=> Trib. Rovereto, 1 ottobre 2013
Qualora l'attore
chieda in giudizio la rifusione anche delle spese legali nella fase
stragiudiziali e, in particolare per le trattative e di mediazione va ribadito che "il
danneggiato ha facoltà, in ragione del suo diritto
di difesa, costituzionalmente garantito, di farsi assistere da un legale di
fiducia e, in ipotesi di composizione
bonaria della vertenza, di farsi riconoscere
il rimborso delle relative spese legali; se invece la pretesa risarcitoria
sfocia in un giudizio nel quale il
richiedente sia vittorioso, le spese
legali sostenute nella fase
precedente all'instaurazione del giudizio divengono componente del danno da liquidare e, come tali, devono essere chieste e liquidate sotto forma di
spese vive o spese giudiziali" (1). Vanno però riconosciute solo le spese
di mediazione, qualora le ulteriori
spese esposte attengano a pretese attività
di trattativa compiute da altro legale da quello officiato per la fase
giudiziale, che però non risultano provate
(non potendosi considerare prova sufficiente il mero avviso di parcella
depositato).
(1) In tal senso
si veda Cass. n. 2275/06.
Fattispecie: domanda di risarcimento danni da sinistro stradale.
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 8/2014
Tribunale di Rovereto
1 ottobre 2013
Sentenza
…omissis…
MOTIVI DELLA DECISIONE
Omesso lo svolgimento del
processo, a norma del nuovo testo dell'art. 132, comma 2 nr. 4 c.p.c.
introdotto dall'art. 45, comma 17 legge nr. 69 del 2009, la domanda proposta
dall'attore è solo parzialmente fondata e va, pertanto, accolta nei limiti di
seguito precisati.
L' an debeatur non risulta
contestato dalla società convenuta ed è un dato che può quindi ritenersi
pacifico. In particolare è pacifico che l'attore ha riportato i danni di cui
chiede il risarcimento a seguito del sinistro stradale dd. 06.03.2009, quando
il conducente e proprietario della VW Polo targata ... M.B. perdeva il
controllo del mezzo in loc. Val di Gresta, finendo fuori strada, contro le
rocce. L'attore era trasportato sul suddetto veicolo e, pertanto, ha diritto ad
ottenere il risarcimento dall'impresa di assicurazione r.c. auto del veicolo
sul quale era a bordo, nella specie Ina Assitalia S.p.A. (ora Generali Ina
Assitalia S.p.A.), a norma dell'art. 141 cod. ass., a prescindere
dall'accertamento di responsabilità del conducente.
Peraltro la società convenuta ha
eccepito il concorso colposo del danneggiato, a norma dell'art. 1271, comma 1
c.c., allegando il mancato uso delle cinture di sicurezza che dovrebbe
desumersi dalla pretesa incompatibilità con le lesioni riportate.
La relativa eccezione è
manifestamente infondata e va, come tale, rigettata, perché dalla
documentazione clinica prodotta non solo non emerge detta pretesa
incompatibilità ma emerge il contrario. Infatti, il certificato ospedaliero dd.
12.03.2009 attesta un "trauma da cinture con emisoma destra" (cfr.
doc. 3 att.). Coerentemente la CTP medico - legale svolta nella fase
stragiudiziale da parte del medico fiduciario della Compagnia assicurativa,
dott. G.C. in data 08.09.2010 attesta espressamente la "compatibilità fra
le lesioni accertate ed il corretto uso dei presidi obbligatori di protezione
verosimile" (cfr. doc. 39 att.). Precisato che l'onere probatorio del
concorso colposo del danneggiato, ai fini della riduzione del risarcimento di
cui all'art. 1227, comma 1, incombe sulla convenuta, che non vi ha in alcun
modo provveduto, le emergenze istruttorie sopra indicate consentono di ritenere
raggiunta persino la prova contraria, ossia che il danneggiato ha fatto
corretto uso delle cinture di sicurezza ed è, pertanto, esente da colpa alcuna.
L'attore ha pertanto diritto
all'integrale risarcimento del danno patito.
