=> Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 70 del 23 maggio 2022
Il divieto di prestare attività professionale in conflitto di
interessi anche solo potenziale (art. 24 cdf, già art. 37 codice
previgente) risponde all’esigenza di conferire protezione e garanzia non
solo al bene giuridico dell’indipendenza effettiva e dell’autonomia dell’avvocato ma, altresì, alla
loro apparenza (in quanto l’apparire indipendenti è tanto
importante quanto esserlo effettivamente), dovendosi in assoluto proteggere,
tra gli altri, anche la dignità dell’esercizio professionale e l’affidamento
della collettività sulla capacità degli avvocati di fare fronte ai doveri che
l’alta funzione esercitata impone, quindi a tutela dell’immagine complessiva
della categoria forense, in prospettiva ben più ampia rispetto ai confini di
ogni specifica vicenda professionale. Conseguentemente: 1) poiché si tratta di
un valore (bene) indisponibile, neanche l’eventuale autorizzazione della
parte assistita, pur resa edotta e, quindi, scientemente consapevole della
condizione di conflitto di interessi, può valere ad assolvere il
professionista dall’obbligo di astenersi dal prestare la propria attività; 2)
poiché si intende evitare situazioni che possano far dubitare della correttezza
dell’operato dell’avvocato, perché si verifichi l’illecito (c.d. di
pericolo) è irrilevante l’asserita mancanza di danno effettivo [massima
ufficiale] (I).
(I) Per approfondimenti si veda:
- http://osservatoriomediazionecivile.blogspot.com/search/label/avvocatura;
- http://osservatoriomediazionecivile.blogspot.com/search/label/Avvocatura%3B%20Deontologia;
- Gli atti del Consiglio Nazionale Forense in tema di mediazione civile: massimario e banca dati (http://osservatoriomediazionecivile.blogspot.com/p/cnf.html).
Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 37/2022
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)
Omissis
FATTO
1. L’Avv. [RICORRENTE] impugna la decisione del CDD di Salerno con la
quale gli è stata
inflitta la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione
per due mesi, a
conclusione del procedimento disciplinare aperto con il seguente capo
di incolpazione: A)
art. 9 (dovere di probità, dignità e decoro) per non aver osservato i
doveri di probità,
dignità e decoro, nella salvaguardia della propria reputazione e della
immagine della
professione forense nello svolgimento della vicenda relativa alla
sottoscrizione della
scrittura transattiva del 14.2.1; B) art. 24 (conflitto di interessi)
in relazione all’art. 62
(mediazione) per non essersi astenuto dall’attività professionale di
mediatore svolta con la
scrittura privata sottoscritta in data 14.2.11 in palese conflitto di
interessi, avendo egli
difeso gli interessi di [AAA] nel giudizio definito con sentenza del
Tribunale di Nocera
Inferiore [OMISSIS]/05 ed avendo assunto successivamente il patrocinio
del medesimo
[AAA] nell’insorgenda vicenda sempre relativa al medesimo oggetto e tra
le stesse parti di
cui alla comparsa di costituzione allegata alla scrittura transattiva
in data 14.2.11. Fatti
avvenuti in Pagani ed in Angri in data 14.2.2011 o in data ad essa
prossima.
Il procedimento disciplinare veniva aperto su esposto presentato al COA
di Nocera
Inferiore (il 25.5.15) da [BBB], titolare della ditta individuale
[ALFA].
Nell’esposto si riferiva che, all’esito di un giudizio per finita
locazione di un immobile ove
era esercitata l’attività di impresa, e prospettate - da parte
dell’esponente - una serie di
contestazioni circa la presenza di amianto nell’immobile, venivano avviate
trattative tra
l’esponente e il locatore [AAA]. Trattative che venivano svolte con
l’intervento dell’avv.
[RICORRENTE], che aveva assistito il proprietario nell’ambito
dell’azione di sfratto.
L’esponente lamentava che l’incolpato, in tale contesto, avesse svolto,
sostanzialmente,
funzioni di arbitro / conciliatore, favorendo la conclusione di un
accordo transattivo,
sottoscritto il 14.2.2011.
Nell’occasione, l’incolpato avrebbe “preteso ed ottenuto” la
sottoscrizione di un atto di
citazione, a dire dell’esponente predisposto nel suo interesse dallo
stesso Avv.
