DIRITTO D'AUTORE


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26 maggio 2025

20/25. Il giudice d'appello può disporre la mediazione, ma non vi è obbligato, neanche nelle materie assoggettate alla c.d. mediazione obbligatoria (Osservatorio Mediazione Civile n. 20/2025)

 

=> Corte di Cassazione 1 marzo 2025, n. 5474


In tema di mediazione obbligatoria, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda, ma l'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza; ove ciò non avvenga, il giudice d'appello può disporre la mediazione, ma non vi è obbligato, neanche nelle materie assoggettate alla c.d. mediazione obbligatoria, atteso che in grado d'appello l'esperimento della mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda solo quando è disposta discrezionalmente dal giudice (I).


(I) Si veda il nuovo testo del d.lgs. n. 28/2010 (come novellato dalla c.d. riforma Cartabia e relativo correttivo), in Osservatorio Mediazione Civile n. 6/2025.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 20/2025

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)


Corte di cassazione

sezione II

ordinanza n. 5474

1 marzo 2025


Omissis


Fatti di causa


La creditrice Ro.Si. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Torino Re.Ma., figlia dei suoi debitori, chiedendo di accertare l'avvenuta accettazione tacita dell'eredità dei predetti da parte della convenuta, al fine di poter proseguire nei confronti stessa, attraverso la continuità delle trascrizioni, l'esecuzione immobiliare su un cespite già di proprietà degli originari debitori.

Il Tribunale accolse la domanda di accertamento, disattendendo la tesi difensiva della convenuta secondo cui sarebbe bastata la trascrizione della denunzia di successione.

Con sentenza n. 1230 del 19 luglio 2019, la Corte d'Appello di Torino ha rigettato l'impugnazione della Re.Ma., confermando la decisione di primo grado.

Secondo la Corte distrettuale, la denuncia di successione, effettuata dall'appellante, non configura un atto di accettazione espressa o tacita dell'eredità, la quale sola sarebbe stata necessaria per ricostruire la continuità delle trascrizioni sull'immobile, ai sensi dell'art. 2650 comma 1 c.c. e 2648 c.c. E, poiché la convenuta-appellante non aveva provveduto, ai sensi dell'art. 475 c.c., ad accettare espressamente l'eredità dei genitori, mediante un atto pubblico o una scrittura privata autenticata, l'accertamento giudiziale sarebbe stato l'unico modo per proseguire nella procedura esecutiva promossa dalla creditrice Ro.Si.

Re.Ma. ha proposto ricorso per cassazione, sulla scorta di undici motivi. Resiste la Ro.Si. con controricorso.


Ragioni della decisione


Va preliminarmente esaminata l'istanza del difensore della ricorrente, che ne dichiara l'avvenuto decesso e formula richiesta di rinvio.

La richiesta non può trovare accoglimento, alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.) che pende in sede di legittimità da oltre cinque anni.

Solo per completezza, va ricordato che nel giudizio di cassazione, in considerazione della particolare struttura e della disciplina del procedimento di legittimità, non è applicabile neppure l'istituto dell'interruzione del processo, con la conseguenza che la morte di una delle parti, intervenuta dopo la rituale instaurazione del giudizio, non assume alcun rilievo, né consente agli eredi di tale parte l'ingresso nel processo (Sez. L., n. 1757 del 29 gennaio 2016).

Passando all'esame delle censure, con la prima doglianza, rubricata "Error in procedendo (art. 3) et in iudicando (n. 4) per violazione degli artt. 112 e 167 nonché 342 e ss. c.p.c. nonché 24 e III Cost. e 6/13 convenzione di Roma e n. 47 Carta di Nizza in relazione ex permultis agli artt. 2648 e 2650 c.c.", la ricorrente assume di aver adempiuto a tutte le formalità, prescrizioni e disposizioni del caso.

I documenti prodotti avrebbero dimostrato la iattanza dell'azione avversaria.

Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi (sulla sorte del motivo che non coglie la ratio decidendi cfr. tra le tante, cass. 9450/2024; 1341/2024; 19989/2017).

La sentenza impugnata ha ricordato che "L'apertura della successione non comporta l'automatico trasferimento dell'eredità a favore di coloro che sono chiamati a divenirne titolari poiché l'acquisto dell'eredità in capo ad essi dipende da una loro manifestazione di volontà che si perfeziona mediante l'accettazione....Stante la diversa natura degli atti sopra esaminati, diverse sono, altresì, le conseguenze giuridiche che discendono rispettivamente dalla trascrizione della denuncia di successione e dell'accettazione dell'eredità. Solo quest'ultima risulta, infatti, necessaria per ricostruire la continuità delle trascrizioni sull'immobile, ai sensi dell'art. 2650 comma 1 c.c. e 2648 comma 3 c.c...

La signora Re.Ma. ha correttamente denunciato la successione dei suoi genitori e l'ha successivamente trascritta al fine di evitare sanzioni fiscali. L'odierna appellante non ha, invece, provveduto, ai sensi dell'art. 475 c.c., ad accettare espressamente l'eredità avente ad oggetto l'immobile pignorato. Non emerge dagli atti prodotti in causa, infatti, che la signora Re.Ma. abbia accettato l'eredità mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata".

La doglianza, dunque, non coglie dunque la ratio della decisione della Corte d'Appello, fondata sulla distinzione fra denuncia di successione ed accettazione dell'eredità conformemente al principio, secondo cui ai fini dell'accettazione tacita dell'eredità, sono privi di rilevanza tutti quegli atti che, attese la loro natura e finalità, non sono idonei ad esprimere in modo certo l'intenzione univoca di assunzione della qualità di erede, come la denuncia di successione, il pagamento delle relative imposte, la richiesta di registrazione del testamento e la sua trascrizione. Infatti, trattandosi di adempimenti di prevalente contenuto fiscale, caratterizzati da scopi conservativi, il giudice del merito, a cui compete il relativo accertamento, può legittimamente escludere, con riferimento ad essi, il proposito di accettare l'eredità (Sez. 2, n. 4843 del 19 febbraio 2019).

Con la seconda censura, rubricata "Difetto di interesse ex art. 100 c.p.c. che vale vuoi come error in procedendo vuoi come error in iudicando", la Re.Ma. deduce che controparte non avrebbe avuto interesse ad agire, giacché, a fronte dell'intervento dell'autorità giudiziaria, esisteva già la "degiurisdizionalizzazione".

Il motivo è inammissibile come il precedente.

Anche in tal caso, il mezzo d'impugnazione non si confronta con la sentenza della Corte d'Appello, secondo cui "in assenza del compimento di tali atti, richiesti dalla legge, da parte della signora Re.Ma., l'accertamento giudiziale rappresenta l'unico mezzo che avrebbe consentito alla signora Ro.Si. di accertare l'accettazione dell'eredità e, di conseguenza, di ricostruire la continuità delle trascrizioni sull'immobile pignorato".