Ciò precisato e venendo alla
quantificazione dei danni, va precisato come l'attore abbia fondato
l'originaria domanda, per complessivi euro 345.626,85, sulla CTP medico legale
redatta dal proprio medico fiduciario, dott. A.S., in data 04.08.2010 (cfr.
doc. 29). Peraltro, nella prima memoria di cui all'art. 183, comma 6 c.p.c. la
difesa dell'attore dichiarava espressamente di accettare e riconoscere
"come congrua la valutazione del consulente medico legale di controparte,
dott. C., sia con riferimento al danno biologico permanente e temporaneo, sia
con riferimento al danno da incapacità lavorativa permanente" (cfr.
memoria depositata il 11.01.2013, pg. 4), in riduzione rispetto alle originarie
pretese. E' questa la ragione per la quale non è stata disposta alcuna CTU, non
sussistendo tra le parti contestazioni sostanziali in merito.
Dalla documentazione clinica
prodotta (cfr. doc.ti 1-28) e dalla consulenza di parte convenuta sopra citata
emerge che l'attore a seguito del sinistro ha riportato un "politruama,
trauma cranico facciale, contusione lombare, contusione spalla destra,
contusione e distorsione 1° dito mano destra", con esiti permanenti del
10%, e temporanei parziali al 75% di giorni 30, al 50% di ulteriori gironi 30 e
al 25% di giorni 60. La valutazione dell'inabilità temporanea è giustificata
"dalla complessità clinica del caso (...) e dalle terapie riabilitative
cui l'infortunato si è sottoposto, mentre l'invalidità permanente "è data
dalla persistenza dei disturbi visivi conseguiti a lesione vitrale, da
risentimento doloroso funzionale nei movimenti attivi e passivi della colonna
cervicale e dorso lombare (...), da minima alterazione doloroso funzionale nei
movimenti della spalla destra, in soggetto destrimane, dalle parestie dell'arto
superiore destro confermate dalla indagini EGM (...), da deficit funzionale del
1é dito della mano destra" (cfr. CTP dott. C., sub doc. 39 att.). Infine,
il CTP ha riconosciuto un danno alla capacità lavorativa permanente del 7%,
rispetto all'attività svolta al momento del sinistro di artigiano edile e, più
precisamente, di intonacatore, che implica la necessità di sollevare pesi, fare
sforzi fisici, salire su ponteggi ed afferrare utensili.
Questi sono gli elementi di
valutazione del danno alla persona certi e vincolanti per questo Giudice, in
quanto riconosciuti da entrambe le parti. Resta, invece, contestato il danno da
lesione alla capacità lavorativa specifica temporaneo, per i 4 mesi della fase
acuta della malattia, che non può ritenersi, come pretende la difesa di parte
convenuta, escluso per il semplice fatto che controparte ha accettato le
valutazione della CTP di parte convenuta. Infatti, da un lato, la CTP in
questione nulla ha detto al riguardo e, pertanto, se è vero che non ha
riconosciuto alcun danno lavorativo temporaneo non ha neppure escluso
espressamente che vi sia stato e, dall'altro, l'accettazione della difesa
attorea della CTP, non a caso sopra testualmente riportata, attiene al solo
vecchio danno biologico, permanente e temporaneo e alla lesione permanente alla
capacità lavorativa specifica, non a quella temporanea.
Venendo alla liquidazione delle
singole voci di danno ed iniziando dal danno non patrimoniale, ritiene questo
Giudice di dover applicare le c.d. tabelle milanesi versione 2009 in vigore al
momento del fatto e le prime successive alle note sentenze delle Sezioni Unite
della Cassazione che hanno ridefinito sul piano concettuale la materia del
danno non patrimoniale (cfr. Cass. Sez. un. 11.11.2008, nr. 26972, 26973, 26974
e 26975). Proprio per adeguarsi all'insegnamento delle Sezioni Unite,
l'Osservatorio per la giustizia civile di Milano ha elaborato le "Nuove
tabelle 2009 per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da
lesione all'integrità psico-fisicia e dalla perdita del rapporto
parentale", che come è noto rappresentano la novità, rispetto alle vecchie
tabelle, di inglobare nel valore del punto base per l'invalidità permanente le
vecchie categorie del danno biologico e del danno morale, ossia sia le
menomazioni per così dire esterne che quelle relative alla sofferenza interna.
Pertanto, non si potrà liquidare alcuna somma aggiuntiva a titolo di danno
morale, trattandosi di voce già compiutamente considerata all'interno del
valore tabellare.
Considerando che, al momento del
sinistro, l'attore aveva 57 anni essendo nato il 05.11.1951, il danno biologico
da invalidità permanente al 10% è di euro 18.178,00,00.