[RICORRENTE], così come pure il medesimo difensore avrebbe predisposto
una
comparsa di risposta - con domanda riconvenzionale - nell’interesse di
[AAA] (originario
locatore), allo scopo di documentare la potenziale insorgenza di un
contenzioso. L’accordo
prevedeva anche il pagamento della somma di euro 23.015,00, quale
indennità di
avviamento offerta al conduttore. Somma effettivamente corrisposta con
assegno
circolare, ma pretesa poi in restituzione - per un pari importo in
contanti - dall’Avv.
[RICORRENTE], al quale era consegnata, in studio, in assenza del
locatore.
L’esponente ha offerto, a supporto delle contestazioni, copia degli
atti indicati,
documentazione fotografica e trascrizione giurata della registrazione
relativa alla
conversazione che sarebbe intervenuta nello studio dell’Avv.
[RICORRENTE] (avente ad
oggetto il conteggio della somma versata in contanti, che sarebbe stata
pretesa in
restituzione per la consegna dell’accordo sottoscritto).
L’Avv. [RICORRENTE] si è difeso allegando, tra gli altri, il decreto di
archiviazione di un
procedimento penale avviato dalla Procura della Repubblica di Nocera
Inferiore, su
denuncia-querela proposta nei suoi confronti, per truffa, dal Sig.
[BBB], chiedendo
l’archiviazione anche del procedimento disciplinare.
Il CDD comunicava – il 15 marzo 2016 - all’Avv. [RICORRENTE] il capo di
incolpazione e,
successivamente, disponeva la citazione a giudizio dell’incolpato, cui
procedeva sulla
scorta dei presupposti qui di seguito elencati:
- procura lesione alla propria reputazione professionale e alla dignità
dell’intera classe
forense l’avvocato difensore di interessi che, anche se non
direttamente contrapposti,
abbiano carattere di potenziale conflittualità e possono sfociare in
concrete situazioni di
contrasto;
- l’incolpato ha commesso consapevolmente le violazioni deontologiche
che gli sono state
contestate;
- l’archiviazione del procedimento penale è stata disposta senza che
fosse valutato il
merito della vicenda, ma con la motivazione di “tardività della querela
presentata dopo
circa 3 anni dai fatti”;
- l’incolpato ha confermato di aver predisposto una comparsa di
costituzione nell’interesse
del Sig. [AAA] contro [BBB], in risposta ad un atto di citazione che
non risulta notificato, e
tali atti sono stati allegati alla scrittura transattiva in data
14.2.11;
- dalla documentazione prodotta dall’incolpato, nel dettaglio dall’atto
di transazione datato
14.2.2011, risulta che lo stesso ha svolto incarico di “mediazione,
consulenza, assistenza,
redazione, stesura, dei singoli atti redatti e qui uniti, ad eccezione
dell’atto di [BBB] steso
per le sue rivendicazioni”;
- non risulta smentita l’operazione riferita dall’esponente relativa al
conteggio della somma
di euro 23.000,00 in contanti avvenuta nello studio dell’Avv.
[RICORRENTE] ed effettuata
dal figlio [CCC].
L’esponente, in sede dibattimentale, ha confermato integralmente
l’esposto e tutti i
documenti ad esso allegati - tra cui le fotografie che ritraggono il
Sig. [CCC] contare il
denaro (le stesse non sono mai state contestate dall’incolpato) e la
trascrizione integrale
del colloquio che si è svolto in quel giorno (1.4.2011) - e ha riferito
non solo di aver avuto
pressioni a sottoscrivere la transazione del 14.2.2011, ma anche che la
presenza di un
suo difensore di fiducia era stata osteggiata dall’incolpato.
Il nodo della questione disciplinare è stato individuato, dal CDD di
Salerno, nella scrittura
transattiva del 14.2.2011. Atto nel quale l’incolpato ha assunto la
veste di mediatore o
conciliatore, per incarico di entrambe le parti. A tale scrittura è
allegato un “atto di
citazione” di [BBB], sfornito di mandato alle liti e della
sottoscrizione dello stesso Sig.
[BBB], privo della data di redazione e mai notificato al destinatario,
con l’effetto della
processuale inesistenza.
