=> Tribunale di Castrovillari, 24 novembre 2020
Al termine ex lege assegnato per l’attivazione del
procedimento di mediazione deve essere conferita natura perentoria; natura perentoria desumibile
- anche in via interpretativa - tutte le volte che, per lo scopo che
persegue e la funzione che adempie, lo stesso debba essere rigorosamente
osservato. Nel caso in esame, infatti, la implicita natura perentoria
di tale termine si evince dalla stessa gravità della sanzione prevista – ovvero
l’improcedibilità della domanda giudiziale – che comporta la necessità
di emettere una sentenza di puro rito, così impedendo al processo di pervenire
al suo esito fisiologico, ossia ad una pronuncia sul merito della res
controversa (I).
(I) Si veda l’art. 5, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).
(II) Si veda Corte di Cassazione, sezioni unite, 18 settembre 2020, n. 19596, in Osservatorio Mediazione Civile n. 35/2020.
Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 20/2021
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)
Come noto, ai sensi del chiaro disposto di
cui all’art. 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, l’esperimento del
procedimento di mediazione costituisce “condizione di procedibilità della
domanda giudiziale”, motivo per cui il mancato esperimento della stessa, nel
termine all’uopo accordato dal Giudice, vizia irrimediabilmente il processo,
precludendo così l’emanazione di una sentenza di merito.
Tale disciplina - evidentemente finalizzata a
favorire la conciliazione della lite con l’intervento di soggetto terzo
imparziale e, dunque, a deflazionare il contenzioso con positivi effetti sotto
il profilo della ragionevole durata del processo - non pone problemi di natura
costituzionale, né risulta lesiva dei precetti di cui alla normativa
sovranazionale posta a tutela del diritto di azione e di accesso alla
giustizia.
A tanto non appare ultroneo aggiungere come
al termine ex lege assegnato per l’attivazione del procedimento di mediazione
debba essere conferita natura perentoria, desumibile - anche in via
interpretativa - tutte le volte che, per lo scopo che persegue e la funzione
che adempie, lo stesso debba essere rigorosamente osservato (in tal senso,
Cass. n. 14624/00; 4530/04).
Nel caso in esame, infatti, la implicita
natura perentoria di tale termine si evince dalla stessa gravità della sanzione
prevista - ovvero l’improcedibilità della domanda giudiziale - che comporta la
necessità di emettere una sentenza di puro rito, così impedendo al processo di
pervenire al suo esito fisiologico, ossia ad una pronuncia sul merito della res
controversa.
D’altro canto, anche a voler ritenere di
natura ordinatoria (e non perentoria) il termine di 15 giorni per l’avvio della
mediazione, la mancata proposizione di tempestiva istanza di proroga comporta
inevitabilmente, secondo la condivisibile prevalente giurisprudenza, la
decadenza dalla relativa facoltà processuale (così, in materia di conseguenze
del mancato rispetto di termini ordinatori processuali, non prorogati, cfr, di
recente, Cass. n. 589/2015, n. 4448/13, e con pronunce più risalenti, Cass. n.
4877/05; 1064/05; 3340/97). omissis
Par d’uopo, poi, osservare come le Sezioni
Unite della Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 19596 del
18.9.2020, abbiano stabilito che l'onere di attivare il procedimento di
mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo debba essere posto
a carico del creditore opposto (quale creditore in senso sostanziale) militando
in tal senso rilievi di carattere testuale, logico e sistematico, così sancendo
il principio di diritto secondo cui “nelle controversie soggette a mediazione
obbligatoria ai sensi del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1-bis, i cui
giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il
relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o
sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la
procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove
essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma
1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo”.
D’altra parte, non appare ultroneo ricordare
che le norme che fissano condizioni di ammissibilità e procedibilità sono di
ordine pubblico processuale, di talché la loro violazione è rilevabile anche
d'ufficio in qualsiasi stato e grado del processo, risultando altresì sottratte
al regime imposto dall’art. 101, comma 2 c.p.c. (in tal senso, si segnala
Cassazione civile, sez. VI, 04/03/2019, n. 6218 e Cassazione civile sez. VI,
29/09/2015, n. 19372, che ha stabilito che “In tema di contraddittorio, le
questioni di esclusiva rilevanza processuale, siccome inidonee a modificare il
quadro fattuale ed a determinare nuovi sviluppi della lite non presi in
considerazione dalle parti, non rientrano tra quelle che, ai sensi dell'art.
