=> Corte Giustizia UE, 27 giugno 2013
In seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 272 del 2012 non vi è più luogo a rispondere alle
questioni sollevate in via pregiudiziale dal Giudice di pace di Mercato San
Severino con ordinanza del 21 settembre 2011 nella causa C 492/11 in quanto
le nove questioni pregiudiziali rivolte alla Corte presentano ormai un
carattere teorico (1) (2).
Il
Giudice di pace di Mercato San Severino aveva deciso di sospendere il
procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti
questioni pregiudiziali:
«Se
gli articoli 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, l’articolo 47 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea (…), la Direttiva 2008/52 (…), il principio
generale del Diritto dell’Unione di tutela giurisdizionale effettiva ed, in
generale, il Diritto dell’Unione nel suo complesso ostino a che venga
introdotta in uno degli Stati membri dell’Unione europea una normativa come
quella recata (…) dal D. Lgs. n. 28/2010 e dal decreto ministeriale
n. 180/2010, (…) secondo la quale:
1) il
giudice può desumere, nel successivo giudizio, argomenti di prova a carico
della parte che ha mancato di partecipare, senza giustificato motivo, ad un
procedimento di mediazione obbligatoria;
2) il
giudice deve escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte
vincitrice che ha rifiutato una proposta di conciliazione, riferibili al
periodo successivo alla formulazione della stessa, e deve condannarla al
rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso
periodo, nonché al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di
un’ulteriore somma di importo corrispondente a quella già versata per l’imposta
dovuta (contributo unificato), se la sentenza con la quale definisce la causa
intentata dopo la formulazione della proposta rifiutata corrisponda interamente
al contenuto della proposta stessa;
3) il
giudice, ricorrendo gravi ed eccezionali ragioni, può escludere la ripetizione
delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l’indennità corrisposta al
mediatore e per il compenso dovuto all’esperto, anche se il provvedimento che
definisce il giudizio non corrisponda interamente al contenuto della proposta;
4) il
giudice deve condannare, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di
una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il
giudizio, la parte che non abbia partecipato al procedimento di mediazione
senza giustificato motivo;
5) il
Mediatore può, o addirittura deve, formulare una proposta di conciliazione
anche in mancanza di accordo delle parti ed anche in caso di mancata
partecipazione delle parti alla procedura;
6) il
termine entro cui deve concludersi il tentativo di mediazione può arrivare fino
a quattro mesi;
7) pur
dopo il decorso del termine di quattro mesi dall’inizio della procedura
l’azione sarà proponibile solo dopo che sarà stato acquisito, presso la
segreteria dell’Organismo di mediazione, il verbale di mancato accordo, redatto
dal Mediatore, con l’indicazione della proposta rifiutata;
8) non
è escluso che i procedimenti di mediazione possano moltiplicarsi – con
conseguente moltiplicazione dei tempi di definizione della controversia – tante
volte quante siano le domande nuove legittimamente proposte nel corso del
medesimo giudizio nel frattempo iniziato;
9) il
costo della procedura di mediazione obbligatoria è almeno due volte più elevato
di quello del processo giurisdizionale che la procedura di mediazione mira a
scongiurare e la sproporzione aumenta esponenzialmente con l’aumentare del
valore della controversia (fino a far diventare il costo della mediazione anche
più che sestuplo rispetto al costo del processo giurisdizionale) o con
l’aumentare della sua complessità (in tale ultimo caso rivelandosi necessaria
la nomina di un esperto, da retribuirsi dalle parti della procedura, che aiuti
il Mediatore in controversie che richiedono specifiche competenze tecniche
senza che la relazione tecnica stilata dall’esperto o le informazioni da lui
acquisite possano essere utilizzate nel successivo giudizio)».
I Giudici
di Lussemburgo osservano al riguardo quanto segue.
A. Sulle questioni 1,
2, 3 e 4.