Con il terzo mezzo di impugnazione, la ricorrente denuncia la "violazione e/o falsa applicazione dell'art. 474 c.c., dell'art. 5 L. Mediazione e dell'art. 91-92 c.p.c.".

Si afferma che la materia, pur avendo natura innegabilmente successoria, non era stata sottoposta alla mediazione preliminare obbligatoria.

Il motivo è infondato.

In tema di mediazione obbligatoria ex art. 5, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 28 del 2010, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda, ma l'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza; ove ciò non avvenga, il giudice d'appello può disporre la mediazione, ma non vi è obbligato, neanche nelle materie indicate dallo stesso art. 5, comma 1-bis, atteso che in grado d'appello l'esperimento della mediazione costituisce condizione di

procedibilità della domanda solo quando è disposta discrezionalmente dal giudice, ai sensi dell'art. 5, comma 2 (Sez. 3, n. 4843 del 19 febbraio 2019).

La quarta lagnanza è volta a denunciare "Nullità della sentenza (n. 4) per non aver rilevato che l'azione non dovesse essere intrapresa perché v'era la possibilità alternativa di convocare avanti al notaio ex art. 24 Cost. interpretato secondo le direttive europee in tema di degiurisdizionalizzazione".

Si osserva che la controparte avrebbe scelto la via giudiziaria, ignorando la teoria del "minimo mezzo", oltre tutto previsto dalle direttive e dalla normativa circa la degiurisdizionalizzazione.

La quinta censura richiama la "Violazione di legge (n. 3) per non aver rilevato che l'azione non dovesse essere intrapresa perché v'era la possibilità alternativa di convocare avanti al notaio ex art. 24 Cost. interpretato secondo le direttive europee in tema di degiurisdizionalizzazione".

La Corte d'Appello non avrebbe rilevato la possibilità di attivare un'ipotesi alternativa, in armonia con la direttiva n. 2008/52/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio.

Il sesto rilievo è rubricato "Nullità della sentenza (art. 3) per non aver ritenuto che l'azione non fosse necessaria potendo dar corso giudice dell'espropriazione e perito". Sarebbe mancata la motivazione della Corte territoriale sul punto circa la risoluzione alternativa della controversia.

Attraverso il settimo rilievo, la Re.Ma. denuncia la "Violazione di legge (n. 4) per non aver ritenuto che l'azione non fosse necessaria potendo dar corso giudice dell'espropriazione e perito". La questione, rimasta senza risposta, avrebbe dovuto essere dipanata mediante una razionale interpretazione circa la continuità delle trascrizioni da parte dell'autorità giudiziaria.

Con l'ottavo motivo, la ricorrente prospetta la "Violazione e falsa applicazione dell'art. 2673 c.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.". Ella sarebbe stata carente di titolarità rispetto all'azione intrapresa, posto che l'azione avrebbe dovuto essere proposta nei confronti della Conservatoria.

Il nono mezzo d'impugnazione si fonda sulla "Nullità (n. 4) della sentenza per non aver motivato sulla degiurisdizionalizzazione e mancata compensazione". La Corte territoriale non avrebbe motivato, laddove la ricorrente avrebbe dovuto prevalere in ragione dell'orientamento UE.

Il decimo motivo è volto a rimarcare la "Violazione di legge (n. 3) per la condanna alle spese e mancata compensazione". La sentenza impugnata avrebbe dovuto compensare le spese, giacché erano state disapplicate le direttive europee in tema di degiurisdizionalizzazione.

11 L'undicesima ed ultima doglianza, infine, si fonda sulla "Nullità (n. 4) o violazione di legge (n. 3) per aver escluso Re.Ma. dal patrocinio a spese dello Stato". La tesi adottata dalla Corte distrettuale sarebbe stata priva di logica, giacché ella avrebbe fatto valere principi UE, che avevano la primazia.

I predetti motivi, dal quarto all'undicesimo, sono tutti inammissibili.

Il quarto, il sesto, il nono e l'undicesimo difettano di specificità e sollevano un tema nuovo, quello della "degiurisdizionalizzazione", eccepito per la prima volta nel giudizio di legittimità.

Le residue doglianze - la quinta, la settima, l'ottava e la decima - prospettano una violazione di legge, ma in modo privo di specificità.

Infatti, l'onere di specificità dei motivi, sancito dall'art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all'art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d'inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare

con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni - la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Sez. U., n. 23745 del 28 ottobre 2020).

Quanto al motivo sulle spese (il decimo) è il caso di aggiungere che correttamente è stata applicata la regola della soccombenza.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese di lite, come liquidate in dispositivo.

Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che la ricorrente è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/2002, se dovuto.


PQM


La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio liquidate in Euro. 200,00 per esborsi ed in Euro. 4.000,00 (quattromila) per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%. Dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che la ricorrente è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/2002, se dovuto.


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

9 gennaio 2024

1/24. Mediazione delegata in appello, mancato esperimento, conseguenze; decesso di una parte, partecipazione alla mediazione degli eredi (Osservatorio Mediazione Civile n. 1/2024)


=> Corte di appello di Napoli, 19 luglio 2023

 

Nel giudizio di appello, il mancato esperimento mediazione in seguito all'ordine del giudice integra una forma di inattività, sanzionata con la improcedibilità, alla stessa stregua di quanto avviene nell'ipotesi di cui all'art. 348 c.p.c. In sostanza, l'esperimento della mediazione in appello ha natura di atto di impulso processuale a carico dell'appellante, il quale ne è onerato a pena di improcedibilità. Improcedibilità alla quale consegue in tale prospettiva la stabilizzazione  della sentenza di primo grado (sia pur in via indiretta ex art. 338 c.p.c.).

 

Il decesso di una parte non impedisce la partecipazione personale all'incontro di mediazione, al quale sono legittimati a partecipare gli eredi, divenuti (con la riassunzione del giudizio) parti del processo.  Ai fini della verifica della condizione di procedibilità ciò che rileva è l’identità dei soggetti che sono parte del processo con quelli che partecipano all'incontro di mediazione.

 

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 1/2024

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

 

Corte di appello di Napoli

Sentenza

19 luglio 2023

 

Omissis

 

3.4. Prima di procedere nella verifica del corretto esperimento della mediazione, occorre rilevare che non ha alcun pregio la difesa della parte appellante in ordine al fatto che --- è deceduto il 18 luglio 2022 e ciò avrebbe sostanzialmente impedito la partecipazione personale all'incontro di mediazione.

