Si riporta di seguito estratto, in tema di “Modifiche al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28”, della Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 (pubblicata in GU del 19-10-2022, Supplemento straordinario n. 5, Serie generale - n. 245) (I).
(I)
per approfondimenti si veda lo speciale, a cura dell’Osservatorio Nazionale
sulla Mediazione Civile, “MEDIAZIONE E RIFORMA DEL PROCESSO CIVILE DI CUI AL
D.LGS. N. 149 DEL 2022 (ATTUATIVO DELLA L. 206/2021)”.
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Relazione illustrativa al
decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149: «Attuazione della legge 26
novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l’efficienza del processo
civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione
alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione
dei procedimenti in materia di diritti delle persone e
delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata».
AVVISO. Il testo riportato, elaborato dall’OsservatorioNazionale sulla Mediazione Civile ed estratto da quanto pubblicato in
GU del 19-10-2022, Supplemento straordinario n. 5, Serie generale - n. 245, non
riveste carattere di ufficialità.
omissis
Capo IV Modifiche alle leggi speciali
Sezione I Modifiche in materia di Mediazione, Negoziazione assistita e
Arbitrato
Art. 7 – (Modifiche al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28)
Comma 1
Lettera a)
L’articolo 2, comma 2, d.lgs. n. 28 del 2010 è stato modificato, con
l’aggiunta delle parole “e di conciliazione”
al fine di chiarire che esso ricomprende anche le procedure di
conciliazione, previste per legge, nelle carte dei
servizi elaborate e pubblicizzate dai soggetti pubblici o privati che
erogano servizi pubblici procedure non solo
di reclamo. La modifica è pertanto necessaria per armonizzare la
disciplina vigente con l’evoluzione delle carte
dei servizi che tende ad ampliare gli strumenti di tutela per gli
utenti in caso di violazione degli standard di
qualità garantiti, includendo il procedimento di conciliazione.
La modifica appare necessaria anche nel contesto del principio di
delega di cui all’articolo 1, comma 4, lett.
c), della legge delega (che impone l’ampliamento dei casi di ricorso
obbligatorio, in via preventiva, alla
procedura di mediazione), in quanto volto a chiarire che le
disposizioni del d.lgs. n. 28 del 2010 non precludono
alle parti di avvalersi di tali procedure.
Lettera b)
Gli interventi sull’articolo 8 del d.lgs. n. 28 del 2010 hanno imposto
di effettuare un richiamo ad esso
nell’articolo 3, comma 1, d.lgs. n. 28 del 2010 al fine di chiarire che
il procedimento di mediazione, secondo
il regolamento dell’organismo, deve comunque essere conforme
all’articolo 8.
L’articolo 3, comma 2, è stato modificato al fine di chiarire che il
regolamento dell’organismo deve assicurare
anche l’indipendenza del mediatore, in coordinamento con le modifiche
introdotte all’articolo 14.
Infine, al comma 4 si è previsto che la previsione di far svolgere la
mediazione con modalità telematiche,
contenuta nel regolamento dell’organismo di mediazione, debba essere
conforme a quanto previsto dal nuovo
articolo 8-bis.
Lettera c)
Conformemente al criterio di cui al comma 4, lettera e), relativo al
riordino della procedura di mediazione,
sono state introdotte modifiche all’articolo 4 del d.lgs. n. 28 del
2010.
Nello specifico, al comma 1 è stato precisato che la domanda di
mediazione è presentata da una delle parti
all’organismo di mediazione competente, individuato sulla scorta dei
criteri dettati dalla legge o su accordo
delle parti. Si è poi ritenuto di sopprimere la distinzione tra domanda
e istanza di mediazione (quest’ultima
relativa al documento contenente la domanda), di scarsa utilità pratica
ma foriera di confusione, e di fare
riferimento, in maniera uniforme in tutto il decreto legislativo n. 28
del 2010, alla domanda di mediazione.
Al comma 2 è stato, quindi, pure soppresso il riferimento all’istanza,
e inserito un riferimento alla domanda di
mediazione.
Il comma 3 è stato modificato per coordinamento con la nuova
numerazione dei commi dell’articolo 5 del
d.lgs. n. 28 del 2010.
Lettera d)
Il principio di delega impone l’ampliamento dei casi di ricorso
obbligatorio, in via preventiva, alla procedura
di mediazione. Si è quindi modificato l’articolo 5 d.lgs. n. 28 del
2010, lasciandovi la disciplina relativa alla
mediazione come condizione di procedibilità stabilita ex lege per
alcune categorie di controversie, e spostando
in altri articoli la disciplina relativa alla mediazione demandata e
alla mediazione prevista dallo statuto o
dell’atto costitutivo dell’ente L’ampiezza delle modifiche ha imposto
una sostituzione dell’articolo 5, che prevede quanto segue.
Il comma 1 individua le controversie in relazione alle quali si
richiede alle parti di esperire il tentativo di
mediazione, a condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Oltre alle categorie già previste, sono
aggiunte le controversie in materia di contratti di associazione in
partecipazione, consorzio, franchising, opera,
rete, somministrazione, società di persone e subfornitura.
La restante disciplina contenuta nel precedente comma 1-bis è stata in
parte soppressa e in parte sostituita con
una nuova e più razionale collocazione delle relative disposizioni.
Non si è ritenuto di inserire interventi di carattere generale per
l’armonizzazione di tutta la normativa
applicabile in materia di procedure stragiudiziali e la sua
collocazione in un testo unico sugli strumenti
complementari alla giurisdizione, come previsto dalla lett. b), comma
4, articolo 1 della legge delega,
considerato che quest’ultima subordina tale attività normativa al
monitoraggio, da svolgere nell’arco di un
quinquennio, da effettuare sull’area di applicazione della mediazione
obbligatoria.
Al comma 2 trova più chiara collocazione quanto precedentemente
previsto nel secondo e quarto periodo del
comma 1-bis, in ordine ai rapporti tra la procedura di mediazione
obbligatoria e il processo. Il comma ribadisce,
quindi, che il previo esperimento della mediazione nei casi di cui al
comma 1 è condizione di procedibilità
della domanda giudiziale e che quando tale condizione non è rispettata
e viene proposta domanda giudiziale,
la relativa eccezione deve essere sollevata, a pena di decadenza e non
oltre la prima udienza, dalla parte
convenuta, fermo restando il potere di rilievo officioso in capo al
giudice, da esercitarsi entro la prima udienza.
Si è inoltre precisato che quando la mediazione non risulti esperita,
oppure risulti esperita ma non conclusa, il
giudice debba fissare una successiva udienza dopo la scadenza del
termine massimo di durata della procedura
di mediazione, fissato dall’articolo 6.
È stato meglio chiarito, rispetto al testo previgente, che il giudice,
a tale successiva udienza, se constata che la
condizione di procedibilità non è stata soddisfatta, dichiara
l’improcedibilità della domanda.
Il comma 3 riprende quanto previsto nel primo periodo del previgente
comma 1-bis e prevede che le parti, per
assolvere alla condizione di procedibilità di cui al comma 1, possono
anche esperire le procedure
specificamente previste nelle lettere da a) a d).
Il comma 4 prevede che quando l’esperimento del procedimento di
mediazione è condizione di procedibilità
della domanda giudiziale, tale condizione si considera avverata se il
primo incontro dinanzi al mediatore si
conclude senza l’accordo di conciliazione.
Il comma 5 sancisce il principio secondo cui la pendenza della
condizione di procedibilità non preclude il
ricorso al giudice per chiedere l’adozione di procedimenti cautelari e
urgenti, né preclude la trascrizione della
domanda giudiziale.
Il comma 6 indica i casi in cui non opera la condizione di
procedibilità prevista dal comma 1. Rispetto al testo
previgente, sono state apportate modifiche di coordinamento dovute
all’inserimento della disciplina della
mediazione demandata dal giudice nell’articolo 5-quater, ed è stata
inserita la disposizione contenuta nella
lettera h) finalizzata a chiarire che tra le azioni giudiziali che non
sono precluse dalla pendenza della condizione
di procedibilità ai sensi del comma 1 è compresa anche l’azione
inibitoria prevista dall’articolo 37 del codice
del consumo, di cui al d.lgs. n. 206 del 2005.
Lettera e)
In attuazione dei criteri di delega e dell’esigenza di un intervento
sistematico, sono stati introdotti gli articoli
da 5-bis a 5-sexies, illustrati di seguito.
Nei casi di mediazione obbligatoria, quando il procedimento è iniziato
nelle forme del ricorso per decreto
ingiuntivo, rispetto alle quali non vige la regola della
improcedibilità che opera, invece, solo nell’eventuale
fase di opposizione, come richiesto dal legislatore delegante con il
criterio di cui alla lettera d) del comma 4,
è stata individuata la parte che è tenuta a soddisfare la condizione di
procedibilità, una volta sollevata la relativa
eccezione. L’articolo 5-bis d.lgs. n. 28 del 2010 è stato aggiunto per
attuare tale principio di delega.
