DIRITTO D'AUTORE


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12 giugno 2023

25/23. Mancata partecipazione alla mediazione, argomenti di prova ex art. 116 c.p.c., rifiuto giustificato da discrepanza tra pretese e CTU: non provato danno morale e nesso eziologico tra sinistro e patologia (Osservatorio Mediazione Civile n. 25/2023)

=> Corte appello di Roma, 20 aprile 2023 

La previsione dell'art. 8, co. 4, d.lgs. 28/2010 ha certamente una portata punitiva, volta per lo più a dissuadere le parti dal non partecipare al tentativo di mediazione; di fatto, permette al giudice di desumere prove ex 116 c.p.c. in virtù del solo comportamento omissivo della parte che illegittimamente si sottrae alla mediazione. Tale comportamento della parte è associato dall'ordinamento ad intenti dilatori, volti ad ostacolare la giustizia e porre gli interessi in gioco sul più scivoloso piano della disputa davanti ad un organo giudicante, in cui gli oneri probatori possono essere utilizzati come strumento per disinnescare le pretese avversarie, anche quando astrattamente fondate. Tuttavia gli elementi di prova desumibili dalla mancata ingiustificata partecipazione alla mediazione obbligatoria non possono prescindere dalla circostanza che la parte abbia comunque fornito una semiplena probatio sui fatti di causa (così, la parte ha giustificato il rifiuto in ragione della discrepanza tra le pretese risarcitorie attoree e gli esiti delle risultanze peritali, rendendosi al contempo disponibile a concludere un accordo che ricalcasse le risultanze della CTU in punto di quantum debeatur, riproponendo inoltre al Giudice di formulare una proposta ex art. 185 bis c.p.c. basata sulle risultanze del CTU, vedendosi rigettare l'istanza; il Giudice non poteva quindi: i) ricollegare alla detta condotta la presenza del danno morale; ii) ritenere - sol per tali ragioni - provato un nesso eziologico tra il sinistro stradale e patologia oculistica lamentata; iii) ritenere provato il nesso causale tra il sinistro e la detta patologia in via sanzionatoria applicando la disposizione di cui all'art. 8 co. 4, d.lgs. 28/2010, in quanto il riconoscimento del nesso eziologico non può essere considerato una conseguenza logico-giuridica della mancata partecipazione alla mediazione; iv) riconoscere l'aumento da danno morale – tenuto conto della assoluta genericità delle allegazioni e della modestia dei postumi riconosciuti dal ctu – che non può scaturire come esito sanzionatorio dell'applicazione dell'art. 8 co. 4 d.lgs. 28/2010 cit.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 25/2023

(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

Corte di appello di Roma

Sentenza

20 aprile 2023 

Omissis 

A seguito della discussione orale il Giudice Monocratico ha dato lettura della sentenza a fine udienza, riconoscendo a parte attrice il diritto al risarcimento del danno quantificato come segue:

- a omissis ha riconosciuto l'invalidità permanente nella misura del 4% (ricalcando quanto valutato dal CTU), una invalidità temporanea 100% di giorni 30, una invalidità temporanea 50% di giorni 20 e spese medico sanitarie di 3.000,00 euro; per un totale di complessivi 5.000,00 euro di risarcimento danni alla persona;

- a omissis ha riconosciuto invalidità permanente del 12% (così ritenuto dal giudice in veste di peritus peritorum), invalidità temporanea 100% di 20 giorni e invalidità temporanea 50% di 20 giorni; per un totale di 31.000,00 euro;

- a omissis ha invece confermato l'invalidità permanente nella misura dell'1% come valutato dal CTU, inoltre riconoscendo invalidità temporanea 100% di giorni 20, invalidità temporanea 50% di giorni 20; per un totale di 800,00 euro a titolo di risarcimento danni alla persona.

Queste somme sono state calcolate tenendo conto degli importi tabellari, delle spese affrontate da omissis per le cure mediche, di quanto già versato dall'assicurazione e soprattutto dell'incremento per danno morale e del riconoscimento del nesso eziologico tra il sinistro e la patologia oculare che ha interessato omissis.