Invero, come emerge dagli atti, l'incontro di mediazione si è svolto il 18 ottobre 2022 e viene dichiarato il decesso di ---, ma non risultano presenti gli eredi e tantomeno --- (parte appellante e anche coerede di ---). Invero la riassunzione è stata effettuata il 31 agosto 2022 e, quindi, non si pone nemmeno il dubbio di valutare se gli eredi avrebbero potuto o meno partecipare in tale qualità prima della riassunzione. Possibilità che non può invero escludersi e che avrebbe potuto condurre alla soluzione conciliativa della lite anche a prescindere dalla preventiva riassunzione. Ciò posto ai fini della verifica della condizione di procedibilità ciò che rileva è la identità dei soggetti che sono parte del processo con quelli che partecipano all'incontro di mediazione.

D'altronde, anche solo a tali fini, sarebbe risultata sufficiente la partecipazione di --- (anche per procura) trattandosi di litisconsorzio unitario ex art. 110 c.p.c. (per cui è sufficiente che uno dei litisconsorti compia l'atto).

Quindi nel caso di specie, il decesso di uno degli appellanti principali --- non ha ostacolato l'iter per lo svolgimento della mediazione e tantomeno risulta dal verbale una richiesta di rinvio dell'incontro al fine di consentire la partecipazione personale degli appellanti (in esito alla riassunzione).

Si legge nel verbale di mediazione, infatti, che "il mediatore rileva, l'assenza della parte istante --- e degli eredi del ---, la presenza per parte intimante dell'Avv. --- munito di delega dell'Avv. ---, indi non è possibile proseguire oltre il primo incontro programmatico. Parte invitata dichiara: pur sussistendo la volontà di verificare la possibilità di entrare in mediazione tale attività risulta essere vana stante l'assenza degli istanti".

4. Ciò posto occorre verificare il corretto esperimento della mediazione ed in particolare la partecipazione (personale o per procura) in mediazione di --- e delle altre eredi --- e ---.

4.1. Dall'esame della documentazione prodotta dalle parti, oltre a quanto già sopra indicato, si rileva quanto segue:

la parte appellante principale (istante in mediazione), era assente e nessuna motivazione è stata addotta e tantomeno comprovata in quanto -come si è detto - tale non può ritenersi il decesso di ---;

l'avv. ---, procuratore costituito della parte appellante principale, era assente ma aveva delegato l'avv. ---, presente, ma senza che fosse nemmeno indicata l'esistenza di una procura sostanziale ad hoc per la mediazione, ma evidentemente sulla base della semplice procura alle liti conferita per il processo; quindi, si rileva l'assenza di una procura sostanziale ad hoc rilasciata da ---, --- e --- all'avv. --- (presente all'incontro di mediazione) e tantomeno all'avv. ---;

la parte appellata --- (invitata in mediazione) ha partecipato personalmente all'incontro di mediazione legalmente assistita.

4.2. Al riguardo, la Suprema Corte - in tema di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda - ha avuto modo di indicare alcune soluzioni interpretative con riguardo al regime vigente ratione temporis (e, dunque, prima della riforma ex D.Lgs. 149/2022) alle quali il Collegio intende aderire.

4.3. In primo luogo, la Cassazione ha ben evidenziato come dalla lettura sistematica della disciplina della mediazione emerge che "il successo dell'attività di mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale il quale può, grazie alla interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l'acuirsi della conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali" (Cass. civ. Sez. III, Sent., 27/03/2019, n. 8473; in termini, Cass. civ. Sez. III, Sent., 05/07/2019, n. 18068).

In questa prospettiva, "il legislatore ha previsto e voluto la comparizione personale delle parti dinanzi al mediatore, perché solo nel dialogo informale e diretto tra parti e mediatore, conta che si possa trovare quella composizione degli opposti interessi satisfattiva al punto da evitare la controversia ed essere più vantaggiosa per entrambe le parti"; in particolare, all'art. 8 D.Lgs. 28/2010 è stato previsto espressamente che "al primo incontro davanti al mediatore debbano essere presenti sia le parti che i loro avvocati". E "la previsione della presenza sia delle parti sia degli avvocati comporta che, ai fini della realizzazione delle condizione di procedibilità, la parte non possa evitare di presentarsi davanti al mediatore, inviando soltanto il proprio avvocato" (Cass. 8473/2019, cit.).

4.3.1. Tuttavia, secondo la S.C., "la necessità della comparizione personale non comporta che si tratti di attività non delegabile. In mancanza di una previsione espressa in tal senso, e non avendo natura di atto strettamente personale, deve ritenersi che si tratti di attività delegabile ad altri" e "non è previsto, né escluso che la delega possa essere conferita al proprio difensore" (Cass. 8473/2019, cit.).

4.3.2. Sul punto la Cassazione chiarisce poi che "allo scopo di validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte deve conferirgli tale potere mediante una procura avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto (ovvero, deve essere presente un rappresentante a conoscenza dei fatti e fornito dei poteri per la soluzione della controversia, ...). Quindi il potere di sostituire a sé stesso qualcun altro per la partecipazione alla mediazione può essere conferito con una procura speciale sostanziale" (Cass. 8473/2019, cit.).

4.3.3. A ciò consegue che, "sebbene la parte possa farsi sostituire dal difensore nel partecipare al procedimento di mediazione, in quanto ciò non è auspicato, ma non è neppure escluso dalla legge, non può conferire tale potere con la procura conferita al difensore e da questi autenticata, benché possa conferirgli con essa ogni più ampio potere processuale.

Per questo motivo, se sceglie di farsi sostituire dal difensore, la procura speciale rilasciata allo scopo non può essere autenticata dal difensore, perché il conferimento del potere di partecipare in sua sostituzione alla mediazione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti autenticabili

direttamente dal difensore" (Cass. 8473/2019, cit.).

4.3.4. In conclusione, "la parte che non voglia o non possa partecipare personalmente alla mediazione può farsi liberamente sostituire, da chiunque e quindi anche dal proprio difensore, ma deve rilasciare a questo scopo una procura sostanziale, che non rientra nei poteri di autentica dell'avvocato neppure se il potere è conferito allo stesso professionista" (Cass. 8473/2019, cit.).

4.3.5. Si deve poi rilevare che nello stesso senso si è già espressa questa Corte, che con riferimento alla procura sostanziale ha ribadito che "la ratio è da rinvenirsi nel fatto che l'attività di

mediazione è finalizzata a verificare se sia possibile instaurare tra le parti - innanzi al mediatore - un dialogo tale da consentire in quella sede la risoluzione alternativa della controversia. Ebbene tale condizione non può ritenersi soddisfatta dal conferimento della procura processuale conferita al difensore e da questi autenticata (neppure se ivi vi sia il riferimento dell'informazione alla parte dello svolgimento del procedimento di mediazione), posto che la procura processuale conferisce al difensore il potere di rappresentanza in giudizio della parte ma non gli conferisce la facoltà di sostituirsi ad esso in una attività esterna al processo - quale è appunto il procedimento di mediazione" (in una causa in materia di locazione in cui la Corte ha ritenuto inidonea una procura generale - di alcuni anni antecedenti l'insorgenza della lite - che consentiva la gestione ed anche la vendita di un immobile; App. Napoli, Sez. civ. II, sent. 29 settembre 2020, n. 3227; e più recentemente, App. Napoli, Sez. civ. VII, sent. 2 febbraio 2022, n. 421).

