Il Ministero della
Giustizia ha di recente adottato una nuova circolare,
con la finalità di dare specifica indicazione
su alcuni profili problematici inerenti la corretta interpretazione ed
applicazione delle modifiche apportate alla disciplina della mediazione civile
(d.lgs. n. 28 del 2010) ad opera
della recente riforma del 2013 (art.
84 d.l. 21 giugno 2013 n. 69, come convertito in l. 9 agosto 2013 n. 98) (1).
Si tratta della Circolare
ministeriale 27 novembre 2013, recante “Entrata
in vigore dell’art. 84 del d.l. 69/2013 come convertito dalla l. 98/2013
recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, che modifica il
d.lgs. 28/2010. Primi chiarimenti”.
Si riporta di
seguito il testo della circolare in oggetto, come pubblicato sul sito web del
Ministero della giustizia.
Si vedano al
riguardo gli Schemi operativi in Nuova
mediazione e primi chiarimenti ministeriali di cui alla Circolare 27 novembre 2013 (Osservatorio Mediazione Civile n. 82/2013)
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 83/2013
Circolare 27 novembre 2013
Entrata in vigore dell’art. 84 del d.l.
69/2013 come convertito dalla l. 98/2013 recante disposizioni urgenti per il
rilancio dell'economia, che modifica il d.lgs. 28/2010.
Primi chiarimenti
27 novembre 2013
prot.168322
Dipartimento
per gli affari di giustizia
Ufficio III
Reparto mediazione
Ufficio III
Reparto mediazione
IL
DIRETTORE GENERALE DELLA GIUSTIZIA CIVILE
Visto l’art. 84 del
decreto legge 21 giugno 2013 n.69 (Pubblicato nella Gazz. Uff. 21 giugno 2013,
n. 144), come convertito dalla legge 9 agosto 2013 n.98 (pubblicata nella Gazz.
Uff. 20 agosto 2013, n. 194);
Visto il decreto interministeriale del Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico 18 ottobre 2010 n. 180, pubblicato sulla G.U. 4 novembre 2010 n. 258;
Visto il decreto interministeriale 6 luglio 2011 n.145, recante modifica al decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010 n.180;
Ritenuta la necessità di dare specifica indicazione su alcuni profili problematici inerenti la corretta interpretazione ed applicazione della normativa indicata;
Visto il decreto interministeriale del Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico 18 ottobre 2010 n. 180, pubblicato sulla G.U. 4 novembre 2010 n. 258;
Visto il decreto interministeriale 6 luglio 2011 n.145, recante modifica al decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010 n.180;
Ritenuta la necessità di dare specifica indicazione su alcuni profili problematici inerenti la corretta interpretazione ed applicazione della normativa indicata;
adotta
la seguente
CIRCOLARE
L’art.
84 del decreto legge 21 giugno 2013 n.69, come convertito dalla legge 9 agosto
2013 n.98, ha introdotto alcune modifiche al testo del decreto
legislativo 4 marzo 2010, n. 28.
Tenuto conto delle novità introdotte, dei quesiti pervenuti e dei principali profili di incertezza applicativa che sono stati posti all’attenzione degli uffici ministeriali, si ritiene necessario fornire le seguenti linee interpretative e direttive in materia.
Tenuto conto delle novità introdotte, dei quesiti pervenuti e dei principali profili di incertezza applicativa che sono stati posti all’attenzione degli uffici ministeriali, si ritiene necessario fornire le seguenti linee interpretative e direttive in materia.
L’indennità dovuta per primo incontro di mediazione. Spese di avvio del procedimento.
Si
richiamano innanzitutto gli organismi di mediazione al rigoroso rispetto della
disposizione di cui all’art. 17 comma 5 ter del D. Lgs. 4 marzo 2010, n.
28, introdotta dall’art.84, comma 1 lett. p) n.2) del decreto legge 21 giugno
2013, n. 69, convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, a tenore del quale
“nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro, nessun
compenso è dovuto per l’organismo di mediazione”.
Si è
posta, infatti, la questione di come debba essere interpretato il riferimento
al termine “compenso” di cui alla suddetta modifica normativa, posto che non è
stato espressamente precisato dal legislatore quale contenuto debba ad esso
essere attribuito.
