=> Trib. Roma,
Sez dist. Ostia, 5 luglio 2012
Giammai la mancata comparizione in sede di
mediazione potrà costituire argomento per corroborare o indebolire una tesi giuridica, che dovrà sempre essere
risolta esclusivamente in punto di
diritto. A favore o contro la parte non comparsa in mediazione (I) (II).
La mancata comparizione della parte
regolarmente convocata davanti al mediatore costituisce di regola elemento integrativo e non decisivo a
favore della parte chiamante, per l’accertamento e la prova di fatti a carico
della parte chiamata non comparsa (I) (II).
Secondo le
circostanze del caso concreto, gli
argomenti di prova che possono essere tratti dalla mancata comparizione della
parte chiamata in mediazione ed a carico della stessa nella causa alla
quale la mediazione, obbligatoria o delegata, pertiene, a seconda dei casi, possano costituire integrazione di prove
già acquisite, ovvero unica e sufficiente fonte di prova. Equivarrebbe
infatti a tradire l’intento del
legislatore della mediazione (art. 8 d.lgs. n. 28 del 2010, che richiama
l’art. 116 c.p.c.) svalutare la portata di tale norma considerandola una mera e
quasi irrilevante appendice nel corredo dei mezzi probatori istituiti
dall’ordinamento giuridico (I) (II).
La sussistenza
di un giustificato motivo per la mancata partecipazione al
procedimento di mediazione costituisce elemento che esonera dall’applicazione
della sanzione prevista dalla legge e deve essere conseguentemente provato da
chi lo invoca: nel caso di specie non avendo il conduttore neppure allegato
alcuna giustificazione, il medesimo va condannato
al versamento all’entrata del bilancio dello Stato della somma pari a quanto
ammonta il contributo unificato dovuto per il giudizio (III).
(I)
Si veda l’art. 8 Decreto legislativo n. 28
del 2010 aggiornato alla c.d. manovra bis 2011, in Osservatorio Mediazione Civile n. 2/2011 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com).
(III)
In tema di mediazione in materia di locazione si veda L’obbligatorietà della media-conciliazione nel
processo locatizio ex art. 447-bis in Osservatorio Mediazione Civile n. 20/2012 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com).
Fonte:
Osservatorio Mediazione Civile n. 113/2012
Tribunale di Roma
Sezione distaccata di Ostia
5 luglio 2012
…Omissis…
Le domande
dell’attore sono risultate pienamente fondate.
Le eccezioni
del conduttore non sono fondate.
Devesi ritenere
anche alla luce di quanto si dirà in prosieguo che l’ammontare del canone della
locazione commerciale, scaglionato negli importi e progressivamente crescente
nel corso degli anni, è stato espressamente previsto al fine di favorire
l’avviamento dell’attività commerciale del conduttore e non per fare conseguire
al locatore un (illecito) beneficio, in termini di rivalutazione, maggiore di
quello previsto dalla legge: ne consegue la perfetta legittimità della
pattuizione.
Né sono stati
offerti dal conduttore elementi a comprova di una diversa volontà delle parti.
Va altresì
considerato che inviate le parti in mediazione all’esito del mutamento del rito
dopo la fase sommaria di convalida, nella quale il giudice aveva emesso
ordinanza di rilascio, il conduttore non è comparso benché ritualmente
convocato.
La mancata
partecipazione al procedimento di mediazione, ritualmente avviato, da parte del
convenuto convocato.
Occorre
valutare le conseguenze della mancata partecipazione del convenuto ritualmente
convocato al procedimento di mediazione attivato dall’intimante, su impulso del
giudice ex art.5 decr.lgsl.28/10 primo comma (mediazione obbligatoria).
L’art.8 del
decr.lgsl 28/10 relativamente alla mancata partecipazione senza
giustificato motivo - della parte convocata – al procedimento di
mediazione prevede che il giudice può desumere argomenti di
prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del
codice di procedura civile.
Quanto alla
possibilità di valorizzare, nel processo, come argomento di prova a sfavore di
una parte determinate condotte della stessa (nella specie la mancata
comparizione in mediazione, senza giustificato motivo, della parte convocata)
si confrontano nella giurisprudenza due diverse opinioni.
Secondo una
prima tesi la decisione del giudice non può essere fondata esclusivamente
sull’art. 116 cpc, cioè su circostanze alle quali la legge non assegna il
valore di piena prova, potendo tali circostanze valere in funzione integrativa
e rafforzativa di altre acquisizioni probatorie.