Appare chiaro dunque che non può mai ritenersi "la sufficienza della comune procura alle liti, ancorché accordata con facoltà di compiere ogni più ampio potere processuale" (App. Napoli, sent. 3227/2020, cit.), considerato che "l'attivazione della mediazione delegata non costituisce peraltro attività giurisdizionale", trattandosi di una "parentesi non giurisdizionale all'interno del processo" (Cass. civ. Sez. II, Sent., 14/12/2021, n. 40035).

4.3.6. Nella medesima direzione, con indicazioni ulteriormente restrittive, si muove la recente riforma della mediazione in quanto il legislatore delegante ha indicato tra i princìpi e criteri direttivi per il Governo delegato quello di "prevedere la possibilità per le parti del procedimento di mediazione di delegare, in presenza di giustificati motivi, un proprio rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la soluzione della controversia e prevedere che le persone giuridiche e gli enti partecipano al procedimento di mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per la soluzione della controversia" (art. 1, comma 4, lett. f, L. 26 novembre 2021, n. 206). In tal senso, il legislatore delegato ha profondamente riformato il D.Lgs. 28/2010 (si veda in particolare la nuova formulazione dell'art. 8).

4.4. Passando ad esaminare la norma che disciplina la mediazione demandata dal giudice, secondo quanto disposto dall'art. 5, comma 2, D.Lgs. 28/2010, "l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello" e, ad avviso del Collegio, in tale sede la domanda proposta è quella di impugnazione della sentenza di prime cure per cui l'onere che condiziona la medesima domanda non può non gravare sulla parte che agisce e, quindi, sulla parte appellante.

Invero, il mancato esperimento mediazione in seguito all'ordine del giudice integra, comunque, una forma di inattività, sanzionata con la improcedibilità, alla stessa stregua di quanto avviene nell'ipotesi di cui all'art. 348 c.p.c. In sostanza, l'esperimento della mediazione in appello ha natura di atto di impulso processuale a carico dell'appellante, il quale ne è onerato a pena di improcedibilità. Improcedibilità alla quale consegue in tale prospettiva la stabilizzazione (sia pur in via indiretta ex art. 338 c.p.c.) della sentenza di primo grado.

4.4.1. Tale prospettiva è coerente con il profilo dell'appello delineato dalle Sezioni Unite della Cassazione secondo cui nel vigente ordinamento processuale, il giudizio d'appello non può più dirsi, come un tempo, un riesame pieno nel merito della decisione impugnata (novum iudicium), ma ha assunto le caratteristiche di una impugnazione a critica vincolata (revisio prioris instantiae). Ne consegue che l'appellante assume sempre la veste di attore rispetto al giudizio d'appello e su di lui ricade l'onere di dimostrare la fondatezza dei propri motivi di gravame, quale che sia stata la posizione processuale di attore o convenuto assunta nel giudizio di primo grado (Cass. civ. Sez. Unite Sent., 08/02/2013, n. 3033; Cass. civ. Sez. III Sent., 09/06/2016, n. 11797; Cass. civ. Sez. II Ord., 03/09/2018, n. 21557).

4.4.2. Sulla base dei citati princìpi, è stato precisato da questa Corte in una precedente occasione come debba gravare sullo stesso soggetto l'ulteriore (e in un certo senso implicito) onere di porre in essere tutte le attività finalizzate a rendere esigibile dal giudice dell'impugnazione quella valutazione di merito delle critiche mosse alla sentenza di primo grado (App. Napoli, Sez. civ. VII, sent. 28 febbraio 2019, n. 1189), sebbene la procedura di mediazione in appello non integri "una automatica condizione di procedibilità", ma una "facoltà del giudice di creare tale condizione" (Cass. civ. Sez. III, 30/10/2018, n. 27433; Cass. civ. Sez. III, 13/12/2019, n. 32797).

4.4.3. Per cui deve giungersi alla conclusione secondo cui con riguardo al giudizio di appello la sanzione dell'improcedibilità attiene all'impugnazione e che ogni mediazione disposta ai sensi dell'art. 5, comma 2, D.Lgs. 28/2010 non consente alcun meccanismo di sanatoria una volta verificatasi la decadenza dalla proponibilità della mediazione e ciò a prescindere dalla eccezione di parte o della sua rilevazione entro la prima udienza di trattazione (App. Napoli, sent. n. 1152/2019 cit.).

4.5. Tuttavia, nel caso in esame, pur ritenendo che la mediazione sia stata avviata e svolta tempestivamente, l'esame del verbale relativo al primo incontro svoltosi 18 ottobre 2022 non consente di ritenere ritualmente esperita la condizione di procedibilità.

4.5.1. Come si è già precisato, al primo incontro di mediazione - lo si evince dal verbale che ha concluso la procedura con esito negativo - per l'istante (gravato dell'onere di esperire la mediazione) risulta presente (soltanto) l'avv. --- (che peraltro non ha nemmeno sottoscritto il verbale) privo di (una idonea) procura che gli potesse consentire di rappresentare la parte personalmente sostituendosi alla stessa.

4.5.2. Nella prospettiva indicata dalla S.C. (Cass. 8473/2019, cit.) infatti emerge nella fattispecie la mancata partecipazione al primo incontro di mediazione di ---, --- e --- o di altro soggetto delegato mediante il rilascio di una idonea procura ad negotia che abbia autorizzato il rappresentante ad agire e partecipare in nome e per conto delle rappresentate all'incontro di mediazione, con la chiara specificazione dei poteri e dei limiti, il cui documento risulti essere stato depositato agli atti dell'organismo entro la data indicata (18 ottobre 2022); per cui non può ritenersi ritualmente, validamente e legittimamente esperito il procedimento di mediazione, con il conseguente omesso avveramento della condizione di procedibilità.

4.5.3. Inoltre, in ogni caso, non è possibile disporre alcuna sanatoria proprio alla luce di quanto statuito dal comma 2 dell'art. 5 D.Lgs. 28/2010 (diversamente da quanto previsto dal comma 1-bis) una volta verificatasi la decadenza dalla proponibilità della mediazione e ciò a prescindere dalla eccezione di parte o della sua rilevazione entro la prima udienza di trattazione (App. Napoli, sent. n. 1152/2019 cit.).

Per cui la improcedibilità maturata non può essere in alcun modo superata disponendo nuovamente la mediazione.

