=> Tribunale di Monza, 21 gennaio 2016, n. 156
L'art.5 d.lgs. 28/2010 dispone che il Giudice, nel caso in cui il procedimento
non sia stato espletato, sospende la causa per tre mesi, assegnando
contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione
della domanda di mediazione. Si tratta di un termine ordinatorio,
con la conseguenza che la parte a carico della quale è posto l'onere di
instaurare il procedimento può ottenere dal giudice una proroga,
sempreché depositi tempestivamente l'istanza prima della scadenza del
termine stesso. In caso contrario, dal tardivo deposito dell’istanza di
mediazione, consegue l’improcedibilità della domanda (I).
Nel giudizio che s'instaura con l'opposizione a decreto ingiuntivo
emesso con riferimento ad una delle materie indicate nell’art.5 d.lgs. 28/2010, l'omessa instaurazione del procedimento di
conciliazione entro il termine fissato dal Giudice determina la improcedibilità
della domanda formulata con l'atto di citazione in opposizione (ed
eventualmente con la comparsa di risposta o con comparse di terzi), che è
l'atto che ha dato origine al procedimento di opposizione, nel quale
l'opponente ha la veste processuale di attore. Ritenere, al contrario, che la
mancata instaurazione del procedimento di mediazione conduca alla revoca del
decreto ingiuntivo importerebbe un risultato “abnorme” rispetto alle regole
processuali proprie del rito, portando inoltre ad un risultato opposto
rispetto all'intento deflattivo sotteso all'istituto della mediazione. Deve
quindi ribadirsi che il mancato esperimento della mediazione, nel caso di
opposizione a decreto ingiuntivo, non importa revoca del decreto stesso, ma
incide esclusivamente sul procedimento di opposizione da dichiararsi
improcedibile. Tale interpretazione ha di recente trovato conferma anche da
parte della Suprema Corte (Cass.n. 24629/2015) (I) (II).
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 39/2016
Tribunale di Monza
21 gennaio 2016
Sezione I
Sentenza n. 156
Omissis
Orbene, com'è noto il D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 aggiornato alla L. 9
agosto 2013, n. 98 all'art. 5 primo comma dispone che “chi intende esercitare
in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di condominio,
diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione,
comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da
responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o
con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è
tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di
mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di
conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero
il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico
delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1.
settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi
regolate. La presente disposizione ha efficacia per i quattro anni successivi
alla data della sua entrata in vigore… L'esperimento del procedimento di
mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o
rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove
rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la
successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo
stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando
contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione
della domanda di mediazione…”.
Ai sensi del novellato 2. comma dell'art. 5 l. med. “Fermo quanto
previsto dal comma le salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche
in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato
dell'istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l'esperimento del
procedimento di mediazione; in tal caso, l'esperimento del procedimento di
mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede
di appello.
Il provvedimento di cui al periodo precedente è adottato prima dell'udienza
di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista,
prima della discussione della causa. Il giudice fissa la successiva udienza
dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6 e, quando la mediazione non
è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici
giorni per la presentazione della domanda di mediazione”.
L'art. 6, infine, stabilisce che “… la durata della mediazione
fissandola in mesi tre”.
Orbene, nel giudizio che
s'instaura con l'opposizione a decreto ingiuntivo emesso con riferimento ad una
delle materie indicate nel richiamato art. 5 L. Med., l'omessa instaurazione
del procedimento di conciliazione entro il termine fissato dal Giudice
determina la improcedibilità della domanda formulata con l'atto di citazione in
opposizione (ed eventualmente con la comparsa di risposta o con comparse di
terzi), che è l'atto che ha dato origine al procedimento di opposizione, nel
quale l'opponente ha la veste processuale di attore. Non vi è dubbio, infatti, che essendo il decreto ingiuntivo
astrattamente idoneo a diventare definitivo (si pensi al caso di mancata
opposizione ovvero di estinzione del procedimento di opposizione eventualmente
proposto), il mancato verificarsi della condizione di procedibilità costituita
dall'instaurazione del procedimento di mediazione, è destinato ad incidere
esclusivamente e negativamente sul procedimento di opposizione e non anche sul
decreto ingiuntivo i cui effetti, in ossequio ai principi processuali propri di
tale procedimento speciale (cui, è bene ricordarlo, la normativa in tema di
mediazione non deroga espressamente), divenendo improcedibile il relativo
procedimento di opposizione si consolidano e non sono più suscettibili di
essere posti in discussione.
Ritenere, al contrario, che
la mancata instaurazione del procedimento di mediazione conduca alla revoca del
decreto ingiuntivo importerebbe un risultato “abnorme” rispetto alle regole
processuali proprie del rito, dal momento che si porrebbe in capo all'ingiungente
opposto – già munito di un titolo idoneo a passare in giudicato – l'onere di
coltivare il giudizio di opposizione da lui non instaurato al solo fine di
garantirsi la salvaguardia del provvedimento monitorio, in contrasto con
l'impostazione inequivoca del giudizio di opposizione come giudizio eventuale
rimesso alla libera scelta del debitore ingiunto.