Tale
previsione normativa deve essere armonizzata con le disposizioni anteriormente
vigenti e, in particolare, con il dato normativo di riferimento, costituito
dalla previsione contenuta nell’art. 16, comma 1, del D.M.
180/2010, secondo cui “l’indennità comprende le spese di avvio del
procedimento e le spese di mediazione”; nonché dal successivo comma 10 dello
stesso articolo 16, che stabilisce altresì che “le spese di mediazione
comprendono anche l’onorario del mediatore per l’intero procedimento di
mediazione”.
Come
si è già avuto modo di chiarire con la circolare 20 dicembre 2011, le spese di
avvio, stabilite in misura fissa ed unitaria, hanno riguardo, più
specificamente, alle spese dell’organismo per potere avviare il procedimento di
mediazione: ricezione della istanza, visione da parte della segreteria, fascicolazione
e registrazione, comunicazione all’altra parte dell’inizio della procedura e
così via.
Si tratta, dunque, delle spese relative all’attività di segreteria, prodromica a quella di mediazione vera e propria svolta dal mediatore. Quest’ultima, dunque, assume valenza diversa, in quanto riguarda le spese di concreto svolgimento dell’attività di mediazione e, in questo senso, ricomprende anche l’onorario del mediatore.
Si tratta, dunque, delle spese relative all’attività di segreteria, prodromica a quella di mediazione vera e propria svolta dal mediatore. Quest’ultima, dunque, assume valenza diversa, in quanto riguarda le spese di concreto svolgimento dell’attività di mediazione e, in questo senso, ricomprende anche l’onorario del mediatore.
Ora,
il riferimento al termine “compenso”, quale corrispettivo per una prestazione
professionale svolta, induce a ritenere che il legislatore abbia voluto fare
riferimento unicamente a quella voce dell’indennità complessiva che riguarda le
sole spese relative all’attività di mediazione vera e propria; mentre è
rimasto fuori dall’ambito di applicazione il riferimento alle spese di avvio
del procedimento che, pertanto, devono continuare ad essere corrisposte.
A
condurre, peraltro, a tale considerazione, è la circostanza che, secondo la
nuova configurazione del procedimento di mediazione derivante dalla novella del
2013, il primo incontro del procedimento di mediazione dovrebbe essere
considerato come momento non ancora inserito nello svolgimento vero e proprio
dell’attività di mediazione, come definita dall’art.1, comma 1, lett. a) del
D.Lgs. 28/2010.
In
questo contesto, infatti, va tenuto presente quanto dispone l’art. 8 comma 1
del D. Lgs. 28/2010, come modificato dall’art. 84 del decreto legge citato, ed
in particolare che: “… Durante il primo incontro il mediatore chiarisce
alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il
mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro
avvocati ad esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione
e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento”.
Tale
ultima disposizione, meglio delineando la natura e la funzione del ‘primo
incontro’ rispetto alla ‘procedura di mediazione’, consente di
comprendere la ragione per la quale il legislatore ha previsto che, “nel caso
di mancato accordo all’esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto per
l’organismo di mediazione”: non essendosi svolta vera e propria “attività di
mediazione” non si potrà richiedere un compenso che attenga, appunto, ad una
attività eventuale e successiva che avrà modo di essere esercitata solo se le
parti intendano procedere oltre.
D’altro
lato, come detto, rimane comunque il diritto dell’organismo di mediazione di
ricevere il pagamento delle spese di avvio, stabilite in misura fissa ed
unitaria, relative all’attività di segreteria prodromica a quella di mediazione
vera e propria svolta dal mediatore.
Pertanto,
considerata la diversa funzione delle due “voci” di cui si compone l’indennità
di cui all’art. 16 del D.M. citato, e la diversa natura e funzione del ‘primo
incontro’, deve ritenersi che le spese di avvio del procedimento,
determinate nella misura fissa di euro 40,00 (art. 16, comma 2) sono dovute al
primo incontro, anche nel caso in cui all’esito dello stesso le parti non
intendano procedere oltre nella mediazione.