Di tanto il mediatore, ovvero l’incolpato, secondo il CDD, nella
scrittura non dà atto e, per
di più, su incarico del sig. [AAA], suo cliente e parte dell’atto di
citazione (in
contrapposizione al [BBB] anch’esso chiamato nell’atto di citazione),
redige, e allega alla
transazione, una comparsa di costituzione e risposta con domanda
riconvenzionale in
relazione ad un giudizio in realtà mai avviato.
Sentito durante il dibattimento, l’incolpato - evidenzia il CDD - non
ha saputo addurre una
valida spiegazione. Essendo stato incaricato da entrambe le parti di
svolgere una funzione
conciliativa, ad avviso del CDD non si comprende - sotto il profilo
logico e quello giuridico
– come un avvocato abbia dato credito ad una citazione sostanzialmente
inesistente
(apparentemente proveniente dal Sig. [BBB]) e in risposta alla stessa
abbia predisposto
poi - per il solo Michele [AAA], suo cliente - una comparsa di risposta
con domanda
riconvenzionale.
Sull’argomento l’incolpato, secondo il CDD, si è difeso con
approssimazione e, in più, la
restituzione della somma di euro ventitremila ne testimonierebbe
inequivocabilmente la
mala fede, poi concretizzatasi nel fatto che - quale mediatore o conciliatore
di entrambe le
parti – ha finito con il favorire il suo vecchio cliente, imponendo
all’esponente la
restituzione della somma menzionata (restituzione peraltro documentata
fotograficamente
anche con la presenza dell’Avv. - allora praticante avvocato - [CCC]),
per ottenere la copia
della transazione del 14.2.2011.
Lo stesso incolpato, sottolinea il CDD, in sede di audizione dinanzi al
consigliere istruttore
(come risulta dal verbale del 26.4.2016) ha implicitamente ammesso di
aver tutelato, nella
stesura della transazione del 14.2.2011, solo una delle parti
costituite (il suo cliente
[AAA]), trascurando di aver concretamente assunto la veste di mediatore
o conciliatore.
Inoltre, nella memoria difensiva dell’8.7.2015, l’incolpato, assume
ancora il CDD,
implicitamente ammette che i germani [BBB] e [CCC] avessero portato del
denaro, pur se
ha affermato di non averne avuto la materiale disponibilità (il denaro
è stato però
conteggiato dal figlio dell’incolpato nello studio del legale).
In buona sostanza, motiva il
decidente di primo grado a sostegno della sanzione irrogata,
l’incolpato non avrebbe dovuto accettare l’incarico di negoziatore,
mediatore o conciliatore
della vertenza, assumendolo contemporaneamente dal Sig. [BBB] e dal suo
originario
cliente [AAA], essendosi concretizzato – il risultato della sua opera –
in un vantaggio
esclusivo per il suo originario cliente.
Sul presupposto della violazione delle regole disciplinari indicate, il
CDD di Salerno ha
sospeso l’incolpato dall’esercizio della professione, per un periodo di
due mesi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Asserita errata ricostruzione fattuale da parte del CDD. Vizi della
motivazione adottata e
insussistenza delle contestazioni. Errata valutazione delle prove.
Le censure avanzate possono essere scrutinate congiuntamente, afferendo
tutte al criterio
di valutazione degli elementi di fatto e probatorio acquisiti al
procedimento.
La difesa dell’incolpato riepiloga – a sostegno del ricorso - le
vicende fattuali dei rapporti
reciprocamente intrattenuti dai signori [AAA], lamentando che il
decidente di primo grado
non ne abbia tenuto adeguatamente conto. Nel dettaglio, si duole del
(dis)valore intrinseco
assegnato: i) alla citazione e alla comparsa di risposta (relativi,
giova ricordare, ad un
giudizio in realtà mai avviato) apparentemente redatti,
rispettivamente, a nome di [AAA] e
[BBB]; ii) alla transazione datata 14-02-2011. Lamenta, anche, che non
si sarebbe tenuto
conto degli elementi di prova addotti dall’incolpato a sostegno della
correttezza della
condotta tenuta.
Le censure, a vario titolo avanzate, sono tutte infondate.
Risulta dalla motivazione resa che il CDD di Salerno abbia fatto buon
governo –
nell’esercizio del suo potere discrezionale - degli elementi fattuali e
dell’impianto
probatorio complessivamente acquisito, dando atto dei criteri di
valutazione e rilevanza
delle prove dedotte.
