=> TAR Lazio, 29 agosto 2017, n. 9465
A norma dell’art. 16, d.lgs. 28/2010 e degli artt. 4,6, 10, DM 180/2010 – secondo i quali qualora insorgano fatti sopravvenuti che incidano negativamente sulla permanenza
dell’iscrizione nel registro dell’organismo di mediazione, il responsabile
della tenuta del registro può procedere ad emettere un provvedimento di sospensione ovvero,
nei casi più gravi, di cancellazione
dal registro a carico dell’organismo di mediazione – va data risposta
affermativa al quesito se tra quei fatti (che possono comportare la
cancellazione dell’organismo di mediazione dal registro) debba ricomprendersi
l’ipotesi della perdita, in capo a uno
dei mediatori inseriti nell’elenco predisposto dall’organismo stesso, dei
requisiti di onorabilità.
La doglianza con cui si deduca, in ragione dell’assenza
di una previsione esplicita in tal senso, l’illegittimità della cancellazione dall’elenco dei mediatori a
seguito dell’irrogazione della sanzione disciplinare della censura, è
infondata: si tratta, infatti, di una diretta
conseguenza della perdita del requisito di onorabilità, che impedisce al
mediatore di continuare a svolgere il suo incarico.
Non può essere
condivisa la doglianza con cui si lamenti l’irragionevolezza e l’iniquità della cancellazione
dall’elenco dei mediatori rispetto
all’irrogazione della sanzione disciplinare della censura da parte del
Consiglio nazionale forense in quanto, in ipotesi, contrastanti con l’art.
41 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (secondo il quale ogni
persona ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo
imparziale ed equo), nonché difettandone la necessaria proporzione che deve
intercorrere tra l’addebito e la sanzione irrogata.
(I) Per la
versione aggiornata del d.lgs. 28/2010 si veda: D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 aggiornato
al d.l. 50/2017 conv. con mod. in l. 96/2017 - manovra correttiva 2017
(Osservatorio Mediazione Civile n. 46/2017). Per approfondimenti si veda SPINA, CODICE OPERATIVO DEI NUOVI A.D.R.,
Pacini ed., Pisa, 2016 (Osservatorio Mediazione Civile n. 64/2016).
(II) Si veda il DM 180/2010 in Osservatorio mediazione civile 52/2014
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 60/2017
TAR Lazio
Sezione prima
29 agosto 2017
Sentenza n. 9465
Omissis
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale
Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la
presente
SENTENZA
sul ricorso numero
di registro generale 3105 del 2017, proposto da:
-OMISSIS-,
rappresentata e difesa dall’avvocato Edoardo Giardino, con domicilio eletto
presso il suo studio in Roma, via Adelaide Ristori n. 42;
contro
Ministero della
Giustizia, Ministero dello Sviluppo Economico e Presidenza del Consiglio dei
Ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e
difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via
dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Omissis, rappresentato e difeso dagli avvocati
Paolo Pittori, Elisa Scotti e Michela Urbani, con domicilio eletto presso lo
studio del primo in Roma, Lungotevere dei Mellini 24;
Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Roma e Consiglio Nazionale Forense, non
costituiti in giudizio;
per l’annullamento
– dell’atto del
Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia Direzione
Generale della Giustizia Civile, adottato il 17.1.2017 (m_dg.dag. 0008588.U)
avente ad oggetto “Esercizio del potere di controllo e vigilanza sugli
organismi di mediazione. Richiesta di chiarimenti”;
– dell’atto del
Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia Direzione
Generale della Giustizia Civile, adottato in data 1.2.2017 – con il quale si
dispone la modifica e integrazione del PDG 5.8.2016 di integrazione della
-OMISSIS-” – nella parte in cui cancella, quindi, esclude l’avv. -OMISSIS-
dall’elenco dei mediatori ivi elencato;
per l’annullamento
e/o la disapplicazione
– del D.M. n.
