=> Tribunale di Bari, 7 settembre 2016
L’art. 12 d.lgs. 28/2010 conferisce valenza di titolo esecutivo all’accordo di
conciliazione sottoscritto dalle parti e dagli avvocati innanzi ad organismi di
conciliazione accreditati, senza la necessità della previa omologazione
giudiziale e l’intervento degli avvocati assolve di per sé ad uno scopo
certificatorio dell’eseguita verifica relativa al rispetto delle norme
imperative e dei principi di ordine pubblico (circostanza oltretutto non
preclusiva di possibili impugnative successive, ad opera delle parti, avverso
l’accordo stragiudiziale); ciò anche prescindendosi dall’adozione di una
formale attestazione di conformità. Pertanto il verbale di conciliazione, e
l’allegato accordo, sottoscritto dai difensori, ma privo dell’attestazione e
della certificazione di conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico
è affetto da mera irregolarità formale, inidonea ad impattare sull’intrinseca
efficacia esecutiva del titolo.
(I).
(I) Si veda l’art. 12, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 aggiornato al D.L. 132/2014 c.d. di
degiurisdizionalizzazione conv. con mod. in L. 162/2014, in Osservatorio
Mediazione Civile n. 61/2014. Per
approfondimenti si veda SPINA, CODICE OPERATIVO DEI NUOVI ADR,
Pacini ed., Pisa, 2016 (Osservatorio Mediazione Civile n. 64/2016).
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 23/2017
Tribunale di Bari
ordinanza
7 settembre 2016
Omissis
Letto il ricorso in
opposizione all’esecuzione per rilascio di immobile depositato omissis e
la contestuale istanza di sospensione della procedura esecutiva;
esaminata la
memoria difensiva depositata dal creditore procedente opposto all’udienza omissis;
rilevato che il
debitore esecutato ha eccepito, in primo luogo, l’insussistenza di idoneo
titolo esecutivo alla base dell’intrapresa esecuzione per rilascio, in ragione
dell’inidoneità del verbale di conciliazione e dell’allegato accordo
sottoscritto dai difensori delle parti il omissis
presso l’Organismo di mediazione omissis,
essendo lo stesso privo dell’attestazione e della certificazione di conformità
alle norme imperative e all’ordine pubblico;
in secondo luogo,
l’omessa trascrizione integrale nell’atto di precetto notificato il 22/1/2016 –
come richiesto dall’art. 480, co. II, c.p.c. - del verbale di conciliazione in
aggiunta al relativo accordo di mediazione, nonché la mancata certificazione di
conformità da parte dell’ufficiale giudiziario circa l’esatta corrispondenza
tra l’originale del titolo esecutivo e la relativa trascrizione
nell’intimazione pre-esecutiva;
ritenuto che l’art.
12 d.lgs. 28/2010, come modificato dal d.l. 69/2913, abbia innovato la
categoria dei titoli esecutivi ex lege attraverso il riconoscimento di detta
qualità all’accordo di conciliazione sottoscritto dalle parti e dagli avvocati
innanzi ad organismi di conciliazione accreditati, senza la necessità della
previa omologazione giudiziale;
rilevato che il
dato letterale della citata disposizione normativa conferisce prima facie
valenza di titolo esecutivo al mero accordo munito delle suindicate
sottoscrizioni e che l’intervento degli avvocati assolve, per l’appunto, di per
sé ad uno scopo certificatorio dell’eseguita verifica relativa al rispetto
delle norme imperative e dei principi di ordine pubblico (circostanza
oltretutto non preclusiva di possibili impugnative successive, ad opera delle
parti, avverso l’accordo stragiudiziale);
ritenuto che la
soluzione debba valere anche prescindendosi dall’adozione di una formale
attestazione di conformità, analogamente alla funzione di autenticazione
esercitata dal difensore con riguardo alla sottoscrizione della parte apposta a
margine o in calce al mandato rilasciato nel corpo introduttivo del primo atto
del giudizio;
ritenuto, pertanto,
che il difetto dell’attestazione e delle certificazione di “conformità
dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico” costituisca un