“Le
prime quattro questioni riguardano la compatibilità con il diritto dell’Unione
di una normativa che consente al giudice, da un lato, di utilizzare elementi di
prova a carico della parte che non ha partecipato, senza giustificato motivo, a
un procedimento di mediazione obbligatoria, e di condannarla a versare
all’entrata del bilancio dello Stato una somma di importo corrispondente al
contributo unificato per le spese (articolo 8, comma 5, del decreto legislativo
n. 28/2010) e, dall’altro, di escludere la ripetizione delle spese
sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta di conciliazione
e di condannarla a sostenere le spese della mediazione (articolo 13 di tale
decreto). Tali questioni si riferiscono
quindi esclusivamente a disposizioni che sono state dichiarate
costituzionalmente illegittime. Stanti tali premesse, dette questioni sono
divenute prive di oggetto per effetto delle modifiche intervenute in ordine
all’applicabilità delle disposizioni nazionali controverse”.
B. Sulle questioni 5,
6, 7, 8, e 9.
“Per
quanto attiene alle ultime cinque questioni relative allo svolgimento del
procedimento di mediazione, ai termini per la sua esecuzione nonché al relativo
costo, si deve osservare, alla stregua di quanto constatato al punto 27 della
presente sentenza, che il contesto giuridico nazionale nel quale si inserisce
la controversia principale non è più quello descritto dal giudice nazionale
nella sua decisione di rinvio. Invero, poiché
è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 5, comma 1, del
decreto legislativo n. 28/2010, le parti non sono ormai più tenute a
partecipare a un procedimento di mediazione. Di conseguenza, come
illustrato dall’avvocato generale al paragrafo 29 delle sue conclusioni, dette
questioni hanno perso la loro rilevanza ai fini dell’emananda decisione nel
procedimento principale”.
(1) Si veda C. Cost. n. 272/12: incostituzionalità della mediazione obbligatoriaper eccesso di delega legislativa, Osservatorio Mediazione Civile n.
128/2012 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com).
(2) Si veda G.d.P. Mercato San
Severino 21 settembre 2011, Mediazione obbligatoria e principio ditutela giurisdizionale effettiva: rinvio pregiudiziale alla corte di Giustizia,
Osservatorio Mediazione Civile n. 37/2012 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com).
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 60/2013
Corte di Giustizia
Terza sezione
27 giugno 2013
Sentenza
«Cooperazione
giudiziaria in materia civile – Mediazione in materia civile e commerciale –
Direttiva 2008/52/CE – Normativa nazionale che prevede un procedimento di
mediazione obbligatoria – Non luogo a statuire»
Nella causa C‑492/11,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia
pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal
Giudice di pace di Mercato San Severino, con ordinanza del 21 settembre 2011,
pervenuta in cancelleria il 26 settembre 2011, nel procedimento
Ciro Di Donna
contro
Società
imballaggi metallici Salerno srl (SIMSA),
LA CORTE (Terza Sezione),
composta da M. Ilešič, presidente di
sezione, E. Jarašiūnas, A. Ó Caoimh, C. Toader (relatore) e
C. G. Fernlund, giudici,
avvocato generale: J. Kokott
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per
il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da
S. Varone, avvocato dello Stato;
– per
il governo francese, da G. de Bergues e J.‑S. Pilczer, in qualità di
agenti;
– per
il governo austriaco, da A. Posch, in qualità di agente;
– per
la Commissione europea, da F. Moro e M. Wilderspin, in qualità di
agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato
generale, presentate all’udienza dell’11 aprile 2013,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La
domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva
2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa
a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale (GU
L 136, pag. 3), degli articoli 6 e 13 della Convenzione europea per
la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta fondamentali, firmata a
Roma il 4 novembre 1950, nonché dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea.
2 Tale
domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il
sig. Di Donna e la Società imballaggi metallici Salerno (SIMSA) srl
(in prosieguo: la «SIMSA»), in merito al risarcimento del danno causato
all’autoveicolo del ricorrente e per il quale il Giudice di pace di Mercato San
Severino intende applicare il procedimento di mediazione obbligatoria previsto
dal diritto italiano.
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
3 I
considerando 8 e 10 della direttiva 2008/52 così recitano:
«(8) Le
disposizioni della presente direttiva dovrebbero applicarsi soltanto alla
mediazione nelle controversie transfrontaliere, ma nulla dovrebbe vietare agli
Stati membri di applicare tali disposizioni anche ai procedimenti di mediazione
interni.
