DIRITTO D'AUTORE


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19 giugno 2019

29/19. MONTEDONICO, Sindrome da alienazione parentale (PAS) e mediazione familiare (Osservatorio Mediazione Civile n. 29/2019)


Ci sono rimedi preventivi contro l’alienazione genitoriale?

Estratto da
Paola MONTEDONICO
Approcci e rimedi legali ed extra-legali
Diritto Avanzato, Milano, 2019


Al precedente paragrafo ho trattato dei rimedi che intervengono in seguito al riscontro di una P.A.S., ma la domanda da porsi è se si possa operare anche durante la fase embrionale di questi disturbi disfunzionali, se così fosse infatti, si potrebbero avere soluzioni davvero efficaci.
La risposta a questo interrogativo è positiva ed è rappresentata dalla mediazione familiare, che, peraltro, dovrebbe svolgersi tra i genitori fin dall’avvio dell’iter separativo, associata ad una specie di formazione sulle buone regole da seguire nell’interesse dei figli.
Quanto dedotto è stato suggerito nella Risoluzione del Consiglio d’Europa n. 2079 del 2015, (passata, fino ad oggi, sotto silenzio) che precisa al punto 5.9 fra gli inviti agli stati membri di: “5.
In the light of these considerations, the Assembly calls on the member States to: (..)5.9. encourage and, where appropriate, develop mediation within the framework of judicial proceedings in family cases involving children, in particular by instituting a court-ordered mandatory information session, in order to make the parents aware that shared residence may be an appropriate option in the best interest of the child, and to work towards such a solution, by ensuring that mediators receive appropriate training and by encouraging multidisciplinary co-operation based on the “Cochem model”;.
Ossia, traducendo la Risoluzione invita ad: “incoraggiare e, se del caso, sviluppare la mediazione nell'ambito giudiziario, in cause familiari che coinvolgono minori, in particolare istituendo un organo giudiziario obbligatorio,  al fine di sensibilizzare i genitori sul fatto che la residenza condivisa può essere un’opzione  appropriata nel migliore interesse del bambino, e di lavorare verso tale soluzione, garantendo che i mediatori ricevano una formazione adeguata e incoraggiando la cooperazione multidisciplinare basata sul “modello Cochem”) ((1)).
Questa risoluzione torna sotto i riflettori sotto l’input dato da una recente decisione della Corte Europea dei diritti dell’Uomo, sent. 10 febbraio 2011, Tsikasis c. Germania, ric. 1521/06, la quale ha condannato lo Stato tedesco per avere sospeso per ben tre anni i rapporti tra un minore e il padre.
Si legge infatti nella pronuncia della CEDU: “nella crisi di relazione tra genitori, anche in quella più conflittuale, non deve venire mai meno il diritto di visita del genitore non affidatario nei confronti del figlio minore. Determina quindi una violazione dell’articolo 8 della Convenzione, il comportamento del genitore che, attuando dinamiche alienanti nei confronti dell’altro, impedisca a quest’ultimo ed al proprio figlio di incontrarsi, limitando di fatto l’esercizio del diritto di visita a venti ore totali nell’arco di 10 anni di separazione”.
Tornando alla Risoluzione, questa raccomanda agli Stati membri di introdurre la pratica Cochemer, sulla quale a mio avviso potrebbe essere utile spendere qualche parola.
La Cochemer Praxis non è una pratica innovativa, sebbene pressochè sconosciuta, dato che venne elaborata ed applicata negli anni novanta nell’omonima città tedesca da un ex giudice di famiglia Jürgen Rudolph, soggetto particolarmente attento e orientato a trovare soluzioni contro il fenomeno dell’alienazione genitoriale.
In che cosa consisteva questa pratica?
Come spiegava proprio Rudolph, si trattava di una pratica giuridica incardinata su una piena cooperazione di tutti gli attori coinvolti nella disgregazione del nucleo, la quale, grazie alla collaborazione interprofessionale, stimolava la prosecuzione di un rapporto "civile" tra i genitori separati o divorziati, i quali sarebbero dovuti riuscire a mantenere un forte e diretto rapporto con i figli ((2)).
Lo scopo della pratica era prevenire o porre rimedio all'alienazione dei figli da parte dei loro genitori nei casi di separazione o divorzio. In sostanza la pratica consisteva nel dirigere i genitori che si separavano ad una sorta di mediazione obbligatoria. Tutti gli operatori del mondo giuridico, giudici, avvocati, servizi sociali, erano e sono parte integrante attiva della Cochemer Praxis.
In particolare i legali, dovevano impegnarsi a redigere atti difensivi a basso impatto, essere inclini al dialogo e preferire una soluzione transattiva ad una conflittuale, mentre si cercava di giungere una soluzione concordata.
Sempre su questa falsariga, se veniva raggiunto un accordo, se uno dei genitori ostacolava la relazione del figlio con l’altro, automaticamente l’affidamento era trasferito al genitore vittima.
A mio parere questa pratica, che in se stessa contiene alcune delle critiche che ha mosso Gadner a tutti gli operatori che trattano le famiglie alienate, sarebbe un valido ausilio per combattere efficacemente la P.A.S., principalmente perché, l’ausilio dei legali, soprattutto nella fase precontenziosa, permetterebbe di plasmare soluzioni ad hoc per quella famiglia, peraltro concretamente attuabili.
Specialmente noi avvocati dovremmo riflettere su quanto teorizzato dal Giudice Rudolph perché, anche la redazione di atti più blandi, che tendano a conciliare anziché dividere, ci permetterebbe di individuare soluzioni davvero efficaci tanto per i nostri clienti quanto per i loro figli, il cui interesse deve sempre essere prioritario nella scelta della linea difensiva da tenere.