101, comma 2, c.p.c. (nel testo introdotto dall'art. 45, comma 13, della l. n.
69 del 2009), se rilevate d'ufficio, vanno sottoposte alle parti, le quali, per
altro verso, devono avere autonoma consapevolezza degli incombenti cui la norma
di rito subordina l'esercizio delle domande giudiziali”).
Tanto premesso, venendo all’esame della
fattispecie per cui pende il presente procedimento, rilievo dirimente assume la
circostanza che - pur essendo la controversia in esame soggetta a mediazione
obbligatoria giacché vertente in materia di contratti bancari - nessuna delle
parti in causa abbia tempestivamente attivato la procedura di mediazione nel
termine di quindici giorni a decorrere dal 17.4.2019 (data in cui, all’esito
della camera di consiglio celebrata alla predetta prima udienza, è stato
accordato il termine di giorni 15 per l’attivazione della mediazione ai sensi
dell'art. 5 D. Lgs. n. 28/10).
Ed infatti, costituisce profilo provato per
tabulas (vedasi, all’uopo, la documentazione versata in atti dagli opponenti
con deposito telematico del 9.12.2019) che costoro ebbero a formulare l’istanza
di mediazione solo in data 6.5.2019 e, dunque, oltre il quindicesimo giorno
accordato con la sopra richiamata ordinanza (il cui termine è andato a spirare
il 2.5.2019).
Né, d’altro canto, a sanare il già maturato
vizio di improcedibilità potrebbe valere la concessione, di un nuovo termine
per l’espletamento di tale incombenza, invero nemmeno sollecitato, alla luce di
quanto supra illustrato in punto di perentorietà del termine in esame; inoltre,
anche a voler accedere alla tesi della natura ordinatoria del termine de quo,
non v’è in atti prova della proposizione di una tempestiva istanza di proroga
dello stesso, che - comunque, ai sensi dell’inequivocabile disposto dell’art.
154 c.p.c. - doveva essere formulata “prima della scadenza” del termine stesso.
Quanto a parte creditrice, questa non solo
non si è fatta carico di formulare tempestiva istanza di mediazione, ma non ha
nemmeno inteso partecipare a quella azionata (seppur tardivamente) da parte
opponente. Incombendo l'onere di attivazione della procedura di mediazione in
capo a parte creditrice opposta, l’inerzia da costei serbata si ripercuote a
proprio danno in termini di improcedibilità della domanda originariamente
veicolata nel ricorso monitorio, con la conseguenza che - per effetto della
declaratoria di improcedibilità della stessa - va disposta la revoca del
decreto ingiuntivo in esame. Non vi è dubbio, infatti, che tale circostanza
abbia determinato la sopravvenuta carenza di una condizione di procedibilità
della domanda, ponendo una questione pregiudiziale che assume valore assorbente
e dirimente rispetto allo scrutinio nel merito delle argomentazioni difensive
svolte da ambo le parti.
La tardiva proposizione della mediazione da
parte degli opponenti non può che determinare l’improcedibilità anche della
domanda riconvenzionale da costoro avanzata.
Quanto, infine, alla disciplina delle spese e
competenze di lite del presente giudizio - tenuto conto del recentissimo e
sopravvenuto arresto giurisprudenziale di cui si è dato conto in parte motiva,
del pregresso contrasto giurisprudenziale e dei dubbi interpretativi che lo
accompagnavano - si ritiene sussistano i presupposti per disporne l’integrale
compensazione.
PQM
Il Tribunale di Castrovillari - Sezione Civile, definitivamente pronunciando nella causa civile omissis, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa ed assorbita, così provvede: dichiara l'improcedibilità della domanda principale azionata da parte creditrice, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto; dichiara, altresì, l'improcedibilità della domanda riconvenzionale proposta dagli opponenti. Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.