180/2010, così come aggiornato con le successive modifiche del D.M. n. 145/2011
e del D.M. n. 139/2014 – quindi altresì per l’annullamento e/o la
disapplicazione dei predetti D.M. n. 145/2011 e n. 139/2014 – incluso l’art. 4,
comma 3, lett. c), incluso il punto d. e, ove occorrer possa, inclusi i
seguenti articoli: art. 8, comma 1; art. 4, commi 1-2-3; art. 4, comma 3,
lettere a)-b)-c); art. 5; art. 6, incluso il comma 2, lett c); art. 8; art. 10;
se intesi e/o ritenuti contrari alle pretese fatte valere dalla ricorrente;
nonché, ove
occorrer possa, del PDG 4.11.2010 e del PDG 5.8.2016, così come rievocati dal
suddetto e quivi impugnato atto del Ministero della Giustizia, Dipartimento per
gli Affari di Giustizia Direzione Generale della Giustizia Civile,
dell’1.2.2017 e della cui esistenza la ricorrente è venuta a conoscenza in data
1.2.2017;
– di ogni altro
atto presupposto, connesso e comunque consequenziale.
Visti il ricorso e
i relativi allegati;
Visti gli atti di
costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, del Ministero dello
Sviluppo Economico, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Omissis;
Viste le memorie
difensive;
Vista l’ordinanza
cautelare n. 2289/2017;
Visti tutti gli
atti della causa;
Relatore nell’udienza
pubblica del giorno 19 luglio 2017 la dott.ssa Lucia Maria Brancatelli e uditi
per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e
considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso a
questo Tribunale, la ricorrente, premesso di esser stata sottoposta a
procedimento disciplinare da parte del Consiglio dell’ordine degli avvocati di
Roma, conclusosi con l’irrogazione della sanzione della censura, disposta con
sentenza n. -OMISSIS- dal Consiglio Nazionale Forense, ha impugnato,
chiedendone l’annullamento, i provvedimenti indicati in epigrafe.
In particolare,
dopo avere ripercorso la normativa in tema di requisiti necessari per assolvere
il ruolo di mediatore, nonché la disciplina di cui al decreto del Ministro
della giustizia 18 ottobre 2010 n. 180, recante la determinazione dei criteri e
delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di
mediazione, chiedeva l’annullamento degli atti che avevano disposto la sua
cancellazione dall’elenco dei mediatori dell’organismo “-OMISSIS-”, nonché, se
necessario, l’annullamento e/o la disapplicazione delle pertinenti disposizioni
del citato decreto ministeriale.
2. Il gravame è
affidato ai seguenti motivi:
I – Violazione
dell’art. 16 del d.lgs. n. 28/2010. Violazione dell’art. 13 del d.lgs. n.
58/1998. Violazione degli artt. 4-6-10 del Decreto del Ministero della
Giustizia n. 180/2010. Violazione degli artt. 3 e 97 della Cost. Violazione
dell’art. 3 della L. n. 241/1990. Violazione dell’art. 22 del Codice
Deontologico forense. Eccesso di potere per difetto di istruttoria,
contraddittorietà, illogicità e difetto motivazionale, travisamento di atti e
fatti, erroneità e difetto dei presupposti. Sviamento e manifesta ingiustizia,
disparità di trattamento. Violazione dei principi di ragionevolezza e
proporzionalità amministrativa.
La ricorrente,
ritenendo che il Ministero non abbia correttamente interpretato il contenuto
degli artt. 4 e 6 del d.m. n. 180/2010, evidenzia l’illegittimità
dell’espulsione dall’elenco dei mediatori di “-OMISSIS-”, disposta nei suoi
confronti. E ciò in quanto ritiene che il decreto, nel contemplare all’art. 4 i
criteri per l’iscrizione degli organismi di mediazione (e non già dei mediatori)
nel relativo registro istituito presso il Ministero della Giustizia, inclusa
l’elencazione dei requisiti di onorabilità, non sancirebbe l’espulsione del
mediatore a seguito della sopravvenuta perdita dei predetti requisiti. La
misura, a dire della ricorrente, sarebbe altresì in collisione con i principi
di proporzionalità e ragionevolezza in quanto eccessivamente dannosa rispetto
alla lieve entità del presupposto sanzionatorio.