Secondo altra
opinione non vi è alcun divieto nella legge affinché il giudice possa fondare
solo su tali circostanze la sua decisione, valendo come unico limite quello di
una coerenza e logica motivazionale in relazione al caso concreto.
È espressione
della prima teoria l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità secondo
cui la norma dettata dall’art. 116 comma 2 c.p.c., nell’abilitare il
giudice a desumere argomenti di prova dalle risposte date dalle parti
nell’interrogatorio non formale, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire
le ispezioni da esso ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse
nel processo, non istituisce un nesso di conseguenzialità necessaria tra
eventuali omissioni e soccombenza della parte ritenuta negligente, ma si limita
a stabilire che dal comportamento della parte il giudice possa trarre
“argomenti di prova”, e non basare in via esclusiva la decisione, che va
comunque adottata e motivata tenendo conto di tutte le altre
risultanze (fra le tante Cassazione civile, sez. trib., 17/01/2002, n.
443).
La norma in
questione merita senz’altro una maggiore utilizzazione anche se a differenza di
altri casi in cui da una determinata circostanza è consentito ritenere
provato tout court il fatto a carico della parte che tale circostanza
subisce, in questo caso la legge prevede che il giudice possa utilizzarla per
trarre dalle circostanze valorizzate “argomenti di prova”.
La norma
dell’art.116 cpc viene richiamata dal legislatore della mediazione (art.8
decr.lgs.cit.) nell’ambito della ricerca ed elaborazione di una serie di
incentivi e deterrenti volti a indurre le parti, con la previsione di vantaggi
per chi partecipa alla mediazione e di svantaggi per chi al contrario la
rifugge, a comparire in sede di mediazione al fine di pervenire a un accordo
amichevole che prevenga o ponga fine alle liti.
Ne consegue,
tali essendo le finalità dell’inserimento nel decreto legsl.28/10, che
equivarrebbe a tradire l’intento del legislatore svalutare la portata di tale
norma considerandola una mera e quasi irrilevante appendice nel corredo dei
mezzi probatori istituiti dall’ordinamento giuridico.
Va considerato
che nell’attuale situazione della giustizia civile, affetta da una endemica ed
apparentemente insuperabile crisi principalmente nei tempi di risposta alla
domanda di giustizia, causata dalla imponente mole di cause iscritte nei
tribunali e delle corti; e viste le sempre più gravi conseguenze,
economiche ed ordinamentali, derivanti dal ritardo nella definizione dei
processi; sia necessario rivalutare, senza forzature ma con la doverosa
umiltà dell’interprete, ciò che è scritto nella legge.
È necessario
tuttavia fissare delle regole precise al riguardo.
Deve essere ben
chiaro in primo luogo che giammai la mancata comparizione in sede di mediazione
potrà costituire argomento per corroborare o indebolire una tesi giuridica, che
dovrà sempre essere risolta esclusivamente in punto di diritto. A favore o
contro la parte non comparsa in mediazione.
Ed infatti lo
strumento offerto dall’art.116 cpc attiene ai mezzi che il giudice valuta,
nell’ambito delle prove libere (vale a dire dove si esplica il
principio del libero convincimento del giudice precluso in presenza
di prova legale ) ai fini dell’accertamento del fatto.
L’argomento di
prova appartiene all’ampio armamentario degli strumenti utilizzati dal giudice
in un ambito in cui non opera la prova diretta, vale a dire quella dove si ha a
disposizione un fatto dal quale si può fondare direttamente il convincimento.
Nel processo di
inferenza dal fatto al convincimento l’argomento di prova ha la stessa
potenzialità probatoria indiretta degli indizi.
E come le
presunzioni semplici ha come stella polare il criterio della prudenza (art.2729
c.c.) che deve illuminarne l’utilizzo da parte del giudice.
Ciò detto si
ritiene di poter affermare che la mancata comparizione della parte regolarmente
convocata, come nel caso in esame, davanti al mediatore costituisce di regola
elemento integrativo e non decisivo a favore della parte chiamante, per
l’accertamento e la prova di fatti a carico della parte chiamata non comparsa.
