DIRITTO D'AUTORE


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12 gennaio 2017

3/17. Domanda di mediazione obbligatoria presentata oltre il termine di 15 giorni, improcedibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo (Osservatorio Mediazione Civile n. 3/2017)

=> Tribunale di Rimini, 10 maggio 2016

Se è vero che il termine per l'instaurazione del procedimento di mediazione, concesso dal Giudice ai sensi dell'art. 5 comma 1-bis, d.lgs. 28/2010 deve considerarsi ordinatorio, è, altresì, incontestabile che tale carattere del termine del quale si tratta non comporta che i tempi di avvio del procedimento predetto siano rimessi all'arbitrio delle parti, ove si tenga presente che l'art. 154 c.p.c. consente al Giudice di prorogare, su istanza di parte o di ufficio, il termine che non sia stabilito a pena di decadenza, solo prima della sua scadenza. Pertanto, se detto termine scade senza che nessuna delle parti abbia avviato il procedimento di mediazione o presentato motivata istanza di proroga di detto termine, va dichiarata l’improcedibilità della domanda per mancata instaurazione del procedimento di mediazione obbligatorio, restando irrilevante il deposito della domanda di mediazione successivamente alla scadenza del termine in questione (I) (II) (III).

La domanda che diviene improcedibile, nel giudizio che si instaura con l'opposizione a decreto ingiuntivo, è quella formulata nell'atto di citazione in opposizione e, all'improcedibilità del giudizio di opposizione, consegue il consolidarsi degli effetti del decreto ingiuntivo (cfr. art. 653 c.p.c.) (III) (VI).


(II) Il decorso di un termine ordinatorio, senza la presentazione di un'istanza di proroga, ha, quindi, gli stessi effetti preclusivi della scadenza del termine perentorio ed impedisce la concessione di un nuovo termine per svolgere la medesima attività, salva la remissione in termini, nel caso in cui la decadenza si sia verificata per causa non imputabile alla parte (cfr.: Cass. civ., sez. III, sent. 29 gennaio 2003, n. 1285; Cass. Civ. Sez. II 19 gennaio 2005 n. 1064).

(III) Per approfondimenti sulle questioni processuali si veda di recente VIOLA, CODICE DI PROCEDURA CIVILE con schemi, formule e approfondimenti (dottrina e giurisprudenza), Cedam, 2016.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 3/2017

