediatore.
Un’attenta e ben motivata ordinanza  del  Tribunale  di  Roma,  Sezione  XIII,  Giudice Dott. Massimo Moriconi, del 25.1.2016 ha chiarito sia il perimetro del principio di riservatezza, sia il contenuto del verbale.
In tale pronuncia è stato stabilito che “E’ opportuno, a tale proposito, esporre sinteticamente il quadro normativo in tema di mediazione, riservatezza, e verbalizzazione del mediatore. Il procedimento di mediazione è improntato alla riservatezza il che sta a significare che al fine di consentire l’effettiva possibilità delle parti di poter parlare liberamente senza la remora che eventuali dichiarazioni a sé sfavorevoli possano essere utilizzate nella causa, non si devono verbalizzare (da parte del mediatore) né possono essere propalate da chiunque (compresi gli avvocati delle parti) tali dichiarazioni che neppure possono essere oggetto di testimonianza et similia… Occorre però perimetrare con esattezza giuridica tale principio. Che, in primo luogo, non vale, per espressa disposizione di legge (art. 9 cit.) contro la volontà della parte dichiarante. Inoltre, per coerenza logico-giuridica con quanto testé osservato a proposito della tutela della libertà di dialogo che va garantita alle parti, il principio relativo alla riservatezza delle dichiarazioni delle parti deve essere riferito al solo contenuto sostanziale dell’incontro di mediazione, vale a dire al merito della lite. Ogni qualvolta, invece, tali dichiarazioni, quand’anche trasposte al di fuori del procedimento di mediazione, riguardano circostanze che attengono alle modalità della partecipazione delle parti alla mediazione e allo svolgimento (in senso procedimentale) della stessa, va predicata la assoluta liceità della verbalizzazione e dell’utilizzo da parte di chicchessia. Ed invero, in tale ambito una compiuta verbalizzazione è necessaria al fine di consentire al giudice la conoscenza del contenuto  della condotta  delle  parti  nello specifico contesto di cui trattasi: conoscenza indispensabile in relazione alle previsioni del decr.lgsl.28/2010 relative alla procedibilità  delle  domande  ed all’art. 8 co. 4 bis 4 dello stesso decreto, nonché, in via generale, dell’art. 96 III cpc. Sarebbe infatti un’assoluta aporia prevedere da una parte che il giudice debba e possa sanzionare la mancata o irrituale partecipazione delle parti al procedimento di mediazione e per contro precludergli la conoscenza e la valutazione degli elementi fattuali che tale ritualità o meno integrano’ …. “Conclusivamente, il mediatore deve trascrivere ogni circostanza - quand’anche consistente in dichiarazioni delle parti  -  utile a consentire (al giudice) le valutazioni di competenza, altrimenti impossibili, attinenti alla partecipazione (o meno) delle parti al procedimento di mediazione ed allo svolgimento dello stesso, come pure le circostanze che attengono al primo incontro informativo. In relazione al quale la parte che rifiuta di proseguire può esporne la ragione chiedendo che venga trascritta, con il correlativo obbligo del mediatore di verbalizzar/a. Il mediatore non è né un collaboratore del giudice né un suo ausiliario, ma lo schema della legge prevede, in sommo grado nella mediazione demandata, una serie di link che non possono essere ignorati fra il procedimento di mediazione e la causa. Fra essi vanno ricordati in primo luogo la condizione di procedibilità prevista dall’art. 5 commi 1 bis e 2 nonché le conseguenze della mancata partecipazione al procedimento di mediazione senza giustificato motivo di cui all’art. 8 co.  4  bis, gli effetti nella causa della proposta del mediatore di cui all’art. 13, l’efficacia di titolo esecutivo del verbale di accordo ove regolarmente asseverato dagli avvocati che abbiano assistito le parti che hanno aderito alla mediazione di cui all’art. 12 e benché non espressamente affermato dalla legge, la producibilità nella causa della relazione de/l’esperto di cui all’art. 8 co. 4. Una corretta verbalizzazione da parte del mediatore delle circostanze  che attengono  a segmenti  del  procedimento  di  mediazione  che, in vario modo, rilevano e si riverberano nella causa, si appalesa quindi più che utile, doverosa e necessaria. Ed il giudice svolge a tale fine una fondamentale attività didattica e di raccordo, nella grande varietà di condotte, non sempre approvabili, che emergono dall’esame dei verbali degli organismi di mediazione”.

Ebbene, nella fattispecie in esame, è evidente che il verbale del 30.10.2017 risulta lacunoso non essendo state correttamente rappresentate tutte le circostanze attinenti alla partecipazione delle parti alla mediazione.
Manca, infatti, ogni riferimento alla presenza per conto dell’attrice del Geom. omissis ed al consenso espresso da tutte le altre parti a considerare quest’ultimo delegato dell’attrice.

