=> Tribunale di Cuneo, 1 ottobre 2015
Appare maggiormente
condivisibile l’orientamento che, nell’ambito dei giudizio di opposizione a
decreto ingiuntivo, individua nel creditore opposto la parte
onerata ad assolvere la condizione di procedibilità prevista dalla legge
(esperimento della mediazione obbligatoria ex art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010). Per cui, nell’ipotesi
di mancata attivazione della procedura di media-conciliazione, si determinerà
l’improcedibilità dell’azione, così come originariamente proposta
mediante il deposito del ricorso monitorio, con la conseguente e necessaria revoca
del decreto ingiuntivo opposto. Peraltro, diversamente da quanto affermato
dai sostenitori della tesi opposta a quella che qui si preferisce, ben può
ritenersi che l’attivazione della procedura di mediazione corrisponda
all’interesse del creditore ingiungente giacché, ove quest’ultimo non
provveda, il titolo monitorio è destinato alla caducazione per improcedibilità
della domanda come originariamente proposta nei confronti del soggetto ingiunto
(I).
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 17/2016
Tribunale di Cuneo
Sentenza
1 ottobre 2015
Omissis
Oggetto del presente giudizio è l’opposizione proposta dagli attori in
epigrafe avverso il decreto ingiuntivo n. omissis,
pronunciato dall’intestato Tribunale per l’importo di € 92.799,32 (oltre
interessi e spese) nei confronti degli stessi odierni attori in opposizione su
istanza dell’odierna opposta B. di C. soc. coop.
Quest’ultima, in sede monitoria, deduceva di aver accordato alla odierna
opponente S. s.r.l. un affidamento in conto corrente con relativa garanzia
prestata dagli odierni opponenti M. D. e M. C. e che la debitrice principale,
ampliata oltre i limiti previsti la propria esposizione debitoria, non
provvedeva al pagamento del dovuto nonostante i reiterati solleciti alla stessa
inoltrati.
Gli odierni opponenti, introducendo il presente giudizio, in via
preliminare, chiedevano fissarsi il termine di legge per l’avvio della
cosiddetta procedura di mediaconciliazione e, nel merito, lamentavano la
violazione, da parte della banca opposta, dei principi di lealtà, correttezza e
buona fede, con asserito addebito di interessi non dovuti ed asserite
operazioni contabili errate.
Ciò premesso, i medesimi suddetti opponenti chiedevano revocarsi (tout
court) il suddetto decreto ingiuntivo, od in subordine, previa comunque la
revoca dello stesso decreto ingiuntivo, chiedevano pronunciarsi una condanna di
pagamento limitata solo a quanto rigorosamente dovuto e provato con eventuale
compensazione delle somme dovute agli attori a titolo risarcitorio e/o di
refusione di spese e/o interessi non dovuti.
All’udienza del 12.3.15, sulla base della ritenuta irrilevanza (per una
parte), nonché sulla base della ritenuta genericità ed esploratività (per altra
parte) delle doglianze articolate quali motivi di opposizione, veniva respinta
la formulata istanza di sospensione della efficacia esecutiva del decreto
ingiuntivo opposto e veniva assegnato alle parti il termine di legge per
l’avvio della procedura di media conciliazione. Ciò in considerazione della
riferibilità dell’oggetto della presente controversia al novero delle
controversie in relazione alle quali la suddetta procedura è stata reintrodotta
quale condizione di procedibilità dell’azione ad opera del d.l. n. 69/13
(convertito con la l. n. 98/13).
Poiché, per dato pacifico, nessuna delle parti provvedeva ad avviare la
suddetta procedura (cfr. verb. ud. 17.9.15), non vi è dubbio che il presente
giudizio debba essere definito con una pronuncia di improcedibilità. Si pone
tuttavia la questione, dibattuta tra le parti (cfr. verb. ud. 17.9.15 e verb.
ud. 1.10.15), se l’improcedibilità riguardi il mero giudizio di opposizione,
con conseguente consolidamento del titolo monitorio, ovvero se riguardi la
domanda originariamente proposta in via monitoria, con conseguente revoca del
decreto ingiuntivo opposto. In altre parole, è necessario stabilire quale parte
avrebbe dovuto attivarsi, se la parte attrice in senso formale (nella
fattispecie, gli opponenti) o se la parte attrice in senso sostanziale (nella
fattispecie, la banca opposta).
