DIRITTO D'AUTORE


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14 febbraio 2013

19/13. Mediazione demandata e art. 116, comma 2 c.p.c. (Osservatorio Mediazione Civile n. 19/2013)

L’art. 8, comma 5 d.lgs. n. 28 del 2010 (1), prevedeva, in merito alla mancata partecipazione alla mediazione senza giustificato motivo:
  • la possibilità per il giudice di desumere al riguardo argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’art. 116, secondo comma, c.p.c. (2);
  • la condanna della parte costituita al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.
Come noto, la pronuncia C. Cost. n. 272 del 2012 (3) ha travolto, tra l’altro, come esplicitamente precisato dalla stessa sentenza, anche l’intero comma 5 ora richiamato.

Ci si chiede però, se qualcosa del principio ivi espresso possa trovare ancora posto nel nostro ordinamento.
In particolare, in tema di mediazione demandata, può il giudice valutare ai sensi dell’art. 116, secondo comma, c.p.c. il comportamento tenuto dalle parti con riferimento al suo invito di intraprendere un percorso di mediazione?  

Al riguardo può osservarsi che:
  • l’art. 116, comma 2, c.p.c. dispone che “il giudice può desumere argomenti di prova (…) dal contegno delle parti spesse nel processo”;
  • diversamente da quanto avviene nella c.d. mediazione facoltativa, nell’ambito della mediazione demandata è il giudice ad invitare le parti alla mediazione; e lo fa all’interno del processo;
  • è all’interno del processo medesimo (nell’ambito del quale il giudice – invitando le parti alla mediazione – dispone un rinvio d’udienza; cfr. art. 5, comma 2, d.lgs. n. 28 del 2010) che le parti scelgono (e poi comunicano – esplicitamente o implicitamente – al giudice) se aderire all’invio del giudice.
La scelta delle parti di aderire all’invito del giudice di intraprendere un percorso di mediazione (e dunque, se non altro, l’eventuale partecipazione delle stesse al procedimento di mediazione, a prescindere dal raggiungimento o meno dell’accordo), parrebbe dunque poter essere inteso quale comportamento processuale (proprio in quanto comportamento tenuto all’interno del processo); con la conseguenza che ben il giudice potrebbe valutarlo ex art. 116, comma 2 c.p.c.

Con ciò non si vuol certo dire che non aderendo all’invito del giudice si venga da questi inevitabilmente sanzionati, ma solo che – alla luce del più volte evidenziato stretto rapporto tra mediazione e processo civile – anche i comportamenti tenuti nei confronti della mediazione a processo iniziato potrebbero, in teoria, assumere una qualche rilevanza processuale.

(1) Si veda art. 8, comma 5 d.lgs. n. 28 del 2010 nella sezione NORMATIVA dell’Osservatorio (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com).

(2) Si veda art. 116 c.p.c. in Codice di procedura civile (fonte: IlProcessoCivile.com). 


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 119/2013

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