Si stabilisce che quando una delle azioni previste dall’articolo 5,
comma 1, è proposta con ricorso monitorio,
in caso di opposizione al decreto ingiuntivo, l’onere di avviare la
procedura di mediazione grava sulla parte
che ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo. La conseguenza
processuale a carico della parte che non
adempie a tale onere consiste, ove il giudice ne verifichi l’inerzia,
nella declaratoria di improcedibilità della domanda proposta in sede monitoria
e nella conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto, e liquidazione
delle spese.
Si è inoltre previsto, per scongiurare problemi interpretativi, che in
tali ipotesi il giudice possa procedere al
rilievo di improcedibilità (entro la prima udienza) solo dopo avere
provveduto, se tale richiesta è stata
formulata entro la prima udienza, sulle istanze di adozione dei
provvedimenti provvisori di cui agli articoli 648
e 649 del codice di procedura civile sulla provvisoria esecutorietà del
decreto opposto.
Con riferimento all’articolo 5-ter, in attuazione del criterio di
delega contenuto nella lettera h), sono state
introdotte modifiche alla disciplina applicabile all’amministratore di
condominio, al fine di rendere più
efficiente la relativa partecipazione al procedimento di mediazione.
L’articolo 5-ter, rubricato “Legittimazione in mediazione
dell’amministratore di condominio”, è stato
introdotto al fine di prevedere che l’amministratore possa attivare un
procedimento di mediazione, aderirvi e
parteciparvi, sottoponendo all’approvazione dell’assemblea, a seconda
dei casi, il verbale contenente il testo
dell’accordo di conciliazione individuato dalle parti, o la proposta
conciliativa del mediatore. L’assemblea
dovrà quindi manifestare la propria volontà di aderirvi, (con le
maggioranze previste dall’articolo 1136 del
codice civile) entro il termine fissato nella proposta di accordo,
decorso inutilmente il quale la conciliazione
s’intende come non conclusa.
L’articolo 5-quater d.lgs. n. 28 del 2010 colloca in apposito articolo
la disciplina della mediazione demandata
dal giudice, precedentemente disciplinata dal comma 2 dell’articolo 5
che, a seguito degli interventi di
razionalizzazione previsti, si prevede sia dedicato alla disciplina dei
casi di mediazione come condizione di
procedibilità della domanda giudiziale nelle controversie elencate nel
relativo comma 1 e ai rapporti con il
processo.
Il comma 1 chiarisce, rispetto all’originaria formulazione, che il
giudice, quando demanda le parti in
mediazione, deve provvedere con ordinanza motivata, nella quale potrà
dare atto delle circostanze considerate
per l’adozione del provvedimento e fissare la successiva udienza. Oltre
al riferimento alla natura della causa,
allo stato dell’istruzione e al comportamento delle parti, si è
ritenuto di inserire una clausola di chiusura (“ogni
altra circostanza”) idonea a consentire al giudice di dare adeguata e
piena motivazione della decisione di
demandare le parti in mediazione. Si è altresì ritenuto, anche in coordinamento
con le modifiche apportate alla
fase conclusiva del processo ordinario, di prevedere che il giudice
possa demandare le parti in mediazione fino
alla precisazione delle conclusioni.
Il comma 2 precisa che la mediazione demandata dal giudice è condizione
di procedibilità della domanda
giudiziale, con applicazione, anche in questo caso, della disciplina
dettata all’articolo 5, commi 4 (che prevede
che la condizione di procedibilità si considera avverata quando le
parti non raggiungono l’accordo al primo
incontro), 5 (che fa salva la concessione delle misure cautelari ed
urgenti, nonché la trascrizione della domanda
giudiziale, in pendenza della condizione di procedibilità) e 6 (che
disciplina il diverso operare della condizione
di procedibilità consistente nell’esperimento del tentativo di
mediazione nei particolari procedimenti ivi
elencati).
Il comma 3 prevede espressamente che il mancato esperimento della
procedura di mediazione, accertato dal
giudice all’udienza fissata nell’ordinanza di mediazione demandata,
comporta la dichiarazione di
improcedibilità della domanda giudiziale.
Con riferimento all’articolo 5-quinquies d.lgs. n. 28 del 2010, il
criterio di delega di cui alla lettera o) prevede
la valorizzazione ed incentivazione della mediazione demandata dal
giudice. In attuazione di tale criterio, si è
ritenuto necessario, in primo luogo, intervenire in ottica di riordino
e razionalizzazione della disciplina
processuale della mediazione demandata; in secondo luogo, sono state
introdotte precise disposizioni in
materia di formazione del magistrato, tracciabilità e valutazione delle
ordinanze di mediazione demandata e
delle controversie definite ad esito del successivo procedimento di
mediazione; in terzo luogo, è stata introdotta
la possibilità per il capo dell’ufficio giudiziario di promuovere
progetti di collaborazione con soggetti esterni
agli uffici giudiziari al fine di incentivare l’uso della mediazione.
L’articolo 5-quinquies si compone dei
seguenti quattro commi.
Il comma 1 disciplina i doveri del magistrato nella cura della propria
formazione e aggiornamento in materia
di mediazione, con la frequentazione di corsi, anche decentrati,
organizzati dalla Scuola superiore di
magistratura. Nel rispetto dell’autonomia istituzionale e organizzativa
della Scuola superiore di magistratura
viene rimessa a tale ente l’individuazione di una adeguata offerta
formativa periodica, così come viene lasciata
all’autonomia e responsabilità del singolo magistrato la scelta di
partecipare a tali corsi.
Il comma 2 disciplina gli incentivi al magistrato che sceglie di curare
una specifica formazione in materia di
mediazione e che in concreto utilizza lo strumento della mediazione
demandata per la migliore definizione del
contenzioso pendente. Si prevede espressamente, con richiamo ai criteri
previsti dall’articolo 11 del d.lgs. n.
160 del 2006, che tali attività siano indicative dell’impegno, capacità
e laboriosità del magistrato, rilevanti sul
piano delle valutazioni previste dal citato decreto legislativo.
Il comma 3 prevede che le ordinanze di mediazione demandata siano
oggetto di specifica rilevazione statistica,
necessaria al fine della concreta applicazione dei criteri di
valutazione di professionalità del magistrato prevista
dal comma 2, in modo tale da consentire di associare l’adozione
dell’ordinanza di mediazione demandata con
l’abbandono della stessa lite, quale elemento indicatore
dell’intervenuta soluzione della controversia mediante
composizione stragiudiziale in sede di mediazione.
Il comma 4, nell’ottica di valorizzare tutti i rapporti di collaborazione
istituzionale necessari per dare impulso
alla cultura della mediazione, prevede che il capo dell’ufficio
giudiziario, nell’ambito dei propri compiti, possa
promuovere progetti di collaborazione in questa materia con altri
soggetti, senza aggiuntivi oneri per la finanza
pubblica. Tale disposizione è formulata in modo ampio, al fine di
rispettare la discrezionalità organizzativa dei
capi degli uffici, cui è rimessa la scelta in concreto di modi e tempi
per il suo esercizio.
Nel contesto generale del riordino della procedura di mediazione
(previsto dalla lettera e) del comma 4) si è
deciso di collocare in un apposito articolo 5-sexies del d.lgs. n. 28
del 2010 la vigente disciplina della
mediazione obbligatoria alla quale le parti si vincolano con apposita
espressione di volontà, inserendola in
apposita clausola contrattuale o statutaria.
L’articolo 5-sexies viene, quindi, introdotto per dare adeguata e più
razionale collocazione al soppresso comma
5 dell’articolo 5, e disciplina l’ipotesi in cui le parti, con apposita
clausola contrattuale o statutaria, si
impegnino a esperire, prima di adire il giudice, la procedura di
mediazione. L’articolo riprende quanto previsto
dal comma soppresso ma chiarisce che, in caso di inerzia delle parti
nel soddisfare la condizione di
procedibilità, il giudice debba dichiarare l’improcedibilità della
domanda.
Lettera f)
L’articolo 6, comma 1, d.lgs. n. 28 del 2010 è stato modificato per
rafforzare l’efficacia della procedura
conformemente a quanto richiesto dal comma 4, lettera e), dell’unico
articolo della legge delega al fine di
prevedere che il termine massimo di durata della procedura di
mediazione può essere prorogato di ulteriori tre
mesi, su accordo delle parti, a condizione che la richiesta di proroga
intervenga prima della scadenza di tale
termine.
Le modifiche apportate al comma 2 sono di mero coordinamento con le
modifiche apportate all’articolo 5.
Infine, al comma 3, si è ritenuto necessario precisare il dovere delle
parti di comunicare al giudice la proroga
del termine per concludere il procedimento di mediazione, così da
consentire al giudice di adottare i
provvedimenti conseguenti rispetto al giudizio avanti a sé pendente.
Lettera g)
Le modifiche all’articolo 7 del d.lgs. n. 28 del 2010 sono di mero
coordinamento con le modifiche introdotte
all’articolo 5 e con le nuove disposizioni dell’articolo 5-quater.