5. Alla luce di quanto sopra esposto, l'appello proposto da --- e da --- deve essere dichiarato improcedibile.

6 - Con la riforma (anche eventualmente solo parziale) della sentenza impugnata la Corte è tenuta a procedere (d'ufficio), quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l'esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, sicché violerebbe il principio di cui all'art. 91 c.p.c., il giudice di merito che ritenesse la parte soccombente in un grado di giudizio e, invece, vincitrice in un altro grado (Cass. 28 settembre 2015, n. 19122; Cass. n. 6259/2014; in senso conforme: Cass. n. 23226/2013, Cass. n. 18837/2010, Cass. n. 15483/2008).

Pertanto, considerato l'esito complessivo del giudizio e, quindi, tenuto conto di quanto deciso con la sentenza parziale e con la presente sentenza definitiva, sussistono le ragioni per compensare integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi del processo.

7. Rilevato che l'atto di appello è stato notificato dopo il 31 gennaio 2013, la parte appellante principale (per la declaratoria di improcedibilità del gravame principale) e la parte appellante incidentale (per il rigetto dell'impugnazione incidentale disposta con la sentenza parziale) sono tenute al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto

per la proposizione dell'appello: v. art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, inserito dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012 n. 228, applicabile (art. 1, comma 18, ai procedimenti iniziati trenta giorni dopo l'entrata in vigore della legge 228 (quindi a partire dal 31 gennaio 2013), vale a dire alle impugnazioni proposte dopo tale data (secondo la pacifica interpretazione della norma da parte della Corte di Cassazione: cfr. Cass. 14515/2015, Cass. 13636/2015, Cass. 6280/2015).

 

PQM

 

La Corte di Appello di Napoli omissis dichiara l'improcedibilità dell'appello proposto da --- e da ---, riassunto da ---, --- e ---; compensa integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi del processo; dà atto che per effetto della decisione assunta sussistono i presupposti, a carico delle appellanti principali ---, --- e ---, e dell'appellante incidentale ---, di cui all'art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

11 marzo 2022

8/22. Carente o difettoso esperimento del tentativo di mediazione, omessa rilevazione in primo grado: quali conseguenze? (Osservatorio Mediazione Civile n. 8/2022)

=> Corte di appello Palermo, 20 maggio 2021 

Il mancato o irregolare esperimento del tentativo di mediazione, nei casi in cui è obbligatorio, non comporta l’improcedibilità dell’azione quando l’eccezione della parte non sia stata reputata fondata o sia stata comunque disattesa o semplicemente ignorata dal giudice di primo grado, non contemplando la legge alcun rimedio avverso siffatte eventualità, dal momento che un’eventuale impugnazione e una conseguente caducazione del provvedimento finale per omessa rilevazione, da parte del primo giudice, del carente o difettoso esperimento del tentativo di mediazione finirebbe per produrre effetti incompatibili con la finalità deflattiva che sottende la disciplina legale (I).  

(I) Si veda l’art. 5, comma 1-bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 8/2022
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Corte di appello Palermo
sentenza
20 maggio 2021

Omissis

Col primo motivo, l’appellante impugna la sentenza per violazione degli artt. 112, 276 e 277 c.p.c. per aver il primo giudice omesso di pronunziarsi sulla questione pregiudiziale relativa all’eccepita invalidità del procedimento di mediazione, nonché, nel merito della questione pregiudiziale medesima, per aver violato l’art. 5 del D.Lgs. 4.3.2010, n. 28.

Assume che gli attori, pur avendo attivato il procedimento di mediazione obbligatoria disposto dal Tribunale, sarebbero comparsi a mezzo di un sostituto del loro procuratore privo di procura sostanziale e non validamente delegato, e pur avendo eccepito in quella sede la mancata comparizione personale degli attori e il difetto di rappresentanza, e riproposto tempestivamente la questione in primo grado, il primo giudice avrebbe erratamente ritenuto la validità del tentativo di mediazione.

Il rilievo è infondato per l’assorbente ragione che il mancato o irregolare esperimento del tentativo di mediazione, nei casi in cui è obbligatorio, non comporta l’improcedibilità dell’azione quando l’eccezione della parte non sia stata reputata fondata o sia stata comunque disattesa o semplicemente ignorata dal giudice di primo grado, non contemplando la legge alcun rimedio avverso siffatte eventualità, dal momento che un’eventuale impugnazione e una conseguente caducazione del provvedimento finale per omessa rilevazione, da parte del primo giudice, del carente o difettoso esperimento del tentativo di mediazione finirebbe per produrre effetti incompatibili con la finalità deflattiva che sottende la disciplina legale (cfr. Cass. 13591/2009, 15956/2004, 3022/2003).

Col secondo motivo, l’appellante deduce il vizio di extra petizione per aver il Tribunale accolto la domanda e disposto la costituzione coattiva della servitù di passaggio carrabile reputando genericamente sussistenti le condizioni richieste dall’art. 1051 c.c.

Ad avviso del deducente, dalla lettura coordinata del dispositivo e della motivazione emergerebbe che il primo giudice ha mal qualificato la domanda e disposto la costituzione coattiva della servitù di passaggio sulla base della previsione dell’art. 1051, commi 1 e 2, c.c., e non del comma 3, come espressamente richiesto da parte attrice. Oltretutto, in capo agli attori omissis e ai coniugi omissis difetterebbe la legittimazione ad agire, in quanto, a differenza di omissis, che, con sentenza avevano già acquistato per usucapione la servitù di passaggio pedonale sui terreni di sua proprietà, i predetti non potevano vantare diritto alcuno.

Sostiene, quindi, omissis che la domanda di ampliamento della servitù è stata proposta dagli attori sull’errato presupposto che tutti loro fossero già titolari di una servitù di passaggio pedonale, e ne trae il convincimento che, se il primo giudice avesse qualificato la domanda nei termini richiesti, e non ai sensi dell’art. 1051 commi 1 e 2 c.c., il fatto che solo tre di essi ne fossero titolari, avrebbe dovuto quanto meno comportare il rigetto delle pretese dei restanti tre.

Il motivo è infondato.

Il richiamo espresso della parte istante a una determinata disposizione di legge anziché a un’altra non è vincolante per il giudice, in quanto ciò che rileva è l’allegazione della situazione alla quale la parte attrice vuole porre rimedio, ossia l’interesse che intende realizzare e il petitum sostanziale della sua domanda.

Nella specie, gli attori, pur chiedendo espressamente la costituzione di una servitù di passaggio carrabile ai sensi dell’art. 1051, comma 3, c.c., hanno dedotto che i loro fondi, sui quali avevano realizzato dei fabbricati adibiti ad uso abitativo, erano interclusi e che essi avevano necessità di raggiungerli con mezzi meccanici. Il petitum sostanziale della loro domanda, pertanto, era qualificato dall’asserito stato di interclusione assoluta dei fondi e dalla necessità di ottenere un passaggio praticabile anche da autoveicoli, imposta dalla presenza di immobili abitati da numerose famiglie e distanti dalla via pubblica.

