=> Tribunale di Verona, 29 ottobre 2015
In caso di condanna alla rifusione delle spese di lite, per l’attività
di assistenza prestata nella fase di mediazione, ai sensi dell’art. 20
del d.m. 55/2014, essendosi trattato di attività con autonoma rilevanza
rispetto a quella di difesa svolta nel giudizio, spetta al difensore il compenso
da liquidarsi in misura pari al valore medio di liquidazione previsto per le
prestazioni di assistenza stragiudiziale.
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 36/2016
Tribunale di Verona
29 ottobre 2015
Sentenza
Omissis
Venendo alla regolamentazione delle spese di lite, esse vanno poste a
carico dell’attrice opponente in applicazione del principio della soccombenza.
Alla liquidazione delle somme spettanti a titolo di compenso si procede come in
dispositivo sulla base del d.m. 55/2014.
In particolare il compenso per le fasi di studio ed introduttiva può
essere determinato assumendo a riferimento i valori medi di liquidazione mentre
quello per la fase istruttoria e per la fase decisionale va quantificato in una
somma pari ai corrispondenti valori medi di liquidazione, ridotti del 30 % alla
luce della considerazione che la prima è consistita nella sola partecipazione a
due udienze mentre nella fase decisionale parte convenuta ha ripreso le
medesime argomentazioni che avevano già svolto in precedenza.
Peraltro nel caso di specie, è possibile applicare l’art. 4, co.8, del
D.M. n.55/2014, potendo qualificarsi la difesa della convenuta opposta come
“manifestamente fondata”, secondo l’espressione utilizzata da tale norma.
Essa invero è stata introdotta nel D.M. 55/2014 a seguito del
recepimento dell’orientamento che il Consiglio di Stato aveva espresso nel
parere n.161 del 18 gennaio 2013 sulla bozza di revisione dei parametri
predisposta all’epoca dal Ministero. La norma in esame ha quindi previsto
quella che lo stesso Consiglio di Stato ha definito, in quella occasione, come
un’ipotesi di soccombenza qualificata, riconoscibile ex officio dal giudice,
avente la duplice finalità non solo di “scoraggiare pretestuose resistenze
processuali” ma soprattutto di “valorizzare, premiandola, l'abilità tecnica
dell'avvocato che, attraverso le proprie difese, sia riuscito a far emergere
che la prestazione del suo assistito era chiaramente e pienamente fondata
nonostante le difese avversarie” (così testualmente il richiamato parere del
Consiglio di Stato e in termini pressoché identici la relazione ministeriale al
d.m.55/2014).
Ciò chiarito sulla genesi della disposizione in esame, essa viene in
rilievo, ad avviso di questo Giudice, nei casi in cui il difensore di una parte
riesca a far emergere la fondatezza nel merito dei propri assunti e,
specularmente, l’infondatezza degli assunti di controparte, senza dover
ricorrere a prove costituende e quindi solo grazie al proprio apporto
argomentativo. Volendo esemplificare si può pensare ai casi in cui la causa
risulti di pronta soluzione sulla base di prove documentali di facile
intelligibilità ovvero perché involge questioni giuridiche relativamente
semplici o ancora perché non vi è stata contestazione dei fatti rilevanti ai
fini della decisione.
Nel caso di specie la difesa della convenuta ha fornito il contributo
richiesto dalla norma in esame poiché all’udienza del 19 marzo 2015 si era
opposta, con puntuali argomentazioni, alla concessione dei termini ai sensi
dell’art. 183 VI comma c.p.c., evidenziando così come la causa fosse matura per
la decisione.
Il compenso spettante al difensore della convenuta può pertanto essere
aumentato ad euro 13.773,50, ai sensi dell’art. 4, comma 8, d.m.55/2014.
Ancora, al difensore della convenuta spetta il compenso per l’attività
di assistenza prestata nella fase di mediazione, ai sensi dell’art. 20 del d.m.
55/2014 essendosi trattato di attività con autonoma rilevanza rispetto a quella
di difesa svolta nel presente giudizio. Il relativo importo va determinato in
misura pari al valore medio di liquidazione previsto per le prestazioni di
assistenza stragiudiziale (euro 4.320,00).
Sull’importo complessivo riconosciuto a titolo di compenso alla
convenuta spetta anche il rimborso delle spese generali nella misura massima
consentita del 15 % della somma sopra indicata. omissis
PQM
Il Giudice unico del Tribunale di Verona, definitivamente pronunciando
ogni diversa ragione ed eccezione disattesa e respinta, rigetta la domanda
avanzata dall’attrice opponente e per l’effetto condanna la stessa a rifondere
alla convenuta opposta le spese del presente giudizio che liquida nella somma
di euro 18.093,50, oltre rimborso spese generali nella misura del 15 % del
compenso, Iva, se dovuta e Cpa. Visto l’art. 8 comma V del d.lgs. 28/2010
condanna l’attrice al versamento della somma di euro 330,00 all’entrata del
bilancio dello Stato.