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TAR, Lazio, Roma, 17 marzo 2025, n. 5489
Va
respinto il ricorso per l’annullamento del decreto
del Ministero della Giustizia 24 ottobre 2023, n. 150
– con cui è stato approvato il regolamento recante la
determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta
del registro degli organismi di mediazione e dell'elenco degli enti
di formazione, nonché l'approvazione delle indennità spettanti agli
organismi, ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo 4 marzo
2010 n. 28 e l'istituzione dell'elenco degli organismi ADR deputati a
gestire le controversie nazionali e transfrontaliere, nonché il
procedimento per l'iscrizione degli organismi ADR ai sensi
dell'articolo 141-decies del d. lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (Codice
del Consumo), a norma dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003 n.
229 – di
cui, in particolare, parte ricorrente ha contestato la parte in cui è
stata introdotta la disciplina dei costi della mediazione gravanti
sulle parti.
Fonte:
Osservatorio
Mediazione Civile n. 17/2025
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)
TAR
Lazio, Roma
sezione
I
sentenza
n. 5489
17
marzo 2025
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione
Prima)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 364 del 2024, proposto da
Codacons - Associazione Utenti della Giustizia, in persona del legale
rappresentante pro tempore, e da Giovanni Ognibene, rappresentati e
difesi dagli avvocati Gino Giuliano e Carlo Rienzi, con domicilio
digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero
della Giustizia e Ministero delle Imprese e del Made in Italy, in
persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma,
via dei Portoghesi, 12;
nei
confronti
Garante
per la Protezione dei Dati personali, non costituito in giudizio;
e
con l'intervento di
ad
adiuvandum:
Mauro
Vaglio, Associazione «Orgoglio di Toga», Gianni Dell'Aiuto, Alessio
Tranfa, Silvia Cappelli, Marina Meucci, Davide Cortellesi, Jacopo De
Ponte, rappresentati e difesi dagli avvocati Giampiero Amorelli e
Dorodea Ciano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di
Giustizia;
ad
opponendum:
Ass.I.O.M.
- Associazione Italiana degli Organismi di Mediazione, Primavera
Forense S.r.l., A.D.R. Tiber S.r.l., rappresentati e difesi dagli
avvocati Angelo Annibali, Andrea Ruffini, Marco Orlando, Antonietta
Favale, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Adr
Center S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Luca
Tantalo, Maria Rosaria Fascia, rappresentati e difesi dall'avvocato
Patrizio Leozappa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di
Giustizia;
Unione
Italiana Organismi di Mediazione - Uiom, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato
Antonino Galletti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di
Giustizia;
Associazione
Mediatori e Formatori, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Salvatore Parascandola,
con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per
l'annullamento
-
in parte qua del Decreto del Ministero della Giustizia, 24 ottobre
2023, n. 150 (in Gazz. Uff. 31 ottobre 2023, n. 255) - Regolamento
recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione
e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell'elenco
degli enti di formazione, nonché l'approvazione delle indennità
spettanti agli organismi, ai sensi dell'articolo 16 del decreto
legislativo 4 marzo 2010, n. 28 e l'istituzione dell'elenco degli
organismi ADR deputati a gestire le controversie nazionali e
transfrontaliere, nonché il procedimento per l'iscrizione degli
organismi ADR ai sensi dell'articolo 141-decies del decreto
legislativo 6 settembre 2005, n. 206 recante Codice del consumo, a
norma dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229, nonché ove
possa occorrere la comunicazione della Presidenza del Consiglio dei
ministri in data 19 ottobre 2023, richiamata nel preambolo del
suddetto Decreto ministeriale e di contenuto sconosciuto, nonché di
tutti gli atti ad esso presupposti, conseguenti e comunque connessi.
Visti
il ricorso e i relativi allegati;
Visti
gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e
del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, nonché l’intervento
delle parti indicate nella superiore epigrafe;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 8 gennaio 2025 il dott. Filippo
Maria Tropiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
e DIRITTO
1.Parte
ricorrente ha impugnato in parte qua il decreto del Ministero della
Giustizia 24 ottobre 2023, n.150, con cui è stato approvato il
regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità
di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e
dell'elenco degli enti di formazione, nonché l'approvazione delle
indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell'articolo 16 del
decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 e l'istituzione dell'elenco
degli organismi ADR deputati a gestire le controversie nazionali e
transfrontaliere, nonché il procedimento per l'iscrizione degli
organismi ADR ai sensi dell'articolo 141-decies del d. lgs. 6
settembre 2005 n. 206 (Codice del Consumo), a norma dell'articolo 7
della legge 29 luglio 2003 n.229.