Le
spese di avvio sono dovute da entrambe le parti: dalla parte invitante al
momento del deposito della domanda di mediazione e dalla parte invitata al
momento dell’adesione o della partecipazione al primo incontro preliminare.
Quanto
alla parte invitata, è evidente che l’onere di pagare le spese di avvio è
giustificato dal fatto di essersi presentata al primo incontro e di avere
perciò in concreto fruito della funzione del mediatore, sia pur nei limiti
propri di questa fase preliminare, di natura esplicativa. Viceversa, nulla le
potrà essere richiesto nel caso in cui non presenzi al primo incontro. La
gratuità attiene, invece, alle spese di mediazione in senso proprio, nelle
ipotesi in cui non si dia seguito alla procedura di mediazione.
Va ulteriormente precisato che, nel caso di mancata presentazione al primo incontro della parte invitante, nulla potrà essere richiesto alla parte invitata, regolarmente presentatasi.
Va ulteriormente precisato che, nel caso di mancata presentazione al primo incontro della parte invitante, nulla potrà essere richiesto alla parte invitata, regolarmente presentatasi.
Ciò
sul presupposto che le spese di avvio possono essere richieste a quest’ultima
solamente nel caso in cui abbia luogo il primo ‘incontro’, il che postula la
presenza anche della parte invitante.
Per quanto riguarda invece le spese vive (diverse e ulteriori rispetto alle spese di avvio), si ribadisce il contenuto della circolare di questa direzione generale 20 dicembre 2011, secondo cui le stesse dovranno essere corrisposte, purchè documentate dall’organismo di mediazione.
Per quanto riguarda invece le spese vive (diverse e ulteriori rispetto alle spese di avvio), si ribadisce il contenuto della circolare di questa direzione generale 20 dicembre 2011, secondo cui le stesse dovranno essere corrisposte, purchè documentate dall’organismo di mediazione.
Sintesi
conclusiva dei principi espressi
- nel termine
“compenso” di cui all’art. 17 comma 5 ter del D. Lgs. 4 marzo 2010, n. 28
non devono essere comprese le spese di avvio del procedimento;
- le spese di
avvio sono dovute da entrambe le parti comparse al primo incontro;
- nel caso in
cui la parte invitante non sia comparsa al primo incontro, nessuna
indennità può essere richiesta alla parte invitata che sia viceversa
comparsa;
- oltre alle
spese di avvio dovranno essere altresì corrisposte le spese vive
documentate.
Mediazione obbligatoria disposta dal giudice. Criteri di determinazione dell’indennità
Tra
le novità introdotte dall’art. 84 del decreto legge 21 giugno 2013 n.69, come
convertito dalla legge 9 agosto 2013 n.98, vi è quella della mediazione
obbligatoria disposta dal giudice nel corso del procedimento giurisdizionale.
Prevede al riguardo il nuovo testo dell’art. 5 comma 2 del d.lgs. 28/2010:
“Fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4,
il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della
causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre
l’esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso l’esperimento del
procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda
giudiziale anche in sede di giudizio di appello”.
Si è
posta la questione della individuazione dei profili concernenti i criteri di
determinazione dell’indennità di mediazione nei casi in cui sia stato attivato
il procedimento di mediazione in osservanza dell’ordinanza del giudice del
processo.
Invero,
l’art. 17 del D. Lgs. 28/2010, come novellato, prevede, al comma 4 lett. d),
che con decreto ministeriale sono determinate le riduzioni minime delle
indennità dovute nel caso in cui la mediazione è condizione di procedibilità ai
sensi dell’art. 5, comma 1 bis ovvero è disposta dal giudice ai sensi dell’art.
5, comma 2.
Tale
disposizione va coordinata con la previsione del D.M. 180/2010, emanato nella
vigenza di una forma di mediazione obbligatoria, la quale, proprio per tale
ragione, aveva riguardo unicamente alla determinazione delle riduzioni minime
delle indennità nel caso in cui si fosse attivato un procedimento di mediazione
per obbligo ex lege, non sussistendo al tempo la forma della mediazione c.d.
disposta dal giudice.
Si
tratta, allora, di definire allo stato quale sia il criterio da applicare per
la determinazione delle riduzioni minime delle indennità anche nel caso di
quest’ultima forma di mediazione.