Giova rammentare, peraltro, che è sempre ammissibile la modifica della domanda iniziale, operata nella memoria all'uopo prevista dall'art. 183, VI comma, c.p.c., la quale può riguardare uno o entrambi gli elementi identificativi oggettivi della domanda (petitum e causa petendi), a condizione che sia connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e avvenga tra le stesse parti, tendendo alla realizzazione, almeno in parte, della stessa utilità finale (Cass., 1°. luglio – 7 settembre 2020 n. 18546).

Nel caso in esame, gli originari attori si sono limitati a precisare nella prima memoria ex art. 183, VI comma, c.p.c., che la domanda di costituzione della servitù di passaggio carrabile ai sensi dell’art. 1051, 3°. comma, doveva intendersi anche ai sensi dell’art. 1051 commi 1 e 2 c.c.. Le due richieste riguardano la medesima vicenda sostanziale (costituzione di servitù di passaggio a favore del fondo intercluso), rispondono al medesimo interesse e hanno a oggetto il medesimo bene, ossia i fondi di proprietà di parte attrice.

Col terzo motivo l’appellante si duole che la sentenza abbia ritenuto sussistenti tutte le condizioni richieste dall’art. 1051 c.c..

Gli originari attori non avrebbero dimostrato i presupposti teleologici necessari per ottenere il diritto al passaggio carrabile, consistenti nel conveniente uso del fondo, nella tutela e perseguimento di interessi generali e nella non interferenza sulla natura e destinazione dei luoghi, e neanche che quello indicato dal CTU fosse il tratto più breve e recasse il minor danno al fondo servente.

Anche tale doglianza è priva di pregio.

L’ipotesi del passaggio “necessario” di cui all’art. 1051 c.c. ricorre quando il fondo sia circondato da terreni altrui e non abbia uscita sulla strada pubblica (interclusione assoluta) o non possa procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio (interclusione relativa).

Nella concreta specie, la situazione allegata è lo stato di interclusione dei fondi attorei.

Il CTU, sotto tale profilo, ha rilevato che “se per lotto intercluso si intende “fondo circondato da altri fondi che non ha uscita su strada pubblica”, in cui la possibilità di accesso non possa avvenire direttamente da strada pubblica”, le proprietà immobiliari degli attori si trovano in una situazione di interclusione, aggiungendo che se si dovesse escludere l’attuale passaggio (ossia l’accesso attraverso il fondo di proprietà del convenuto omissis), non vi sarebbero altri passaggi diretti verso la strada pubblica denominata omissis.

Gli originari attori hanno domandato la costituzione della servitù di passaggio anche carrabile rappresentando l’esigenza di transitarvi con mezzi meccanici, stante la loro età avanzata e il loro stato di salute, che comporterebbero la ragionevole esigenza di un passaggio carrabile.

Ora, al di là del rilievo che la servitù è sempre costituita a favore del fondo e non delle persone, deve convenirsi che il concetto di «conveniente uso del proprio fondo», espresso nell’art. 1051 c.c., non può essere determinato in astratto, bensì con riferimento alle condizioni di vita dell’uomo medio nell’epoca in cui il diritto viene esercitato. Tali condizioni di vita, attualmente, non possono prescindere dal l'esigenza di raggiungere in macchina la propria abitazione, come indirettamente confermato dalla pronuncia di incostituzionalità (v. C. Cost. 167/99) del 2 comma dell'art. 1052 c.c., nella parte in cui non prevede che il passaggio coattivo di cui al primo comma della stessa norma possa essere concesso dall'autorità giudiziaria quando venga riconosciuto che la domanda risponde ad esigenze di accessibilità degli edifici destinati ad uso abitativo. La servitù coattiva di passaggio, infatti, può essere costituita non soltanto per la coltivazione del fondo, ma anche con riferimento a qualsiasi conveniente uso, anche soltanto civile, di cui lo stesso sia suscettibile, ivi compresa la destinazione ad area fabbricabile.

Sui terreni degli attori insistono dei fabbricati a più elevazioni che ospitano (o si prestano a ospitare) altrettante famiglie; pertanto la necessità della costituzione di una servitù carrabile va valutata con riguardo alle imprescindibili esigenze connesse a una siffatta destinazione.

Orbene, l’unico passaggio razionalmente immaginabile è quello individuato dal consulente dell’ufficio, il quale ha convincentemente escluso la praticabilità sia dell’accesso dalla spiaggia sia di passaggi alternativi diretti verso la strada pubblica denominata omissis.

Il fatto che la stradella indicata dal CTU è esistente e già adibita a uso carrabile dal omissis e da altri del luogo costituisce un dato prevalente sul confliggente interesse addotto dal omissis.

L’inquinamento acustico, aggravato, a dire dell’appellante, dal maggior numero di auto transitanti per la preesistente stradella, non è un elemento determinante nel giudizio di comparazione, dal momento che – posta la inderogabile necessità di consentire agli attori di ovviare alla interclusione dei loro fondi – analogo problema si porrebbe rispetto a qualunque passaggio alternativo della medesima zona, comunque prossima al litorale marino. Né il tragitto indicato n. 416/2018 r.g. dal consulente d’ufficio viola i vincoli di natura urbanistica e paesaggistica cui la zona è sottoposta, la sussistenza dei quali, peraltro, in linea di principio, inerendo alla concreta realizzabilità del passaggio, ove non fatta valere dagli istanti (che in tal modo si assumono il rischio di un provvedimento favorevole ma non eseguibile sul piano giuridico-amministrativo, non diversamente che nei casi di non fattibilità tecnico-costruttiva), esula dalla cognizione del giudice di merito.

Invero, il CTU, al fine di verificare se l’ampliamento del passaggio attualmente esistente sul fondo omissis, tale da renderlo adatto al transito di veicoli a motore, sia consentito dalle vigenti normative urbanistiche, ha appurato presso gli uffici comunali e alla Soprintendenza dei beni culturali e paesaggistici, che l’area ricade in zona per attrezzature (C4) e più a sud in zona di completamento per nuclei esistenti (B3), in cui vigente il regime urbanistico permette, col parere della Soprintendenza, la costruzione di strade con ampiezza minima di dieci metri (v. certificato di destinazione urbanistica allegato alla CTU).

Col quarto motivo, l’appellante lamenta che il Tribunale, senza darne motivazione, abbia aderito alle risultanze peritali sebbene il CTU non avesse dato adeguato riscontro ai quesiti all’uopo posti dal Tribunale e nemmeno alle deduzioni critiche del c.t.p., che avrebbe evidenziato l’esistenza di percorsi alternativi non esplorati dall’ausiliario tecnico del giudice.

Anche tale doglianza è da disattendere.

Il quesito posto dal Tribunale al CTU era, correttamente, inteso ad accertare l’accesso alla via pubblica più breve e di minor danno al fondo servente, considerando anche omissis”.