Lettera h)
L’attuazione del criterio di delega di cui alle lettere e), f), i) e p)
del comma 4 dell’unico articolo della legge
delega ha comportato modifiche di ampia portata in quanto ha imposto il
riordino delle disposizioni
concernenti la procedura di mediazione, allo specifico fine di favorire
la partecipazione delle parti e l’effettivo
confronto sulle questioni controverse, regolando altresì le conseguenze
della mancata partecipazione alla
procedura di mediazione. Più in particolare, i principi di delega
intendono conferire alla procedura di
mediazione una concreta effettività, in modo che le parti che vi
aderiscono, fin dal primo incontro, insieme al
mediatore, si dedichino concretamente alla ricerca della migliore e
stabile soluzione del conflitto che le
contrappone.
L’articolo 8 del d.lgs. n. 28 del 2010 è stato quindi sostituito al
fine di collocarvi i fondamentali principi che
regolano la procedura avanti al mediatore.
Il comma 1 prevede gli adempimenti del responsabile dell’organismo di
mediazione, una volta ricevuta la
domanda di mediazione. È stato reso più flessibile e meno stringente il
termine per il primo incontro tra le
parti, da tenersi tra i venti e i quaranta giorni dal deposito della
domanda, al fine di evitare che la tempistica
eccessivamente ridotta ostacoli una adeguata preparazione del primo incontro
e, da parte dell’organismo,
l’individuazione del mediatore ritenuto idoneo ad occuparsi della
controversia. Sono stati inoltre meglio
precisati gli oneri di comunicazione a carico dell’organismo successivi
alla ricezione della domanda di
mediazione, in modo che alle parti arrivino immediatamente tutte le
informazioni utili per il più efficace avvio
della procedura. È stata conservata la previsione che, nelle
controversie tecnicamente complesse, l’organismo
possa nominare uno o più mediatori ausiliari.
Il comma 2 è stato introdotto allo scopo di dare adeguata collocazione
alla previgente disposizione di cui al
soppresso comma 6 dell’articolo 5, secondo la quale la comunicazione
della domanda di mediazione alla
controparte produce sulla prescrizione gli stessi effetti della domanda
giudiziale e impedisce, per una volta, la
decadenza. Al fine, inoltre, di evitare che eventuali lentezze
procedurali dell’organismo di mediazione possano
danneggiare gli interessi delle parti che ricorrono alla mediazione che
quindi, già solo per questo, possono
essere indotte a non avvalersi di tale procedura, si prevede che la
parte che presenta la domanda possa
provvedere autonomamente alla comunicazione alla controparte al fine di
avvalersi dell’effetto interruttivo
della prescrizione o dell’impedimento della decadenza, senza esonero
degli obblighi di comunicazione che
continuano a gravare sull’organismo di mediazione.
Il comma 3 riprende quanto precedentemente previsto al comma 2
dell’articolo 8, precisando che il
procedimento di mediazione si svolge senza formalità presso la sede
dell’organismo di mediazione o nel luogo
indicato dal regolamento di procedura dell’organismo.
Il comma 4, in attuazione del criterio di cui alla lettera f),
stabilisce che le parti, in linea di principio, sono
tenute a partecipare personalmente alla procedura di mediazione ma, in
presenza di giustificati motivi, possono
delegare un proprio rappresentante, a condizione che sia informato sui
fatti e che sia munito dei poteri per
conciliare la lite. Tale possibilità è solo in apparente contrasto con
il principio di partecipazione effettiva e
attiva alla procedura in quanto rappresenta, invece, un ulteriore
strumento partecipativo utilizzabile da chi, per
varie ragioni (ad esempio salute, età, impegni inderogabili
concomitanti con gli incontri fissati dal mediatore)
non potrebbe partecipare di persona agli incontri fissati dal mediatore
rischiando di far fallire la mediazione
ovvero di prolungarne eccessivamente la durata.
L’espressa previsione della possibilità di partecipare mediante un
delegato ha reso necessario stabilire in modo
chiaro che il mediatore deve verificare la sussistenza dei poteri
rappresentativi delle persone comparse davanti
a lui e darne atto a verbale.
Il comma 5, al fine di riordinare e razionalizzare le disposizioni in
tema di procedimento di mediazione,
attribuisce idonea collocazione al principio secondo cui, nei casi di
mediazione obbligatoria per legge, ossia
nelle ipotesi di cui all’articolo 5, comma 1, e quando la mediazione è
demandata dal giudice, ciascuna parte
deve essere assistita dal proprio avvocato.
Il comma 6, in attuazione della lettera e), ha ripreso la previsione
(di cui al previgente comma 3), secondo cui
il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo
amichevole di definizione della controversia,
ed è stato integrato al fine di precisare le attività e gli oneri che
gravano sulle parti della procedura di
mediazione e sullo stesso mediatore il quale, in linea generale, è
tenuto preliminarmente a informare le parti,
nel primo incontro, sulle modalità di svolgimento della mediazione ed è
tenuto ad adoperarsi affinché sia
raggiunto un accordo di conciliazione. Allo stesso tempo si richiamano
espressamente i doveri di leale
cooperazione nel rispetto del canone della buona fede, che gravano
sulle parti e sui loro avvocati al fine di
realizzare l’effettivo confronto sulle questioni controverse. Si è
inoltre stabilito che del primo incontro è redatto
verbale a causa del mediatore, sottoscritto da tutti i partecipanti.
Tale disposizione sottolinea e ribadisce l’importanza del primo
incontro, non più finalizzato a una mera
informativa alle parti sulla procedura, la cui funzione è stata invece
potenziata e sono previsti specifici oneri a
carico del mediatore anche finalizzati a far constare l’eventuale
soddisfacimento della condizione di
procedibilità, e del relativo verbale.
Il comma 7 contiene la previsione (precedentemente collocata nel comma
4 dell’articolo 8) che il mediatore
può avvalersi di esperti, i cui compensi sono stabiliti nel regolamento
di procedura dell’organismo. Inoltre, in
attuazione del principio di cui alla lettera i), è stata aggiunta la
previsione che le parti, al momento della
eventuale nomina dell’esperto, possano accordarsi per stabilire che la
relazione da questi redatta possa essere
prodotta nell’eventuale processo davanti al giudice. L’accordo di
produrre la relazione nell’eventuale giudizio
deroga ai limiti di utilizzabilità del documento formato nella
procedura di mediazione, derivanti dal dovere di riservatezza sancito
dall’articolo 9. In caso di produzione, si è previsto che tale documento venga
valutato ai
sensi dell’articolo 116, primo comma, del codice di procedura civile.
Tale disposizione, in armonia con le generali finalità della delega in
materia di mediazione, concorre a
incentivare le parti ad avvalersi di tale procedura, proprio in quanto
consente, se non si raggiunge l’accordo di
conciliazione, di avvalersi delle attività tecniche svolte durante la
procedura stragiudiziale.
Lettera i)
L’inserimento dell’articolo 8-bis nel d.lgs. n. 28 del 2010 attua il
principio di delega contenuto nella lettera p)
per disciplinare la mediazione in modalità telematica.
Il comma 1 prevede, per gli atti del procedimento di mediazione svolto
in modalità telematica, che si debbano
rispettare le disposizioni del codice dell’amministrazione digitale, di
cui al decreto legislativo 7 marzo 2005,
n. 82 e che la loro trasmissione può avvenire avvalendosi di sistemi di
posta elettronica certificata o altri servizi
elettronici di recapito certificato.
Il comma 2 individua gli standard tecnici che devono essere rispettati
nel caso in cui gli incontri del
procedimento di mediazione si svolgano con sistemi audiovisivi a
distanza e si prevede che le parti possano
optare per la partecipazione agli incontri in forma mista.
Il comma 3 regola la formazione e sottoscrizione, con modalità
digitale, del documento contenente il verbale
e l’eventuale accordo di conciliazione, da parte del mediatore, oltre
che delle parti e, nei casi previsti dalla
legge, dagli avvocati che li assistono.
Il comma 4 prevede che il documento sottoscritto ai sensi del comma 3,
dopo essere stato firmato dal
mediatore, sia poi ritrasmesso alle parti, agli avvocati (ove nominati)
e alla segreteria dell’organismo.
Il comma 5 stabilisce che l’organismo di mediazione procede alla
conservazione ed esibizione dei documenti
del procedimento di mediazione svolto con modalità telematiche
osservando le disposizioni di cui all’articolo
43 del codice dell’amministrazione digitale.
Lettera l)
L’articolo 9 del d.lgs. n. 28 del 2010 viene modificato allo scopo di
razionalizzare le disposizioni in tema di
procedimento di mediazione. In particolare, si modifica il comma 1, al
fine di chiarire che il dovere di
riservatezza deve essere osservato da chiunque partecipi alla procedura
di mediazione.
Lettera m)
L’articolo 11 del d.lgs n. 28 del 2010 viene modificato in attuazione
del principio di cui alla lettera e) e in tale
articolo è collocata la disciplina della fase conclusiva del
procedimento di mediazione.
Il comma 1 individua alcuni specifici oneri di verbalizzazione a carico
del mediatore, con riferimento
all’ipotesi in cui l’accordo sia o non sia raggiunto. Viene mantenuta
la previsione del testo attualmente vigente,
in ordine al persistere, qualora le parti non raggiungano un accordo,
della facoltà del mediatore di formulare
comunque una proposta di conciliazione che deve essere allegata al
verbale, informando le parti delle possibili
conseguenze derivanti dal rifiuto della proposta ai sensi dell’articolo
13.