Non vi è dubbio, inoltre,
che una siffatta ricostruzione porterebbe ad un risultato opposto rispetto
all'intento deflattivo sotteso all'istituto della mediazione poiché
obbligherebbe la parte (l'opposto) che già è munita di un titolo (il decreto
ingiuntivo) che si consolida in caso di estinzione del giudizio (di
opposizione) e che, quindi, non è sicuramente interessata alla prosecuzione
della lite, di attivarsi anche laddove l'altra parte (l'opponente), non si
dimostri più interessata all'esito della stessa (e ciò, come sovente avviene in
caso di opposizioni dilatorie, in seguito all'emissione dei provvedimenti di
cui agli artt. 648 e 649 c.p.c.).
Deve quindi ribadirsi
che il mancato esperimento della mediazione, nel caso di opposizione a decreto
ingiuntivo, non importa revoca del decreto stesso, ma incide esclusivamente sul
procedimento di opposizione da dichiararsi improcedibile.
Tale interpretazione ha di
recente trovato conferma anche da parte della Suprema Corte che con la
pronuncia del 3 dicembre 2015 nr. 24629 ha statuito che
nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l'opposizione, la parte su
cui grava l'onere di introdurre il percorso obbligatorio di mediazione, ai
sensi del d.lgs. 28 del 2010, è la parte opponente: infatti, è proprio
l'opponente che ha il potere e l'interesse ad introdurre il giudizio di merito,
cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore. E' dunque
sull'opponente che deve gravare l'onere della mediazione obbligatoria perchè è
l'opponente che intendere precludere la via breve per percorrere la via lunga.
La diversa soluzione sarebbe palesemente irrazionale perchè premierebbe la
passività dell'opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice.
Del resto, non si vede a quale logica di efficienza risponda una
interpretazione che accolli al creditore del decreto ingiuntivo l'onere di
effettuare il tentativo di mediazione quando ancora non si sa se ci sarà l'opposizione
allo stesso decreto ingiuntivo.
Il secondo e ultimo aspetto da esaminare attiene al termine entro il
quale il procedimento di mediazione deve essere instaurato a pena di
inammissibilità.
L'art. 5 sopra
riportato dispone, infatti, che il Giudice, nel caso in cui il procedimento non
sia stato espletato, sospende la causa per tre mesi (art. 6) assegnando
contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione
della domanda di mediazione.
Nessun dubbio,
circa la natura ordinatoria del termine di quindi giorni assegnato dal Giudice
per il deposito della domanda di mediazione.
Conseguentemente
la parte a carico della quale è stato posto l'onere di instaurare il
procedimento può ottenere dal giudice una proroga sempreché depositi tempestivamente
l'istanza prima della scadenza del termine stesso.
È noto, infatti, che i termini ordinatori possono essere prorogati ai
sensi dell'art. 154 cod. proc. civ. (in virtù del quale il giudice, prima della
scadenza, può abbreviare, o prorogare anche d'ufficio, il termine che non sia
stabilito a pena di decadenza. La proroga non può avere una durata superiore al
termine originario. Non può essere consentita proroga ulteriore, se non per
motivi particolarmente gravi e con provvedimento motivato) solo a condizione
che essi non siano ancora scaduti e che la proroga non superi la durata del
termine originario, potendosi ammettere una eventuale ulteriore proroga - sia
per l'effetto preclusivo determinato dallo spirare del termine, sia per il
contemporaneo verificarsi della decadenza dal diritto di compiere l'attività
che ne consegue - subordinatamente alla ricorrenza di motivi particolarmente
gravi, (In tal senso tra le innumerevoli sentenze, si vedano Cass. 21 febbraio
2013 nr. 4448 e Cass. 27 novembre 2010 nr. 23227).
Orbene, la domanda di mediazione sarebbe dovuta essere depositata entro
e non oltre il 31 luglio 2015; viceversa l'opponente, a carico del quale era
stato espressamente posto l'onere di instaurare il procedimento di mediazione
(cfr. verbale dell'udienza in data 16 luglio 2015) ha depositato la relativa
istanza solo in data 18 novembre 2015 così come emerge dall'analisi del Verbale
di Incontro Informativo depositato dall'avvocato di omissis all'udienza del 21 dicembre 2015 con la conseguente improcedibilità
dell'opposizione avverso il decreto ingiuntivo omissis il tutto in conformità a quanto eccepito dall'opposta
sempre all'udienza del 21 dicembre 2015 (cfr. il relativo verbale).
Il Tribunale, pertanto, non può che dichiarare improcedibile
l'opposizione, confermando il decreto ingiuntivo omissis.
A norma dell'art. 91 cod.proc.civ., l'opponente totalmente soccombente,
è condannato a rimborsare all'opposta le spese processuali dallo stesso
sostenute, nella misura liquidata in dispositivo in ossequio al disposto di cui
al Decreto 55 del 2014 senza riconoscere alcunchè per la fase istruttoria che
non è stata espletata.
La presente sentenza è provvisoriamente esecutiva ai sensi dell'art. 282
cod.proc.civ..
PQM
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa
o assorbita, così dispone: dichiara improcedibile l'opposizione e per effetto conferma
il decreto ingiuntivo omissis; condanna
la parte opponente a rimborsare alla parte opposta le spese di lite, che si
liquidano in complessivi € 8.030,00 oltre i.v.a., c.p.a. e spese generali; dichiara
la sentenza provvisoriamente esecutiva. Sentenza resa ex articolo 281-sexies
c.p.c., pubblicata mediante lettura alle parti presenti ed allegazione al
verbale.