Questo tribunale non può che condividere l’orientamento
interpretativo della giurisprudenza di merito secondo cui la clausola contrattuale conciliativa, la quale statuisce l’obbligo del preventivo
tentativo di conciliazione prima di adire l’autorità giudiziaria, è inefficace
qualora sia carente dell’espressa sanzione di improcedibilità, dovendosi
osservare che l’eventuale violazione della previsione contrattuale risulta
astrattamente inidonea a riverberarsi sull’esito del giudizio (I).
In tema di mediazione c.d. obbligatoria (art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010), per controversie
in materia di condominio
si intendono quelle derivanti dalla violazione delle disposizioni del libro
III, titolo VII, capo II del codice civile e degli artt. 61-72 delle
disposizioni attuative c.c., restando escluse
le controversie in cui il condominio venga a contrapporsi ad un soggetto terzo,
come l’appaltatore nell’ambito di lite insorta a seguito di stipula di un
contratto di appalto di lavori condominiali (II).
È sull’opponente
che deve gravare l’onere della
mediazione obbligatoria in conformità all’orientamento di legittimità (cfr Cassazione civile, 3 dicembre 2015, n. 24629, in Osservatorio Mediazione Civile n. 2/2016)
(III).
(I) Si veda
l’art. 5, comma 5, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).
(II) Si veda
l’art. 5, comma 1-bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018)
(III) Si veda Cassazione civile, 3 dicembre 2015, n. 24629, in Osservatorio Mediazione Civile n. 2/2016.
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 40/2018
Tribunale di Taranto
Sentenza
Prima Sezione Civile
22 agosto 2017
Omissis
Il Condominio, in persona dell’amministratore, omissis, ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo omissis, con cui questo Tribunale gli ha
ingiunto di pagare in favore dell’Impresa Edile omissis la somma omissis,
a titolo di corrispettivo pattuito per i lavori di manutenzione ordinaria e
straordinaria affidati in appalto alla società ricorrente, e precisamente omissis.
A sostegno dell’opposizione l’attore ha eccepito unicamente
l’improponibilità e/o improcedibilità della domanda, invocando l’art. 12 del
contratto d’appalto sottoscritto dalle parti il 20.1.2011, secondo cui “per
qualsiasi controversia che dovesse derivare dalla esecuzione del presente
contratto sarà competente il foro di Taranto, previo tentativo obbligatorio
previsto ex D.L. n. 28 del 2010”.
Costituitasi in giudizio, la società convenuta ha eccepito la evidente
finalità dilatoria e la conseguente temerarietà della proposta opposizione, in
quanto spiegata in assenza di qualsivoglia disconoscimento e/o contestazione
del credito azionato, ma anche l’infondatezza nell’unico motivo enunciato,
stante l’inapplicabilità dell’invocata condizione di procedibilità alla
fattispecie, instando per la conferma del decreto ingiuntivo e per il risarcimento
danni ex art. 96 c.p.c.
Concessa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, in
assenza di istanze istruttorie, la causa è stata introitata per la decisione
sulle conclusioni in epigrafe riportate, con assegnazione alle parti dei
termini ex art. 190 c.p.c.
L’opposizione è infondata e, come tale, va rigettata con ogni
conseguente statuizione di legge. Il debitore ingiunto non ha enunciato di
fatto alcun motivo di opposizione, inerente la legittimità e/o la sussistenza
del credito azionato, ma lamenta il mancato esperimento del tentativo di
mediazione, pena la conseguente improponibilità e/o improcedibilità della
domanda proposta in sede monitoria, e nel contempo, conclude chiedendo che
venga assegnato a parte opposta un termine per avviare il procedimento di
mediazione, senza eccepire nel merito alcun fatto estintivo e/o modificativo
del diritto della parte istante all’adempimento dell’obbligazione nascente dal
titolo contrattuale allegato.
L’applicabilità alla fattispecie della dedotta condizione di
procedibilità è da escludersi per diversi ordini di ragioni.
Intanto, la materia del contendere non rientra tra quelle per le quali
l’art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010 prevede il preventivo ed obbligatorio
esperimento della procedura di mediazione, posto che per le controversie in
materia di condominio, ai sensi dell’art. 5, comma 1 D.Lgs. n. 28 del 2010
(anche nella formulazione applicabile ratione temporis) si intendono quelle
derivanti dalla violazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo
II del codice civile e degli artt. 61-72 delle disposizioni attuative c.c.,
restando escluse le controversie in cui il condominio venga a contrapporsi ad
un soggetto terzo, come l’appaltatore nell’ambito di lite insorta a seguito di
stipula di un contratto di appalto di lavori condominiali.