In
attesa di eventuali interventi di adeguamento del D.M. citato, allo stato deve
ritenersi che, avendo la mediazione disposta dal giudice natura obbligatoria,
tale identità di natura delle due forme di mediazione in esame assume
particolare valenza al fine di ritenere che anche alla cd. mediazione disposta
dal giudice sia applicabile almeno la riduzione dell’importo massimo del
compenso (e i divieti di aumenti del compenso), esattamente nei termini di cui
all’art. 16 comma 4 lett. d) del D.M. 180/2010, ovvero negli stessi
termini dell’analoga previsione già esistente per l’ipotesi di mediazione
obbligatoria ex lege di cui all’art. 5 comma 1 (ora reintrodotta all’art. 5
comma 1 bis).
A
tale considerazione interpretativa va altresì aggiunta la necessità di seguire
quanto indicato nella direttiva del Ministro della Giustizia del 5 novembre
2013.
Sintesi
conclusiva del principio espresso
- la previsione
di cui all’art. 16 comma 4 lett. d) del D.M. 180/2010 è da
applicarsi anche alle ipotesi di mediazione obbligatoria disposta dal
giudice (art. 5 comma 2 D. Lgs. 28/2010).
Luogo di deposito dell’istanza
L’art
4 comma 1 del d.lgs. 28/2010, come modificato dal decreto legge 69/2013
convertito dalla legge 9 agosto 2013 n.98, prevede che “la domanda di
mediazione relativa alle controversie di cui all'articolo 2 è presentata
mediante deposito di un'istanza presso un organismo nel luogo del giudice
territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande
relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti
all'organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la
prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data
del deposito dell'istanza”.
Tenuto
conto di tale disposizione, rilevante ai fini della individuazione
dell’organismo competente a ricevere l’istanza di mediazione, va chiarito che
la domanda di mediazione dovrà essere presentata presso un organismo di
mediazione accreditato che abbia la propria sede principale o secondaria nel
luogo del giudice territorialmente competente per la controversia che si
intende proporre.
A tal
fine, si precisa che si terrà conto della sede principale dell’organismo
ovvero delle sue sedi secondarie che si trovino nell’ambito di qualunque comune
della circoscrizione del tribunale territorialmente competente a conoscere la
controversia.
Ai
fini della esatta individuazione della sede principale o della sede secondaria
è condizione necessaria che queste ultime siano state regolarmente comunicate
al Ministero vigilante mediante la compilazione e trasmissione della
modulistica al tal uopo predisposta da questa amministrazione e visibile sul
sito www.giustizia.it .
La
suddetta compilazione e trasmissione può avvenire al momento della richiesta di
iscrizione al registro degli organismi di mediazione ovvero in un momento
successivo.
È
altresì condizione necessaria l’adozione, da parte di questa amministrazione,
del provvedimento di iscrizione ovvero di modifica di esso in relazione ad ogni
eventuale successiva richiesta di integrazione delle sedi.
Va
peraltro ribadito che la previsione di un criterio territoriale di
individuazione dell’organismo di mediazione competente esige che tutte le sedi,
anche secondarie, siano organizzate in modo tale da poter
assicurare agli utenti un servizio efficiente e stabile.
Tale obiettivo dovrà essere assicurato da ciascun organismo di mediazione e sarà oggetto di verifica e controllo, anche in sede ispettiva, da parte del Ministero della giustizia.
Tale obiettivo dovrà essere assicurato da ciascun organismo di mediazione e sarà oggetto di verifica e controllo, anche in sede ispettiva, da parte del Ministero della giustizia.
Sintesi
conclusiva del principio espresso
- la
individuazione dell’organismo di mediazione competente a ricevere
l’istanza va fatta tenuto conto del luogo ove lo stesso ha la sede
principale o le sedi secondarie; condizione necessaria è che le suddette
sedi siano state regolarmente comunicate a questa amministrazione ed
oggetto di provvedimento di iscrizione.
Avvocati e mediazione
L’art.