In disparte la questione sulla paternità della citazione, resta
oggettivamente
incomprensibile la predisposizione della comparsa di risposta (il
giudizio non era mai stato
avviato) che è stata allegata all’atto transattivo, se non con il
tentativo di voler giustificare
l’attività professionale indirizzata alla composizione di una lite
insorta tra i contendenti (che
era, in realtà, insussistente), ergendosi a conciliatore su incarico di
entrambi i contraenti.
E, soprattutto, documenta la violazione delle regole di condotta
deontologica la implicita
ammissione resa dall’incolpato in sede di audizione innanzi al
consigliere istruttore (si
rimanda al verbale del 26-4-16), allorché ha dato atto di aver
concretamente assistito solo
il proprio cliente [AAA] nell’ambito della attività stragiudiziale
posta in essere.
Ricognizione, quest’ultima, radicalmente incoerente con i criteri di
diligenza e imparzialità
che dovrebbero informare l’attività dell’avvocato, quando questi assume
un incarico a
carattere sostanzialmente conciliativo nell’interesse di tutte le parti
coinvolte (e ciò a
prescindere dal fatto che alle altre parti sia, oppure no, derivato un
pregiudizio economico
concreto, o uno svantaggio negoziale, dalla sua opera).
Il ricorrente si duole della erronea valutazione, da parte del CDD, dei
fatti e delle prove
raccolte.
Come si è anticipato, la censura è infondata. Il Decidente di prima
istanza, restando
nell’alveo del proprio potere valutativo discrezionale (Cass. SS.UU. n.
5200/19), ha dato
conto esaustivamente dei fatti (contrastanti con le regole
deontologiche) e delle prove
acquisite, che militano tutte nel senso della responsabilità –
positivamente accertata -
dell’incolpato.
Resta in disparte la questione della “datio” della somma in denaro
contante, che
costituisce pure motivo di censura in questa sede, dal momento che
nessun addebito
deontologico formale viene ascritto all’incolpato dal CDD, che ne dà
atto, esplicitamente,
nella decisione impugnata. Il CDD non ha, quindi, in alcun modo violato
il principio di
corrispondenza tra l’addebito contestato e la decisione adottata, che
viene in rilievo solo
quando un fatto “naturalisticamente inteso”, sul quale l’incolpato non
si sia potuto
difendere, costituisca il presupposto della condanna (Cass. SS.UU. n.
11024/2014).
Mentre, al contrario, è adeguatamente motivato l’addebito della
responsabilità disciplinare
per avere operato in palese conflitto di interessi, allorché
l’incolpato ha predisposto la
scrittura transattiva tra le parti, senza possedere gli indefettibili
requisiti della imparzialità e
della indipendenza (è agli atti la ricognizione dell’incolpato circa il
fatto di aver assistito
esclusivamente il proprio cliente nell’ambito dell’attività
stragiudiziale posta in essere).
Giova ricordare, sul punto, che la regola deontologica presidia la
condizione astratta di
imparzialità e di indipendenza dell’avvocato – e quindi anche la sola
apparenza del
conflitto ne costituisce violazione – per il significato anche sociale
che essa incorpora e
trasmette alla collettività.
Sulla sanzione comminata dal CDD di Salerno
La censura dell’incolpato non coglie nel segno, atteso che la sanzione
irrogata appare
certamente adeguata alla complessiva gravità dell’illecito posto in
essere e resta coerente
anche avuto riguardo al tenore delle regole disciplinari previgenti
alla novella deontologica.
Consegue la infondatezza del ricorso proposto dall’Avv. [RICORRENTE].
P.Q.M.
visto l’art. 54 del R.D.L. 27/11/1933 n. 1578, gli artt. 44, 59 e segg.
del R.D. n. 37/1934 e
gli artt. 36 e 37 della L. n. 247/12;
il Consiglio Nazionale Forense rigetta il ricorso e conferma la
decisione impugnata.
Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in
qualsiasi forma per finalità
di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante
reti di comunicazione
elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri
dati identificativi degli
interessati riportati nella sentenza.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 13 febbraio 2020;
IL SEGRETARIO IL PRESIDENTE f.f.
f.to Avv. Rosa Capria f.to Avv.
Giuseppe Picchioni
Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense,
oggi 23 maggio 2022.
LA CONSIGLIERA SEGRETARIA
f.to Avv. Rosa Capria
Copia conforme all’originale
LA CONSIGLIERA SEGRETARIA
Avv. Rosa Capria