(…)
10 La
presente direttiva dovrebbe applicarsi ai procedimenti in cui due o più parti
di una controversia transfrontaliera tentino esse stesse di raggiungere
volontariamente una composizione amichevole della loro controversia con
l’assistenza di un mediatore. Essa dovrebbe applicarsi in materia civile e
commerciale (...)».
4 L’articolo
1, paragrafo 1, di tale direttiva così prevede:
«La presente direttiva ha l’obiettivo di
facilitare l’accesso alla risoluzione alternativa delle controversie e di
promuovere la composizione amichevole delle medesime incoraggiando il ricorso
alla mediazione e garantendo un’equilibrata relazione tra mediazione e
procedimento giudiziario».
5 L’articolo
3, lettera a), della richiamata direttiva così dispone:
«(...) si applicano le seguenti
definizioni:
a) per
“mediazione” si intende un procedimento strutturato, indipendentemente dalla
denominazione, dove due o più parti di una controversia tentano esse stesse, su
base volontaria, di raggiungere un accordo sulla risoluzione della medesima con
l’assistenza di un mediatore. Tale procedimento può essere avviato dalle parti,
suggerito od ordinato da un organo giurisdizionale o prescritto dal diritto di
uno Stato membro.
(…)».
6 L’articolo
5, paragrafo 2, di tale medesima direttiva così prevede:
«La presente direttiva lascia
impregiudicata la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione
obbligatorio oppure soggetto a incentivi o sanzioni, sia prima che dopo
l’inizio del procedimento giudiziario, purché tale legislazione non impedisca
alle parti di esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario».
7 L’articolo
7, paragrafo 1, della direttiva 2008/52 è formulato nei termini seguenti:
«Poiché la mediazione deve avere luogo in
modo da rispettare la riservatezza, gli Stati membri garantiscono che, a meno
che le parti non decidano diversamente, né i mediatori né i soggetti coinvolti
nell’amministrazione del procedimento di mediazione siano obbligati a
testimoniare nel procedimento giudiziario o di arbitrato in materia civile e
commerciale riguardo alle informazioni risultanti da un procedimento di
mediazione o connesse con lo stesso, tranne nei casi in cui:
a) ciò
sia necessario per superiori considerazioni di ordine pubblico dello Stato
membro interessato, in particolare sia necessario per assicurare la protezione
degli interessi superiori dei minori o per scongiurare un danno all’integrità
fisica o psicologica di una persona; oppure
b) la
comunicazione del contenuto dell’accordo risultante dalla mediazione sia
necessaria ai fini dell’applicazione o dell’esecuzione di tale accordo.
(…)».
Il diritto italiano
Il decreto legislativo n. 28/2010
8 Il
decreto legislativo del 4 marzo 2010, n. 28, recante attuazione
dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di
mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e
commerciali (GURI n. 53, del 5 marzo 2010; in prosieguo: il «decreto
legislativo n. 28/2010»), è stato comunicato alla Commissione europea in
quanto misura nazionale di trasposizione della direttiva 2008/52.
9 L’articolo
5, comma 1, di tale decreto così prevede:
«Chi intende esercitare in giudizio
un’azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali,
divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato,
affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di
veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo
della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e
finanziari, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione
ai sensi del presente decreto (…). L’esperimento del procedimento di mediazione
è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’improcedibilità deve
essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal
giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è
già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la
scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la
mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il
termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione».
10 L’articolo
6 di detto decreto così recita:
«1. Il
procedimento di mediazione ha una durata non superiore a quattro mesi.
(…)».
11 L’articolo
8 del decreto legislativo n. 28/2010, come modificato dalla legge del 14
settembre 2011, n. 148 (GURI n. 216, del 16 settembre 2011,
pag. 1), disciplina l’esperimento del procedimento di mediazione. Tale
articolo dispone quanto segue:
«1. All’atto della presentazione della
domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e
fissa il primo incontro tra le parti non oltre quindici giorni dal deposito
della domanda. (…)
(…)».
12 L’articolo
11 del decreto n. 28/2010 così dispone:
«1. Se è raggiunto un accordo amichevole,
il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell’accordo
medesimo. Quando l’accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare una
proposta di conciliazione. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di
conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento
del procedimento. Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa
le parti delle possibili conseguenze di cui all’articolo 13.