Al comma 2 sono stabilite le formalità e i tempi per la formalizzazione
della proposta di conciliazione ad opera
del mediatore, al fine di consentire alle parti di esaminarla e
valutarla con un adeguato margine di tempo prima
di manifestare la volontà di aderirvi o di rifiutare. Per ragioni di
riservatezza nell’eventuale successivo
procedimento giudiziale inter partes, è stato previsto che la proposta
del mediatore non possa contenere alcun
riferimento alle dichiarazioni rese o alle informazioni acquisite nel
corso del procedimento.
Il comma 3 costituisce una norma di coordinamento con l’articolo
15-septies, comma 4, al fine di
procedimentalizzare e semplificare la procedura di liquidazione del
compenso dell’avvocato che assiste una
parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
Il comma 4 stabilisce le regole per la formazione del verbale
conclusivo della procedura, sia con riferimento
alla necessità di allegarvi, quale parte integrante, l’eventuale
accordo, ma anche di stabilire chi debba sottoscrivere il verbale e il dovere
del mediatore di curarne il celere deposito presso l’organismo, oltre alla
previsione degli oneri di verbalizzazione che gravano sul mediatore.
Il comma 5 stabilisce che il verbale contenente l’eventuale accordo
deve essere redatto in formato digitale o,
se in formato analogico, in tanti originali quante sono le parti, oltre
a un originale da depositare presso
l’organismo di mediazione. Tale disposizione ha lo scopo di agevolare
l’utilizzo di tale documento da parte di
coloro che hanno partecipato alla procedura di mediazione.
Il comma 6 sancisce l’obbligo per l’organismo di mediazione di
rilasciare copia del verbale contenente
l’eventuale accordo alle parti che lo richiedono, nonché di conservare
copia degli atti dei procedimenti di
mediazione trattati per almeno tre anni decorrenti dalla loro
conclusione.
Il comma 7 ribadisce, con diversa collocazione, quanto originariamente
previsto dal comma 3 il cui contenuto
viene riformulato, nell’ottica del riordino delle norme sul
procedimento di mediazione, per meglio definire le
condizioni per procedere alla trascrizione dell’accordo di
conciliazione, oltre a ribadire che l’accordo può
prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o
inosservanza degli obblighi stabiliti o
per il ritardo nel loro adempimento.
Lettera n)
La lettera g) del comma 4 dell’unico articolo della legge delega
contiene un criterio di delega volto ad
incentivare la conclusione di accordi da parte delle amministrazioni
pubbliche, disponendo che per i
rappresentanti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1,
comma 2, del decreto legislativo n. 165 del
2001, la conciliazione nel procedimento di mediazione ovvero in sede
giudiziale non dà luogo a responsabilità
contabile, salvo il caso in cui sussista dolo o colpa grave,
consistente nella negligenza inescusabile derivante
dalla grave violazione della legge o dal travisamento dei fatti.
Oltre alle modifiche all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20,
è stato inserito l’articolo 11-bis nel d.lgs.
n. 28 del 2010, al fine di effettuare un espresso richiamo alla nuova
disposizione della legge n. 20 del 1994
applicabile nei casi di accordo conciliativo sottoscritto, in sede di
mediazione, dalle amministrazioni pubbliche.
Lettera o)
L’articolo 12 del d.lgs. n. 28 del 2010 è stato oggetto di modifiche di
chiarimento e coordinamento.
Al comma 1, al fine di evitare interpretazioni potenzialmente
pregiudizievoli per le parti, si è chiarito che
l’accordo sottoscritto dalle parti della mediazione e dei agli
avvocati, costituisce titolo esecutivo quando le
stesse sono assiste “dagli avvocati”, così sostituendo l’attuale
espressione “da un avvocato” che potrebbe
indurre l’interprete a ritenere che un simile accordo possa essere
stipulato, sottoscritto ed avere efficacia
esecutiva, anche quando più parti siano assistite da un solo avvocato.
Si è inoltre chiarito, con apposito coordinamento con l’articolo 8-bis,
che tra le modalità di sottoscrizione a tal
fine consentite sono comprese anche quelle previste da tale
disposizione.
Il comma 1-bis è stato quindi inserito per contenere, in collocazione
separata, la diversa disciplina dei casi in
cui, al di fuori dalle ipotesi del comma 1, l’omologa dell’accordo
avviene, su istanza di parte, con decreto del
presidente del tribunale.
Il comma 2 precisa, mediante una formulazione più corretta rispetto al
testo previgente, che l’omologazione
dell’accordo conferisce a quest’ultimo la qualità di titolo esecutivo
per procedere a espropriazione forzata,
esecuzione in forma specifica e iscrizione di ipoteca giudiziale.
Lettera p)
L’articolo 12-bis del d.lgs. n. 28 del 2010 viene inserito per attuare
il principio di cui alla lettera e) e contiene,
collocate in un unico articolo, le disposizioni sulle conseguenze
processuali della mancata partecipazione,
senza giustificato motivo, al procedimento di mediazione.
Il comma 1 prevede, riportando con diversa collocazione la disposizione
di cui all’articolo 8, comma 4-bis del
testo vigente, che il giudice possa desumere argomenti di prova, ai
sensi dell’articolo 116, secondo comma del
codice di procedura civile, dalla mancata partecipazione di una parte,
senza giustificato motivo, al primo
incontro della procedura di mediazione cui la controparte l’ha
invitata.
Il comma 2, riprendendo il principio previsto dal secondo periodo del
vigente comma 4-bis dell’articolo 8,
disciplina le conseguenze della mancata partecipazione nei casi in cui
la mediazione è condizione di
procedibilità della domanda. In tale ipotesi si prevede che la mancata
e ingiustificata partecipazione comporti
la condanna della parte costituita, a versare all’erario una somma di
importo corrispondente al doppio del
contributo unificato dovuto per il giudizio instaurato dopo
l’infruttuoso tentativo obbligatorio di mediazione.
Rispetto alla disposizione vigente, oltre a una diversa e più razionale
collocazione, si è previsto un aumento
della sanzione irrogata a questo titolo al fine di disincentivare comportamenti
elusivi del principio del tentativo
obbligatorio di mediazione, procedura astrattamente idonea a evitare
che le parti, per la medesima controversia
ricorrano al giudice.
Il comma 3 prevede che, nei casi di cui al comma 2, su istanza di
parte, con il provvedimento che definisce il
giudizio, il giudice possa altresì condannare la parte soccombente al
pagamento, in favore della controparte,
di una somma equitativamente determinata in misura non superiore nel
massimo alle spese di lite maturate
dopo la infruttuosa conclusione del procedimento di mediazione, dovuta
alla mancata partecipazione della
medesima parte soccombente.
Il comma 4 prevede una speciale conseguenza processuale connessa
all’ingiustificata partecipazione alla
procedura di mediazione da parte delle amministrazioni pubbliche di cui
all’articolo 1, comma 2 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n.165 o da parte di soggetti sottoposti a
un’autorità di vigilanza.
In tali ipotesi il giudice segnala la mancata partecipazione, nel primo
caso, al pubblico ministero presso la
Corte dei conti e nel secondo caso, all’autorità di vigilanza.
Tale segnalazione consente l’eventuale adozione, nei confronti dei
soggetti che ingiustificatamente hanno
omesso di coltivare una procedura di mediazione obbligatoria, di
eventuali sanzioni connesse al danno che tale
comportamento possa avere causato all’amministrazione o al soggetto
vigilato.
Lettera q)
L’articolo 13 del d.lgs. n. 28 del 2010 viene modificato per attuare il
principio di delega di cui alla lettera e)
del comma 4 dell’unico articolo della legge delega.
La rubrica viene modificata allo scopo di chiarire che tale
disposizione regola il regime delle spese processuali
nel caso di rifiuto della proposta di conciliazione, mentre il nuovo
articolo 12-bis disciplina la diversa materia
delle conseguenze processuali della mancata partecipazione alla
procedura di mediazione.
Il comma 1, nel penultimo periodo, contiene un intervento di
coordinamento dovuto alla modifica apportata
all’articolo 96 del codice di procedura civile, con l’aggiunta di un
quarto comma, il cui contenuto non sarebbe
coerente con il richiamo operato dal vigente comma, che ha lo scopo di
precisare che l’eventuale condanna
della parte al pagamento della somma prevista dal primo periodo del
comma 1, non esclude la possibilità che
la stessa parte sia condannata, ricorrendone i presupposti, per lite
temeraria.
Dunque, per effetto delle descritte modifiche, l’articolo 12-bis
contiene la disciplina delle conseguenze
scaturiscono dalla mancata e ingiustificata partecipazione alla
procedura di mediazione, mentre l’articolo 13
contiene la disciplina delle conseguenze che possono derivare alla parte
che, pur avendo partecipato alla
procedura di mediazione, ha rifiutato la proposta conciliativa il cui
contenuto ha poi trovato riscontro nel
provvedimento giurisdizionale.
Lettera r)
L’articolo 14 del d.lgs. n. 28 del 2010 è stato modificato in attuazione
del principio di cui alla lettera m),
nell’ottica di potenziare i requisiti di qualità e trasparenza del
procedimento di mediazione, prevedendo, al
comma 2, lettera a), che il mediatore sia obbligato a sottoscrivere,
per ciascun affare per il quale è designato,
una dichiarazione di indipendenza, oltre che di imparzialità.