II – Violazione
dell’art. 1 della l. n. 241/1990. Violazione dei principi di imparzialità, buon
andamento, proporzionalità e ragionevolezza. Violazione dell’art. 41 della
Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea. Violazione della direttiva
2008/52/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21.5.2008. Eccesso di potere
per ingiustizia manifesta, errata valutazione dei fatti e travisamento dei
fatti, disparità di trattamento, difetto di istruttoria, contraddittorietà ed
illogicità motivazionale e decisionale.
La misura
dell’espulsione si porrebbe in contrasto con il principio di equità
amministrativa, sancito dall’art. 41 della Carta dei Diritti fondamentali
dell’Unione Europea e dall’art. 1 della Legge n. 241 del 1990. Segnatamente, il
provvedimento di espulsione sarebbe, oltre che sproporzionato, iniquo in quanto
eccessivamente punitivo rispetto al suo presupposto fattuale.
3. Si sono
costituiti il Ministero della Giustizia e le altre amministrazioni evocate in
giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso siccome infondato.
Il
controinteressato avv. Omissis s’è costituito
in giudizio ed ha formulato talune eccezioni di inammissibilità ed
improcedibilità del gravame.
In particolare,
afferma che l’impugnata nota del Ministero della Giustizia prot. 8588 del 17
gennaio 2017 avrebbe natura endoprocedimentale e la successiva nota del
Ministero del 1° febbraio 2017 assumerebbe una rilevanza meramente ricognitiva,
costituendo una presa d’atto dell’esclusione disposta dalla società di
mediazione. Ritiene, inoltre, comunque non sussistente la giurisdizione di
questo giudice in ordine alla vicenda contenziosa, essendo oggetto di
contestazione le determinazioni assunte dall’organismo di mediazione,
sottoposte alla cognizione del giudice ordinario e comunque non impugnate.
Eccepisce, altresì, il difetto di integrità del contraddittorio per la mancata
notificazione del ricorso alla società di mediazione “-OMISSIS-”, che ha
adottato l’esclusione contestata.
4. A seguito della
camera di consiglio del 10 maggio 2017, è stata data tutela all’esigenza
cautelare rappresentata dalla ricorrente attraverso la fissazione della data di
trattazione del merito della controversia, ai sensi dell’art. 55, comma 10,
c.p.a..
5. Alla pubblica
udienza del 19 luglio 2017, il ricorso è trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente,
osserva il Collegio che non è fondata l’eccezione di difetto di giurisdizione
sollevata dalla parte controinteressata.
L’eccezione parte
dal presupposto che la posizione della ricorrente sarebbe stata incisa dalla
cancellazione dall’elenco dei mediatori operata dall’organismo di mediazione
“-OMISSIS-” e non dalle note ministeriali impugnate. Tale affermazione non può
essere condivisa, in quanto la cancellazione della ricorrente dall’elenco
tenuto dall’organismo di mediazione è stata disposta su impulso del Ministero
della giustizia e in ragione dell’esercizio del potere di vigilanza a questi
spettante sulla base della normativa primaria e secondaria (quest’ultima
ulteriormente sottoposta a critica perché ritenuta esorbitare i limiti
ricavabili dalla legge).
Ne consegue la
sussistenza giurisdizione di questo giudice, trattandosi di questioni afferenti
al corretto esercizio del potere amministrativo riconosciuto al Ministero quale
soggetto competente a vigilare sulla corretta tenuta del registro degli
organismi di mediazione.
2. Parimenti
infondate sono le ulteriori eccezioni in rito presentate dal controinteressato
in relazione alla inammissibilità del gravame per carenza di lesività degli
atti oggetto di impugnazione.