requisito di mera irregolarità formale inidoneo ad impattare sull’intrinseca
efficacia esecutiva del titolo;
ritenuto che tale
interpretazione trovi conforto anche nella lettura sistematica della
disposizione, in quanto “in tutti gli altri casi” (da intendersi qualora non vi
sia la partecipazione diretta dei difensori o non si tratti di organismo
conciliativo tra quelli accreditati) all’omologazione dell’accordo si provvede,
su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale “previo
accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e
dell’ordine pubblico”, non richiedendosi neppure in tale situazione l’impiego di
precise formule sacramentali;
ritenuto che, alla
luce della sostanziale valenza pubblicistica dell’attività di attestazione e
certificazione conferita agli avvocati, nell’ottica incentivante la
degiurisdizionalizzazione, non possa che accreditarsi – sia pure con i limiti
della sommaria delibazione cautelare – un’opzione ermeneutica comune alle due
fattispecie contemplate dalla norma speciale;
ritenuto che gli
ulteriori profili di doglianza ineriscano la regolarità formale dell’atto di
precetto e che sussistono dubbi in merito alla tempestività dell’opposizione ex
art. 617 c.p.c. depositata in data 4/4/2016 a fronte della notifica del
precetto di rilascio perfezionatasi l’omissis;
ciò alla stregua del prevalente indirizzo della giurisprudenza di legittimità
secondo cui “la mancata trascrizione del titolo esecutivo nel precetto intimato
in base a cambiale o ad assegno, che è prescritta per la sua individuazione, ne
determina la nullità, che è deducibile con l'opposizione ex art. 617 cod. proc.
civ. (…)” (si veda, al riguardo, Cass. n. 5168 del 09/03/2005);
ritenuto, in ogni
caso, che il precetto opposto contenga puntuali elementi tesi
all’individuazione del titolo esecutivo posto a fondamento della contestata
procedura;
ritenuto, pertanto,
che non sussistano gravi motivi di sospensione ai sensi dell’art. 624 c.pc.;
ritenuto, in conformità alla pronuncia della Suprema Corte (cfr. n. 22033 del
24/10/2011) che “nella struttura delle opposizioni, ai sensi degli artt. 615,
comma secondo, 617 e 619 cod. proc. civ., emergente dalla riforma di cui alla
legge 24 febbraio 2006, n. 52, il giudice dell'esecuzione, con il provvedimento
che chiude la fase sommaria davanti a sé - sia che rigetti, sia che accolga
l'istanza di sospensione o la richiesta di adozione di provvedimenti
indilazionabili, fissando il termine per l'introduzione del giudizio di merito,
o, quando previsto, quello per la riassunzione davanti al giudice competente -,
deve provvedere sulle spese della fase sommaria, potendosi, peraltro,
ridiscutere tale statuizione nell'ambito del giudizio di merito”;
ritenuto in
applicazione dei parametri professionali medi di cui al DM 55/2014 (tabella
10), in relazione al valore indeterminabile della controversia e, dunque, allo
scaglione compreso tra €5.200,01 ed €26.000,00 (secondo quanto previsto
dall’art. 5, co. VI, d.m. 55/2014), della modesta entità delle questioni
controverse, della natura della causa e della qualità delle parti, con
riduzione della voce relativa alla fase istruttoria in misura del 70% (attesa
l’esclusiva valenza documentale) e del 50% di quella decisoria (essendosi le
parti limitate a sintetizzare le rispettive conclusioni cautelari a verbale
d’udienza), di liquidare a titolo di compensi per i giudizi sommari di
opposizione all’esecuzione riuniti l’importo complessivo di €2.230,00;
PQM
Rigetta l’istanza
di sospensione dell’esecuzione; condanna omissis,
opponente, alla rifusione in favore dell’opposto, omissis, delle spese processuali della presente fase sommaria che
liquida in complessivi €2.230,00, oltre a rimborso spese forf., CAP ed IVA come
per legge. Assegna il termine di giorni novanta per l’introduzione del giudizio
di merito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, osservati
i termini a comparire di cui all’art. 163 bis, o altri se previsti, ridotti
della metà.