Il CTU, prima di indicare il passaggio prescelto come l’unico in grado di consentire l’accesso ai fabbricati di parte attrice con un minimo percorso e col minor aggravio per i fondi serventi, sui quali, è utile ricordarlo, si snoda già il passaggio carrabile in questione esercitato dal omissis e da altri, ha appurato - riportandosi a quanto sostenuto da altro CTU nominato nell’ambito del contenzioso tra omissis - l’inesistenza di passaggi alternativi preferibili (v. pag. 8 CTU). Egli ha escluso in particolare l’ipotesi di aprire un passaggio dalla strada asfaltata già esistente a monte della proprietà del convenuto omissis che dalla omissis va verso il lido del mare, in quanto un simile tracciato si snoderebbe attraverso pertinenze rifinite a giardino e a verde privato, in conflitto con la norma dell’art. 1051 c.c. (pag. 9 rel. CTU).

L’altro passaggio suggerito da omissis (che si dipartirebbe dal tratto iniziale della stradella di cui sopra, subito a valle del cancello d’ingresso ripreso nella foto n. 2, che attraversa la particella omissis ex 430, in testa alle ditte omissis, in direzione nord-est/sud-ovest parallelamente e contiguamente alla linea di confine con la particella omissis in testa alla ditta omissis) risulta invece meno preferibile a quello già esistente e praticato, dal momento che dovrebbe essere ricavato su terreno agrario non interessato da opere di bonifica e di pavimentazione, con aggravio di costi e dispendio di attività non giustificabili, a fronte dell’esistenza, su altro sito, di un passaggio già idoneo all’uso e perciò implicante, in termini comparativi, per il proprietario del fondo servente un danno minore di quelle che comporterebbe la costituzione di un nuovo passaggio su un fondo diverso.

L’appello va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna dell’appellante alla rifusione, in favore delle parti appellate, delle spese di questo grado di giudizio, che si liquidano in complessivi euro 2.600,00, per ciascuna parte costituita, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, al CPA e all’IVA.

È applicabile l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115/2002, a carico dell’appellante. 

PQM 

La Corte, definitivamente pronunziando, nella contumacia di omissis, e nel contraddittorio delle parti costituite, rigetta l’appello proposto da omissis nei confronti di omissis, avverso la sentenza del Tribunale omissis; condanna l’appellato alla rifusione, in favore delle parti appellate, delle spese di questo grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 2.600,00, per ciascuna parte costituita, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, al CPA e all’IVA. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, co. 1 quater, D.P.R. n. 115/2002, a carico dell’appellante.

 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

26 ottobre 2020

42/20. Mediazione c.d. obbligatoria: è precluso al giudice d'appello rilevare l'improcedibilità della domanda (Osservatorio Mediazione Civile n. 42/2020)

=> Tribunale di Latina, 19 giugno 2020 

L'improcedibilità della domanda giudiziale per il mancato esperimento della mediazione nelle controversie comprese in quelle materie per le quali è prevista come obbligatoria dalla legge deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza del giudizio di primo grado. In mancanza della tempestiva eccezione del convenuto, se il giudice di primo grado non abbia provveduto al relativo rilievo d'ufficio, è precluso al giudice d'appello rilevare l'improcedibilità della domanda.

(I) In tal senso si veda Corte di Cassazione 13 dicembre 2019, n. 32797 (Osservatorio Mediazione Civile n. 3/2020).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 42/2020 
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Tribunale di Latina 
Sentenza 
19 giugno 2020 

Omissis

Va poi osservato che ai sensi dell'art 5 del D.lgs. n. 28/2010 l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale e l'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza.

In tal senso va osservato che l'improcedibilità della domanda giudiziale per il mancato esperimento della mediazione nelle controversie comprese in quelle materie per le quali è prevista come obbligatoria dalla legge deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza del giudizio di primo grado. In mancanza della tempestiva eccezione del convenuto, se il giudice di primo grado non abbia provveduto al relativo rilievo d'ufficio, è precluso al giudice d'appello rilevare l'improcedibilità della domanda (Cass, civ. 32797/2019).

La richiamata disposizione va tuttavia coordinata con l'ulteriore previsione secondo cui l'obbligatorietà della mediazione nei procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo sorge solo dopo la concessione dei provvedimenti di cui all'art. 648/649 c.p.c. (art 5 comma 4 lett. a).

Ne consegue che, nella fattispecie, essendo stato concesso il termine per introdurre la mediazione con ordinanza fuori udienza del 12.09.2017, la prima e unica difesa utile nella quale tempestivamente eccepire l'improcedibilità della domanda per omesso era quella del 19.04.2018, nella quale come rilevato parte opposta dava atto dell'esito negativo della mediazione.

Ne consegue, in ogni caso, la tardività della relativa eccezione.

Sempre in via preliminare omissis.

Nella fattispecie, la titolarità sostanziale del diritto controverso permane (circostanza incontestata) in capo alla Unicredit titolare del credito e orignaria parte contrattuale; la procura in questione ed il relativo mandato con rappresentanza ha difatti ad oggetto unicamente ad oggetto “ la gestione, anche stragiudiziale dei propri crediti anomali e delle proprie cause passive connesse a posizioni per cui sussistono tali crediti anomali”; ne consegue che un' eventuale declaratoria di nullità della suddetta procura si riverbera sulla legittimazione della parte ad agire in giudizio, stante la natura sostanziale e processuale del potere rappresentativo concesso; ne consegue dunque la rilevabilità della questione d' ufficio in ogni stato e grado.

Sul punto va osservato che in una recentissima sentenza della Suprema Corte, relativa a fattispecie del tutto sovrapponibile a quella oggetto d' esame, in quanto avente ad oggetto la medesima procura allegata in questa sede o comunque del tutto identica (all. 13 fascicolo monitorio), è stato affermato che “E'nulla, per indeterminatezza dell'oggetto, la procura con la quale una banca conferisce ad una società il potere di gestione anche stragiudiziale dei propri crediti, definiti semplicemente come "crediti anomali", poiché tale espressione non consente di individuare i rapporti oggetto dell'impegno negoziale, senza che possa utilmente richiamarsi la definizione di "crediti anomali" formulata dalla Banca d'Italia nelle proprie circolari, atteso che si tratta di disposizioni rivolte unicamente agli istituti di credito, quale espressione del suo potere di vigilanza, senza alcun riflesso sul piano negoziale (Cass. civ. 0rd. 28803/2019).

In particolare, osservano i giudici della Suprema Corte che “il lemma «crediti in default» - inteso come nozione in cui «rientrano Ab sofferenze, gli incagli, i crediti ristrutturati e i crediti scaduti o sconfinanti» - non risulta di per sé in grado di dare sufficienti gradi di determinatezza al negozio di procura in questione (d'altronde, una cosa è vigilare sull'organizzazione delle imprese, un'altra disciplinare gli atti negoziali, con tutte le diversità di metodo e di funzione normativa che ne conseguono, ben al di là dei differenti contesti lessicali dei relativi settori)”.