Con ciò non si
intende svalorizzare quella giurisprudenza della Suprema Corte che ha ritenuto
che l’effetto previsto dall’art.116 cpc può – secondo le circostanze
– anche costituire unica e sufficiente fonte di prova (Cassazione
civile, sez. III, 16/07/2002, n. 10268, che così si esprime: Quanto a
questa ultima norma –art.116 cpc n.d.r.- in particolare, essa attribuisce
certo al giudice il potere di trarre argomento di prova dal comportamento
processuale delle parti – e però, secondo la costante giurisprudenza di questa
Corte, ciò non significa solo che il comportamento processuale della parte può
orientare la valutazione del risultato di altri procedimenti probatori, ma
anche che esso può da solo somministrare la prova dei fatti, Cass. 6 luglio
1998 n. 6568; 1 aprile 1995 n. 3822; 5 gennaio 1995 n. 193; 14 settembre 1993
n. 9514; 13 luglio 1991 n. 7800; 25 giugno 1985 n. 3800).
Ritiene infatti
il giudice che secondo le circostanze del caso concreto gli argomenti di prova
che possono essere tratti dalla mancata comparizione della parte chiamata in
mediazione ed a carico della stessa nella causa alla quale la mediazione,
obbligatoria o delegata, pertiene, a seconda dei casi possano costituire
integrazione di prove già acquisite, ovvero unica e sufficiente fonte di prova.
Nel caso di
specie dal combinato disposto degli artt. 8 del decr.lgsl 28/10 comma 5° e
dell’art.116 cpc, si ritiene raggiunta la prova della infondatezza delle
eccezioni della convenuta, ritenendosi al tempo superata la necessità sia di
approfondire l’aspetto relativo alla reale ragione della differenziazione in
aumento dei canoni e sia dell’esatto ammontare dei mancati pagamenti, che in
ogni caso, ammessi nell’an, risultano di rilevante importo.
Nel caso in
esame, infatti, sussistono come visto a carico del conduttore elementi
documentali provenienti dalla stessa parte intimata, vale a dire la
sottoscrizione di un contratto nel quale è stata esposta una causale della
differenziazione in aumento dell’ammontare del canone di locazione commerciale
rispetto al primo anno, che consentono di ritenere che il mancato pagamento da
parte del medesimo dei canoni nella misura pattuita, anche alla luce della
circostanza della mancata comparizione del conduttore davanti al mediatore pur
essendo stato regolarmente convocato per l’esperimento di mediazione,
costituisca inadempimento ingiustificato agli obblighi contrattuali.
Va altresì
aggiunto che ratione temporis (la citazione per convalida di sfratto
è stata notificata nell’ottobre 2011) le norme degli artt. 8 del decr.lgsl
28/10 comma 5° sono pienamente ed interamente, cfr. infra ,
applicabili alla fattispecie.
Trattandosi di
obbligazioni pecuniarie incombeva al convenuto dimostrare l’avvenuto pagamento
(forma normale di estinzione delle obbligazioni di tal genere) ovvero altro
fatto estintivo.
In mancanza va
ritenuto sussistente l’inadempimento; grave ai sensi dell’art.1455 cc con
conseguente risoluzione del contratto.
Il convento va
altresì condannato al pagamento dei canoni scaduti ed a scadere nonché degli
accessori oltre agli interessi.
Va altresì
segnalato che l’art.8 del decr.lgsl 28/10 al comma 5° dispone che il
giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5,
non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento
all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al
contributo unificato dovuto per il giudizio (D.L. 13 agosto 2011, n. 138
coordinato con la legge di conversione 14 settembre 2011, n. 148).
La sussistenza
di un giustificato motivo per la mancata partecipazione al
procedimento di mediazione costituisce elemento che esonera dall’applicazione
della sanzione prevista dalla legge e deve essere conseguentemente provato da
chi lo invoca: non avendo il conduttore neppure allegato alcuna
giustificazione, il medesimo va condannato al versamento all’entrata del
bilancio dello Stato della somma pari al € 111,00, a quanto cioè ammonta il
contributo unificato dovuto per il giudizio.
Le spese
seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
La sentenza
è per legge esecutiva.
P.Q.M.
definitivamente
pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione respinta, così
provvede:
dichiara
risolto il contratto di locazione ---;
ordina --- il
rilascio --- dell’immobile ---;
condanna --- al
pagamento in favore dell’intimante dei canoni di locazione ---;
dichiara priva
di giustificato motivo la mancata comparizione della intimata al procedimento
di mediazione;
condanna --- in
persona del suo legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore
dell’Erario della somma di €.111,00, oltre interessi dalla data della domanda
fino al saldo; mandando alla cancelleria per la riscossione;
condanna --- in
persona del suo legale rappresentante pro tempore al pagamento delle spese di
causa ---.
Ostia, lì
5.7.2012
AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.