Per l'inabilità temporanea il
valore tabellare di euro 88,00 al giorno, comporta il riconoscimento di euro
1.980,00 per i 30 giorni di parziale al 75% e di euro 1.320,00 per i 30 giorni
di parziale al 50% e per i 60 giorni di parziale al 25%, per un totale di euro
4.620,000.
L'attore ha poi richiesto una
forte personalizzazione del danno non patrimoniale al 25%, senza però non solo
provare ma ancor prima allegare le relative circostanze di fatto che possano
giustificarla.
In particolare la richiesta viene
giustificata sotto un duplice profilo: da un lato per l'incidenza che i postumi
in particolare permanenti hanno svolto sull'attività lavorativa; dall'altro
perché si dovrebbe presumere lo scadimento della vita complessiva dell'attore,
sotto il profilo delle attività realizzatrici della personalità.
Ma la prima giustificazione è del
tutto infondata perché l'incidenza sull'attività lavorativa integra un danno
patrimoniale, come si avrà modo di vedere da qui a breve, e considerarla anche
nell'ambito del danno non patrimoniale, sotto il profilo della
personalizzazione del valore tabellare, comporterebbe inevitabilmente
un'indebita duplicazione risarcitoria, perché una medesima conseguenza
pregiudizievole verrebbe risarcita due volte, con l'espediente di chiamarla diversamente.
D'altra parte proprio l'espresso riconoscimento di un danno patrimoniale da
lesione della capacità lavorativa specifica, preclude la possibilità di
riconoscere un danno non patrimoniale c.d. da cenestesi lavorativa, che si ha
quando un soggetto non subisce alcuna contrazione di reddito ma è obbligato ad
un maggior sforzo ed usura per continuare a produrre lo stesso reddito.
La seconda giustificazione è
motivata dalla seguente osservazione: "ogniqualvolta vi sia, in
conseguenza di un danno fisico, un'incapacità a svolgere attività realizzatrici
della personalità e che si incentrano sul godimento di beni ulteriori e diversi
rispetto alla salute, si determina un danno ulteriore che deve essere risarcito
sempre quale danno non patrimoniale" (cfr. comparsa conclusionale, pg. 7).
E' facile però obiettare che anche in tal modo si mira ad ottenere una
duplicazione risarcitoria, attraverso un'indebita confusione tra il piano
dell'interesse leso ovvero dell'ingiustizia del danno (c.d. danno evento) e
quello delle singole conseguenze pregiudizievoli (c.d. danno conseguenza). Nel
caso di specie vi è un solo interesse leso, quello della salute. Dalla lesione
di questo interesse possono conseguire diverse conseguenze pregiudizievoli, sia
sotto il profilo c.d. esterno (o esistenziale) che sotto quello della
sofferenza interna (c.d. danno morale).
Ebbene il valore tabellare c.d.
base risarcisce la somma di tutte queste conseguenze pregiudizievoli che si
realizzano secondo l'id quod plerumque accidit. La c.d. personalizzazione del
danno biologico non costituisce un diritto automatico del danneggiato fondato
sull'impossibilità di proseguire la propria vita come prima ovvero sulla base
della semplice valorizzazione delle concrete conseguenze pregiudizievoli subite
e ciò perché quanto viene risarcito col valore tabellare per l'invalidità
permanente non costituisce un risarcimento base da adeguare sempre e comunque
alle peculiari ed irrepetibili situazioni contingenti del danneggiato, ma il
giusto risarcimento per i casi ordinari, costituenti la maggioranza dei casi.
Oggetto del risarcimento è insomma, per usare il linguaggio del legislatore
(cfr. artt. 138 e 139 cod. ass. priv.), "l'incidenza negativa sulle
attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del
danneggiato...", secondo quanto comunemente, ossia ordinariamente, si
verifica. Solo "qualora la menomazione accertata incida in maniera
rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionale personali",
l'ammontare del risarcimento può essere adeguato, come previsto dalle norme
citate. Ma l'uso dell'ipotetica mostra come si tratti non di un adeguamento
automatico da praticare in relazione alle peculiari condizioni soggettive del
danneggiato, che per ciascun uomo sono un unicum irrepetibile, ma un caso particolare
che si verifica solo nell'ipotesi in cui le conseguenze pregiudizievoli siano
considerevolmente maggiori rispetto a quanto accade ordinariamente per la
classe di individui di appartenenza del danneggiato. Insomma, detto altrimenti,
si può senz'altro presumere che dalle lesioni sia conseguito lo scadimento
della vita del danneggiato, sotto il profilo dell'attività realizzatrici della
persona, ma questo danno è già interamente contemplato dal risarcimento secondo
i valori tabellari base. Invece, non può affatto presumersi che detto
scadimento sia, nel caso specifico, più intenso e pregnante rispetto a quanto
accade nella normalità dei casi, che è l'autentico presupposto che consente la
c.d. personalizzazione del danno.
