=> Trib. Palermo, 30 dicembre 2011
Il tentativo di conciliazione è obbligatorio anche quando l'attore vuole vedere dichiarato il proprio acquisto del diritto reale per usucapione, poiché trattasi di "controversia in materia di diritti reali" ai sensi del primo comma dell'art. 5 del d.lgs. 28/10 e poiché è possibile una risoluzione extragiudiziale della lite (1).
Difatti, l'assenza, in relazione al procedimento di mediazione, del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato comporta che in relazione alla domanda di usucapione è possibile ipotizzare vari accordi risolutivi della controversia; quindi, la mediazione non è inutile per la sola circostanza che l'eventuale verbale di accordo non sia trascrivibile.
(1) Si veda Decreto legislativo n. 28 del 2010 aggiornato alla c.d. manovra bis 2011, in Osservatorio Mediazione Civile n. 2/2011 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com).
Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 49/2012
Tribunale di Palermo
Sezione distaccata di Bagheria
30 dicembre 2011
Ordinanza
Il Giudice
sciogliendo la riserva;
rilevato che la causa in questione (relativa ad una domanda di accertamento dell'acquisito della proprietà per usucapione) verte in una materia oggetto di mediazione obbligatoria in base alle previsioni del d.lgs. 28/2010;
ritenuto che le domande in tema di usucapione rientrano nell'ambito della mediazione obbligatoria costituendo domande relative a "controversie in materia di diritti reali" (e come tali soggette a mediazione obbligatoria) quelle volte ad ottenere l'accertamento dell'avvenuto acquisto, per possesso prolungato nel tempo, del diritto reale di proprietà o di un diritto reale di godimento;
considerato che non è condivisibile quell'impostazione per cui - poiché la mediazione in tema di usucapione non può avere il medesimo effetto della sentenza (posto che non sarebbe trascrivibile il negozio di accertamento dell'acquisto della proprietà per usucapione) - allora un'interpretazione costituzionalmente orientata del d.lgs. 28/2010 dovrebbe portare ad escludere le controversie in materia di usucapione dalla mediazione obbligatoria;
ritenuto, infatti, che il procedimento di mediazione tende a fare trovare un accordo che impedisca il sorgere del contenzioso giudiziario, senza che necessariamente tale accordo debba coincidere con il contenuto della pronuncia giudiziaria richiesta da parte attrice;
considerato che la mediazione non è un clone anticipato della sentenza: l'accordo in sede di mediazione sulla domanda di usucapione può essere configurato in mille forme, tutte idonee a fare venire meno la lite (ad esempio trasferimento della proprietà del bene con acquisto a titolo derivativo o rinuncia alla domanda di acquisto della proprietà per usucapione a fronte del pagamento di una somma di denaro);
rilevato, in altri termini, che l'assenza, in relazione al procedimento di mediazione, del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato comporta che una controversia che entra in mediazione come domanda di usucapione può uscirne mediata in un'altra forma;
ritenuto, pertanto, che, se è vero che la mediazione è da ritenere non necessaria nei casi in cui non sia configurabile un accordo che possa evitare la lite, è anche vero che in relazione alla domanda di usucapione è possibile ipotizzare vari accordi risolutivi della controversia;
rilevato, quindi, che la mediazione non è inutile per la sola circostanza che l'eventuale verbale di accordo non sia trascrivibile;
considerato, in conclusione, che il tentativo di conciliazione è obbligatorio anche quando l'attore vuole vedere dichiarato il proprio acquisto del diritto reale per usucapione, poiché trattasi di "controversia in materia di diritti reali" ai sensi del primo comma dell'art. 5 del d.lgs. 28/10 e poichè è possibile una risoluzione extragiudiziale della lite;
visto che nel caso di specie non risulta espletato il procedimento di mediazione richiesto dal citato d.lgs. 28/2010 quale condizione di procedibilità della domanda;
rilevato che non è andata a buon fine la notificazione dell'atto di citazione ad uno dei convenuti;
considerato che non può allo stato assegnarsi il termine di 15 giorni per la presentazione della domanda di mediazione (con rinvio della causa ad un'udienza successiva alla scadenza del termine, di 4 mesi, di durata massima della mediazione), dovendosi prima instaurare correttamente il contraddittorio tra le parti;
rilevato, invero, in generale, che non può disporsi la rinnovazione della citazione o della notificazione della stessa o l'integrazione del contraddittorio per una successiva udienza assegnando contestualmente il termine per la proposizione dell'istanza di mediazione;
considerato, infatti, che è necessario garantire a tutte le parti del giudizio la possibilità di interloquire sulla necessità o meno di instaurare un procedimento di mediazione (con riferimento ad esempio alla circostanza della sussumibilità della specifica controversia in quelle soggette per legge alla mediazione obbligatoria);
ritenuto che l'invio delle parti in mediazione contestualmente all'imposizione degli adempimenti per la regolare instaurazione del contraddittorio sarebbe sì una soluzione attuativa del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, ma impedirebbe alle parti ancora non presenti in giudizio di evidenziare le ragioni per cui non andrebbe effettuata la mediazione obbligatoria e potrebbe comportare, in caso di presentazione davanti al mediatore del chiamato in mediazione, la sopportazione di costi ad opera di quest'ultimo soggetto ancora non costituito in giudizio e la necessità per lo stesso chiamato, in caso di sua contumacia nel procedimento di mediazione, di dover motivare il giustificato motivo della sua assenza qualora decidesse di costituirsi poi in giudizio e ciò al fine di evitare le conseguenze negative previste dall'art. 8, comma 5, d.lgs. 28/10;
valutato che è vero che più volte la Corte di Cassazione ha evidenziato che l'ordinamento vigente impone la necessità di interpretare ed applicare la normativa processuale in armonia con il principio di cui all'art. 111 Cost. sulla ragionevole durata del processo come principio che conduce ad escludere che il mancato compimento di adempimenti processuali che si siano appalesati del tutto superflui possa condurre ad una conseguenza di sfavore per il processo, ma che è anche vero che ciò vale sempre che siano rispettati il principio del contraddittorio ed il diritto di difesa (v. Cass., sez. un., 20604/08; sez. un. 9962/10; sull'incidenza sulle regole processuali del principio della ragionevole durata del processo solo dopo la regolare instaurazione del contraddittorio v. anche, in materia di decisioni della c.d terza via, Cass., sez. III, 6051/10);
considerato comunque, che, in linea con le citate esigenze di ragionevole durata del processo, nulla esclude che nel presente giudizio l'attore si attivi spontaneamente, dopo la rinnovazione della notificazione dell'atto di citazione, e quindi la pendenza della lite, ma prima dell'udienza di comparizione davanti al giudice, per provocare il tentativo di mediazione, così evitando di dover attendere a tal fine l'udienza ex art. 183 c.p.c. per poi dovere subire il rilievo officioso dell'improcedibilità della domanda e, quindi, un ulteriore rinvio ad oltre quattro mesi di distanza;
P.Q.M.
dispone rinnovarsi, nel rispetto dei termini di legge, la notificazione all'estero della citazione non andata a buon fine;
fissa come nuova prima udienza di comparizione delle parti quella del 31.10.2012, ore 10.00.