L’art. 10 del D. Lsg. n. 28 del 2010 stabilisce  che  “Le  dichiarazioni  rese  o  le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo  l’insuccesso  della mediazione,  salvo  consenso  della  parte  dichiarante o dalla quale provengono le informazioni. Sul contenuto delle stesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa prova testimoniale e non può essere deferito giuramento decisorio. 2. Il mediatore non può essere tenuto a deporre sul  contenuto  delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel procedimento di mediazione,  ne’ davanti all’autorità  giudiziaria  ne’  davanti  ad  altra  autorità.  Al  mediatore  si  applicano le disposizioni de/l’articolo 200 del codice di procedura  penale e  si  estendono  le  garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell’articolo 103 del  codice  di procedura penale in quanto applicabili”.
La norma sancisce il principio di riservatezza del procedimento di mediazione,  il divieto di dar corso alla prova testimoniale in ordine alle dichiarazioni delle parti, nonché l’impossibilità per il mediatore di deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel corso del procedimento.
Da un’interpretazione letterale della norma, ne deriverebbe il rigetto delle istanze istruttorie formulate dall’attrice.

La norma, come evidenziato dal Giudice Capitolino, richiede, però, un esame più approfondito che non può essere limitato al solo dato testuale.
Come evidenziato dal Tribunale di Roma il principio di riservatezza  dev’essere perimetrato e non può essere tout court applicato a tutte le fasi del procedimento di mediazione.
Quest’ultimo si caratterizza, infatti, per una fase preliminare volta all’identificazione delle parti, dei loro delegati e dei loro difensori. Questa fase è, pertanto, necessaria al mediatore per verificare se vi siano i presupposti soggettivi per dar corso alla procedura di mediazione e, quindi, all’informativa di cui al primo comma dell’art. 8 del Lgs n. 28 del 2010.
E’ evidente che l’assenza di una parte comporta  l’immediata  chiusura  della  procedura di mediazione e rende non necessaria la suindicata informativa.
Si deve, quindi, valutare se ciò che accade durante questa fase preliminare c.d. di identificazione della presenza dei soggetti partecipanti all’incontro, comporti o meno l’applicazione del disposto di cui all’art. 10 del D. Lgs. n. 28 del 2010.
Si ritiene che il principio di riservatezza non si possa applicare a questa c.d. fase di identificazione, poiché – aderendo a quanto evidenziato dal Tribunale di Roma – il suddetto principio riguarda le dichiarazioni delle parti riferite al solo contenuto sostanziale dell’incontro di mediazione e cioè al merito della lite.
Se, invece, le dichiarazioni delle parti riguardano le modalità della loro partecipazione alla mediazione ed allo svolgimento della stessa, non avendo ad oggetto il merito della lite, dev’essere ammesso non solo l’utilizzo del verbale, ma anche la prova orale volta ad accertare la partecipazione delle parti al procedimento di mediazione tutte quelle volte in cui il verbale di mediazione risulti lacunoso ed il mediatore non abbia correttamente e dettagliatamente trascritto tutte le circostanze inerenti la partecipazione dei soggetti.

Ulteriore corollario è che il mediatore possa sul punto essere ammesso a deporre e, quindi, a testimoniare in quanto trattasi di deposizione volta a rappresentare al Giudice quanto avvenuto nella fase c.d. di identificazione che, per sua natura, non può e non ha alcun contenuto sostanziale, non avendo ancora affrontato e trattato l’oggetto della lite tra le parti.
Nel momento in cui, terminata  la  procedura  di  mediazione,  una  delle parti (in  genere la convenuta) all’udienza fissata ex art. 5 del D. Lgs. n. 28 del 2010 eccepisca l’improcedibilità della domanda per la mancata partecipazione personale della controparte all’incontro della mediazione, il Giudice, prima di chiudere il giudizio con una mera pronuncia di improcedibilità della domanda deve, sulla base delle allegazioni e deduzioni fornitegli, poter verificare l’effettiva presenza o  meno  del  soggetto, accertando e conoscendo gli elementi fattuali di cui alla c.d. fase di identificazione.
Ne consegue che, se tale verifica risulti impedita per un’incompiuta verbalizzazione del mediatore, non si può ritenere di per sé inammissibile l’istanza di prova orale formulata dalla parte destinataria dell’eccezione di improcedibilità volta a provare la propria presenza all’incontro di mediazione.
Il Giudice è, quindi, tenuto a prendere in considerazione l’istanza e, se ne sussistono i presupposti, ad ammettere la prova orale ed il mediatore quale testimone.

Ebbene, venendo alla fattispecie in esame, pur sussistendo numerosi elementi che portano a ritenere che l’attrice fosse presente nella persona del Geom. omissis quale proprio delegato, all’incontro del 30.10.2017 appare, comunque, utile ammettere l’istanza istruttoria attorea.
Conseguentemente, per le ragioni sopra esposte, si ammette la prova orale richiesta dall’attrice con la memoria autorizzata del 5.12.2017 e, precisamente, i capitoli da 1 a 10 con i testi ivi indicati.

Fissa per l’escussione testimoniale l’udienza omissis.
Si comunichi.
Udine, lì 7.3.2018
Il G.O.P.
Avv. Fabio Fuser

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità. I collegamenti ipertestuali nel corpo della pronuncia sono a cura della Redazione dell’Osservatorio.

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