Una prima tesi dottrinale e giurisprudenziale riconduce la condizione di
procedibilità in esame al genus delle ipotesi inattività delle parti da cui
deriva l’estinzione del giudizio (artt. 102, 181, 307 e 309 c.p.c.). Per cui,
se la parte che ha introdotto in giudizio (dunque, se del caso, anche la parte
opponente) la quale ha evidentemente interesse alla sua coltivazione non attiva
la procedura di mediazione obbligatoria in ossequio all’ordine del giudice,
sarà esposta alla declaratoria di improcedibilità dell’azione come dalla stessa
introdotta (se del caso, quindi, alla declaratoria di improcedibilità del
giudizio di opposizione) (cfr.Trib. Firenze, sent. 30.10.14). In tale solco
interpretativo si è altresì sostenuto che la tesi della improcedibilità della
domanda proposta in sede monitoria (con conseguente revoca del decreto
ingiuntivo), da un lato, evocherebbe l’idea paradossale di una sopravvenuta
improcedibilità di una domanda già definita a mezzo del pronunciamento di un
titolo e, dall’altro lato, postulerebbe una sorta di sanzione processuale che
non consta abbia uguali nell’ordinamento (quello monitorio, appunto) (cfr.
Trib. Rimini, sent. 5.8.14; Trib. Chieti, sent. 8.9.15).
La suddetta tesi, inoltre, imporrebbe al creditore un adempimento al
fine di consentire la celebrazione di un giudizio (quello di opposizione) cui
il creditore medesimo non avrebbe alcun interesse (per essere già munito di un
titolo), in contrasto con la peculiarità del giudizio di opposizione, la cui
instaurazione è rimessa alla libera scelta dell’ingiunto. In altri termini, se
l’opponente ha l’onere di introdurre il
giudizio di opposizione, si dovrebbe ritenere che su di esso esclusivamente
gravi l’onere di coltivare lo stesso giudizio e, pertanto, che su di esso gravino anche gli effetti pregiudizievoli
di una eventuale improcedibilità (cfr.Trib. Nola, sent. 24.2.15).
Si è infine sostenuto che la revoca del decreto ingiuntivo non
impedirebbe al creditore di ripromuovere la medesima azione monitoria, cosi
gravando il sistema di plurime identiche domande in violazione della ratio
deflattiva sottesa alla media-conciliazione (cfr. Trib. Chieti, sent. 8.9.15
cit.).
Appare maggiormente condivisibile, tuttavia, quel diverso orientamento
che, nell’ambito dei giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, individua
nel creditore opposto la parte onerata ad assolvere la condizione di
procedibilità prevista dalla legge (esperimento della mediazione obbligatoria).
Per cui, nell’ipotesi di mancata attivazione della procedura di media-conciliazione,
si determinerà l’improcedibilità dell’azione, così come originariamente
proposta mediante il deposito del ricorso monitorio, con la conseguente e
necessaria revoca del decreto ingiuntivo opposto (Trib. Ferrara, sent. 7.1.15).
Ciò, innanzitutto, perché il creditore opposto è, in senso effettivo e
sostanziale, l’attore alla cui iniziativa è imputabile l’introduzione del thema
decidendum del successivo giudizio di opposizione ovvero l’introduzione di
quella pretesa che cosstituisce , in una logica unitaria, sia l’oggetto della
fase monitoria sia l’oggetto del giudizio di opposizione (ove, evidentemente,
introdotto). In altri termini, la fase dell’opposizione non costituisce un
autonomo procedimento, ma costituisce una (sia pur eventuale) continuazione
della fase monitoria nell’ambito di un unico giudizio, giudizio che, non a
caso, secondo la giurisprudenza di legittimità pende sin dal momento del
deposito del ricorso per decreto ingiuntivo (cfr., ex multiis, Cass., ord.
4.9.14, n. 18707, e Cass., ord. 3.9.09, n. 19120).
Inoltre, la tesi della improcedibilità del giudizio di opposizione, con
conseguente caducazione del decreto ingiuntivo opposto, evoca la logica del
giudizio impugnatorio, costantemente rifiutata o sconfessata dalla
giurisprudenza di legittimità, perché in qualche modo l’opponente, così come
l’appellante, dovrebbe coltivare l’azione per non esporsi ad una declaratoria
di improcedibilità (il primo dovrebbe attivarsi un funzione della mediazione,
così come il secondo deve costituirsi in termini ai sensi dell’art.348, comma
primo, c.p.c.).