16, comma 4 bis del d.lgs. 28/2010 come modificato dal decreto legge 69/2013,
convertito dalla legge 9 agosto 2013 n. 98, prevede che “gli avvocati iscritti
all’albo sono di diritto mediatori”.
L’art.
5 comma 1 bis, nel reintrodurre la c.d. mediazione obbligatoria, stabilisce
altresì che nelle controversie riguardanti le materie ivi elencate, chi intende
agire in giudizio deve preliminarmente esperire il procedimento di mediazione
“assistito da un avvocato”.
Tali
nuove disposizioni pongono l’esigenza di fornire alcune specifiche indicazioni
Innanzitutto,
è da escludere che gli avvocati possano esercitare la funzione di mediatore al
di fuori di un organismo di mediazione, sia perché, ai sensi dell’art. 14 comma
1, ai mediatori è fatto divieto di percepire compensi direttamente dalle parti;
sia perché l’intero sistema legislativo è congegnato sul presupposto che la
mediazione debba comunque essere svolta in seno ad un organismo, assoggettato
ad un sistema di controlli e responsabilità.
Deve
essere altresì chiarito che l’assistenza dell’avvocato è obbligatoria
esclusivamente nelle ipotesi di c.d. mediazione obbligatoria (ivi compresa
quella disposta dal giudice ex art. 5 comma 2), ma non anche nelle ipotesi di
mediazione facoltativa.
A tale soluzione si perviene agevolmente osservando che, in via generale, il nuovo testo dell’art. 12, comma 1, espressamente configura l’assistenza legale delle parti in mediazione come meramente eventuale ( “ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato…”). Di talchè, ferma la necessità dell’assistenza legale nelle forme di mediazione obbligatoria, nella mediazione c.d. facoltativa le parti possono partecipare senza l’assistenza di un avvocato.
A tale soluzione si perviene agevolmente osservando che, in via generale, il nuovo testo dell’art. 12, comma 1, espressamente configura l’assistenza legale delle parti in mediazione come meramente eventuale ( “ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato…”). Di talchè, ferma la necessità dell’assistenza legale nelle forme di mediazione obbligatoria, nella mediazione c.d. facoltativa le parti possono partecipare senza l’assistenza di un avvocato.
A
tale conclusione non è di ostacolo la disposizione dell’art. 8 del decreto
legislativo, che prevede che “al primo incontro e agli incontri successivi,
fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza
dell’avvocato”. Apparentemente di ambito generale, in realtà tale disposizione
costituisce un completamento della previsione di cui all’art. 5, nel
senso che, nelle ipotesi in cui il procedimento di mediazione è condizione di
procedibilità, la parte che vorrà attivare la procedura di mediazione dovrà
avvalersi dell’assistenza di un avvocato non solo al momento del deposito
dell’istanza, ma anche per tutti i momenti successivi del procedimento di
mediazione, fino al termine della procedura.
Naturalmente,
nell’ambito della mediazione facoltativa, le parti potranno in ogni momento
esercitare la facoltà di ricorrere all’assistenza di un avvocato, anche in
corso di procedura di mediazione.
In
questo caso nulla vieta che le parti vengano assistite dagli avvocati solo
nella fase finale della mediazione e che, quindi, i legali possano, ad esempio,
intervenire per assistere le parti nel momento conclusivo dell’accordo di
mediazione, anche al fine di sottoscriverne il contenuto e certificarne la
conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico, ai sensi e per gli
effetti di cui all’art. 12 citato.
Ulteriore
novità normativa è infine contenuta nella disposizione di cui all’art. 16
d.lgs. 28/2010, che in tema di obblighi formativi, stabilisce che “gli avvocati
iscritti ad organismi di mediazione devono essere adeguatamente formati in
materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di
aggiornamento teorico-pratici a ciò finalizzati, nel rispetto di quanto
previsto dall’art. 55 bis del codice deontologico forense”.
In
base a tale disposizione, proprio il riferimento alla suddetta previsione
regolamentare forense deve condurre a ritenere che gli obblighi di formazione e
aggiornamento per il mediatore avvocato debbano avvenire nell’ambito dei
percorsi formativi professionali forensi, la cui organizzazione è demandata al
consiglio nazionale forense e agli ordini circondariali dall’art.