Nel caso di specie l'attore non
ha minimamente allegato una qualsiasi circostanza di fatto dalla quale si possa
argomentare che la lesione subita, per usare ancora il linguaggio del
legislatore, "incida in maniera rilevante su specifici aspetti
dinamico-relazionale personali" ed in misura significativamente
differenziata per eccesso rispetto a quanto accade normalmente.
Analogo discorso vale per
l'inabilità temporanea.
In particolare la tabella
milanese del 2009 prevede, come è noto, un valore base di euro 88,00 al giorno,
che può lievitare sino ad euro 132,00 a seguito della personalizzazione, che
però non è affatto automatica ma implica l'allegazione e la dimostrazione della
concreta sussistenza di conseguenze pregiudizievoli, durante la fase acuta
della malattia, superiori all'ordinario. Anche in questo caso difetta nella
specie la relativa allegazione, prima ancora della prova, delle specifiche
circostanze che devono sorreggere la conclusione che il periodo di malattia ha
comportato per il danneggiato un carico di conseguenze pregiudizievoli di
natura esistenziale e/o di sofferenza morale superiore a quanto accade
ordinariamente e, pertanto, il relativo danno deve essere risarcito col
riconoscimento del solo valore tabellare base. Per esemplificare i casi in cui
è possibile concedere la personalizzazione si pensi a storie cliniche
particolarmente travagliate, con complicanze e ripetuti ricoveri e interventi
chirurgici di natura cruenta ovvero malattie di per sé particolarmente dolorose
(si pensi alle lesioni da ustioni). Evenienze che non ricorrono in alcun modo
nel caso di specie, relativo a lesioni particolarmente lievi sia pure plurime,
tanto da non essere state neppure allegate dall'attore.
Si deve pertanto escludere la
richiesta personalizzazione ed il danno non patrimoniale complessivo ammonta
pertanto ad euro 22.798,00 (= euro 18.178,00 + 4.620,00).
Quanto al danno patrimoniale, a
titolo di danno emergente, vanno senz'altro riconosciuti euro 1.349,88 per
spese di cure mediche debitamente documentate dall'attore che sono senz'altro pertinenti
e congrue (cfr. doc.ti 41 -59). L'attore chiede la rifusione anche delle spese
legali nella fase stragiudiziali e, in particolare per le trattative e di
mediazione, rispettivamente per euro 598,53 ed euro 121,00 (cfr. doc. 38 e 39).
Al riguardo è ben noto
l'insegnamento della Cassazione secondo il quale "il danneggiato ha
facoltà, in ragione del suo diritto di difesa, costituzionalmente garantito, di
farsi assistere da un legale di fiducia e, in ipotesi di composizione bonaria
della vertenza, di farsi riconoscere il rimborso delle relative spese legali;
se invece la pretesa risarcitoria sfocia in un giudizio nel quale il
richiedente sia vittorioso, le spese legali sostenute nella fase precedente
all'instaurazione del giudizio divengono componente del danno da liquidare e,
come tali, devono essere chieste e liquidate sotto forma di spese vive o spese
giudiziali" (cfr. Cass., 02.02.2006, n. 2275). Nella specie, però, vanno
riconosciute solo le spese di mediazioni, nell'indicata misura di euro 121,00,
perché le ulteriori spese esposte attengono a pretese attività di trattativa
compiute da altro legale da quello officiato per la fase giudiziale, che però
non risultano minimamente provate, non potendosi considerare prova sufficiente
il mero avviso di parcella depositato. D'altra parte l'attore è libero di
incaricare il numero di difensore che crede ma non può pretendere di scaricare
il relativo aumento di costi sull'assicuratore, che deve invece essere chiamato
a rispondere solo per le spese per le attività che risultano congrue e
necessarie per garantire il diritto di difesa nella fase stragiudiziale.