(...)
4. Se
la conciliazione non riesce, il mediatore forma processo verbale con
l’indicazione della proposta; il verbale è sottoscritto dalle parti e dal
mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o
la loro impossibilità di sottoscrivere. Nello stesso verbale, il mediatore dà
atto della mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di
mediazione».
13 L’articolo
13 di detto decreto, relativo alle spese processuali, così prevede:
«1.
Quando il provvedimento che definisce il
giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice
esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha
rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della
stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente
relative allo stesso periodo, nonché al versamento all’entrata del bilancio
dello Stato di un’ulteriore somma di importo corrispondente al contributo
unificato dovuto. Resta ferma l’applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice
di procedura civile. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano
altresì alle spese per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso
dovuto all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4.
2. Quando
il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al
contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali
ragioni, può nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla
parte vincitrice per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso
dovuto all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4».
Il decreto ministeriale
n. 180/2010
14 In
via regolamentare, il governo italiano ha emanato il decreto ministeriale
n. 180, del 18 ottobre 2010, come modificato dal decreto ministeriale
n. 145, del 6 luglio 2011 (in prosieguo: il «decreto ministeriale
n. 180/2010»). Ai fini della presente causa, l’articolo 16 del decreto
ministeriale n. 180/2010 così prevede:
«1. L’indennità comprende le spese di avvio
del procedimento e le spese di mediazione.
2. Per
le spese di avvio, a valere sull’indennità complessiva, è dovuto da ciascuna
parte un importo di euro 40,00 che è versato dall’istante al momento del
deposito della domanda di mediazione e dalla parte chiamata alla mediazione al
momento della sua adesione al procedimento.
3. Per le spese di mediazione è dovuto da
ciascuna parte l’importo indicato nella tabella A allegata al presente decreto.
4. L’importo massimo delle spese di
mediazione per ciascun scaglione di riferimento, come determinato a norma della
medesima tabella A:
a) può
essere aumentato in misura non superiore a un quinto tenuto conto della
particolare importanza, complessità o difficoltà dell’affare;
b) deve
essere aumentato in misura non superiore a un quarto in caso di successo della
mediazione;
c) deve
essere aumentato di un quinto nel caso di formulazione della proposta ai sensi
dell’articolo 11 del decreto legislativo [n. 28/2010];
d) nelle
materie di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo
[n. 28/2010], deve essere ridotto di un terzo per i primi sei scaglioni, e
della metà per i restanti, salva la riduzione prevista dalla lettera e) del
presente comma, e non si applica alcun altro aumento tra quelli previsti dal
presente articolo a eccezione di quello previsto dalla lettera b) del presente
comma;
e) deve
essere ridotto a euro quaranta per il primo scaglione e ad euro cinquanta per
tutti gli altri scaglioni, ferma restando l’applicazione della lettera c) del
presente comma quando nessuna delle controparti di quella che ha introdotto la
mediazione, partecipa al procedimento.
(…)
14. Gli
importi minimi delle indennità per ciascun scaglione di riferimento, come
determinati a norma della tabella A allegata al presente decreto, sono
derogabili».
15 La
tabella A, citata nell’articolo 16, comma 4, del decreto ministeriale
n. 180/2010, si presenta come segue:
Valore della lite
|
Spesa (per ciascuna parte)
|
|
Fino a € 1 000
|
€
|
65
|
Da € 1 001 a € 5 000
|
€
|
130
|
Da € 5 001 a € 10 000
|
€
|
240
|
Da € 10 001 a € 25 000
|
€
|
360
|
Da € 25 001 a € 50 000
|
€
|
600
|
Da € 50 001 a € 250 000
|
€
|
1 000
|
Da € 250 001 a € 500 000
|
€
|
2 000
|
Da € 500 001 a € 2 500 000
|
€
|
3 800
|
Da € 2 500 001 a €
5 000 000
|
€
|
5 200
|
Oltre € 5 000 000
|
€
|
9 200
|
Procedimento principale e questioni
pregiudiziali
16 Il
sig. Di Donna ha citato in giudizio la SIMSA per sentirne pronunciare la
condanna al risarcimento del danno cagionato alla sua autovettura da un
carrello elevatore appartenente a tale società. Come risulta dal fascicolo, la
SIMSA non ha contestato i fatti, ma ha chiesto lo spostamento della prima
udienza al fine di consentire la chiamata in garanzia della compagnia
assicuratrice con la quale essa ha stipulato una polizza che la garantisce per
responsabilità da fatti illeciti. Essa ha tuttavia sostenuto, in proposito, che
prima di chiamare in garanzia tale compagnia assicuratrice occorreva sottoporre
la controversia al procedimento di mediazione obbligatoria previsto dal decreto
legislativo n. 28/2010.