2.1 Quanto alla
nota prot. 8588 del 17 gennaio 2017, ritenuta non impugnabile autonomamente in
quanto di natura endoprocedimentale, si osserva che essa, al di là del tenore
letterale utilizzato nell’indicare il suo oggetto, ha determinato l’insorgenza
di un vero e proprio obbligo in capo alla società di mediazione cui era rivolta
di disporre la cancellazione immediata del ricorrente dall’elenco dei propri
mediatori (cfr. pag. 1 del provvedimento), non lasciandole alcun margine di
analisi o di esercizio di discrezionalità valutativa.
2.2 Del pari, anche
la nota ministeriale del 1° febbraio 2017 è un atto impugnabile in quanto non
rappresenta una mera presa d’atto dell’intervenuta cancellazione ma
costituisce, come anzidetto, l’espressione dell’esercizio del potere
ministeriale di verifica della titolarità dei requisiti in capo all’organismo
di mediazione e ai mediatori.
2.3 Da ultimo, va
respinta anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa
notificazione dell’atto introduttivo del giudizio alla società -OMISSIS-.
Premesso che la
qualità di controinteressato postula una situazione di vantaggio derivante
direttamente ed immediatamente dal provvedimento impugnato, non è possibile
riscontrare un simile interesse in capo alla menzionata società, per l’assenza
di circostanze e/o dati oggettivi atti a comprovare la titolarità in capo alla
società in questione di un interesse giuridico qualificato al mantenimento in
vita dei provvedimenti impugnati.
3. Nel merito, il
ricorso è infondato, alla stregua delle seguenti considerazioni.
Al fine di una
migliore analisi della vicenda sottoposta a giudizio, è utile effettuare una
breve disamina sul complesso di norme che regolano la materia della iscrizione
e tenuta dell’elenco degli organismi di mediazione e dei mediatori.
L’art. 60 della
legge 18.6.2009 n. 69 ha introdotto, al comma 1, la delega al Governo ad
adottare uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e di
conciliazione in ambito civile e commerciale. I principi a cui doveva ispirarsi
l’attività governativa, riportati al successivo comma 2, erano così individuati
: “a) prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per
oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l’accesso alla
giustizia;; b) prevedere che la mediazione sia svolta da organismi
professionali e indipendenti, stabilmente destinati all’erogazione del servizio
di conciliazione; c) disciplinare la mediazione, nel rispetto della normativa
comunitaria, anche attraverso l’estensione delle disposizioni di cui al decreto
legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e in ogni caso attraverso l’istituzione,
presso il Ministero della Giustizia,, senza nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica, di un Registro degli organismi di conciliazione, di seguito denominato
«Registro», vigilati dal medesimo ministero… d) prevedere che i requisiti per
l’iscrizione nel Registro e per la sua conservazione siano stabiliti con
decreto del Ministro della giustizia”.
Il Governo
provvedeva mediante il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, che contiene
tra l’altro una serie di norme volte a garantire l’imparzialità e terzietà del
mediatore nell’esercizio delle proprie funzioni (cfr., in particolare, l’art. 3
sulla modalità di nomina del mediatore, gli artt. 9 e 10 sull’obbligo di
riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni da questi
acquisite durante il procedimento di mediazione nonché l’art. 14, che impone
taluni obblighi dichiarativi ed informativi).
L’art. 16 del
citato d.lgs. disciplina l’istituzione del registro degli organismi deputati a
gestire il procedimento di mediazione e prevede, tra l’altro, che l’iscrizione,
la sospensione e la cancellazione degli iscritti nel registro siano
disciplinate con appositi decreti del Ministro della giustizia.
In attuazione della
richiamata previsione, è stato emanato il decreto del ministero della Giustizia
n. 180 del 2010; di particolare rilievo, ai fini che ne occupano, è la
disciplina recata ivi recata agli art. 4, 6 e 10.