Quanto al danno patrimoniale da
lucro cessante, l'attore richiede il risarcimento per la lesione alla capacità
lavorativa specifica sia permanente che temporanea, liquidato sulla base del
reddito netto (imponibile) annuo di euro 206.071,00 ottenuto nel 2008 ed
emergente dal Modello Unico 2009 (cfr. doc. 35). A tal fine invoca l'art. 137
cod. ass. che, come è noto, prescrive che il danno si determina "(...) per
il lavoro autonomo, sulla base del reddito netto che risulta il più elevato tra
quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell'imposta sul reddito delle
persone fisiche negli ultimi tre anni (...)". Ai fini della concreta prova
del danno ha poi inizialmente allegato che, a causa delle lesioni subite e
dell'impossibilità di proseguire l'attività lavorativa, ha dovuto chiudere
l'impresa, dimostrando di aver dichiarato redditi nell'anno 2010 per soli euro
2.940,00 (cfr. modello Unico 2011, sub doc. 26), salvo poi ammettere nelle
scritture difensive conclusionali che ha ripreso l'attività lavorativa,
"sebbene non riesca più a sostenere i precedenti ritmi lavorativi e, a
causa dei propri problemi di salute, si veda spesso costretto a rifiutare le
proposte di lavoro che riceve, con conseguente riduzione del reddito
percepito.." (cfr. comparsa conclusionale, pg. 9). Infine, l'attore non ha
prodotto le dichiarazioni dei redditi nei tre anni precedenti, ma solo quella
del 2009 e quella del 2007, dalla quale emerge un reddito imponibile nettamente
inferiore (di euro 57.950,00 cfr. sub doc. 40), sostenendo che nel 2008 ha
lavorato all'estero e non ha pertanto dichiarato reddito in Italia.
A sua volta la difesa della
convenuta contesta l'attendibilità delle dichiarazioni dei redditi 2009, dalla
quale emerge un picco di reddito che non trova alcun confronto con gli anni
precedenti e con gli stessi studi di settore. Non solo ma osserva come dall'estratto
visura delle imprese individuali a suo nome (cfr. doc. 6 conv.) emerge come
l'attore abbia una naturale propensione per la continua apertura e chiusura di
imprese individuali.
Così esposti i dati rilevanti per
la decisione, si deve osservare come l'art. 137 cod. ass., secondo la
prevalente e preferibile interpretazione giurisprudenziale non preveda criteri
fissi ed automatici, nel minimo o nel massimo, di risarcimento per la lesione
alla capacità lavorativa specifica, ma solo dei criteri presuntivi agganciati a
specifiche prove (dichiarazioni dei redditi). In effetti è evidente la
difficoltà della liquidazione di un danno proiettato al futuro, perché nulla
esclude che il reddito percepito al momento dell'illecito si sarebbe
modificato, in aumento o in difetto, pur in assenza dell'illecito.
Opportunamente quindi la legge indica un criterio presuntivo di riferimento,
rappresentato dal reddito netto più elevato negli ultimi tre anni. Tuttavia la
presunzione deve cedere non solo alla prova contraria ma anche in presenza di
specifiche circostanze di fatto che rendono nella sostanza inattendibile quel
dato in proiezione futura, nel caso in particolare si debba ragionevolmente
escludere che il danneggiato sarebbe riuscito a percepire in futuro quel
reddito, pur in assenza dell'illecito. Nella specie è proprio questa la
situazione che viene in esame perché si può ragionevolmente escludere che quel
reddito tanto elevato sarebbe stato ripetuto nel corso del tempo dall'attore,
per le seguenti circostanze di fatto: a) quel reddito non risulta mai essere
stato replicato in altre annualità; b) i redditi prodotti in annualità vicine
sono significativamente inferiori o nulli; c) l'attore ha una naturale
propensione alla chiusura ed aperture di imprese individuali che rende
obiettivamente difficile la stima dei redditi futuri; d) dopo il sinistro ha
cessato ogni attività lavorativa per qualche anno, salvo poi riprendere il
lavoro. Con riferimento alla circostanza sub d) si deve, in particolare,
escludere che la cessazione dell'attività lavorativa possa essere dovuta alle
lesioni subite, come invece allegato dalla difesa dell'attore, e ciò perché non
può ritenersi minimamente verosimile che una lesione della capacità lavorativa
specifica minima, perché valutata al 7% sia tanto grave da impedire, e non solo
ridurre, ogni attività lavorativa. Né può assumersi in fatto che la lesione
alla capacità lavorativa specifica sia in realtà superiore, perché l'attore ha
espressamente accettato la valutazione al 7% (ed in ogni modo il proprio
consulente di parte l'aveva valutata al 10%, valutazione che ai fini che qui
interessano, non sposta significativamente i termini della questione).