In
particolare, parte ricorrente ha contestato il decreto ministeriale
nella parte in cui è stata introdotta la disciplina dei costi della
mediazione gravanti sulle parti.
Parte
istante assume, innovando rispetto al precedente sistema, che
prevedeva una prima fase filtro della mediazione che, in caso di opt
out ad opera anche di una sola delle parti, era totalmente gratuita
(contestualmente soddisfacendo la condizione di procedibilità
prevista dall’articolo 5 comma 2 bis del d.lgs.28/2010), il d.lgs.
149 2022 (articolo 7) ha soppresso il consenso ad entrare in
mediazione prevedendo l'operatività già nel corso del primo
incontro dell'obbligo del mediatore di tentare il raggiungimento
dell'accordo di conciliazione. Il Codacons lamenta che, già all'atto
del deposito della domanda di mediazione o dell'adesione, la parte,
col nuovo sistema, dovrà pagare, oltre alle spese vive documentate,
un’indennità corrispondente sia alle spese di avvio del
procedimento che alle spese di mediazione per lo svolgimento del
primo incontro (prevedendosi, ex articolo 17 comma 4, che il
regolamento dell’organismo possa contemplare ulteriori somme per il
caso di conclusione dell’accordo di conciliazione o per gli
incontri successivi).
Inoltre,
lamenta l’associazione istante, il decreto gravato, integrando la
disciplina precedente, avrebbe previsto un sensibile incremento dei
costi complessivi che le parti devono sostenere per la mediazione
obbligatoria, come dettagliatamente esposti in atti, oltre ad una più
gravosa disciplina dell’istituto del gratuito patrocinio.
Tali
innovative previsioni sono state tacciate di illegittimità
dall’esponente, siccome pregiudizievoli degli interessi dei
cittadini e violative del diritto di accesso alla giustizia
costituzionalmente garantito dall'articolo 24 della Carta
Costituzionale, nonché dalle norme sovranazionali indicate in
ricorso. L’ente istante ha denunciato l’illegittimità
costituzionale delle pertinenti disposizioni indicate in ricorso e,
di risulta, l’illegittimità derivata del decreto ministeriale
gravato, di cui ha chiesto l’annullamento, previo eventuale rinvio
pregiudiziale alla CGUE nei sensi esposti nell’ultimo motivo di
gravame.
Si
sono costituiti in giudizio il Ministero della Giustizia il Ministero
delle Imprese e del Made in Italy, ampiamente argomentando nel senso
dell’infondatezza del gravame.
Sono
intervenute in causa, sia ad opponendum sia ad adiuvandum, le altre
parti nominate in epigrafe. L’affare è stato chiamato all’udienza
pubblica dell’8 gennaio 2025 e ivi trattenuto in decisione.
2.
Il ricorso non può essere accolto.
Rileva
il Collegio come le previsioni normative contestate sia coerenti con
lo spirito della riforma della mediazione ed immuni da vizi di
incostituzionalità, siccome improntate ad un generale rafforzamento
dell’istituto e, correlativamente, della professionalità dei
mediatori.
Invero,
già dall’articolo 1, comma 4, lett. l) della ridetta legge
206/2021 emerge la finalità della nuova disciplina, incentrata su
una generale elevazione della formazione e del profilo culturale dei
mediatori, in quanto strumenti divenuti indispensabili per fini
deflativi e di buon funzionamento del “sistema giustizia”.
La
legge delega contiene molti indici che confermano il doveroso
rafforzamento della professionalità dei mediatori e del
funzionamento dell’istituto, che, da inutile step procedimentale
per accedere alla fase giudiziaria, deve divenire, nell’ottica del
legislatore, effettivo strumento di composizione e ausilio delle
controversie private.
Tra
i detti indici, vanno annoverati la ribadita obbligatorietà della
mediazione quale condizione per l’esperimento della domanda
giudiziale e, contestualmente, il sensibile ampliamento dei casi
obbligatori, tra cui figurano controversie di maggiore indubbia
complessità rispetto al passato.
Si
aggiunga il nuovo previsto collegamento tra l’attività istruttoria
che si svolge davanti al mediatore e l’eventuale fase processuale
(in caso di mancato raggiungimento dell’accordo), circostanza che
impone una maggiore qualificazione del mediatore, in ragione dei
riflessi che l’attività svolta dinanzi a lui può avere sulla fase
giudiziale. Senza contare il cospicuo investimento di risorse
pubbliche a sostegno della riforma che punta sulla qualità maggiore
del servizio.