Non solo, ma il comma 4 del citato articolo 5, esclude espressamente
l’applicabilità del comma 1 (dichiarato incostituzionale della Corte
Costituzionale con sentenza n. 272 del 6.12.2012 ed oggi sostituito dal comma 1
bis) ai procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla
pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria
esecuzione.
Peraltro, anche laddove si voglia sostenere, superando il dettato di
legge, l’obbligatorietà della mediazione, ponendola come condizione di
procedibilità, in virtù della richiamata disposizione pattizia, in
considerazione della sostanziale deroga a norme imperative, questo tribunale
non può che condividere l’orientamento interpretativo della giurisprudenza di
merito, secondo cui la clausola contrattuale conciliativa, la quale statuisce
l’obbligo del preventivo tentativo di conciliazione prima di adire l’autorità
giudiziaria, è inefficace qualora sia carente dell’espressa sanzione di
improcedibilità. Invero, in caso analogo, ma per materia contemplata tra le
quelle soggette alla mediazione obbligatoria, il giudicante ha rilevato, in
punto di diritto, l’enorme discrasia tra l’obbligo contrattuale e la
statuizione legale, asserendo che “altro è infatti la previsione di un obbligo
contrattuale, suscettibile di inadempimento, altro è invece la deroga pattizia
alla giurisdizione. A sua volta, l’inderogabilità dell’obbligo, espressamente
prevista nel contratto, si riverbera sull’ampiezza della vincolatività della
pattuizione, rendendola massima, ma senza nulla dire a proposito della sanzione
dell’obbligo inderogabile. Ne discende che la dedotta violazione della
previsione contrattuale risulta astrattamente inidonea a riverberarsi sull’esito
del giudizio. Infatti, ogni deroga all’esercizio del diritto costituzionale di
agire in giudizio a tutela dei propri diritti soggettivi è insuscettibile sia
di estensione analogica, sia di interpretazione estensiva, tant’è vero che
persino le prescrizioni legali di obbligatorietà di un tentativo di
conciliazione preventivo non danno luogo ad improcedibilità ove tale sanzione
processuale non sia espressamente prevista” (cfr. T. Siena n. 172 del
3.4.2014).
Alla luce del richiamato orientamento, tenuto conto che nella
fattispecie la deroga pattizia ha riguardato materia non soggetta alla
mediazione obbligatoria, senza prevedere espressamente la sanzione di
improcedibilità, ma soprattutto senza prevedere l’estensione della clausola
all’azione in sede monitoria, che la legge esclude dall’applicabilità del
preventivo esperimento della mediazione, anche obbligatoria, deve concludersi
per l’inefficacia della clausola contrattuale invocata dall’opponente a
sostegno dell’opposizione, restando assorbita di fatto ogni altra questione.
Non risulta poi chiaro, dalle conclusioni rassegnate dal condominio
opponente, se il richiamo alla clausola contrattuale, ai fini della
declaratoria di improcedibilità e conseguente revoca del decreto ingiuntivo
opposto, dovesse intendersi esteso al giudizio di opposizione, laddove si
chiede di assegnare a parte opposta il termine per l’attivazione della
procedura di mediazione. Anche sotto tale profilo e sempre a volerne sostenere
l’obbligatorietà nel caso di specie, soccorre il principio espresso dalla Corte
di Cassazione, intervenuta a comporre il contrasto creatosi
nell’interpretazione giurisprudenziale di merito, secondo cui “è sull’opponente
che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria” (cfr. Cass. civ. III
sez. 3.12.2015 n. 24629). La Suprema Corte, nella citata pronuncia, ha infatti
chiarito che “la disposizione di cui all’art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010, di non
facile lettura, deve essere interpretata conformemente alla sua ratio. La norma
è stata costruita in forma deflattiva e, pertanto, va interpretata alla luce
del principio costituzionale del ragionevole processo e, dunque,
dell’efficienza processuale. In questa prospettiva la norma, attraverso il
meccanismo della mediazione obbligatoria, mira – per così dire – a rendere il
processo la extrema ratio … Quindi, l’onere di esperire il tentativo di
mediazione deve allocarsi presso la parte che ha interesse al processo e ha il
potere di iniziare il processo. Nel procedimento per decreto ingiuntivo cui
segue l’opposizione, la difficoltà di individuare il portatore dell’onere
deriva dal fatto che si verifica una inversione logica tra rapporto sostanziale
e rapporto processuale, nel senso che il creditore del rapporto sostanziale