L’art. 4, comma 3,
del decreto impone al responsabile della tenuta del registro istituito presso
il Ministero della giustizia di verificare la presenza di una serie di
requisiti in capo al mediatore, tra i quali quelli di onorabilità previsti alla
lettera c) del citato comma.
In particolare, per
il possesso del requisito dell’onorabilità il mediatore non deve avere
riportato: a) condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva
non sospesa; b) interdizioni perpetue o temporanee dai pubblici uffici; c)
misure di prevenzione o di sicurezza; d) sanzioni disciplinari diverse
dall’avvertimento.
L’art. 6 dello
stesso decreto, rubricato “requisiti per l’esercizio delle funzioni di
mediatore”, impone all’organismo di mediazione che richiede l’iscrizione nel
registro di allegare l’elenco dei mediatori che si dichiarano disponibili allo
svolgimento del servizio, corredando tale elenco, tra l’altro, con una
“attestazione di possesso dei requisiti di cui all’articolo 4, comma 3, lettera
c)”.
Infine, l’art. 10
prevede che se, “dopo l’iscrizione, sopravvengono o risultano nuovi fatti che
l’avrebbero impedita, ovvero in casi di violazione degli obblighi di
comunicazione di cui agli art. 8 e 20 e di reiterata violazione degli obblighi
del mediatore, il responsabile dispone la sospensione e, nei casi più gravi, la
cancellazione dal registro”. Al comma 4 aggiunge che “spetta al responsabile,
per le finalità di cui ai commi 1 e 2, l’esercizio del potere di controllo,
anche mediante l’acquisizione di atti e notizie, che viene esercitato nei modi
e nei tempi stabiliti da circolari o atti amministrativi equipollenti, di cui
viene curato il relativo recapito, anche soltanto in via telematica, ai singoli
organismi interessati”.
In sostanza,
qualora insorgano fatti sopravvenuti che incidano negativamente sulla
permanenza dell’iscrizione nel registro dell’organismo di mediazione, il
responsabile della tenuta del registro può procedere ad emettere un
provvedimento di sospensione ovvero, nei casi più gravi, di cancellazione dal
registro a carico dell’organismo di mediazione.
3.1 Occorre,
quindi, chiedersi se tra quei fatti che possono comportare la cancellazione
dell’organismo di mediazione dal registro debba ricomprendersi l’ipotesi della
perdita, in capo a uno dei mediatori inseriti nell’elenco predisposto
dall’organismo stesso, dei requisiti di onorabilità.
Al quesito deve
darsi risposta affermativa.
Dall’analisi
testuale e teleologica delle norme sopra richiamate è possibile evincere il
principio per il quale la titolarità del requisito della c.d. onorabilità in
capo al mediatore inserito nell’elenco dell’organismo che richiede l’iscrizione
nel registro deve sussistere durante tutta la titolarità dell’incarico e non
solo al momento della richiesta di iscrizione.
In primo luogo,
sotto l’aspetto testuale, soccorre la lettura dell’art. 6 del citato decreto,
che disciplina i requisiti per “l’esercizio” delle funzioni di mediatore. Tale
disposizione, infatti, contiene un espresso richiamo ai requisiti di
onorabilità in capo al mediatore di cui all’art. 4, comma 3, lett. c), già
previsti ai fini dell’iscrizione nel registro dell’organismo di mediazione.
Oltre al dato
letterale, è dalla stessa ratio complessiva delle norme richiamate che si
ricava la necessità di prevedere adeguate garanzie a presidio della
professionalità, integrità e serietà in capo ai singoli mediatori, sicché
sarebbe illogica una lettura delle norme volta a limitare l’obbligo del
possesso dei citati requisiti di onorabilità alla sola fase genetica di
conferimento dell’incarico di mediazione e non anche durante il suo esercizio.