3.
Ciò premesso, deve in primis, essere respinta la censura, con cui
parte istante ha dedotto la violazione della direttiva 2008/52/CE e
dell’articolo 47 della Carta di Nizza, posto che non risulta in
alcun modo impedito alle parti processuali il diritto di accesso al
sistema giudiziario. Il ricorso al giudice è sempre consentito per
determinate tipologie di provvedimenti e la stessa mediazione si
atteggia quale condizione di procedibilità condizionata alla
conclusione del primo incontro di mediazione.
Il
fatto che l’istituto sia stato reso più efficace, lungi
dall’atteggiarsi a ostacolo al diritto di difesa, disvela il giusto
intento di rendere la mediazione non un mero (inutile) passaggio
procedimentale, ma un momento dialettico serio e ponderato tra le
parti contendenti, nell’ambito del quale queste ultime possono
trovare un accordo, senza che sia preclusa la strada giudiziale.
In
tale ottica la previsione della corresponsione delle spese di
mediazione per lo svolgimento del primo incontro di mediazione (in
aggiunta al costo di avvio della procedura e indipendentemente dal
raggiungimento dell’accordo) persegue proprio il ridetto fine di
assicurare l’effettività e l’utilità dell’istituto.
Infatti,
come dedotto in modo condivisibile dalla difesa erariale con
osservazione plausibile sia dal punto di vista giuridico che dal
punto di vista della logica comune, il versamento del costo della
mediazione responsabilizza le parti rispetto all’utilità
dell’incontro e consente loro, in caso di esito positivo, di
definire la controversia, non esponendosi al pagamento dei costi ben
più alti che comporta l’instaurazione di un processo.
Per
altro la proporzionalità della misura è assicurata dal fatto che le
spese in rilievo sono parametrate al valore della controversia e sono
diminuite quando la mediazione è condizione di procedibilità o è
imposta dal giudice. Parallelamente viene assicurato in ogni caso il
patrocinio a spese dello Stato per la parte non abbiente per
l’assistenza dell’avvocato nel procedimento di mediazione, in
presenza dei presupposti di cui all’articolo 15-bis del d. lgs.
n.148 del 2010.
Osserva
il Collegio che la conformità alla richiamata normativa comunitaria
deriva anche dal fatto che, nella sostanza, il d. lgs. 10 ottobre
2022 n.149 (attuativo della legge delega e in conformità al criterio
di delega previsto dall’articolo 1, comma 4, lett.c della legge 26
novembre 2011 n.206, che domandava al delegato di estendere le
materie della mediazione obbligatoria) ha conservato l’impianto
complessivo del sistema della mediazione, come configurato dal d.
lgs. n.28/2010. Solo che l’istituto è stato implementato, per
mezzo dell’aumento delle tipologie di controversie, il
rafforzamento professionale dei professionisti e, inoltre,
considerando assolta la condizione di procedibilità con la
conclusione del primo incontro senza accordo di conciliazione.
Si
tratta di misure proporzionate ed in linea con una concezione seria
dell’istituto, il quale, in passato, troppo spesso è stata una
vuota formalità che le parti contendenti (senza alcuno stimolo
conciliativo e senza che vi fosse alcuna utilità per la successiva
fase giudiziale) erano costrette a percorrere.
4.
Il Collegio reputa di disattendere anche la censura di illegittimità
costituzionale dell’articolo 5 del d.lgs. n. 28/2010 (come
sostituito dall’articolo 7, comma 1, lett. d, del d.lgs.
n.149/2022), e di risulta di illegittimità derivata del decreto
ministeriale gravato.
Parte
ricorrente si duole della gravosità dei costi di mediazione, con
riveniente pregiudizio del principio di uguaglianza (tra cittadini
con maggiori e minori capacità economiche) e del diritto di difesa.
Si
osserva, a conferma della ragionevolezza della previsione de qua, che
l’articolo 1, comma 4, lett. a) della legge n.206/2021 attribuiva
espressamente al legislatore delegato il compito di riformare la
disciplina delle spese di avvio della procedura di mediazione e delle
indennità spettanti agli organismi di mediazione (come detto
riqualificati nel senso di una maggiore professionalità della
preparazione giuridica).
È
stato così introdotto il nuovo testo dell’articolo 17 del d.lgs.
n. 28/2010, il cui comma 5 prevede che con decreto del Ministro della
Giustizia fossero determinati gli importi a titolo di indennità per
le spese di avvio e per le spese di mediazione per il primo incontro.