La Cassazione, tuttavia, ha sempre affermato che, a prescindere dalla
sussistenza dei presupposti per l’emissione del decreto ingiuntivo, il giudizio
di opposizione non ha carattere impugnatorio e deve comunque incentrarsi sul
vaglio di fondatezza della pretesa azionata dal creditore in sede monitoria
(cfr., a vario titolo, ex multiis, Cass., sent. 23.7.14, n. 16767; Cass., sent. 28.9.06, n.
21050; Cass., sent. 16.3.06, n. 5844; Cass., sent. 27.3.07, n. 7526; Cass.,
sent. 26.10.00, n. 1426; Cass., sent. 28.9.94, n. 7892;
Cass, sent. 19.7.86, n. 4668). Tanto che non assume alcuna rilevanza
l’eventuale inssussistenza, ad esempio, della esigibilità o dei fatti
costitutivi del credito al momento della emissione del titolo monitorio, se
l’esigibilità od i fatti costitutivi sussistano al momento della decisione nel
successivo giudizio di opposizione (cfr. Cass., sent. n. 5844/06 cit.; Cass.,
sent. 24.1.79, n. 528).
Quanto all'obiezione che si incentra sul rifiuto concettuale di una ipotesi
di sopravvenuta improcedibilità di una
domanda già definita con il pronunciamento di un titolo, si può agevolmente
osservare che, nel momento in cui è proposta opposizione, la domanda monitoria
non può dirsi definita mediante un titolo consolidato con effetti di giudicato
(effetti suscettibili di determinarsi solo in caso di mancata opposizione,
rigetto della stessa o estinzione del relativo giudizio). In altre parole, se
il titolo monitorio può essere revocato in caso di accoglimento dell’opposizione
nei confronti dello stesso spiegata, non si comprende perché lo stesso titolo
non possa essere revocato in difetto delle condizioni dell’azione come
originariamente proposta dal creditore.
Quanto all’interesse di quest’ultimo, non si può ritenere che lo stesso
sia già soddisfatto dal titolo monitorio perché, in caso di accoglimento della
spiegata opposizione, tale titolo è suscettibile di essere revocato. Dunque,
diversamente da quanto affermato dai sostenitori della tesi opposta a quella
che qui si preferisce, ben può ritenersi che l’attivazione della procedura di
mediazione corrisponda all’interesse del creditore ingiungente giacché, ove
quest’ultimo non provveda, il titolo monitorio è destinato alla caducazione per
improcedibilità della domanda come originariamente proposta nei confronti del
soggetto ingiunto.
Si noti, infine, che la possibile riproposizione della medesima azione
monitoria (che frusterebbe la ratio deflattiva sottesa all’obbligatorietà della
mediazione) risponde allo stesso principio di riproponbilità dell’azione
monitoria in caso di revoca del titolo monitorio per ragioni di rito.
In conclusione, deve essere dichiarata l’improcedibilità dell’azione
monitoria come originariamente proposta dalla odierna banca opposta e deve
conseguentemente essere revocato il decreto ingiuntivo n. omissis del 25.9.14, pronunciato dall’intestato Tribunale ed in
questa sede opposto.
In ragione della natura delle questioni controversie, e quindi della
insussistenza (allo stato) di un orientamento giurisprudenziale univoco, e
comunque di pronunciamenti di legittimità, devono ritenersi sussistenti i
presupposti per l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.
PQM
Definitivamente pronunciando sulla causa iscritta al n. …omissis del Ruolo generale degli affari
civili contenziosi dell’anno 2014, il Tribunale in composizione monocratica,
disattesa ogni contraria deduzione, istanza ed eccezione, così decide: dichiara
che l’improcedibilità dell’azione promossa dalla odierna opposta B. di C. soc. coop., come originariamente
esperita in sede monitoria; per l’effetto, revoca il decreto ingiuntivo n. omissis del 25.9.14, pronunciato
dall’intestato Tribunale nei confronti degli odierni opponenti S. M. I. srl; compensa
integralmente tra le parti le spese di lite.