17 Il
giudice del rinvio ritiene che tale decreto sia applicabile ai fatti di cui al
procedimento principale, in quanto il rapporto contrattuale esistente tra la
SIMSA e la compagnia assicuratrice chiamata a intervenire rientra nell’ambito
delle assicurazioni per il quale il procedimento di mediazione è obbligatorio,
ai sensi dell’articolo 5, comma 1, di detto decreto, pena l’improcedibilità
della domanda giudiziale. Il Giudice di pace di Mercato San Severino si pone
tuttavia la questione se, ai fini di fissare la data della prossima udienza, si
debba tenere conto del termine a comparire di 45 giorni previsto per la
chiamata in causa, oppure anche di quello di quattro mesi necessario per lo
svolgimento del procedimento di mediazione. Il giudice del rinvio condivide
peraltro i dubbi della SIMSA in ordine alla compatibilità delle disposizioni
del decreto legislativo n. 28/2010 con il diritto dell’Unione.
18 In
tale contesto il Giudice di pace di Mercato San Severino ha deciso di
sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni
pregiudiziali:
«Se gli articoli 6 e 13 della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali,
l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (…), la
Direttiva 2008/52 (…), il principio generale del Diritto dell’Unione di tutela
giurisdizionale effettiva ed, in generale, il Diritto dell’Unione nel suo
complesso ostino a che venga introdotta in uno degli Stati membri dell’Unione
europea una normativa come quella recata (…) dal D. Lgs. n. 28/2010 e dal decreto
ministeriale n. 180/2010, (…) secondo la quale:
1) il
giudice può desumere, nel successivo giudizio, argomenti di prova a carico
della parte che ha mancato di partecipare, senza giustificato motivo, ad un
procedimento di mediazione obbligatoria;
2) il
giudice deve escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte
vincitrice che ha rifiutato una proposta di conciliazione, riferibili al
periodo successivo alla formulazione della stessa, e deve condannarla al
rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso
periodo, nonché al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di
un’ulteriore somma di importo corrispondente a quella già versata per l’imposta
dovuta (contributo unificato), se la sentenza con la quale definisce la causa
intentata dopo la formulazione della proposta rifiutata corrisponda interamente
al contenuto della proposta stessa;
3) il
giudice, ricorrendo gravi ed eccezionali ragioni, può escludere la ripetizione
delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l’indennità corrisposta al
mediatore e per il compenso dovuto all’esperto, anche se il provvedimento che
definisce il giudizio non corrisponda interamente al contenuto della proposta;
4) il
giudice deve condannare, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di
una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il
giudizio, la parte che non abbia partecipato al procedimento di mediazione
senza giustificato motivo;
5) il
Mediatore può, o addirittura deve, formulare una proposta di conciliazione
anche in mancanza di accordo delle parti ed anche in caso di mancata
partecipazione delle parti alla procedura;
6) il
termine entro cui deve concludersi il tentativo di mediazione può arrivare fino
a quattro mesi;
7) pur
dopo il decorso del termine di quattro mesi dall’inizio della procedura
l’azione sarà proponibile solo dopo che sarà stato acquisito, presso la
segreteria dell’Organismo di mediazione, il verbale di mancato accordo, redatto
dal Mediatore, con l’indicazione della proposta rifiutata;
8) non è
escluso che i procedimenti di mediazione possano moltiplicarsi – con
conseguente moltiplicazione dei tempi di definizione della controversia – tante
volte quante siano le domande nuove legittimamente proposte nel corso del
medesimo giudizio nel frattempo iniziato;
9) il
costo della procedura di mediazione obbligatoria è almeno due volte più elevato
di quello del processo giurisdizionale che la procedura di mediazione mira a
scongiurare e la sproporzione aumenta esponenzialmente con l’aumentare del
valore della controversia (fino a far diventare il costo della mediazione anche
più che sestuplo rispetto al costo del processo giurisdizionale) o con
l’aumentare della sua complessità (in tale ultimo caso rivelandosi necessaria
la nomina di un esperto, da retribuirsi dalle parti della procedura, che aiuti
il Mediatore in controversie che richiedono specifiche competenze tecniche
senza che la relazione tecnica stilata dall’esperto o le informazioni da lui
acquisite possano essere utilizzate nel successivo giudizio)».