La lettera b) del medesimo comma è stata modificata al fine di
prevedere l’obbligo, in capo al mediatore, di
comunicare, al responsabile dell’organismo e alle parti, tutte le
circostanze sopravvenute nel corso della
procedura, idonee a incidere sulla sua indipendenza e imparzialità.
Inoltre alla lettera c) è imposto l’ulteriore onere al mediatore di
formulare le proposte di conciliazione nel
rispetto del limite dell’ordine pubblico e delle norme imperative,
mentre alla lettera d) quello di corrispondere
immediatamente a ogni richiesta organizzativa del responsabile
dell’organismo.
AVVISO. Il testo riportato, elaborato dall’OsservatorioNazionale sulla Mediazione Civile ed estratto da quanto pubblicato in
GU del 19-10-2022, Supplemento straordinario n. 5, Serie generale - n. 245, non
riveste carattere di ufficialità.
Lettera s)
L’articolo 15 del d.lgs. n. 28 del 2010, dedicato alla mediazione
nell’azione di classe, è stato modificato
esclusivamente allo scopo di aggiornare il testo alle disposizioni nel
frattempo adottate, che hanno dato diversa
collocazione alla disciplina dell’azione di classe, portandola
all’interno del codice di procedura civile, in
particolare, per quanto qui di rilievo, nell’articolo 840-bis.
Lettera t)
Il principio di delega di cui all’articolo 1, comma 4, lettera a), in
relazione alle procedure alternative di
risoluzione delle controversie, prevede tre ambiti di intervento: il
riordino, semplificazione e ampliamento
degli incentivi fiscali, l’estensione del patrocinio a spese dello
Stato nelle procedure di mediazione e
negoziazione assistita e l’ampliamento delle categorie di beneficiari e
l’aumento degli incentivi fiscali. Tali
misure sono finalizzate a favorire e incentivare il ricorso e la
diffusione delle forme complementari di
risoluzione delle controversie che si realizzano con la composizione
transattiva della controversia in tal modo
contribuendo, quale ulteriore conseguenza, alla deflazione del
contenzioso giudiziario.
L’attuazione di tali ampi e complessi criteri di delega è stata
effettuata mediante interventi di modifica degli
articoli 17 e 20 del d.lgs. n. 28 del 2010 e mediante l’inserimento di
un nuovo capo II-bis nel d.lgs. n. 28 del
2010 contenente la disciplina del patrocinio a spese dello Stato nei
casi in cui le parti, in ottemperanza al dovere
di esperire un tentativo di mediazione, definiscono la controversia
senza ricorrere al giudice.
Per quanto riguarda il patrocinio a spese dello Stato, il principio di
delega è interpretato, conformemente alle
previsioni di spesa e di copertura finanziaria della legge n. 206 del
2021, nel senso di prevedere l’estensione
del patrocinio a spese dello Stato alle procedure di mediazione e di
negoziazione assistita, nei casi nei quali il
loro esperimento è condizione di procedibilità della domanda giudiziale
(che, in attuazione del principio
contenuto nell’articolo 1, comma 4, lettera c), sono estesi per la
mediazione alle controversie in materia di
contratti di associazione in partecipazione, di consorzio, di
franchising, di opera, di rete, di somministrazione,
di società di persone e di subfornitura).
All’indomani dell’entrata in vigore della legge n. 206 del 2021, la
Corte Costituzionale, con sentenza n. 10 del
2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 74, comma
2, e 75, comma 1, del decreto del
Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo
unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di spese di giustizia. (Testo A)» (nel
prosieguo, TUSG), nella parte in cui non
prevedono che il patrocinio a spese dello Stato sia applicabile anche
all’attività difensiva svolta nell’ambito
dei procedimenti di mediazione di cui all’articolo 5, comma 1, del
decreto legislativo n. 28 del 2010, quando
nel corso degli stessi è stato raggiunto un accordo, nonché dell’art.
83, comma 2, TUSG, nella parte in cui non
prevede che, in tali fattispecie, alla liquidazione in favore del
difensore provveda l’autorità giudiziaria che
sarebbe stata competente a decidere la controversia.
L’intervento è volto quindi a colmare tale lacuna, introducendo un
meccanismo che consenta l’accesso al
patrocinio a spese dello Stato nei casi in cui la mediazione sia
condizione di procedibilità della domanda
giudiziale e sia raggiunto l’accordo prima di adire l’autorità giudiziaria.
Si è ritenuto di non collocare tale intervento all’interno del decreto
del Presidente della Repubblica 30 maggio
2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di spese di giustizia.
(Testo A)» (nel prosieguo, TUSG), ma nel d.lgs. n. 28 del 2010.
Nel sistema del TUSG, l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato si
struttura in due fasi: in una prima fase,
viene deliberata l’ammissione in via anticipata e provvisoria della
parte non abbiente al beneficio ad opera del
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati; in una seconda fase, l’autorità
giudiziaria che procede, all’esito della
lite, conferma l’ammissione provvisoria e provvede alla liquidazione
del compenso considerando quantità e
qualità dell’attività processuale svolta dal difensore, applicando i
pertinenti parametri legati al valore della
controversia, con falcidia del 50% e con obbligo del rispetto del valori
medi. Una volta effettuata la
liquidazione e adottato il decreto di pagamento, il sistema prevede che
appositi uffici procedano all’erogazione
delle somme e stabilisce che lo Stato proceda all’azione di recupero di
tali somme nei confronti della parte
processuale rimasta totalmente o parzialmente soccombente rispetto alla
parte ammessa al beneficio.
Tale complessivo sistema appare difficilmente adattabile alle ipotesi
nelle quali la parte non abbiente è tenuta
ad avviare una procedura di risoluzione alternativa delle controversie
(negoziazione assistita o mediazione)
che si concluda con l’accordo prima dell’avvio di un’azione giudiziale.
In tale ipotesi, infatti, la controversia
è risolta senza necessità di proporre domanda giudiziale e, alla
conclusione del procedimento, non risulterà possibile individuare una parte
“soccombente” in senso tecnico-processuale nei confronti della quale avviare
un’azione di recupero delle spese di lite corrisposte, in forza del
patrocinio a spese dello Stato.
Si deve poi considerare che l’eventuale previsione di un apposito
procedimento che imponga alla parte non
abbiente e al suo difensore, a conclusione della procedura di
mediazione, di adire l’autorità giurisdizionale al
solo scopo di ottenere la liquidazione del compenso, si pone in
contrasto con i generali obiettivi di
semplificazione e celerità che la legge n. 206 del 2021 si prefigge di
raggiungere anche nel settore degli
strumenti di risoluzione alternativa delle controversie.
Si ritiene, per queste ragioni, che il principio di delega non possa
essere attuato mediante novella del TUSG in
considerazione degli evidenziati aspetti di asistematicità rispetto al
vigente sistema della liquidazione
giudiziale. Si è pertanto previsto l’inserimento nel d.lgs. n. 28 del
2010 del capo II-bis, i cui articoli da 15-bis
a 15-duocecies contengono la speciale disciplina del patrocinio a spese
dello Stato per le controversie per le
quali l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di
procedibilità ex lege, ai sensi dell’articolo
5, comma 1, l’assistenza dell’avvocato è obbligatoria e la procedura si
conclude con la conciliazione senza
ricorso al giudice.
In proposito si evidenzia che la collocazione della disciplina della
ammissione al beneficio e della
determinazione, liquidazione, riconoscimento ed erogazione del compenso
maturato dall’avvocato che ha
assistito una parte ammessa al patrocinio dello Stato in una procedura
di mediazione, in un testo normativo
diverso dal TUSG, non risulta incompatibile, in termini sistematici,
con la citata sentenza della Corte
Costituzionale n. 10 del 2021 che, al punto 11, ha precisato che
“[r]imane ferma, ovviamente, la facoltà del
legislatore di valutare, nella sua discrezionalità, eventualmente anche
in sede di attuazione della legge delega
prima richiamata, l’opportunità di introdurre, nel rispetto dei
suddetti principi costituzionali, una più
compiuta e specifica disciplina della fattispecie oggetto dell’odierno
scrutinio”.
La disciplina speciale adottata in attuazione della delega è destinata,
infine, ad essere applicata nei casi nei
quali, a causa delle circostanze del caso concreto, la procedura di
mediazione non ha comportato, durante il
suo intero svolgimento, di svolgere una parte della lite in sede
giurisdizionale. Tale differente ambito di
applicazione delle due discipline induce a non intervenire sul vigente
TUSG.
Tanto premesso, la disciplina attuativa del principio di delega in
esame riproduce le disposizioni del TUSG
che costituiscono espressione dei principi generali del patrocinio a
spese dello Stato in materia civile e che
sono compatibili con la specificità della fattispecie regolata in
attuazione della delega legislativa.
In particolare, sono state riproposte le stesse condizioni di accesso
al beneficio della parte non abbiente, non
essendovi ragioni per adottare una disciplina differenziata per il caso
in cui la richiesta del patrocinio a spese
dello Stato è necessaria per accedere alla tutela giurisdizionale o a
una procedura alternativa, che deve essere
obbligatoriamente instaurata prima di adire il giudice.
