=> Tribunale di Firenze, 14 marzo 2022
L'invio delle parti in mediazione (c.d. mediazione delegata o disposta dal giudice di cui all’art. 5, comma 2, d.lgs. 28/2010) costituisce potere
discrezionale dell'ufficio e, ove la mediazione venga disposta, il suo
esperimento è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, con
la conseguenza che il mancato esperimento della mediazione vizia
irrimediabilmente il processo, impedendo l'emanazione di sentenza di merito.
Ciò posto, l'emissione di sentenza di rito (improcedibilità della
domanda per omesso esperimento della mediazione delegata o disposta dal giudice)
non produce giudicato sostanziale (art. 2909 c.c.) cosicché, salvo che
nelle more non sia stato emesso provvedimento idoneo al giudicato (così nel
processo di appello rispetto alla sentenza di primo grado, ovvero nell'opposizione
a decreto ingiuntivo), e non siano maturate decadenze o prescrizioni
sostanziali, la parte interessata ben potrà introdurre nuovo giudizio (I).
(I) Si veda l’art. 5, comma 2, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).
Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 22/2022
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)
Omissis
L'invio delle parti in mediazione (c.d. mediazione delegata o disposta dal giudice) costituisce potere discrezionale dell'ufficio che può essere esercitato “valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione ed il comportamento delle parti” sempreché non sia stata tenuta l'udienza di precisazione delle conclusioni. Ove la mediazione venga disposta, il suo esperimento “è condizione di procedibilità della domanda giudiziale” (art. 5, II co. D.Lgs. citato). Ne segue che il mancato esperimento della mediazione vizia irrimediabilmente il processo, impedendo l'emanazione di sentenza di merito. Tale disciplina, finalizzata a favorire la conciliazione della lite con l'intervento di soggetto terzo imparziale, non pone problemi di natura costituzionale né appare lesiva dei precetti di cui alla normativa sovranazionale sul diritto di azione e di accesso alla giustizia (Carta di Nizza, CEDU). Non vi è dubbio infatti che l'intento perseguito – deflazionamento del contenzioso con positivi effetti sotto il profilo della ragionevole durata del processo – giustifichi sotto il profilo razionale e costituzionale, da un lato il potenziamento degli istituti di definizione delle controversie alternativi al processo, dall'altro, la sanzione prevista in caso di inottemperanza all'ordine giudiziale. Sul punto va poi rilevato che l'emissione di sentenza di rito non produce giudicato sostanziale (art. 2909 c.c.) cosicché, salvo che nelle more non sia stato emesso provvedimento idoneo al giudicato (così nel processo di appello rispetto alla sentenza di primo grado, ovvero nell'opposizione a D.I.), e non siano maturate decadenze o prescrizioni sostanziali, la parte interessata ben potrà introdurre nuovo giudizio.
Da disattendere è l'istanza di remissione in termini avanzata, da
qualificarsi giuridicamente ai sensi dell'art. 153, II co. C.p.c..
L'omesso avvio del procedimento di mediazione non è infatti dipeso da
causa non imputabile all'attore.
Nella fattispecie è pacifico che, nel termine concesso con l'ordinanza
del 3.4.2018, nessuna delle parti ha attivato la mediazione. Parte attrice è
pertanto decaduta dal potere di attivazione del procedimento di mediazione
delegata.
D'altra parte la disciplina di cui al d.lgs. n. 28/2010 e s.m.i. non
prevede, a differenza dei casi di omessa mediazione nelle materie in cui la
stessa è obbligatoria ante causam (art. 5 co 1 bis), alcun meccanismo di
sanatoria del vizio processuale conseguente al mancato espletamento della
mediazione disposta dal giudice.
La causa va pertanto definita con pronuncia di mero rito, senza entrare
nel merito.
Va inoltre disattesa la richiesta di interruzione del presente
procedimento ai sensi dell'art. 300 c.p.c., formulata da parte attrice a
seguito della cancellazione della omissis
s.a.s. dal Registro delle Imprese. Costituisce infatti principio consolidato
che la cancellazione, anche della società di persone, da registro delle
imprese, dà luogo a un fenomeno estintivo che priva la stessa della capacità di
stare in giudizio, costituendo un evento interruttivo la cui rilevanza
processuale è subordinata, ove la parte sia costituita a mezzo di procuratore,
stante la regola dell'ultrattività del mandato alla lite, alla dichiarazione in
udienza ovvero alla notificazione dell'evento alle altre parti” (v. Cass.
18250/2020). A norma dell'art. 300 c.p.c., è ritenuto indispensabile la
comunicazione formale dell'evento da effettuarsi dal procuratore della parte
deceduta o che ha perduto la capacità di stare in giudizio, e non avendo perciò
rilevanza la conoscenza che dell'evento le altre parti abbiano aliunde,
l'effetto interruttivo del processo è prodotto da una fattispecie complessa
costituita dal verificarsi dell'evento e dalla dichiarazione in udienza o dalla
notificazione fattane dal procuratore alle altre parti; dichiarazione o
notificazione del procuratore che, consistendo nell'esteriorizzazione di una
determinazione volitiva, al fine di produrre l'effetto interruttivo dei
processo, si configura come negozio processuale dei procuratore legittimato dal
potere rappresentativo conferito con la procura ad litem. Fi.é non vi sia la
comunicazione formale del procuratore della parte divenuta incapace,
proseguendo l'iter processuale nello stato anteriore, come se la parte fosse
ancora in vita o continuasse ad essere capace, si verifica, appunto, il
fenomeno dell'ultrattività della procura ad litem, nonostante il verificarsi
dell'evento che, per la norma dell'art. 1722, n. 4, cod. civ. avrebbe dovuto
procurarne l'estinzione”. Alla luce dei suddetti principi si deve ritenere che,
in mancanza di una formale comunicazione di parte, come nel processo oggi in
esame, si verifica appunto il fenomeno dell'ultrattività della procura ad
litem.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo ai sensi del D.M. n. 55/2014, tenuto conto del valore della causa e dell'attività defensionale espletata.
PQM
Il Tribunale di Firenze, III sezione civile in composizione
monocratica, definitivamente decidendo, ogni altra domanda respinta, così
provvede:dichiara l'improcedibilità della domanda proposta da parte attrice; condanna
omissis, a rimborsare alla parte
convenuta le spese di lite, che si liquidano in € 2.500,00 per compensi, oltre
rimborso 15%, IVA e CPA.
AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.