Dunque,
nell’ottica di rafforzare la qualità e l’effettività
dell’istituto, è stato riformato il regime previgente, mediante la
previsione del diritto degli organismi di percepire dalle parti
un’indennità per le spese di avvio e per le spese del primo
incontro.
Quest’ultimo
non è più gratuito e meramente informativo, ma rappresenta un
momento essenziale in cui le parti sono realmente in grado di
definire le posizioni convergenti.
Conferma
dell’importanza di tale step procedimentale è data dal fatto che i
medesimi organismi hanno l’obbligo di porre a disposizione delle
parti un mediatore che svolga le attività descritte dal comma 6
dell’articolo 8 del ridetto decreto legislativo.
È
certo infatti, giova ribadire, che uno dei motivi per cui il vecchio
istituto non funzionava e si risolveva in un passaggio meramente
formale per l’accesso alla fase giudiziale, fosse proprio la
gratuità del primo incontro e la natura, per così dire “anodina”
e meramente formale della convocazione, in occasione della quale il
mediatore semplicemente spiegava il funzionamento della procedura di
giustizia consensuale, di regola senza entrare nel merito della
conflitto esistente tra le parti contrapposte.
Ed
allora la riforma delle spese di avvio della procedura si inserisce
esattamente nelle ricordate finalità di implementazione
dell’istituto in termini di effettività e di efficacia, specie
quando il suo avvio è condizione di procedibilità della domanda
giudiziale.
Ne
risulta che in modo del tutto coerente, coloro che, obbligatoriamente
o volontariamente, accedono alla mediazione sono tenuti a versare
all’organismo di mediazione l’indennità per i costi del primo
incontro (voce composta da spese di avvio e spese di attività di
mediazione).
Tanto
consente di disattendere anche la censura con cui parte ricorrente
denuncia la gravosità dei costi, che ostacolerebbe l’accesso alla
giustizia negata limitazione obbligatoria.
Si
aggiunga che l’articolo 20, commi 1, 2 e 3 del d.lgs. n. 28/2010
prevedono il riconoscimento, in favore delle parti, di un credito
d’imposta commisurato all’entità dell’indennità corrisposta
all’organismo di mediazione e, nei casi obbligatori, anche di un
credito d’imposta per il compenso corrisposto all’avvocato.
Inoltre, in caso di raggiungimento di un accordo di conciliazione,
alla parte che lo ha versato, viene riconosciuto un ulteriore credito
d’imposta commisurato all’importo del contributo unificato
versato per la instaurazione del giudizio dichiarato estinto. Il D.M.
1° agosto 2023, in attuazione delle sopra citate norme primarie, ha
disciplinato le modalità con cui le parti, mediante apposita
piattaforma informatica, possono presentare la domanda di
riconoscimento del beneficio fiscale.
La
congruità dei costi introdotti dal nuovo sistema deve dunque essere
vagliata alla luce di quanto sopra, per il tramite di una
regolamentazione che compensa l’esborso affrontato per accedere
alla procedura di mediazione. Il rimborso, sotto forma di credito
d’imposta, è garantito da idonee coperture finanziarie,
autorizzate dalla Ragioneria Generale dello Stato di concerto con il
Ministero delle Finanze, tal ché il Ministero della Giustizia
dispone, presso i Dipartimenti competenti, dei relativi stanziamenti
(come risulta dalla legge di bilancio per il 2024).
Sempre
sotto il profilo della proporzione della quantificazione dei costi,
deve anche ricordarsi come i vecchi importi previsti dal precedente
decreto ministeriale non erano mai stati aggiornati e che la
quantificazione delle spese per la mediazione è proporzionate al
valore della lite, prevedendosi tre scaglioni per consentire alle
fasce di valore meno alto di avere costi più bassi.
La
modulazione del pagamento dei costi di mediazione è infine
assicurata dal fatto che, in caso di mancato raggiungimento
dell’accordo, non è dovuto alcun altro importo a titolo di spese
di mediazione, mentre, per converso, la previsione di un esborso per
le spese di mediazione in caso di raggiungimento dell’accordo è in
linea con il sistema previgente che, in virtù del consenso prestato
dalle parti, prevedeva che venissero pagate (oltre a quelle del primo
incontro) le attività necessarie per la conclusione dell’accordo.
In caso poi di mediazione obbligatoria, l’articolo 28, comma 8
contempla una ulteriore riduzione dei costi.
La
scelta del legislatore della riforma risulta dunque ragionevole e
altrettàli considerazioni vanno fatte per il decreto gravato.
5.