Se si considera la grave crisi
economica che ha colpito il settore dell'edilizia, si deve concludere che il
reddito dichiarato nel 2009, per l'anno di imposta 2008 costituisca una
fortunato picco non più replicabile ed un dato sostanzialmente inattendibile
per considerare il reddito che il danneggiato avrebbe conseguito in futuro in
assenza dell'illecito.
Alla luce dei rilievi che
precedono ed alla stregua di una valutazione a questo punto necessariamente
equitativa, si deve porre alla base del calcolo del risarcimento un reddito
annuo di euro 100.000,00. Il danno da lesione alla capacità lavorativa
specifica permanente è, pertanto, di euro 80.724,00 applicando il coefficiente
di 11.532, previsto dalla tabella allegata al r.d. 9 ottobre 1942 n. 1403 per
la classe di età considerata (= euro 100.000,00 x 11.532 x 7%).
Come è ormai prassi di questo
Tribunale non si effettua alcuna decurtazione a titolo di scarto tra vita
lavorativa e vita effettiva, per compensare la circostanza che l'indicata
tabella prevede coefficienti parametrati al censimento del 1911 e, pertanto, ad
aspettative di vita notevolmente inferiori a quella attuale.
Per la temporanea, analogamente
occorre eseguire una valutazione equitativa, partendo dalla condivisibile
argomentazione difensiva dell'attore che difficilmente una fase acuta della
malattia, durata circa 4 mesi, sia pure con inabilità parziale (dal 25 al 75%),
ma con una storia clinica particolarmente travagliata come documentata dai
documenti prodotti, non possa aver avuto significative ripercussioni su un'attività
di impresa individuale di tipo artigiano (intonacatore), svolta personalmente
dal danneggiato ed in assenza di dipendenti.
Ritiene congruo ed equo questo
Giudice riconoscere a tale titolo la somma di euro 15.000,00.
Va, invece, disattesa per
manifesta infondatezza la richiesta di risarcimento da perdita di chances
quantificata in euro 127.988,80, perché anche in tal caso l'attore pretende in
realtà di ottenere una duplicazione risarcitoria mediante l'abile espediente di
utilizzare termini diversi per identificare lo stesso danno. Escluso, infatti,
che l'attore abbia interrotto l'attività lavorativa a causa delle lesioni
subite dal sinistro, considerando la minima entità delle stesse sia sotto il
profilo medico (10%, un solo punto in più delle c.d. micro permanenti) che
sotto quello dell'incidenza sulla capacità lavorativa specifica (7%), una volta
risarcito il danno per la riduzione del reddito subito non residua alcun
ulteriore danno per una pretesa chance in ambito lavorativo, in realtà del
tutto inesistente. Del resto che si tratti di una duplicazione risarcitoria
emerge in tutta evidenza dal criterio di liquidazione proposto, fondato sul
triplo della pensione sociale, trattandosi di un criterio residuale previsto
dall'art. 137 cod. ass. ed alternativo a quello del reddito annuo netto
migliore nelle ultime tre annualità "negli altri casi", ossia nei
casi in cui il soggetto non produca reddito al momento del sinistro (ma sia
prevedibile li avrebbe prodotti in futuro) ovvero produca redditi inferiori. E'
pertanto escluso che i due criteri, quello del reddito netto annuo migliore
nelle ultime tre annualità e quello del triplo della pensione sociale, possano
trovare applicazione congiunta.
Pertanto, in definitiva, il danno
patrimoniale ammonta alla complessiva somma di euro 97.194,88 (= euro 1.349,88
+ 121,00 + 80.724,00 + 15.000,00).
Il danno complessivo è quindi di
euro 119.992,88, di cui euro 22.798,00 per danno non patrimoniale ed euro
97.194,88 per danno patrimoniale.
A titolo di rivalutazione
monetaria ed interessi per il ritardato pagamento, sulla base dei criteri
suggeriti dalla nota sentenza a Sezioni Unite nr. 1712/95 ed in base ad una
valutazione equitativa, fondata sull'andamento nel periodo in considerazione
degli interessi legali, da un lato, e della svalutazione monetaria, dall'altro,
appare equo riconoscere un 4% in ragione annua dall'illecito, ossia il
06.03.2009.