((1)) Risoluzione del Consiglio Europeo n. 2079 in data 02.10.2015.
((2)) JÜRGEN RUDOLPH, Du bist mein Kind. Die "Cochemer Praxis" Wege zu einem menschlicheren Familienrecht, Berlin, 2007.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 29/2019

29 gennaio 2018

5/18. ADR, RASSEGNA EDITORIALE: mediazione civile – familiare – tributaria – condominiale; negoziazione assistita (Osservatorio Mediazione Civile n. 5/2018)

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MEDIAZIONE CIVILE







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MEDIAZIONE FAMILIARE





MEDIAZIONE TRIBUTARIA

STUDIO ASSOCIATO TRIBUTARIO CMNP, GUIDA ALL'ACCERTAMENTO 5 - CARTELLE DI PAGAMENTO E ISTITUTI DEFLATTIVI, IlSole24Ore, 2017 (dicembre)

C. ADDUCI, M. VILLA, C. CASCONE, CONTENZIOSO TRIBUTARIO 2 - IL RECLAMO E LA MEDIAZIONE, IlSole24Ore, 2017 (giugno)




MEDIAZIONE CONDOMINIALE




NEGOZIAZIONE ASSISTITA




P. FORSYTH, NEGOZIAZIONE, Giunti O.S., 2017 (marzo)

U. MERLONE, NEGOZIARE IN MODO EFFICACE, Il Mulino, 2015 (settembre)


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 5/2018

20 luglio 2016

57/16. MEI, unioni civili. Gli ADR nella gestione della crisi nella famiglia ‘tradizionale’ e non: l’ascolto e il dialogo endo-familiare (Osservatorio Mediazione Civile n. 57/2016)

 Estratto da

Alessandra MEI

La famiglia ‘tradizionale’ e non: nuovi modelli familiari e di gestione della crisi alla luce delle recenti riforme del  2014-2016

eBooK, La Nuova Procedura Civile Libri, 2016, 
pagine 166, ISBN: 9788892615960

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(…) Il testo, pertanto, si propone di esaminare, seppur sinteticamente, nella prima parte, quali sono i modi costituzione delle famiglie nonché i diritti e doveri conseguenti a ciascuna di esse alla luce delle novità introdotte dalla legge  sulle unioni civili e sulla disciplina delle convivenze di fatto evidenziandone i profili di somiglianze e differenze di queste “nuove famiglie” con quella “tradizionale”  e le ingiuste disuguaglianze tra le unioni omosessuali e i matrimoni eterosessuali. Nella seconda parte, invece, si illustreranno i diversi modi  in cui può essere gestita la crisi familiare e perché è opportuno ricorrere alle soluzioni stragiudiziali delle vicende separative, ricorrendo ove necessario, altresì alla mediazione familiare quale strumento ottimo per riaprire i canali della comunicazione in una coppia che si sia determinata a separarsi o a dirsi definitivamente addio. La mediazione familiare, (…).