diventa l’opposto nel giudizio di opposizione. Questo può portare ad un errato
automatismo logico per cui si individua nel titolare del rapporto sostanziale
la parte sulla quale grava l’onere. Ma in realtà – avendo come guida il
criterio ermeneutico dell’interesse e del potere di introdurre il giudizio di
cognizione – la soluzione deve essere quella opposta. Invero, attraverso il
decreto ingiuntivo, l’attore ha scelto la linea deflattiva coerente con la
logica dell’efficienza processuale e della ragionevole durata del processo. È
l’opponente che ha il potere e l’interesse di introdurre il giudizio di merito
… ed è dunque sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione
obbligatoria perché è l’opponente che intende precludere la via breve per
percorrere la via lunga. La diversa soluzione sarebbe palesemente irrazionale
perché premierebbe la passività dell’opponente e accrescerebbe gli oneri della
parte creditrice. Del resto, non si vede a quale logica di efficienza risponda
una interpretazione che accolli al creditore del decreto ingiuntivo l’onere di
effettuare il tentativo di mediazione quando ancora non si sa se ci sarà
opposizione allo stesso decreto ingiuntivo. E’, dunque, l’opponente ad aver
interesse ad avviare il procedimento di mediazione pena il consolidamento degli
effetti del decreto ingiuntivo ex art. 653 c.p.c.”. L’improcedibilità eccepita
da parte opponente non risulta pertanto fondata neppure in relazione
all’instaurato giudizio di cognizione, non ravvisandosi – per le ragioni di
legittimità esaustivamente espresse con la richiamata sentenza – in capo alla
creditrice opposta alcun onere a suo carico in ordine al preventivo esperimento
del tentativo di mediazione né in sede monitoria né nella successiva fase di
cognizione, in cui peraltro alcuna contestazione o fatti estintivi del credito
sono stati dedotti dal condominio opponente. L’opposizione va in conclusione
rigettata, con conseguente statuizione di conferma del decreto
ingiuntivo opposto, pronuncia che non potrà evidentemente riguardare
l’eventuale sopravvenuto parziale adempimento e le spese occorse, a seguito di
concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, non
essendo fatti attinenti alla fase di cognizione, ma a quella di esecuzione.
Considerato che, nel procedimento di ingiunzione, la fase monitoria e quella di
opposizione fanno parte di un unico processo e l’onere delle spese processuali,
ivi comprese quelle del procedimento monitorio, è regolato in base all’esito
finale del giudizio di opposizione ed alla complessiva valutazione del suo
svolgimento (cfr. Cass. civ., sez. III 09.08.2007, n. 17469), le spese seguono
la soccombenza e si liquidano, per la fase monitoria, come da decreto
ingiuntivo e, per la fase dell’opposizione, come da dispositivo secondo i
parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto dell’attività
effettivamente svolta e della natura della controversia. Il dibattito
giurisprudenziale sul tema non consente di delibare la richiesta risarcitoria
per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., non essendo supportata da
idonea prova quanto al dolo ed alla colpa grave nella proposizione
dell’opposizione a decreto ingiuntivo, atteso che “la condanna per
responsabilità processuale aggravata, per lite temeraria, quale sanzione
dell’inosservanza del dovere di lealtà e probità cui ciascuna parte è tenuta
non può derivare dal solo fatto della prospettazione di tesi giuridiche
riconosciute errate dal giudice, occorrendo che l’altra parte deduca e dimostri
nell’indicato comportamento dell’avversario la ricorrenza del dolo o della
colpa grave, nel senso della consapevolezza, o dell’ignoranza, derivante dal
mancato uso di un minimo di diligenza, dell’infondatezza delle suddette tesi”
(cfr. Cass. civ. sez. III 30.06.10 n. 15629), tuttavia la totale carenza di
contestazione del credito nel merito è condotta da valutare ai fini della
liquidazione del compenso a carico del soccombente.
PQM
Il Tribunale di Taranto, 1 sezione civile omissis rigetta l’opposizione e, per l’effetto, conferma il decreto
ingiuntivo omissis, anche nella
statuizione sulle spese; condanna il Condominio opponente alla refusione in
favore della società opposta delle spese di giudizio, liquidate per la fase
monitoria come da decreto ingiuntivo e per la fase dell’opposizione in
complessivi Euro omissis.
AVVISO. Il
testo riportato non riveste carattere di ufficialità. Il grassetto nel corpo
della pronuncia è a cura della Redazione dell’Osservatorio.