Tribunale di Rimini
sentenza
10 maggio 2016

Omissis

Con ordinanza del 16 aprile 2015, il GI ha concesso alle parti termine di quindici giorni per l'avvio di procedimento obbligatorio di mediazione ex art. 5 comma 1-bis del D.lgs.4 marzo 2010 n. 28 e succ.mod., decorrente dalla comunicazione di detta ordinanza, avvenuta il 17 aprile 2015.
Le parti avrebbero dovuto avviare, dunque, detto procedimento entro il 2 maggio 2015. Il procedimento di mediazione non è stato instaurato entro il termine predetto. Tale circostanza, dedotta da omissis S.P.A., la quale non si è presentata all'incontro fissato dinanzi al mediatore, giustificando la mancata comparizione proprio con riferimento alla tardiva instaurazione del procedimento in questione, non è stata contestata dagli opponenti.
Del resto, l'assunto della opposta risulta avvalorato dal verbale redatto dal mediatore, ove si dà atto che il mediatore è stato nominato dall'organismo di mediazione adito solo il 3 agosto 2015, vale a dire dopo che erano trascorsi tre mesi dal 2 maggio 2015.
Rileva il Giudicante che deve, dunque, ritenersi pacifico che non sia stato espletato il procedimento di mediazione.
Va, in proposito, evidenziato che se è vero che il termine per l'instaurazione del procedimento di mediazione, concesso dal Giudice ai sensi dell'art.5 comma 1 bis del D. lgs 4 marzo 2010 n. 28 e succ.mod., deve considerarsi ordinatorio, è, altresì, incontestabile che tale carattere del termine del quale si tratta non comporta che i tempi di avvio del procedimento predetto siano rimessi all'arbitrio delle parti, ove si tenga presente che l'art. 154 c.p.c. consente al Giudice di prorogare, su istanza di parte o di ufficio, il termine che non sia stabilito a pena di decadenza, solo prima della sua scadenza.
Il decorso di un termine ordinatorio, senza la presentazione di un'istanza di proroga, ha, quindi, gli stessi effetti preclusivi della scadenza del termine perentorio ed impedisce la concessione di un nuovo termine per svolgere la medesima attività, salva la remissione in termini, nel caso in cui la decadenza si sia verificata per causa non imputabile alla parte (cfr.: Cass. civ., sez. III, sent. 29 gennaio 2003, n. 1285; Cass. Civ. Sez. II 19 gennaio 2005 n. 1064).
Ciò perché, diversamente argomentando, non solo si violerebbe il disposto normativo, ma si lascerebbe la parte interessata arbitra di decidere del corso temporale del procedimento, in contrasto con l'intenzione manifestata dal legislatore nel subordinare anche la possibilità di ottenere un'ulteriore proroga (oltre alla prima) alla concorrenza di motivi particolarmente gravi, e le si consentirebbe di procrastinare ad libitum il tempo stabilito per il verificarsi dell'effetto preclusivo voluto dalla legge (cfr.: Cass. Civ., sez. II, Ord. 6 maggio 2003, n. 6895; Cass. Civ., sez., II, sent. 10 gennaio 1998, n. 10174; Cass. Civ. Sez. II 19 gennaio 2005 n.1064).
Orbene, nel caso che ci occupa, il termine concesso dal Giudice ai sensi dell'art.5 comma 1 bis del D.lgs 4 marzo 2010 n.28 e succ.mod. è, come si è visto, scaduto il 2 maggio 2015 (il provvedimento di concessione del termine è stato comunicato alle parti il 17 aprile 2015), senza che nessuna delle parti abbia avviato il procedimento di mediazione o presentato motivata istanza di proroga di detto termine.
E' irrilevante, quindi, il deposito di domanda di mediazione, da parte di omissis S.R.L. e di omissis, successivamente alla scadenza del termine in questione, non avendo gli opponenti avanzato tempestiva istanza di proroga dello stesso, ed è, di conseguenza, pienamente giustificabile il rifiuto di omiddid S.P.A. di aderire ad un procedimento di mediazione tardivamente instaurato.
Ciò premesso, l'opposizione a decreto ingiuntivo, proposta da omissis S.R.L. e da omissis deve essere dichiarata improcedibile, per mancata instaurazione del procedimento di mediazione obbligatorio, di cui all'art.5 comma 1 bis D.lgs. 4 marzo 2010 n..28 e succ.mod.
La domanda che diviene improcedibile, nel giudizio che si instaura con l'opposizione a decreto ingiuntivo, è quella formulata nell'atto di citazione in opposizione (ed eventualmente con la comparsa di risposta o con la chiamata in causa di terzi), che è l'atto che dà origine al procedimento di opposizione, nell'ambito del quale l'opponente riveste la posizione processuale di attore. Tale posizione comporta, in sostanza, che l'onere di impedire che il decreto divenga definitivo è rimesso all'iniziativa processuale dell'ingiunto, posto che, senza opposizione o nell'ipotesi di estinzione dell'instaurato giudizio di opposizione, il decreto diviene definitivo. La considerazione svolta comporta che, in ossequio alle regole processuali proprie del procedimento speciale che ci occupa, alle quali, è opportuno ricordarlo, la disciplina in materia di mediazione non contiene deroghe espresse, all'estinzione (o, come nel caso che ci occupa, all'improcedibilità) del giudizio di opposizione consegue il consolidarsi degli effetti del decreto ingiuntivo (vedi art. 653 c.p.c.; in senso conforme Tribunale Firenze 30 ottobre 2014 e Tribunale Rimini 5 agosto 2014).