Spesso, infatti, anziché esprimere il proprio punto di vista in modo espresso, chiaro e completo lo si rimette all’altrui intelligenza intuitivo- emotiva rimanendo in silenzio. Ebbene quest’ultimo, se ascoltato con il cuore,  sa essere più eloquente di mille parole; anche se, a parere di chi scrive, è consigliabile sempre esprimere il proprio pensiero in modo espresso con il cd. linguaggio verbale.
Accanto a questo limite umano ve ne è un altro, forse imputabile anche ad una pessima formazione scolastica che insegna molto fuorché a gestire le proprie emozioni e sul quale, forse, ci dovremmo interrogare di più su come riformarla  insegnando ai nostri ragazzi a non aver paura di confrontarsi con gli altri, anche quando si va controcorrente e ad educarli maggiormente all’ascolto. Talvolta quest’ultimo, specie tra i giovani, viene (fra)inteso con lo stare in silenzio quando qualcun altro parla . Se ciò è senza dubbio necessario, di per sé solo, tuttavia,  non è sufficiente. Occorre anche che si presti attenzione ai contenuti della comunicazione nonché che si manifesti il proprio interesse agli argomenti che vengono trattati, ad esempio facendo domande circolari che favoriscono la comunicazione  poiché non accettano un si o un no come risposta (…).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 57/2016
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

21 giugno 2016

49/16. ADR e Unioni civili tra persone dello stesso sesso di cui alla l. 76/2016 (Osservatorio Mediazione Civile n. 49/2016)

Estratto da

UNIONI CIVILI tra persone dello stesso sesso:
implicazioni della l. 76/2016 su processo civile e ADR

di Giulio SPINA

in La Nuova Procedura Civile, 4, 2016




…omissis…

3. Con riferimento alla questione del rapporto tra la disciplina dettata dalla L. 76/2016  in commento e gli strumenti di risoluzione delle controversie alternativi al ricorso al giudice vanno segnalate le disposizioni di cui all’art. 1, l. cit., commi 21 e 25 (I). Gli istituti coinvolti, tralasciando di richiamare in questa sede la c.d. mediazione familiare (II), sono la mediazione civile (III) e la negoziazione assistita (IV).


Il contributo integrale è consultabile gratuitamente al seguente link:

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 49/2016
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

17 novembre 2013

78/13. Nuova mediazione delegata: a. appello, procedimenti pendenti; b. onere dell’instaurazione; c. recupero crediti, utilità; d. competenza territoriale, derogabilità (Osservatorio Mediazione Civile n. 78/2013)

=> Trib. Milano, 29 ottobre 2013

La legge 9 agosto 2013 n. 98 (di conversione del d.l. 21 giugno 2013 n. 69), riscrivendo parzialmente il tessuto normativo del d.lgs. 28/2010, ha previsto la possibilità per il giudice (anche di appello) di disporre l’esperimento del procedimento di mediazione (cd. mediazione ex officio). Si tratta di un addentellato normativo che inscrive, in seno ai poteri discrezionali del magistrato, una nuova facoltà squisitamente processuale: trattasi, conseguentemente, di una norma applicabile ai procedimenti pendenti. Peraltro, il fascio applicativo della previsione in esame prescinde dalla natura della controversia (e, cioè, dall’elenco delle materie sottoposte alla cd. mediazione obbligatoria: art. 5 comma I-bis, d.lgs. 28/2010) e, per l’effetto, può ricadere anche su un controversia quale quella in esame, avente ad oggetto il recupero di un credito rimasto insoddisfatto (1) (2).

Per effetto della mediazione ex officio, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale: nel caso in esame, dunque, l’onere della instaurazione della procedura mediativa grava sull’appellante. Tuttavia, l’onere posto a carico dell’appellante – di attivarsi per introdurre il procedimento di mediazione – non esclude che la domanda possa essere presentata anche dall’appellato.