L'attore ha pacificamente
ottenuto 4 acconti: il 01.09.2009 di euro 4.000,00, il 01.10.2010 di euro
30.000,00, il 14.12.2010 di euro 10.000,00 ed il 18.01.2011 di euro 10.000,00
(cfr. doc.ti 2- 5 conv.), che vanno computati prima agli interessi e poi al
capitale, a norma dell'art. 1194 c.c. Per semplificare il calcolo l'intera
somma di euro 54.000,00, percepita a titolo di acconto può considerarsi pagata
il 06.10.2010.
Pertanto, dall'illecito al
pagamento dell'acconto complessivo, sono decorsi 1 anno e 7 mesi e gli
interessi al 4% annuo maturati al momento del pagamento, ammontano ad euro
11.652,23 sicché il danno residuo, al 06.10.2010 è di euro 141.634,97 (euro
183.982,74 + 11.652.23 - 54.000,00).
Pertanto la società convenuta va
condannata a pagare in favore dell'attore la somma sopra indicata oltre al 4%
annuo dal 06.10.2010 al saldo effettivo.
L'accoglimento solo parziale
della domanda dell'attore ed in misura fortemente ridotta alle pretese sia
originarie che definitive nonché l'esposizioni di voci di danno del tutto
inesistenti o gonfiate rispetto alla realtà giustifica la compensazione
parziale, nella misura della metà, delle spese processuali. La società
convenuta va, pertanto, condannata alla rifusione in favore del difensore
dell'attore, che si è dichiarato anticipatario, della restante metà, liquidata
come da dispositivo, tenendo conto dell'attività difensiva effettivamente utile
ai fini della decisione e della ripetitività di molti scritti difensivi e sulla
base dei nuovi parametri di cui al d.m. 20 luglio 2012, nr. 140 (che non
prevedono il rimborso forfettario delle spese generali).
E' noto, infatti, che l'art. 9,
commi 1 e 3 decreto legge 24 gennaio 2012, nr. 1 (convertito in legge 24 marzo
2012, nr. 27) e l'art. 41 d.m. cit. ha abrogato le tariffe professionali in via
retroattiva, nel senso che, secondo l'interpretazione subito offerta dalla
Corte di Cassazione delle citate disposizioni, "i nuovi parametri siano da
applicare ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento
successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca
al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora
completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione
abbia avuto inizio e si sia in parte svolta in epoca precedente, quando ancora
erano in vigore le tariffe professionali abrogate" (cfr. Cass. Sez. Un. civ.,
25 settembre 2012, nr. 17406). Per poter applicare i nuovi parametri per tutta
la causa è dunque necessario che almeno parte della prestazione professionale
si sia svolta dopo il 23 agosto 2012, data di entrata in vigore del d.m. nr.
140 del 2012, considerando che l'art. 9, comma 3 cit. espressamente prevede che
le tariffe professionali, pur abrogate, continuino ad applicarsi, appunto, fino
alla data di entrata in vigore dei decreti ministeriali. Nella specie quasi
tutta la causa si è svolta l'indicato termine, con conclusionali depositate il
05.07.2013 e, pertanto, l'interpretazione sopra riferita delle norme
transitorie è pienamente applicabile.
P.Q.M.
Il Giudice del Tribunale di
Rovereto definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da R.T. contro
Generali Ina Assitalia S.p.A. (già Ina Assitalia S.p.A.), in persona della
procuratrice GBS - Generali Business Solutions S.c.p.a., così provvede:
In parziale accoglimento della
domanda condanna la società convenuta a pagare in favore dell'attore la somma
di euro 141.634,97 oltre al 4% annuo dal 06.10.2010 al saldo effettivo.
Condanna altresì la società
convenuta alla rifusione in favore del difensore anticipatario dell'attore,
Avv. Riccardo Rocca, della metà delle spese processuali, quota che liquida in
complessivi euro 5.138,60 di cui euro 5.000,00 per competenze ed euro 138,60
per spese vive, oltre IVA e CPA come per legge.
Rovereto, 27 luglio 2013.
Depositata il 1° ottobre 2013
IL GIUDICE
(dott. Riccardo Dies)