Gli sviluppi intervenuti successivamente
alla presentazione della domanda di pronuncia pregiudiziale
19 In
seguito a una domanda di chiarimenti della Corte concernente i motivi a sostegno
della necessità del presente rinvio pregiudiziale ai fini della risoluzione
della controversia principale, il giudice del rinvio, con risposta del 9 marzo
2012, ha dichiarato che, nel caso in cui la Corte dovesse decidere nel senso
dell’incompatibilità della normativa nazionale con il diritto dell’Unione, egli
sarebbe tenuto a non sottoporre la controversia principale al procedimento di
mediazione, il che comporterebbe conseguenze sul calcolo del termine per la
fissazione dell’udienza.
20 Con
sentenza n. 272/2012, pronunciata il 24 ottobre 2012, la Corte
costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di taluni articoli
del decreto legislativo n. 28/2010, in particolare degli articoli 5, comma
1, 8, comma 5, nonché 13, ad eccezione, per quest’ultimo, del rinvio agli
articoli 92 e 96 del Codice di procedura civile, che tuttavia non risultano
rilevanti nel procedimento principale.
21 Da
tale sentenza emerge, in particolare, che, in seguito alla dichiarazione
d’illegittimità costituzionale dell’articolo 5, comma 1, del decreto
legislativo n. 28/2010, il previo esperimento del procedimento di
mediazione in Italia non è più una condizione di procedibilità della domanda
giudiziale e le parti ormai non sono più tenute a ricorrere al procedimento di
mediazione.
22 Con
lettera del 14 dicembre 2012, la cancelleria della Corte ha chiesto al giudice
del rinvio di indicare le conseguenze della sentenza n. 272/2012 sia sulla
controversia nazionale dinanzi a esso pendente, sia sul rinvio pregiudiziale.
23 Con
lettera del 17 gennaio 2013, detto giudice ha risposto che avrebbe mantenuto la
propria domanda di pronuncia pregiudiziale. Tuttavia, egli non ha preso
posizione sull’impatto di detta sentenza per quanto concerne l’emananda
decisione nel procedimento principale, né sulla rilevanza delle questioni
pregiudiziali sottoposte alla Corte.
Sul rinvio pregiudiziale
24 Dalla
giurisprudenza della Corte emerge che, nell’ambito della cooperazione tra la
stessa e i giudici nazionali, prevista dall’articolo 267 TFUE, spetta
soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che
deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale,
valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità
di una pronuncia pregiudiziale al fine di poter emettere la propria sentenza,
sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte. Di conseguenza,
se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione di una disposizione del
diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (v., in
particolare, sentenze del 15 dicembre 1995, Bosman, C‑415/93,
Racc. pag. I‑4921, punto 59; del 13 marzo 2001, PreussenElektra, C‑379/98,
Racc. pag. I‑2099, punto 38, e del 9 dicembre 2010, Fluxys, C‑241/09,
Racc. pag. I‑12773, punto 28).
25 Tuttavia,
la Corte ha anche chiarito che, in ipotesi eccezionali, le spetta esaminare le
condizioni in cui è adita dal giudice nazionale al fine di verificare la
propria competenza. Il suo rifiuto di pronunciarsi su una domanda proposta da
un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che
l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con
la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora la
questione sia di tipo teorico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli
elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle
questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenze PreussenElektra,
cit., punto 39; del 23 aprile 2009, Rüffler, C‑544/07, Racc. pag. I‑3389,
punto 38; del 19 novembre 2009, Filipiak, C‑314/08, Racc. pag. I‑11049,
punto 42, e del 26 febbraio 2013, Melloni, C‑399/11, non ancora pubblicata
nella Raccolta, punto 29).