L’articolo 15-bis del d.lgs. n. 28 del 2010 è dedicato alla istituzione
del patrocinio in queste ipotesi, così
colmando il vuoto di tutela evidenziato dalla Corte costituzionale con
sentenza n. 10 del 2022. Il comma 2
indica i casi di esclusione dal beneficio, come delineati nel TUSG, in
quanto costituenti, salvo specifica
eccezione, ipotesi presunte di abuso dello strumento.
L’articolo 15-ter del d.lgs. n. 28 del 2010 fissa, in conformità alle
disposizioni vigenti, il limite di reddito per
l’accesso al patrocinio a spese dello Stato.
L’articolo 15-quater del d.lgs. n. 28 del 2010, al comma 1, stabilisce
il contenuto necessario dell’istanza di
ammissione e al comma 1 prevede espressamente la possibilità, per chi
si trova nelle condizioni per
l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, di farne richiesta al
fine di proporre domanda di mediazione o
di partecipare alla relativa procedura.
Il comma 2 riprende, in quanto compatibile, la disciplina del TUSG
sulla redazione e sottoscrizione
dell’istanza per l’ammissione, prevedendo poi che nell’istanza siano
indicate le ragioni di fatto e di diritto utili
a valutare la non manifesta infondatezza della pretesa che si intende
far valere con la procedura di mediazione.
Benché la procedura di mediazione non sia equiparabile al processo che
si svolge davanti al giudice, in quanto
non comporta una valutazione di fondatezza o infondatezza delle
contrapposte pretese e non si conclude con
un provvedimento assimilabile a una pronuncia giurisdizionale, si è
ritenuto di mantenere questo requisito
negli esatti termini previsti dal TUSG, in quanto indispensabile per
consentire all’organo competente a ricevere
l’istanza a valutare la meritevolezza del beneficio richiesto dalla
parte non abbiente. Anche sotto questo profilo,
ferme restando le differenze intrinseche tra mediazione e processo, non
vi è ragione di adottare una disciplina
differenziata.
Tale valutazione, che opera su un piano diverso da quello del
procedimento di mediazione, ha la diversa e
specifica finalità di prevenire che il beneficio sia strumentale al
perseguimento di pretese manifestamente
infondate, e di consentire la verifica dell’ulteriore condizione di
accesso alla misura che, nel caso della
mediazione, consiste nella necessaria riconducibilità della pretesa
alle controversie per le quali la mediazione
è prevista dalla legge come condizione di procedibilità della domanda
giudiziale.
Il comma 3 disciplina le modalità di attestazione, per lo straniero o
l’apolide, della condizione reddituale. Si è
tenuto conto delle modifiche, già intervenute, sull’articolo 79 del
TUSG, a seguito della sentenza della Corte
Costituzionale n. 157 del 2021 che ne ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale nella parte in cui non consente
al cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea, nel caso in
cui, per causa non imputabile, risulti
impossibile presentare la certificazione dell’autorità consolare
competente di produrre (con conseguente
inammissibilità della richiesta) una dichiarazione sostitutiva secondo
le norme vigenti.
L’articolo 15-quinquies del d.lgs. n. 28 del 2010 individua il
Consiglio dell’ordine degli avvocati competente
nel Consiglio che ha sede nel luogo dove si trova l’organismo di
mediazione competente ad esperire la
procedura.
Si è mantenuto il meccanismo, già previsto dal TUSG, dell’ammissione
anticipata e provvisoria da parte di
tale organo, in considerazione del fatto che l’ammissione definitiva,
come chiaramente indicato all’articolo
15-bis, è condizionata alla dimostrazione del raggiungimento
dell’accordo di conciliazione.
In caso contrario, infatti, la parte ammessa in via provvisoria, avendo
soddisfatto la condizione di procedibilità,
è legittimata a presentare domanda giudiziale e, in tal caso, la
liquidazione del compenso al difensore della
parte non abbiente avviene secondo le regole del TUSG.
L’articolo 15-sexies del d.lgs. n. 28 del 2010, nell’ottica della
tutela effettiva del diritto al patrocinio, individua
il rimedio giudiziale esperibile in caso di rigetto o di declaratoria
di inammissibilità della domanda di
ammissione, avverso il provvedimento emesso dal Consiglio dell’ordine
degli avvocati. Si tiene conto del fatto
che, nelle ipotesi regolate, non è previsto l’esperimento della domanda
davanti al giudice.
L’articolo 15-septies del d.lgs. n. 28 del 2010 disciplina gli effetti
dell’ammissione anticipata al beneficio e la
procedura di conferma dell’ammissione anticipata.
Il comma 1 contiene la clausola generale di validità dell’ammissione
anticipata per l’intera procedura di
mediazione.
Il comma 2 stabilisce che la parte ammessa al patrocinio non è tenuta a
versare all’organismo di mediazione
le indennità previste dall’articolo 17, commi 3 e 4. Per completezza si
evidenzia che per tali indennità non
esigibili dalla parte non abbiente, l’articolo 20 attribuisce, in
conformità ad apposito principio di delega, un
corrispondente credito di imposta all’organismo di mediazione.
I commi 3 e 4 disciplinano le condizioni per la conferma
dell’ammissione anticipata, che deve essere attivata
dall’avvocato che assiste la parte non abbiente che è tenuto a tal fine
a documentare il raggiungimento
dell’accordo, atto che, ai sensi dell’articolo 11, comma 3, deve
contenere l’indicazione del suo valore,
indispensabile per la determinazione del corretto parametro di
liquidazione del compenso. In tal modo, la
procedura di liquidazione viene snellita e limita eventuali
controversie avanti al Consiglio dell’ordine sulla
corretta individuazione del parametro da applicare. Il Consiglio
dell’ordine è tenuto a svolgere, in base a tale
comma, oltre alla verifica formale di completezza della documentazione
a corredo dell’istanza, anche una
valutazione di congruità del compenso, determinato in conformità
all’articolo 15-octies, e a confermare in caso
di esito positivo l’ammissione tramite apposizione del visto di
congruità sulla parcella, trasmettendone copia
all’ufficio finanziario competente per le verifiche di competenza.
Il comma 5 riproduce il divieto, per l’avvocato della parte ammessa al
beneficio, di percepire dal cliente
compensi o rimborsi e sanziona con la nullità eventuali patti contrari
e viene richiamato l’articolo 85, comma
3, TUSG che stabilisce che la violazione di tale divieto costituisce
“grave illecito disciplinare professionale”.
L’articolo 15-octies del d.lgs. n. 28 del 2010 disciplina la
determinazione del compenso autoliquidato dal
difensore, da sottoporre al vaglio di congruità di cui all’articolo
15-septies, rimandando a un decreto
ministeriale per l’individuazione degli importi spettanti all’avvocato
a titolo di onorario e di spese nonché delle
modalità con cui l’avvocato deve compilare la dichiarazione di
autoliquidazione. Si mira a introdurre così un
sistema chiaro e procedimentalizzato, che ponga il Consiglio
dell’ordine in condizione di operare senza
complicazioni, avendo a disposizione anche il documento contenente
l’accordo di conciliazione, tutti i controlli
di conformità prodromici alla adozione del provvedimento di conferma
dell’ammissione anticipata e alla
verifica di congruità del compenso prevista dal comma 4 dell’articolo
15-septies.
La norma prevede altresì, in un’ottica di semplificazione,
accelerazione ed effettività del riconoscimento del
compenso maturato dall’avvocato che ha assistito una parte in una
procedura di mediazione, che il
professionista possa accedere a forme di riconoscimento diverse dalla
materiale erogazione delle somme, quali
il riconoscimento di un credito di imposta e la possibilità di
compensare tale credito con altri crediti che il
professionista vanta nei confronti dell’Erario, sulla scorta di quanto
attualmente prevede l’articolo 1, commi
778 e 779, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.
L’articolo 15-novies del d.lgs. n. 28 del 2010 disciplina i casi di
revoca del provvedimento di ammissione e i
rimedi contro tale decisione. Si tratta di norma di chiusura
necessaria, che stabilisce in che modo si procede a
revoca nei casi in cui sia accertato che una parte ha fruito del
beneficio pur non avendone diritto.
Il comma 1 prevede quindi che ove sia accertata dalle autorità
competenti l’insussistenza dei presupposti per
l’ammissione, ne sia data notizia al Consiglio dell’ordine che ha
adottato il provvedimento di ammissione.
Il comma 2, nella medesima prospettiva, prevede che siano comunicate al
medesimo organo anche le
modifiche sopravvenute delle condizioni reddituali che escludono il
diritto di essere ammessi al beneficio
ponendosi a carico della parte non abbiente l’onere di comunicare al
proprio avvocato eventuali modifiche
reddituali sopravvenute idonee a incidere sulle condizioni di
ammissione. Si tratta di una necessaria norma di
chiusura del sistema, considerando la brevità del termine di durata
della procedura di mediazione e la
prevedibile rarità dei casi in cui in concreto, in tale breve spazio di
tempo, sopravvengano mutamenti del
reddito, rispetto alla dichiarazione dell’anno precedente, tali da
mettere in discussione il mantenimento del
diritto al beneficio.