Si legge in motivazione che il Tribunale di Roma è pervenuto a tali conclusioni facendo applicazione dell'art. 8 co. 4 del d.lgs. 28/2010 relativo alla “mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione” in base al quale il Giudice può desumere argomenti di prova ex art. 116 c.p.c., a fronte dell'ingiustificata mancata partecipazione alla mediazione obbligatoria di una parte (ritenendo così provato il danno morale , il nesso eziologico tra la patologia oftalmica e il sinistro e le spese affrontate dalla omissis ancorché non riconducibili al sinistro in base alla ctu).

Ancora, il Tribunale di Roma ha condannato X ad una sanzione pecuniaria di 9.000,00 euro, in applicazione dell'art. 96 co. 3 c.p.c., avendo dunque considerato che i convenuti abbiano “agito o resistito in giudizio in mala fede o colpa grave” (e nel caso specifico con dolo, secondo il Giudice Monocratico) e condannato altresì la x al pagamento di una somma pari al contributo unificato in favore dell' erario ex art. 8, comma 4 bis, d.lvo n. 28/2010.

Con atto di citazione in appello X e omissis hanno convenuto presso questa Corte di Appello le danneggiate - risultate pienamente vittoriose di fronte al Tribunale - formulando a tal fine motivi di gravame riferiti essenzialmente alla asserita illogicità della sentenza di primo grado.

Gli appellanti si lamentano di come nella pronuncia del Tribunale sia stato applicato l'art. 8 co. 4 del d.lgs. 28/2010 travisando la ratio dell'istituto e dunque travalicando il perimetro di legittima applicazione della norma.

Il Collegio ritiene che i motivi di appello siano fondati.

Deve infatti sottolinearsi come il Giudice di primo grado abbia frainteso le ragioni per cui l'ordinamento gli riconosce la possibilità di desumere argomenti di prova ex 116 c.p.c. in caso di mancata partecipazione alla procedura di mediazione.

La previsione dell'art. 8 co. 4 del d.lgs. 28/2010 ha certamente una portata punitiva, volta per lo più a dissuadere le parti dal non partecipare al tentativo di mediazione; di fatto, permette al giudice di desumere prove ex 116 c.p.c. in virtù del solo comportamento omissivo della parte che illegittimamente si sottrae alla mediazione chiudendo qualsiasi finestra di dialogo volta al raggiungimento di un accordo bonario.

Tale comportamento della parte che si sottrae alla mediazione, come sottolinea ampiamente anche il Giudice di prime cure in sentenza, è associato dall'ordinamento ad intenti dilatori, volti ad ostacolare la giustizia e porre gli interessi in gioco sul più scivoloso piano della disputa davanti ad un organo giudicante, in cui gli oneri probatori possono essere utilizzati come strumento per disinnescare le pretese avversarie, anche quando astrattamente fondate.

Tuttavia gli elementi di prova desumibili dalla mancata ingiustificata partecipazione alla mediazione obbligatoria non possono prescindere dalla circostanza che la parte abbia comunque fornito una semiplena probatio sui fatti di causa.

Nel caso di specie, X ha giustificato il rifiuto a partecipare ad un tentativo di composizione bonaria della lite in ragione della discrepanza tra le pretese risarcitorie attoree e gli esiti delle risultanze peritali , rendendosi al contempo disponibile a concludere un accordo che ricalcasse le risultanze della CTU in punto di quantum debeatur. La compagnia di assicurazioni ha inoltre riproposto al Giudice di formulare una proposta ex art. 185 bis cpc basata sulle risultanze del CTU, vedendosi rigettare l'istanza da parte del omissis. Alla luce di tali comportamenti il Giudice non poteva ricollegare alla condotta tenuta dalla Sa. la presenza del danno morale o ritenere - sol per tali ragioni - provato un nesso eziologico tra sinistro stradale e patologia oculistica del tutto non prova altrimenti avuto riguardo agli esiti dell' istruttoria che deponevano inequivocabilmente per la mancanza del nesso causale tra il sinistro stradale e la patologia oculistica da cui è risultata affetta omissis e del rilevante lasso di tempo trascorso fra l'insorgenza della malattia e il sinistro.