11 legge 31 dicembre 2012 n. 247.
Più
in generale, la contemporanea qualifica di mediatore e di avvocato,
l’obbligatorietà dell’assistenza legale nella c.d. mediazione obbligatoria, la
necessità comunque dell’assistenza legale nella mediazione facoltativa per
addivenire alla formazione immediata del titolo esecutivo (art. 12), il regime
di autonomia in materia di formazione e aggiornamento riconosciuto agli
avvocati, costituiscono indici normativi che - nel delineare un
regime speciale riservato dal legislatore all’avvocato-mediatore -
pongono l’esigenza di alcune indicazioni, funzionali ad evitare profili
di sovrapposizione tra l’esercizio della professione forense e lo svolgimento
dell’attività di mediatore.
In
tale prospettiva, viene in particolare rilievo la disposizione di cui all’art.
55 bis comma 4 del codice deontologico forense secondo cui: “E’ fatto divieto
all’avvocato consentire che l’organismo di mediazione abbia sede, a qualsiasi
titolo, presso il suo studio o che quest’ultimo abbia sede presso l’organismo
di mediazione”.
Tale
norma, alla luce del ruolo assunto dall’avvocato all’interno della mediazione,
appare rivestire, nel mutato quadro normativo di riferimento, una rilevanza
diretta nell’attività di vigilanza da parte di questa amministrazione, la cui
osservanza assume carattere vincolante per l’organismo di mediazione; ciò nella
prospettiva di escludere la detta sovrapposizione di ruoli e tutelare
l’immagine di imparzialità del mediatore-avvocato.
Lo
svolgimento imparziale dell’attività di mediazione non costituisce infatti
soltanto un dovere del singolo mediatore rispetto alle parti del procedimento
di mediazione e alla questione sottoposta alla sua cognizione (“Al mediatore è
fatto, altresì, obbligo di: a) sottoscrivere, per ciascun affare per il quale è
designato, una dichiarazione di imparzialità secondo le
formule previste dal regolamento di procedura applicabile, nonché gli ulteriori
impegni eventualmente previsti dal medesimo regolamento; b) informare
immediatamente l'organismo e le parti delle ragioni di possibile pregiudizio
all'imparzialità nello svolgimento della mediazione”: art. 14
d.lgs. 28/2010); ma un valore e un dovere imprescindibile dello stesso
organismo di mediazione, come si desume dall’art. 4 del regolamento di cui al
d.m. 180/2010, che nel dettare i criteri per l'iscrizione nel registro
degli organismi, stabilisce che l’autorità vigilante deve verificare, fra
l’altro, che siano offerte “le garanzie di indipendenza e imparzialità”
nello svolgimento del servizio di mediazione (art. 4 lett. e).
Pertanto,
proprio al fine di una compiuta attività di vigilanza di questa
amministrazione, un profilo essenziale sul quale sarà svolta l’attività di
controllo è quello della verifica della insussistenza delle seguenti
circostanze: che l’organismo di mediazione abbia sede presso lo studio di un
avvocato, ovvero presso uno studio associato di avvocati; e che lo studio di un
avvocato abbia sede presso l’organismo di mediazione.
La
violazione di tale norma non darà luogo soltanto alla segnalazione, da parte di
questa autorità di vigilanza, al competente consiglio dell’ordine forense, ma
anche ad atto di rilievo e contestazione dell’inosservanza, con possibile
adozione dei provvedimenti da parte dell’autorità vigilante.
Convenzioni stipulate dagli organismi di mediazione
Strettamente
correlato ai menzionati obblighi di imparzialità ed indipendenza (art. 14
d.lgs. 28/2010 e 4 d.m. 180/2010) è il fenomeno, più volte posto all’attenzione
di questa amministrazione, delle convenzioni o accordi, stipulati tra
l’organismo di mediazione e le parti o i loro patrocinatori, volte a stabilire
forme di agevolazioni – o sconti in materia di compensi economici – a favore di
una soltanto delle parti in mediazione, ovvero dei loro patrocinatori.
Tali
forme di accordo potrebbero rappresentare un fattore in grado di
offuscare o comunque di incidere sull’immagine di imparzialità
dell’organismo di mediazione.
