=> Consiglio Nazionale Forense, 22 giugno 2016
Non può negarsi che la funzione di mediatore possa favorevolmente caratterizzare la
professione di avvocato, ancorché non tipica della stessa, alla luce degli
obblighi formativi imposti. Pertanto, va affermato che l’indicazione di tale
funzione non è fuorviante (attenendo al possesso di una specifica competenza e/o abilitazione a conferma di una capacità professionale alla cui
comunicazione a terzi non può attribuirsi, a priori, alcun fine decettivo)
e aggiunge, comunque, un quid pluris
lecito all’immagine dell’avvocato (rivelando una particolare competenza ed esperienza che vanno a vantaggio del cliente
consentendogli una più approfondita valutazione dei propri interessi
nell’ambito di una procedura di mediazione). Pertanto, nell’ambito dei
titoli di specializzazione ed informazioni sulla propria attività, l’informazione circa il possesso della
qualifica di mediatore va indicata nei termini seguenti: “mediatore abilitato
ai sensi del D.lgs. n. 28/2010 (I).
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 10/2019
Consiglio Nazionale Forense
(rel. Secchieri), n. 73
22 giugno 2016
Quesito n. 187, Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Rieti
Il COA di Rieti chiede di sapere se alla luce delle recenti modifiche
di cui alla L. 247/2012 ed in particolare alla disposizione di cui all’art. 9
rubricato “specializzazioni e successivo regolamento nonché del disposto di cui
all’art. 17 del Codice Deontologico Forense: nell’ambito dei titoli di
specializzazione ed informazioni sulla propria attività, siano legittimamente
divulgabili ed inseribili nella carta intestata del professionista e/o negli
atti giudiziari possono o no ricomprendersi i titoli di: – specialista in
Diritto Civile per conseguimento del diploma presso la Scuola di
Specializzazione in Diritto Civile ad esito di corso triennale ed esame finale
prima dell’entrata in vigore della riforma forense; – Mediatore, con ciò
intendendosi l’avvocato abilitato alla mediazione ai sensi del D.
Lgs. n. 28/2010, che abbia svolto tutti i corsi di aggiornamento imposti
per legge e sia iscritto presso un Organismo di Mediazione.
Consiglio nazionale forense (rel. Secchieri), 22 giugno 2016, n. 73
Per quanto attiene all’indicazione della specializzazione conseguita
dopo un percorso triennale presso l’Università di Camerino, a seguito di esame,
soccorre il comma 8 dell’art. 9, che prevede che “… coloro che alla data di
entrata in vigore della presente legge abbiano conseguito titoli specialistici
universitari possono indicare il relativo titolo con le opportune
specificazioni”.
É quindi consentito l’utilizzo del titolo nella carta intestata del
professionista e/o negli atti giudiziari.
Per quanto attiene al secondo quesito, richiamato il parere n. 88 del
21 settembre 2011 di questa commissione, e rilevato:
– che non pare corretto l’utilizzo del termine “professionista” che
evoca la figura di esercente esclusivo a titolo professionale l’attività di
mediatore
– che l’art. 16, comma 4/bis recita testualmente che: “gli avvocati
sono di diritto mediatori: Gli avvocati iscritti ad organismi di mediazione
devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la
propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico-pratici a ciò
finalizzati, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 55-bis (ora art. 62)
del codice deontologico forense”.
– che con circolare del Min.
Giustizia in data 27 novembre 2013 e successiva integrazione del 9
dicembre è stato espressamente previsto che gli obblighi di formazione e
aggiornamento per il mediatore avvocato debbano avvenire nell’ambito dei
percorsi formativi professionali forensi, la cui organizzazione è demandata al
consiglio nazionale forense e agli ordini circondariali dall’art. 11 legge 31
dicembre 2012 n. 247 nonchè alle associazioni forensi ed ai terzi;
– che l’art. 62 del codice deontologico forense prevede che l’avvocato
non deve assumere il ruolo di mediatore senza adeguata competenza:
– che con circolare
n. 6 del 21 febbraio 2014 il Consiglio Nazionale Forense ha dettato le
linee guida per l’assolvimento degli obblighi formativi del mediatore iscritto
ad un organismo di mediazione;
– che in tale contesto non può negarsi che la funzione di mediatore
possa favorevolmente caratterizzare la professione di avvocato, ancorché non
tipica della stessa, alla luce degli obblighi formativi imposti.
– che nell’ambito dell’informazione sull’attività professionale di cui
all’art. 17 c.d. pare consentita l’indicazione di funzioni (che presuppongono
una particolare attività di formazione) che hanno attinenza con l’esercizio
della professione forense e non le sono, comunque, estranee;
– che l’indicazione non è fuorviante attenendo al possesso di una
specifica competenza e/o abilitazione a conferma di una capacità professionale
alla cui comunicazione a terzi non può attribuirsi, a priori, alcun fine
decettivo; e aggiunge comunque un quid pluris lecito all’ immagine
dell’avvocato, rivelando una particolare competenza ed esperienza che vanno a
vantaggio del cliente consentendogli una più approfondita valutazione dei propri
interessi nell’ambito di una procedura di mediazione;
questa commissione ritiene che l’informazione circa il possesso della
qualifica di mediatore abilitato ai sensi del D.
Lgs. n. 28/2010 non pare, di per sé, confliggere con l’art. 17 del Nuovo
Codice Deontologico Forense, a condizione che detta qualifica venga indicata
nei termini seguenti: “mediatore abilitato ai sensi del D.
Lgs. n. 28/2010”.