Tantomeno si può pensare di provare tale nesso in via sanzionatoria applicando la disposizione di cui all' dell'art. 8 co. 4 del d.lgs. 28/2010, in quanto il riconoscimento del nesso eziologico non può essere considerato una conseguenza logico-giuridica della mancata partecipazione alla mediazione.

Un discorso non dissimile deve essere esteso alla circostanza del riconoscimento a favore dei danneggiati dell'aumento da danno morale che tenuto conto della assoluta genericità delle allegazioni e della modestia dei postumi riconosciuti dal ctu non può trovare riconoscimento come esito sanzionatorio all'applicazione dell'art. 8 co. 4 del d.lgs. 28/2010.

Né- si osserva- possono ritenersi provate le spese mediche affrontate da omissis e riconosciute dal primo Giudice sulla base di una censurabile deduzione di elementi di prova.

Quindi ad omissis spetterà un risarcimento danni così ridimensionato e riadattato alle valutazioni del CTU: - 5.765,00 euro per I.P. al 4%, I.T. di 50 giorni e spese mediche; a omissis spetterà un risarcimento danni così ridimensionato e riadattato alle valutazioni del CTU: 1.468,00 euro per l'invalidità di un punto percentuale; a omissis spetterà un risarcimento danni così ridimensionato e riadattato alle valutazioni del CTU: 1.483,00 euro per l'invalidità di un punto percentuale; per quanto concerne la doglianza che verte sulla inflizione della sanzione ex art. 96 di 9000 euro, anche riguardo tale circostanza il Collegio ritiene di dover riformare il provvedimento impugnato in quanto il comportamento della compagnia assicurativa è giustificato dal fatto che controparte insisteva nel richiedere somme sulla base della valutazione del proprio CTP, il quale ha basato la propria consulenza su affermazioni e circostanze sprovviste della necessaria prova, così tentando di intavolare una trattativa partendo da presupposti che non avrebbero potuto realisticamente portare ad una composizione bonaria della lite.

In conclusione l' appello deve essere accolto mediante rideterminazione delle somme dovute e condanna dei responsabili civili alla restituzione delle somme corrisposte in eccesso nonché revoca della sanzione pecuniaria ex art. 96, comma 3, c.p.c. e della condanna della X, d'ufficio, al pagamento di una somma pari al contributo unificato ex art. 8 comma 4 bis D.Lvo 4 marzo 2010 n. 28 testo applicabile ratione temporis.

Tenuto conto dell' esito finale della lite che ha visto solo parzialmente vittoriosi gli attori, si compensano in ragione di un terzo le spese di lite del doppio grado di giudizio e si condannano i responsabili civili alla rifusione agli antistatari avv. omissis della residua parte liquidata nella misura indicata nella parte dispositiva. 

PQM 

La Corte  omissis riduce il risarcimento danni alla persona nel seguente modo: omissis ha diritto a 5.765,00 euro di risarcimento danni; omissis ha diritto a 1.468,00 euro di risarcimento danni; omissis ha diritto a 1.483,00 euro di risarcimento danni; compensa in ragione di un terzo le spese di lite del doppio grado nei rapporti appellanti omissis e condanna X Assicurazioni Spa e omissis in solido a rifondere agli antistatari avv. omissis la residua parte che liquida per la quota di spettanza in euro 2.000,00 per il primo grado e euro 2.644,00 per il secondo grado, il tutto oltre 15% rimborso spese generali, iva e cpa come per legge; condanna omissis a restituire alla X le somme ricevute in eccesso rispetto a quelle dovute in forza della presente sentenza; revoca il capo di condanna della X e omissis in solido al pagamento della sanzione pecuniaria ex art. 96 c.p.c..; revoca la condanna della X al pagamento di una somma pari al contributo unificato in favore dell' erario. 

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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