Reputando il Tribunale che sussista l’evidente opportunità di una soluzione conciliativa della lite (art. 5 comma I-bis, d.lgs. 28/2010) ed avente essa ad oggetto il recupero di un credito rimasto insoddisfatto, giova ricordare come i mediatori ben potrebbero estendere la «trattativa (rectius: mediazione)» ai crediti maturati successivamente alla instaurazione dell’odierna lite e non fatti valere in questo processo, così essendo evidente che l’eventuale soluzione conciliativa potrebbe definire il conflitto, nel suo complesso, mentre la sentenza di appello potrebbe definire, tout court, solo una lite, in modo parziale.

Anche per le mediazioni attivate su disposizione del giudice, è vincolante la previsione di cui al novellato art. 4 comma III d.lgs. 28/2010: la domanda di mediazione, pertanto, va presentata mediante  deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. Trattandosi di norme legate alla mera competenza territoriale, è chiaro che le parti – se tutte d’accordo – possono porvi deroga rivolgendosi, con domanda congiunta, ad altro organismo scelto di comune accordo (3). Si precisa, inoltre, che la domanda di mediazione presentata unilateralmente dinanzi all’organismo che non ha competenza territoriale non produce effetti.

Fattispecie: controversia familiare


(2) Di recente si veda  G, Falco, G. Spina (a cura di), La nuova mediazione, Giuffrè, 2013.

(3) Sui primissimi rilievi in tema di deroga consensuale della competenza territoriale si veda G. SPINA, Le novità introdotte alla disciplina dellamediazione civile dal c.d. “Decreto del fare” convertito in legge, La Nuova Procedura Civile, PE Editore, 2013.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 78/2013

Tribunale di Milano
Sezione XI
29 ottobre 2013
Ordinanza

Il Tribunale di Milano, con sentenza n. ---, ha dichiarato cessati gli effetti civili del matrimonio celebrato da --- e ---; declaratoria intervenuta su ricorso congiunto delle parti con cui, per quanto qui interessa, i genitori hanno concordato il mantenimento dei due figli minori in complessivi euro 300,00 mensili. In data 30 dicembre 2011, la --- ha notificato all’odierno appellato atto di precetto per euro 1.485,50 quale differenza tra il mantenimento dovuto sino a quella data – euro 3.300,00 – e la minor somma versata; oltre le spese per la procedura giudiziale seguita e, così, per complessivi euro 1.810,68.

Con atto di citazione dell’1 febbraio 2012, il debitore intimato ha presentato opposizione alle somme oggetto di precetto, avversato dall’attrice sostanziale.

Il giudice di pace adito, con sentenza n. ---, depositata in Cancelleria in data 6 marzo 2013, ha accolto solo parzialmente l’opposizione e riconosciuto alla --- un saldo a credito di euro 324,50, condannandola alle spese del processo, per euro 450,00 per compenso professionale ed euro 77,00 per spese (nel corso del procedimento di primo grado, peraltro, l’opponente versava spontaneamente alla opposta la somma di euro 665,00 che veniva accettata a titolo di mero acconto). Il giudice di pace ha quantificato il credito spettante alla parte opposta in complessivi euro 990,50 (così riducendo l’importo del precetto), decurtando dal titolo azionato taluni spese giudicate non dovute (ad es. ticket sanitari; spese per vestiario; etc..). Con l’atto di appello introduttivo del processo, la --- chiede la riforma della decisione impugnata.

Reputa il Tribunale che sussista l’evidente opportunità di una soluzione conciliativa della lite. In primo luogo, la controversia involge due parti legate da pregresso rapporto affettivo; rapporto destinato a proiettarsi nel tempo, in quanto i litiganti, non più coniugi, sono tuttavia ancora genitori; quanto, inoltre, dovrebbe indurre le parti stesse ad agire tenendo sempre fermo e presente l’interesse «preminente dei figli minori, che meglio è preservato ove gli stessi non diventino – seppur indirettamente – oggetto di procedure giudiziali (anche là dove le suddette procedure abbiano ad oggetto diritti disponibili – come nel caso di specie: recupero di un credito - che, però si ricollegano, intimamente, alla vita biologica del nucleo familiare). L’opportunità di un tentativo di conciliazione è pur resa evidente dal fatto che, in passato, i genitori sono stati in grado di pervenire ad accordi (v. ricorso congiunto per la fase del divorzio): hanno, dunque, rivelato la capacità di confrontarsi e di adottare soluzioni condivise. Vi è, poi, da segnalare come lo strumento giudiziale – almeno in questa fattispecie – si sia rivelato inidoneo a prevenire ulteriore contenzioso: risulta ad acta che la odierna appellante ha già notificato all’appellato un altro atto di precetto.
Va, infine, rivelato come – sempre guardando all’odierna fattispecie – vi sia un evidente iato tra il diritto fatto valere (guardando al valore del credito secondo la prospettazione attorea) e lo strumento azionato per tutelarlo (due gradi di giudizio), nel senso che, tenuto conto del peso effettivo della controversia, in termini monetari, lo stesso creditore avrebbe potuto anteporre alla scelta sposata in via diretta (sistema di risoluzione pubblico delle controversie), l’opportunità di un sistema di risoluzione alternativo della controversia (es. mediazione familiare; mediazione civile; diritto collaborativo; etc.) e riservare, dunque, il percorso giurisdizionale solo alla res litigiosa residuata all’esito del fallimento delle procedure di confronto amichevole.