26 Pertanto,
è necessario ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, sia dal
dettato sia dal sistema dell’articolo 267 TFUE emerge che il procedimento
pregiudiziale presuppone la pendenza dinanzi ai giudici nazionali di
un’effettiva controversia, nell’ambito della quale è ad essi richiesta una
pronuncia che possa tenere conto della sentenza pregiudiziale (v., in tal
senso, in particolare, sentenza del 20 gennaio 2005, García Blanco, C‑225/02,
Racc. pag. I‑523, punto 27 e la giurisprudenza citata).
27 Orbene,
nel procedimento principale, in seguito alla sentenza della Corte
costituzionale del 24 ottobre 2012, la normativa nazionale applicabile alla
controversia principale non è più quella presa in considerazione nell’ambito
della domanda di pronuncia pregiudiziale (v., per analogia, sentenza Fluxys,
cit., punto 32). Infatti, detta sentenza, dichiarando che alcune disposizioni
del decreto legislativo n. 28/2010 non sono conformi alla Costituzione, ha
per effetto di escluderle dall’ordinamento giuridico nazionale.
28 Pur
avendo dichiarato, nella lettera del 17 gennaio 2013, di voler mantenere la
propria domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio non ha però
precisato sotto quale profilo le sue questioni pregiudiziali rimanessero rilevanti
per la soluzione della controversia principale.
29 Orbene,
come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 20 e 23 delle sue
conclusioni, le nove questioni pregiudiziali rivolte alla Corte presentano
ormai un carattere teorico.
30 Infatti,
le prime quattro questioni riguardano la compatibilità con il diritto
dell’Unione di una normativa che consente al giudice, da un lato, di utilizzare
elementi di prova a carico della parte che non ha partecipato, senza
giustificato motivo, a un procedimento di mediazione obbligatoria, e di
condannarla a versare all’entrata del bilancio dello Stato una somma di importo
corrispondente al contributo unificato per le spese (articolo 8, comma 5, del
decreto legislativo n. 28/2010) e, dall’altro, di escludere la ripetizione
delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta di
conciliazione e di condannarla a sostenere le spese della mediazione (articolo
13 di tale decreto). Tali questioni si riferiscono quindi esclusivamente a
disposizioni che sono state dichiarate costituzionalmente illegittime. Stanti
tali premesse, dette questioni sono divenute prive di oggetto per effetto delle
modifiche intervenute in ordine all’applicabilità delle disposizioni nazionali
controverse.
31 Per
quanto attiene alle ultime cinque questioni relative allo svolgimento del
procedimento di mediazione, ai termini per la sua esecuzione nonché al relativo
costo, si deve osservare, alla stregua di quanto constatato al punto 27 della
presente sentenza, che il contesto giuridico nazionale nel quale si inserisce
la controversia principale non è più quello descritto dal giudice nazionale
nella sua decisione di rinvio. Invero, poiché è stata dichiarata
l’illegittimità costituzionale dell’articolo 5, comma 1, del decreto
legislativo n. 28/2010, le parti non sono ormai più tenute a partecipare a
un procedimento di mediazione. Di conseguenza, come illustrato dall’avvocato
generale al paragrafo 29 delle sue conclusioni, dette questioni hanno perso la
loro rilevanza ai fini dell’emananda decisione nel procedimento principale.
32 Ne
risulta che, tenuto conto dell’evoluzione della controversia dinanzi al giudice
del rinvio dal punto di vista del diritto applicabile, la Corte non si trova
più in condizione di statuire sulle questioni che le sono state sottoposte (v.,
in tal senso, sentenza Fluxys, cit., punto 34).
Sulle spese
33 Nei
confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce
un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire
sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni
alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione)
dichiara:
Non vi è più luogo a rispondere alle
questioni sollevate in via pregiudiziale dal Giudice di pace di Mercato San
Severino con ordinanza del 21 settembre 2011 nella causa C‑492/11.
Firme