Il comma 3 prevede che il Consiglio dell’ordine, ricevuta una di queste
comunicazioni ed effettuate le verifiche
ritenute necessarie, procede alla revoca del provvedimento di
ammissione, da comunicare all’interessato,
all’avvocato e all’organismo di mediazione.
Il comma 4 individua il rimedio giurisdizionale attivabile per
contestare la revoca, con richiamo della
procedura attualmente prevista dal TUSG.
L’articolo 15-decies del d.lgs. n. 28 del 2010 riproduce le sanzioni
attualmente previste dall’articolo 125
TUSG per chi effettua false attestazioni per ottenere o mantenere
l’ammissione al patrocinio e, come previsto
anche nel TUSG, attribuisce alla Guardia di finanza il compito di
effettuare, nel contesto dei programmi
annuali di controllo fisale, anche i controlli dei soggetti ammessi al
patrocinio a spese dello Stato.
L’articolo 15-undecies del d.lgs. n. 28 del 2010 contiene infine le
disposizioni di copertura finanziaria per
l’attuazione delle descritte disposizioni relative al patrocinio a
spese dello Stato nella procedura di mediazione.
Lettera u)
Nella rubrica del Capo III è stato inserito riferimento agli enti di
formazione per riflettere la nuova disciplina
introdotta sul punto.
Lettera v)
L’articolo 16 del d.lgs. n. 28 del 2010 è stato modificato con
l’aggiunta del comma 1-bis, che opera una
revisione e inserisce nella norma primaria i requisiti necessari perché
gli organismi di mediazione siano abilitati
a gestire i relativi procedimenti ed essere quindi iscritti nel
registro previsto dall’articolo 2 del decreto
legislativo n. 28 del 2010.
In particolare sono stati individuati in modo specifico i requisiti
comprovanti la serietà, costituiti dalla
onorabilità dei soci, amministratori, responsabili e mediatori degli
organismi, dalla previsione, nell’oggetto
sociale o nello scopo associativo, dello svolgimento, da parte
dell’organismo, in via esclusiva, di attività
consistente nell’erogazione di servizi di mediazione, conciliazione o
risoluzione alternativa delle controversie
e di formazione nei medesimi ambiti, oltre a una dichiarazione di
impegno a non prestare servizi di mediazione
conciliazione e risoluzione di controversie in tutti i casi nei quali
l’organismo stesso ha un interesse nella lite.
Il comma 1-ter contiene l’individuazione dei requisiti comprovanti
l’efficienza, consistenti nella adeguatezza
e trasparenza dell’organizzazione, anche per quanto concerne gli
aspetti amministrativi e contabili, nella
capacità finanziaria, nella qualità dei servizi erogati, della
qualificazione professionale del responsabile
dell’organismo e degli stessi mediatori.
Il comma 3 è stato modificato al fine di prevedere che nel regolamento
che l’organismo di mediazione allega
alla domanda di iscrizione nel registro, siano espressamente indicate
non solo le tabelle delle indennità spettanti
agli organismi, ma anche i relativi criteri di calcolo.
Il comma 4-bis è stato modificato esclusivamente al fine di aggiornare
il riferimento normativo al codice
deontologico forense. È stato sostituito il riferimento all’articolo
55-bis con il riferimento corretto all’articolo
62 di tale codice.
Il comma 5 è stato modificato esclusivamente al fine di coordinare il
testo vigente con l’introduzione del
nuovo articolo 16-bis, dedicato alla disciplina degli enti di
formazione, il cui elenco, effettivamente istituito
con il D.M. n. 180 del 2010 adottato in attuazione del comma 5, dovrà
essere tenuto in conformità dei nuovi
specifici criteri per l’iscrizione degli enti di formazione.
Lettera z)
L’articolo 16-bis del d.lgs. n. 28 del 2010, in attuazione delle
lettere l) e n), del comma 4 dell’unico articolo
della legge delega è stato introdotto al fine di individuare i requisiti
necessari per l’iscrizione degli enti di
formazione nell’elenco istituito e tenuto presso il Ministero della
giustizia.
Si è scelto di adottare, quanto ai requisiti di serietà ed efficienza,
gli stessi criteri previsti per gli organismi di
mediazione, non essendovi ragione di prevedere una disciplina
differenziata.
Il comma 1 fissa il principio secondo cui l’iscrizione all’elenco degli
enti di formazione è condizionato alla
dimostrazione dei requisiti di serietà ed efficienza, come definiti
dall’articolo 16, commi 1-bis e 1-ter.
Il comma 2 contiene, in attuazione del criterio di delega di cui alla
lettera n), la previsione di uno specifico e
ulteriore requisito richiesto come condizione per l’iscrizione, o per
il suo mantenimento, costituito
dall’obbligo, per l’ente di formazione, di nominare un responsabile
scientifico di chiara fama e esperienza nel
settore, cui sono attribuiti specifici compiti, e che deve assicurare
la qualità della formazione erogata dall’ente,
la sua completezza, oltre che l’adeguatezza e l’aggiornamento del
percorso formativo offerto, che non può
essere disgiunto dalla stessa competenza dei formatori. Proprio
nell’ottica di responsabilizzare gli enti di
formazione a reperire, attraverso il responsabile, i formatori dotati
della migliore esperienza è stata
espressamente prevista la possibilità di valorizzare anche le
competenze maturate all’estero. Inoltre, il
responsabile della formazione ha lo specifico onere di comunicare
costantemente al Ministero della giustizia,
i programmi formativi via via predisposti, completi dei nominativi dei
formatori scelti per il loro svolgimento.
Il comma 3 prevede inoltre che con decreto ministeriale siano
individuati i più specifici requisiti di
qualificazione richiesti ai mediatori e ai formatori per iscriversi
negli elenchi tenuti presso il Ministero della
giustizia o per mantenere tale iscrizione dopo l’entrata in vigore
delle modifiche apportate al decreto legislativo
n. 28 del 2020 e al D.M. n. 180 del 2010. La completa attuazione delle
modifiche apportate all’articolo 16 e
con l’introduzione del nuovo articolo 16-bis sarà completata, dopo
l’entrata in vigore del decreto legislativo di
attuazione della legge delega, apportando le pertinenti modifiche al DM
n.180 del 2010 al fine di prevedere,
tra l’altro, che per l’iscrizione nel registro, occorre partecipare ad
un corso di formazione iniziale per mediatori
e ad un numero minimo di procedure di mediazione presso un organismo di
mediazione, che coloro che non
hanno conseguito una laurea in discipline giuridiche attestano adeguata
preparazione attraverso la
partecipazione a specifici corsi formativi nelle discipline giuridiche,
che dopo l’iscrizione nel registro, i
mediatori sono tenuti all’aggiornamento permanente mediante la
partecipazione a corsi di formazione; che per
mantenere l’iscrizione nel registro, gli avvocati iscritti all’albo
sono tenuti ad adempiere a specifici obblighi
minimi di formazione, che dopo l’iscrizione nell’elenco, i formatori
sono tenuti all’aggiornamento permanente
mediante la partecipazione a corsi di formazione, che le attività di
formazione possono svolgersi in presenza o
mediante collegamento audiovisivo da remoto, che il responsabile
scientifico degli enti di formazione,
nell’adempimento dei compiti di cui all’articolo 16-bis, comma 2, del
decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 218,
possa svolgere appositi compiti quali: approvare i programmi erogati
dall’ente unitamente ai nomi dei
formatori incaricati e ai calendari di svolgimento dei corsi di
formazione, certificare l’equivalenza della
formazione di aggiornamento eventualmente svolta dai formatori presso
enti e istituzioni con sede all’estero,
certificare per singole attività formative l’idoneità di formatori
anche stranieri non accreditati dal Ministero
della giustizia, rivedere i parametri per la determinazione
dell’onorario e delle spese spettanti all’avvocato ai
sensi dell’articolo 15-octies, comma 1, nonché per la revisione delle
spese di avvio della procedura di
mediazione e delle indennità spettanti agli organismi di mediazione.
Tali interventi, coerenti con i principi di
delega, considerati anche gli ambiti regolati dal DM n.180 del 2010,
trovano adeguata collocazione nella
normativa secondaria.
Lettera aa)
L’articolo 17 del d.lgs. n. 28 del 2010 è stato sostituito, in
attuazione del principio di cui alla lettera a) del
comma 4.
Il comma 1 (che recepisce quanto precedentemente contenuto nel comma 2
dell’articolo 17) sancisce il
principio, compatibile con i principi della legge delega in materia,
secondo cui documenti e provvedimenti
relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di
bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di
qualsiasi specie e natura.
Il comma 2 dispone che il verbale contenente l’accordo di conciliazione
è l’atto esente da imposta di registro
ed eleva (rispetto al previgente comma 3) il limite di esenzione da
cinquantamila a centomila euro.
Il comma 3 attua il principio di delega avente ad oggetto la riforma
delle spese di avvio della procedura di
mediazione e delle relative indennità, e stabilisce che ciascuna parte
è tenuta a versare, al momento della
presentazione della domanda di mediazione o dell’adesione, le spese di
avvio della procedura di mediazione e
le spese di mediazione per il primo incontro, precisando che quando la
mediazione si conclude senza l’accordo
al primo incontro, le parti non sono tenute a corrispondere importi
ulteriori.