Per i motivi sopra esposti, il Tribunale stima necessario un percorso di mediazione in favore delle parti. Come noto, la legge 9 agosto 2013 n. 98 (di conversione del d.l. 21 giugno 2013 n. 69), riscrivendo parzialmente il tessuto normativo del d.lgs. 28/2010, ha previsto la possibilità per il giudice (anche di appello) di disporre l’esperimento del procedimento di mediazione (cd. mediazione ex officio). Si tratta di un addentellato normativo che inscrive, in seno ai poteri discrezionali del magistrato, una nuova facoltà squisitamente processuale: trattasi, conseguentemente, di una norma applicabile ai procedimenti pendenti e, dunque, anche all’odierna lite.
Peraltro, il fascio applicativo della previsione in esame prescinde dalla natura della controversia (e, cioè, dall’elenco delle materie sottoposte alla cd. mediazione obbligatoria: art. 5 comma I-bis, d.lgs. 28/2010) e, per l’effetto, può ricadere anche su un controversia quale quella in esame, avente ad oggetto il recupero di un credito rimasto insoddisfatto. Giova, peraltro, ricordare come i mediatori ben potrebbero estendere la «trattativa (rectius: mediazione)» ai crediti maturati successivamente alla instaurazione dell’odierna lite e non fatti valere in questo processo, così essendo evidente che l’eventuale soluzione conciliativa potrebbe definire il conflitto, nel suo complesso, mentre la sentenza di appello potrebbe definire, tout court, solo una lite, in modo parziale.

Va ricordato alle parti che, per effetto della mediazione ex officio, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale: nel caso in esame, dunque, l’onere della instaurazione della procedura mediativa grava sull’appellante. Anche per le mediazioni attivate su disposizione del giudice, è vincolante la previsione di cui al novellato art. 4 comma III d.lgs. 28/2010: la domanda di mediazione, pertanto, va presentata mediante  deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. Ovviamente, trattandosi di norme legate alla mera competenza territoriale, è chiaro che le parti – se tutte d’accordo – possono porvi deroga rivolgendosi, con domanda congiunta, ad altro organismo scelto di comune accordo. Si segnala anche che l’onere posto a carico dell’appellante – di attivarsi per introdurre il procedimento di mediazione – non esclude che la domanda possa essere presentata anche dall’appellato; in quel caso, al cospetto eventuale di più domande di mediazione, la mediazione deve essere svolta, come noto, dinanzi all’organismo adito per primo, purché territorialmente competente (art. 4 comma III cit.). La domanda di mediazione presentata unilateralmente dinanzi all’organismo che non ha competenza territoriale non produce effetti.

PER QUESTI MOTIVI

Letto ed applicato l’art. 5, comma II, d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28,
viste le modifiche introdotte dal D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98,

DISPONE 
l’esperimento del procedimento di mediazione avvisando le parti che, per l’effetto,

l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

FISSA 

nuova udienza in data --- assegnando alle parti il termine di quindici giorni dalla notifica dell’odierna ordinanza, per la presentazione della domanda di mediazione (da depositarsi nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia; v. art. 4, comma I, dlgs 28/10).

MANDA 

alla cancelleria per le comunicazioni alle parti costituite

Milano, lì 29 ottobre 2013

IL GIUDICE
G. Buffone


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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