=> Cassazione civile, 3
dicembre 2015, n. 24629
Nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segua l’opposizione (I), è sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione
obbligatoria, pena il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo
ex articolo 653 c.p.c. Difatti, l’art. 5, d.lgs. n. 28 del 2010 (II) è stato costruito
in funzione deflattiva e, pertanto, va interpretato alla luce del
principio costituzionale del ragionevole processo e, dunque, dell’efficienza
processuale; in questa prospettiva la norma, attraverso il meccanismo della
mediazione obbligatoria, mira – per cosi dire – a rendere il processo la
estrema ratio (III): cioè l’ultima possibilità dopo che le altre
possibilità sono risultate precluse.
(I) Su mediazione e procedimento ingiuntivo si veda la giurisprudenza di merito raccolta nella
sezione massimario Giurisprudenza (massimario e banca dati).
(III) In generale, sul tema del ricorso al giudice quale estrema ratio si veda Trib. Santa Maria Capua Vetere, 23 dicembre 2013, Ricorso al giudice come extrema ratio: se si ignora la disponibilitàdella controparte a risolvere il problema si rischia la responsabilitàprocessuale aggravata, in Osservatorio Mediazione Civile n. 19/2014.
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 2/2016
Cassazione civile
Sezione III
3 dicembre 2015
Sentenza n. 24629
Omissis
Svolgimento del processo
La --- srl ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi
avverso la sentenza del 16.5.2013 con la quale la Corte d’Appello di Torino –
in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti su
ricorso della --- srl per il pagamento di canoni di locazione – aveva
confermato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato improcedibile
l’opposizione proposta per il mancato avvio della mediazione obbligatoria ai
sensi del Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 5.
Resiste con controricorso la --- srl.
Motivi della decisione
In via preliminare va disattesa l’eccezione di inammissibilità del
ricorso sollevata dalla resistente.
Vero è che è ammissibile l’impugnazione con la quale l’appellante si
limiti a dedurre soltanto vizi di rito avverso una pronuncia che abbia deciso
anche nel merito in senso a lui sfavorevole, solo ove i vizi denunciati
comporterebbero, se fondati, una rimessione al primo giudice ai sensi degli
articoli 353 e 354 c.p.c..
Nelle ipotesi in cui, invece, il vizio denunciato non rientra in uno dei
casi tassativamente previsti dai citati articoli 353 e 354 c.p.c., e’
necessario che l’appellante deduca ritualmente anche le questioni di merito.
Diversamente, l’appello fondato esclusivamente su vizi di rito e’
inammissibile, oltre che per un difetto di interesse, anche per non rispondenza
al modello legale di impugnazione (S.U. 14.12.1998 n. 12541; da ultimo Cass.
29.1.2010 n. 2053; Cass. 25.9.2012 n. 16272).
Ma questo solo se la pronuncia abbia deciso anche nel merito in senso
sfavorevole all’impugnante; situazione che non si e’ verificata nel caso in
esame di pronuncia, solo in rito, sulla improcedibilità della opposizione.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione, falsa
applicazione di norma di diritto (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3): in
particolare, violazione del Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 5. La
disposizione di cui al Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 5, di non
facile lettura, deve essere interpretata conformemente alla sua ratio.
La norma è stata costruita in funzione deflattiva e, pertanto, va
interpretata alla luce del principio costituzionale del ragionevole processo e,
dunque, dell’efficienza processuale.
In questa prospettiva la norma, attraverso il meccanismo della mediazione
obbligatoria, mira – per cosi dire – a rendere il processo la estrema ratio:
cioè l’ultima possibilità dopo che le altre possibilità sono risultate
precluse.
Quindi l’onere di esperire il tentativo di mediazione deve allocarsi
presso la parte che ha interesse al processo e ha il potere di iniziare il
processo.
Nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l’opposizione, la
difficoltà di individuare il portatore dell’onere deriva dal fatto che si
verifica una inversione logica tra rapporto sostanziale e rapporto processuale,
nel senso che il creditore del rapporto sostanziale diventa l’opposto nel
giudizio di opposizione.
Questo può portare ad un errato automatismo logico per cui si individua
nel titolare del rapporto sostanziale (che normalmente è l’attore nel rapporto
processuale) la parte sulla quale grava l’onere.
Ma in realtà – avendo come guida il criterio ermeneutico dell’interesse
e del potere di introdurre il giudizio di cognizione – la soluzione deve essere
quella opposta.
Invero, attraverso il decreto ingiuntivo, l’attore ha scelto la linea
deflattiva coerente con la logica dell’efficienza processuale e della
ragionevole durata del processo.
E’ l’opponente che ha il potere e l’interesse ad introdurre il giudizio
di merito, cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore.
E’ dunque sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione
obbligatoria perché è l’opponente che intende precludere la via breve per
percorrere la via lunga.
La diversa soluzione sarebbe palesemente irrazionale perché premierebbe
la passività dell’opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice.
Del resto, non si vede a quale logica di efficienza risponda una
interpretazione che accolli al creditore del decreto ingiuntivo l’onere di
effettuare il tentativo di mediazione quando ancora non si sa se ci sarà
opposizione allo stesso decreto ingiuntivo.
E’, dunque, l’opponente ad avere interesse ad avviare il procedimento di
mediazione pena il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex
articolo 653 c.p.c..
Soltanto quando l’opposizione sarà dichiarata procedibile riprenderanno
le normali posizioni delle parti: opponente convenuto sostanziale, opposto –
attore sostanziale.
Ma nella fase precedente sarà il solo opponente, quale unico interessato,
ad avere l’onere di introdurre il procedimento di mediazione; diversamente,
l’opposizione sarà improcedibile.
Il motivo, quindi, non è fondato.
Con il secondo motivo si denuncia vizio di omessa, insufficiente, e
comunque contraddittoria, motivazione circa il fatto controverso e decisivo per
il giudizio (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
Il motivo è inammissibile perché aspecifico.
La ricorrente, al di là della critica, soltanto enunciata, non
specifica, ne’ riporta in ricorso, quali siano le parti della motivazione
insufficienti, carenti o contraddittorie, ne’ indica quali siano le ragioni
della decisività degli errori motivazionali; vai a dire la loro rilevanza ai
fini della decisione.
Conclusivamente il ricorso è rigettato.
La novità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle
spese.
Sussistono le condizioni per l’applicazione del disposto del Decreto del
Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater,
introdotto dalla Legge n. 228 del 2012.
PQM
La Corte rigetta il ricorso Compensa le spese.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002,
articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso
articolo 13, comma 1 bis.