Ritenere, invece, che la mancata instaurazione del procedimento di mediazione comporti la caducazione del decreto ingiuntivo determinerebbe un risultato “eccentrico” rispetto alle regole processuali proprie del rito, in quanto si porrebbe a carico dell'ingiungente l'onere di coltivare il giudizio di opposizione o per impedire la revoca del decreto ingiuntivo, in contrasto con l'impostazione di tale procedimento quale giudizio soltanto eventuale, rimesso alla libera scelta dell’ingiunto (vedi Tribunale Firenze 30 ottobre 2014; Tribunale Rimini 5 agosto 2014).
Sul piano degli effetti concreti tale impostazione porterebbe ad un risultato opposto a quello –deflattivo per il sistema giudiziario – che l'istituto della mediazione persegue, imponendo ad una parte (l'opposto) che è già munita di titolo esecutivo (il decreto ingiuntivo), che si consolida nel caso di estinzione del giudizio di opposizione, e che può dirsi non interessata alla prosecuzione della lite, proprio perché già munita di un titolo, di attivarsi anche laddove l'altra parte (l'opponente) non si dimostri più interessata all'esito della stessa, come spesso avviene in caso di opposizioni dilatorie, dopo la pronuncia dei provvedimenti di cui agli artt. 648 e 649 c.p.c. In presenza di una situazione nella quale le parti si siano acquietate sul contenuto del decreto ingiuntivo, l'opposto verrebbe, quindi, onerato di proseguire il giudizio al fine di esperire un inutile procedimento di mediazione e sarebbe indotto a chiedere una pronuncia di merito, anche in presenza di un atteggiamento di sostanziale disinteresse alla lite dell'opponente.
Peraltro, in caso di mancato esperimento del procedimento di mediazione e di revoca del decreto ingiuntivo, la causa di merito verrebbe puntualmente riproposta, con conseguente neutralizzazione degli effetti deflattivi che il D.lgs.4 marzo 2010 n. 28 e succ.mod. si propone di raggiungere.
Del resto, la Suprema Corte ha, di recente (vedi Cass. Civ. Sez. III 7 ottobre -3 dicembre 2015 n.2469), evidenziato: ”La disposizione di cui all'art.5 del D.lgs n.28 del 2010 deve essere interpretata conformemente alla sua ratio. La norma è stata costruita in funzione deflattiva e, pertanto, va interpretata alla luce del principio costituzionale del ragionevole processo e, dunque, dell'efficienza processuale. In questa prospettiva, la norma, attraverso il meccanismo della mediazione obbligatoria mira a rendere il processo la extrema ratio.... Quindi l'onere di esperire il tentativo di mediazione deve allocarsi presso la parte che ha interesse al processo e ha il potere di iniziare il processo. Invero, attraverso il decreto ingiuntivo, l'attore ha scelto la linea deflattiva coerente con la logica dell'efficienza e della ragionevole durata del processo. E' l'opponente che ha il potere e l'interesse ad introdurre il giudizio di merito, cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore. E', dunque, sull'opponente che deve gravare l'onere della mediazione obbligatoria perché è l'opponente che intende precludere la via breve per percorrere la via lunga. La diversa soluzione sarebbe palesemente irrazionale perché premierebbe la passività dell'opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice. Del resto, non si vede a quale logica di efficienza risponda una interpretazione che accolli al creditore del decreto ingiuntivo l'onere di effettuare il tentativo di mediazione quando ancora non si sa se ci sarà opposizione allo stesso decreto ingiuntivo. E', dunque, l'opponente ad avere interesse ad avviare il procedimento di mediazione pena il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex art.653 cpc. Soltanto quando l'opposizione sarà dichiarata procedibile riprenderanno le normali posizioni delle parti: opponente -convenuto sostanziale, opposto-attore sostanziale. Ma nella fase precedente, sarà il solo opponente, quale unico interessato, ad avere l'onere di introdurre il procedimento di opposizione: diversamente l'opposizione sarà improcedibile”.
Considerate la complessità della questione e la presenza di orientamenti giurisprudenziali di merito e dottrinali difformi, le spese di lite vanno interamente compensate (la Suprema Corte si è peraltro, pronunciata sul tema solo di recente)

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione assorbita o disattesa, così dispone: dichiara improcedibile l'opposizione proposta da omissis S.R.L., in persona del legale rappresentante, e da omissis, nei confronti di omissis S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, avverso il decreto ingiuntivo n. omissis; dichiara interamente compensatela le partile spese processuali.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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