3.2 In definitiva,
il primo motivo di impugnazione, nella parte in cui si deduce, in ragione
dell’assenza di una previsione esplicita in tal senso, l’illegittimità della
cancellazione della ricorrente dall’elenco dei mediatori a seguito
dell’irrogazione della sanzione disciplinare della censura, è infondata e va
respinta: si tratta, infatti, di una diretta conseguenza della perdita del
requisito di onorabilità, che impedisce al mediatore di continuare a svolgere
il suo incarico.
4. Con un secondo
gruppo di doglianze, in parte contenute nel primo motivo di impugnazione, oltre
che nel secondo dei motivi di ricorso, la ricorrente lamenta l’irragionevolezza
e l’iniquità della cancellazione disposta a suo carico, rispetto al presupposto
fattuale (l’irrogazione della sanzione disciplinare della censura da parte del
Consiglio nazionale forense) che ne ha portato all’adozione.
Sostiene la
ricorrente, in particolare, che – alla luce del richiamo ai principi della
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, contenuto nella direttiva
2008/52/CE che disciplina l’istituto della mediazione – le scelte
amministrative impugnate si porrebbero in contrasto con l’art. 41 della
suddetta Carta, secondo il quale ogni persona ha diritto a che le questioni che
lo riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo.
Inoltre,
difetterebbe la necessaria proporzione che deve intercorrere tra l’addebito e
la sanzione irrogata.
Anche tali
doglianze non possono essere condivise.
4.1 Occorre
ricordare, dal punto di vista normativo, che i requisiti per l’esercizio delle
funzioni di mediatore non sono stati esplicitati direttamente dal legislatore
delegato ma individuati dalla successiva disposizione ministeriale di cui al
decreto n. 180/2010. Ciò, tuttavia, non costituisce una ragione di invalidità
degli atti gravati, in quanto non sussisteva l’obbligo di prevederne il
contenuto nel decreto legislativo n. 28/2010, che ha individuato, in attuazione
della legge delega n. 69/2009, una serie di obblighi di astensione e
informativi in capo al mediatore, a garanza della sua neutralità, indipendenza
e imparzialità.
La disposizione
ministeriale, quindi, muovendosi nel solco tracciato dalle citate norme di
legge, ha esplicitato quelle condizioni necessarie per l’espletamento delle
funzioni di mediatore nel rispetto dei surriferiti canoni, sicché il sindacato
di questo giudice va circoscritto all’analisi della eventuale irragionevolezza
dei requisiti individuati ovvero alla loro sproporzione rispetto alle attività
che il mediatore è chiamato a svolgere.
4.2 Il Collegio non
ritiene che sussista la lamentata violazione del principio di equità sopra
richiamato, a fronte della previsione di una incompatibilità tra l’esercizio
della funzione di mediatore e l’irrogazione di una sanzione disciplinare più
grave dell’avvertimento.
Trattasi, infatti,
di una previsione del tutto coerente rispetto agli interessi pubblici tutelati
attraverso la disciplina della mediazione e confacente all’esigenza di
garantire la massima serietà e professionalità di coloro che possono svolgere
incarichi di mediazione, che possono ritenersi ragionevolmente lese a fronte di
sanzioni disciplinari riportate nel corso della libera professione.
La disposizione in
esame, inoltre, è rispettosa anche del principio di proporzionalità, in quanto
effettua una opportuna gradazione tra le diverse ipotesi sanzionatorie e
consente il mantenimento del requisito di onorabilità nel caso di irrogazione
della sanzione dell’avvertimento, vale a dire quando il fatto oggetto di
contestazione disciplinare è privo del connotato della gravità (cfr. l’art. 22
del Codice deontologico forense).
4.3 In definitiva,
la previsione che l’incarico di mediazione possa essere affidato solo a colui
che, nell’esercizio della propria attività professionale, non sia incorso in
condotte violative dei canoni deontologici connotate da gravità non appare
inficiata neppure dai dedotti vizi di iniquità e carenza di proporzionalità.
5. Alla luce di
quanto complessivamente suesposto, il ricorso è infondato e va respinto.
6. La novità delle
questioni trattate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle
spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale
Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente
pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.