La
disparità di trattamento economico cui le parti in mediazione vengono
assoggettate potrebbe alterare, infatti, la posizione di terzietà
dell’organismo medesimo rispetto ad esse, creando una condizione di favore che,
seppure attenga formalmente solo alla questione del trattamento economico,
appare suscettibile di ingenerare incertezza sull’indipendenza dell’organismo,
in ragione dell’instaurato vincolo giuridico, stabile e continuativo, con
l’ente convenzionato e i suoi aderenti.
Tali
convenzioni quindi devono ritenersi non consentite. In ogni caso,
eventuali agevolazioni o sconti, attuati in concreto, devono essere praticati
nei confronti di tutte le parti in mediazione.
Del
pari non consentiti devono ritenersi quegli accordi o convenzioni,
comunque denominati, in forza dei quali l’organismo di mediazione assuma
l’obbligo giuridico di erogare quote di emolumenti in favore di enti o
associazioni, il cui ammontare è calcolato in percentuale del volume di affari
che gli aderenti a quella associazione - quali parti della mediazione, ovvero
come patrocinatori di esse - sono stati in grado di sviluppare in un
determinato periodo di tempo in favore dell’organismo.
In
tale ipotesi, il meccanismo incentivante in denaro - attuato mediante una vera
e propria suddivisione dei ricavi - con cui l’organismo di mediazione
incoraggia una delle parti (la parte invitante) a rivolgersi ai suoi servizi,
appare direttamente contrastante con le garanzie di ‘indipendenza e
imparzialità’ che devono essere assicurate nel servizio di mediazione (art. 4
d.m. 180/2010 citato).
In
presenza di siffatte convenzioni, l’autorità vigilante provvederà alla
contestazione della violazione e, in difetto della risoluzione delle
stesse, saranno assunte le determinazioni di cui all’art. 10 d.m. 180/2010.
Monitoraggio della mediazione e obblighi degli organismi
L’art.
5 comma 1 bis del d.lgs. 28/2010 inserito con la novella legislativa, nel
reintrodurre la c.d. mediazione obbligatoria, ha previsto che “la presente
disposizione ha efficacia per i quattro anni successivi alla data della sua
entrata in vigore. Al termine di due anni dalla medesima data di entrata in
vigore è attivato su iniziativa del Ministero della giustizia il monitoraggio
degli esiti di tale sperimentazione”.
Essendo
onere dell’amministrazione avviare sin dall’epoca attuale il monitoraggio
richiesto dalla norma primaria suddetta, gli organismi di mediazione saranno
tenuti alla stretta osservanza degli obblighi di comunicazione dei dati
statistici relativi all’attività di mediazione svolta, entro i termini,
con la periodicità e secondo le modalità previsti dalla circolare emessa in
materia dalla competente Direzione Generale di Statistica del Ministero della
Giustizia, pubblicata sul sito internet del Ministero.
La
mancata puntuale osservanza del dovere di comunicazione di cui alla detta
circolare della Direzione Generale di Statistica sarà assunta come elemento
sintomatico della inattività dell’organismo, ovvero comunque della sua
incapacità a garantire uno ‘standard’ minimo di efficienza, a cui lo
stesso è tenuto ai sensi dell’art. 4 d.m. 180/2010, e potrà quindi dare luogo
alle determinazioni di cui all’art. 10 d.m. 180/2010.
Si
rammenta infine che, ai sensi dell’art. 8, comma 1 del D.M. 180/2010, il
responsabile dell’organismo iscritto è obbligato a comunicare immediatamente
tutte le vicende modificative dei requisiti, dei dati e degli elenchi
comunicati ai fini dell’iscrizione, compreso l’adempimento dell’obbligo di
aggiornamento formativo dei mediatori iscritti negli elenchi.
Ai
sensi dell’art. 10 comma 4 del D.M. 180/2010, il responsabile della tenuta del
Registro si riserva in ogni momento l’esercizio del potere di controllo, anche
tramite l’Ispettorato Generale del Ministero della Giustizia, mediante
ispezioni presso le sedi principali e secondarie degli organismi.
IL
DIRETTORE GENERALE
Marco Mancinetti
Marco Mancinetti