Ne consegue che applicando il suddetto principio alla fattispecie in esame, in ragione della declaratoria di nullità della procura rilasciata dalla omissis spa alla omissis spa (ora omissis spa) la citata mandataria ha agito in assenza del relativo potere rappresentativo con conseguente difetto della legittimazione ad agire sin dalla fase monitoria.

In merito ad una possibile sanatoria del citato difetto di procura va osservato che in tema di difetto di rappresentanza processuale, mentre, ai sensi dell'art. 182 c.p.c., il giudice che rilevi d'ufficio tale difetto deve promuovere la sanatoria, assegnando alla parte un termine di carattere perentorio, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze di carattere processuale, nel diverso caso in cui detto vizio sia stato tempestivamente eccepito da una parte, l'opportuna documentazione va prodotta immediatamente, non essendovi necessità di assegnare un termine, che non sia motivatamente richiesto o, comunque, assegnato dal giudice, giacché sul rilievo di parte l'avversario è chiamato a contraddire (in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha ritenuto che la nullità della procura alle liti, fosse divenuta insanabile poiché, nonostante il convenuto avesse sollevato la relativa questione, l'attore non aveva spontaneamente depositato la necessaria documentazione nel prosieguo del processo di merito, essendosi egli limitato a discutere di altri diversi profili giuridici (Cass. civ. n. 24212/2018). Ne consegue che in difetto di sanatoria del suddetto vizio della procura il decreto ingiuntivo deve essere revocato.

L' accoglimento della preliminare eccezione di carenza di legittimazione attiva comporta la revoca del decreto ingiuntivo opposto.

Spese di lite come di norma seguiranno la soccombenza e sono a carico di parte opposta, liquidate come da dispositivo.

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione disattesa, così provvede: in accoglimento dell' opposizione revoca il decreto ingiuntivo opposto; condanna l'opposta al pagamento delle spese processuali in favore di parte opponente, liquidate in € 3000,00 per competenze € 100,00 per esboirsi documentati oltre accessori di legge.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

12 gennaio 2020

3/20. Appello: il giudice non può rilevare l’improcedibilità per omessa mediazione in primo grado (Osservatorio Mediazione Civile n. 3/2020)

=> Corte di Cassazione 13 dicembre 2019, n. 32797

Giusto il disposto di cui all’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010, l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza del giudizio di primo grado. Pertanto, in mancanza della tempestiva eccezione del convenuto, ove il giudice di primo grado non abbia provveduto al relativo rilievo d'ufficio, è precluso al giudice di appello rilevare l’improcedibilità (I).


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 3/2020

Corte di Cassazione
Sentenza n. 32797
13 dicembre 2019

Omissis

Fatti di causa

1. XXX convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Pesaro YYY chiedendo la condanna al pagamento di Euro 17.532,00, pari a trentasei mensilità dell'ultimo canone corrisposto, a titolo risarcitorio ai sensi dell'art. 3, commi 3 e 5, legge n. 431 del 1998 per non avere la convenuta, in qualità di proprietaria dell'immobile locato all'attore, venduto l'immobile nei dodici mesi previsti dalla legge nonostante la mancata rinnovazione del rapporto per la volontà della YYY di procedere alla vendita.
Si costituì la parte convenuta chiedendo il rigetto della domanda.
2. Il Tribunale adito rigettò la domanda, motivando nel senso che il termine di dodici mesi decorreva dall'esaurimento della procedura di sfratto.
3. Avverso detta sentenza propose appello il XXX.
Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell'appello.
4. Con sentenza di data 22 agosto la Corte d'appello di Ancona dichiarò l'improcedibilità della domanda. Osservò la corte territoriale che il XXX aveva omesso ingiustificatamente di partecipare personalmente alla procedura di mediazione di cui all'art. 8 d.lgs. n. 28 del 2010 e che non era precluso al giudice di appello rilevare la nullità della sentenza per il difetto di rituale mediazione non rilevato dal giudice di primo grado.
5. Ha proposto ricorso per cassazione XXX sulla base di tre motivi.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 5, commi 1 e 1 bis, d.lgs. n. 28 del 2010, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva il ricorrente che l'improcedibilità della domanda per mancato esperimento del procedimento di mediazione deve essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d'ufficio dal giudice non oltre la prima udienza e che né controporte, né tanto meno il giudice di primo grado, avevano sollevato alcuna eccezione sul punto.
2. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 5, comma 1 bis, d.lgs. n. 28 del 2010, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva il ricorrente che nessuna disposizione normativa impone la presenza personale della parte alla procedura di mediazione e che la volontà delle parti nella procedura era stata espressa per il tramite dei difensori delegati.
3. Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 5, comma 2, d. Igs. n. 28 del 2010, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva il ricorrente che il giudice di appello, nel caso ravvisi un'ipotesi di improcedibilità della domanda per mancato e/o errato esperimento della mediazione, ha facoltà di sanare il vizio rinviando le parti alla mediazione e comunque deve indagare sulla possibilità di consentire nuovamente la mediazione tenendo conto della natura della causa, dello stato dell'istruzione e del comportamento delle parti.
4. Il primo ed il terzo motivo, da valutare unitariamente in quanto connessi, sono fondati.
L'art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28 del 2010 prevede quanto segue: «chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero i procedimenti previsti dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179 , e dai rispettivi regolamenti di attuazione ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 , e successive modificazioni, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 187-ter del Codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, per le materie ivi regolate. L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. A decorrere dall'anno 2018, il Ministro della giustizia riferisce annualmente alle Camere sugli effetti prodotti e sui risultati conseguiti dall'applicazione delle disposizioni del presente comma. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 . Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37 , 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 , e successive modificazioni». Come risulta evidente dalla disposizione, l'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza del giudizio di primo grado. In tal senso è l'orientamento di questa Corte (Cass. 13 novembre 2018, n. 29017; 13 aprile 2017, n. 9557; 2 febbraio 2017, n. 2703). In mancanza della tempestiva eccezione del convenuto, ove il giudice di primo grado non abbia provveduto al relativo rilievo d'ufficio, è pertanto precluso al giudice di appello rilevare l'improcedibilità della domanda.
Nel caso di specie sono mancati alla prima udienza del giudizio di primo grado sia l'eccezione della parte che il rilievo d'ufficio da parte del giudice. Come affermato da Cass. 30 ottobre 2018 n. 27433, nello stadio d'appello è prevista solo una facoltà del giudice di creare la condizione di procedibilità alla luce di una valutazione discrezionale. Viene infatti stabilito dall'art. 5 comma 2 che «il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l'esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso, l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello».
5. L'accoglimento di primo e terzo motivo determina l'assorbimento del secondo motivo.

PQM

Accoglie il primo ed il terzo motivo del ricorso con assorbimento del secondo motivo; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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