Viene quindi meno, quale aspetto di particolare rilievo della riforma
del regime delle spese e indennità di
mediazione, oltre che di rafforzamento della sua effettività e qualità,
il principio della sostanziale gratuità del
primo incontro di mediazione.
Il comma 4 introduce un ulteriore principio secondo cui sono previsti
importi specifici e differenziati nel caso
in cui il primo incontro si concluda con un accordo e nel diverso caso
in cui la procedura di mediazione richieda
lo svolgimento di più incontri. Il comma pone a carico degli organismi
di mediazione, al fine di migliorare la
trasparenza della procedura, l’onere di rendere noti, nel proprio
regolamento, gli importi che sono richiesti a
questo titolo.
Il comma 5 prevede i contenuti del decreto ministeriale di cui
all’articolo 16, comma 2, riportando quanto già
previsto dal previgente comma 4 e aggiungendo, alla lettera c), che il
decreto ministeriale deve anche fissare
e disciplinare le indennità per le spese di avvio e per le spese di
mediazione previste per il primo incontro che,
come osservato in precedenza, a seguito della riforma dovranno essere
sempre corrisposte e, alla lettera f), che
il medesimo decreto deve anche fissare i criteri per la determinazione
del valore dell’accordo di conciliazione,
elemento necessario per la semplificazione della determinazione del
compenso spettante all’avvocato che
assiste la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato nei casi in
cui all’articolo 5, comma 1, e in armonia
con quanto si prevede all’articolo 15-septies, comma 4.
Il comma 6, in accordo con la nuova disciplina del patrocinio a spese
dello Stato prevista per le procedure di
mediazione di cui all’articolo 5, comma 1, e 5-quater, precisa che la
parte ammessa al patrocinio a spese dello
Stato non è tenuta a versare né spese di avvio, né spese di mediazione
(per il primo incontro e per gli incontri
ulteriori). Il relativo importo, come indicato in relazione agli
interventi operati sull’articolo 20, comma 4, può
essere recuperato dall’organismo di mediazione mediante richiesta di
riconoscimento di un corrispondente
credito di imposta.
Il comma 7 mantiene la previsione di un onere in capo al Ministero
della giustizia di monitorare le “mediazioni
concernenti i soggetti esonerati dal pagamento dell’indennità di
mediazione”, già contenuta nel previgente
comma 6, mentre si è ritenuto di sopprimere la parte relativa alla
determinazione delle indennità spettanti agli
organismi di mediazione, divenuta incompatibile con la nuova disciplina
in materia di patrocinio a spese dello
Stato nel procedimento di mediazione.
Il comma 8 contiene il principio di rideterminazione triennale
dell’ammontare delle indennità previste per gli
organismi di mediazione.
Il comma 9 contiene la norma di copertura finanziaria.
Lettera bb)
La legge delega, oltre alla semplificazione di tutte le procedure per
il riconoscimento di tali crediti, prevede
l’incremento del vigente ammontare dell’esenzione dall’imposta di
registro sugli accordi di conciliazione; il
riconoscimento per le parti della procedura di mediazione, di un
credito di imposta commisurato al compenso
corrisposto all’avvocato, un credito di imposta per il contributo
unificato versato per il giudizio estinto a
seguito di accordo raggiunto in sede di mediazione. È inoltre previsto
un credito di imposta per gli organismi
di mediazione, commisurato all’indennità non esigibile dalla parte
ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
All’articolo 20 del del d.lgs. n. 28 del 2010 sono quindi state
apportate puntuali modifiche per recepire gli
specifici criteri dettati in tale ambito dalla legge delega.
La rubrica è stata modificata per renderla coerente con il nuovo
contenuto dell’articolo, che prevede non solo
un ampliamento dei crediti di imposta riconosciuti alle parti della
procedura di mediazione, ma anche un
credito di imposta per la prima volta riconosciuto a favore degli
organismi di mediazione.
Il comma 1 viene interamente riformulato al fine di prevedere l’aumento
dell’importo massimo del credito
d’imposta riconosciuto alla parte per l’indennità corrisposta
all’organismo di mediazione (che viene portato
da cinquecento a seicento euro). Tale importo, secondo quanto prevedono
i commi 3 e 4 dell’articolo 17,
introdotti in attuazione di appositi principi di delega, comprende le
spese di avvio e le spese del primo incontro
di mediazione e degli eventuali ulteriori importi a seconda che il
primo incontro si concluda con un accordo o
che la procedura prosegua con incontri ulteriori.
Nel medesimo comma viene introdotto un nuovo credito d’imposta in
favore delle parti, riconoscibile nei soli
casi in cui casi in cui la mediazione è condizione di procedibilità
della domanda nelle controversie di cui
all’articolo 5, comma 1, e quando il giudice demanda le parti in
mediazione (restando quindi esclusa l’ipotesi
di mediazione su clausola contrattuale o statutaria di cui al nuovo
articolo 5-sexies in quanto si tratta di
un’ipotesi nella quale la condizione di procedibilità deriva dalla
volontà delle parti). Tale credito di imposta è
commisurato al compenso corrisposto dalla parte al proprio avvocato,
nei limiti previsti dai parametri forensi,
per l’assistenza nella procedura di mediazione, nel limite di euro
seicento.
Il comma 2, per assicurare il rispetto della copertura finanziaria,
fissa il tetto massimo all’importo complessivo
di cui la parte può beneficiare a titolo di credito d’imposta nei casi
previsti dal comma 1. Si prevede, dunque,
che per tali crediti alla parte può essere riconosciuto un credito di
imposta fino ad euro seicento per procedura
e un tetto massimo annuale fino a euro duemilaquattrocento per le
persone fisiche, e fino a euro
ventiquattromila per le persone giuridiche. Si è scelto di introdurre
un tetto massimo annuale differenziato per
le persone fisiche e per le persone giuridiche in considerazione del
fatto che, anche a causa dello svolgimento
di molte attività in forma associata, le persone giuridiche sono più
frequentemente coinvolte in procedure di
mediazione, con conseguente diritto a vedersi riconoscere i crediti
d’imposta di nuova introduzione (è sul
punto sufficiente considerare le materie per le quali è prevista, ed è
stata ampliata, la condizione di procedibilità
ai sensi dell’articolo 5, comma 1). La fissazione di un tetto
differenziato ha lo scopo di evitare che le risorse a
copertura di tali interventi siano assorbite in maniera sproporzionata
dai crediti di imposta delle persone
giuridiche, fattore che potrebbe ostacolare le finalità del principio
di delega, ossia diffondere la cultura della
mediazione anche nelle controversie che vedono come parti le persone
fisiche.
L’ultimo periodo del comma ribadisce la regola, contenuta nella
precedente formulazione del comma 1,
secondo cui, in caso di insuccesso della mediazione, i crediti di
imposta sono ridotti della metà. Sotto questo
profilo non vengono apportate innovazioni al regime vigente.
Il comma 3 è stato introdotto al fine di attuare il principio di delega
avente ad oggetto il riconoscimento di un
ulteriore credito d’imposta a beneficio della parte, commisurato al
contributo unificato versato per il giudizio
estinto a seguito della conclusione di un accordo di conciliazione. In
tal caso il limite massimo esigibile è stato
fissato in euro cinquecentodiciotto (importo corrispondente a quanto
dovuto a titolo di contributo unificato per
i processi civili di valore indeterminabile). La collocazione di tale
beneficio fiscale in questo comma trova la
sua ragione nel fatto che si tratta di importo non assoggettato al
limite massimo previsto dal comma 2.
Il comma 4 è stato introdotto al fine di attuare il principio di delega
avente ad oggetto il riconoscimento di un
credito d’imposta in favore degli organismi di mediazione. Il beneficio
è riconosciuto quando partecipa alla
procedura di mediazione una parte ammessa al patrocinio a spese dello
Stato che, per effetto dell’ammissione,
non è tenuta a versare alcuna indennità all’organismo di mediazione, al
quale spetta, invece, in misura
corrispondente, un credito di imposta per il quale è previsto un limite
annuale di euro ventiquattromila.
Il comma 5 prevede che venga adottato, entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore delle disposizioni attuative
della legge n. 206 del 2021, un decreto ministeriale finalizzato a
disciplinare le procedure che dovranno essere
seguite per il riconoscimento dei crediti d’imposta sopra descritti,
anche per quanto concerne l’individuazione
della documentazione da esibire a corredo della richiesta e dei
controlli sull’autenticità della stessa, e per
definire le modalità di trasmissione in via telematica all’Agenzia
delle entrate dell’elenco dei beneficiari e dei
relativi importi a ciascuno comunicati. Infine, i commi 6 e 7
contengono le disposizioni di copertura finanziaria
per l’attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 20.
omissis
AVVISO. Il testo riportato, elaborato dall’OsservatorioNazionale sulla Mediazione Civile ed estratto da quanto pubblicato in
GU del 19-10-2022, Supplemento straordinario n. 5, Serie generale - n. 245, non
riveste carattere di ufficialità.
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)