Con ulteriore censura, parte ricorrente ha dedotto l’illegittimità
costituzionale dell’articolo 15-bis del d.lgs. n. 28/2010, come
inserito dall’articolo 7, comma 1, lett.t) del d.lgs. 149/2022,
nella parte in cui subordina il gratuito patrocinio alla condizione
che sia raggiunto l’accordo di conciliazione. Anche tale doglianza
deve essere respinta.
Deve
ricordarsi come la disciplina del patrocinio a spese dello Stato è
contenuta, per quanto riguarda l’istituto di cui si verte, negli
articoli da 15-bis a 15-undecies Capo II del d.lgs. 4 marzo 2010
n.28. Tale disciplina speciale è coerente, per quanto concerne i
requisiti reddituali necessari per accedere al beneficio, con il DPR
115/2002 in materia di spese di giustizia.
La
disciplina per l’ammissione al gratuito patrocinio è invece
diversa rispetto al ridetto Testo Unico, così come diversa è la
regolamentazione della liquidazione del compenso all’avvocato o
della scelta di usufruire del credito fiscale.
Sul
punto si rileva come, nella materia in esame, l’assistenza legale
obbligatoria nei casi in cui l’esperimento della mediazione è
condizione di procedibilità discende dall’articolo 5, comma 1, del
citato decreto. Tale scelta legislativa è stata confermata dalla
Corte Costituzionale (sentenza n. 10 del 2022), opportunamente
richiamata dalla difesa erariale. Ne consegue che l’assistenza
legale obbligatoria in mediazione è del tutto legittima, anche dopo
la riforma, nei casi in cui l’esperimento della mediazione
costituisca condizione di procedibilità della domanda e proprio in
ragione dell’importanza della fase, che impone una dialettica
informata e garantita dalla presenza dell’avvocato.
Al
di là di tali ipotesi, le parti non sono vincolate e possono
partecipare anche senza l’assistenza di un professionista alla
procedura di risoluzione alternativa delle controversie.
La
parte non abbiente è ammessa al patrocinio per svolgere la
mediazione alle stesse condizioni delle quali si gioverebbe in caso
di giudizio. Inoltre, deve anche precisarsi come l’accesso al
beneficio non è condizionato al raggiungimento dell’accordo, in
quanto tale esito è solo condizione per l’accesso, da parte
dell’avvocato che ha prestato assistenza, alla speciale
liquidazione o trasformazione in credito d’imposta come previsto
dall’articolo 15 octies.
In
ogni caso, il sistema consente sempre, in caso di mancato
raggiungimento della conciliazione, una volta esperita la procedura
di mediazione obbligatoria e dunque soddisfatto la condizione di
procedibilità, che la parte interessata possa agire giudizialmente
e, in quella sede, all’esito del giudizio, chiedere in via
ordinaria la liquidazione dell’assistenza offerta dall’avvocato.
Nei casi poi di mediazione demandata dal giudice, la parte non
abbiente, in quanto parte del giudizio, già può usufruire del
beneficio de quo in via ordinaria.
A
riprova della ragionevolezza del sistema, va soggiunto che, nei casi
di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda, ai
sensi dell’articolo 15-septies comma 2, la medesima parte è
esentata dal pagamento delle indennità previste dall’articolo 17,
commi 3 e 4 del sopracitato decreto legislativo.
Ne
risulta un sistema perfettamente coerente in nulla preclusivo
dell’accesso alla giustizia, anche per i soggetti che non abbiano
sufficienti capacità economiche, e, ancora una volta, ispirato ad
una generale riconfigurazione dell’istituto in termini di efficacia
e importanza.
6.
Per quanto sopra esposto nessun dubbio di costituzionalità può
essere rinvenuto nelle previsioni contestate ed alcuna illegittimità
ricorre nel decreto ministeriale gravato.
Né
vi è luogo per accedere alla richiesta di rinvio pregiudiziale alla
CGUE, prospettata pure nel ricorso introduttivo, posto che la nuova
conformazione dell’istituto risponde alle esigenze professate dalla
normativa unionale, nella convinzione che esso possa fornire una
soluzione conveniente e rapida per comporre le controversie in
materia civile e commerciale.
7.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto perché infondato.
Sussistono,
tuttavia, i presupposti di legge per compensare le spese di lite tra
tutte le parti in causa.
P.Q.M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Spese
compensate tra tutte le parti in causa.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 gennaio 2025
con l'intervento dei magistrati:
Roberto
Politi, Presidente
Filippo
Maria Tropiano, Consigliere, Estensore
Alberto
Ugo, Referendario
AVVISO.
Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.