=> Tribunale Foggia, 12 gennaio 2021
L’art.
71 quater delle disposizioni di attuazione al c.c., al comma 2, statuisce
esplicitamente che “La domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di
inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella
circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato”. In altre parole, la norma riconnette inequivocabilmente la sanzione
della inammissibilità alla ipotesi in cui la domanda di mediazione venga
inoltrata ad un organismo territorialmente incompetente. Pertanto, se la domanda
di mediazione è stata depositata presso un organismo incompetente, tanto
basta a ritenere la formulata domanda inammissibile, a prescindere dal fatto
che la mediazione si sia poi concretamente svolta. A tale esito è connessa la declaratoria
di improcedibilità della domanda, non potendo ritenersi validamente assolta
la condizione di procedibilità della mediazione (I).
(I) Si veda La mediazione nella riforma del condominio (Osservatorio Mediazione Civile n. 131/2012).
Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 29/2021(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)
Deve essere dichiarata, in conformità a quanto sostenuto dal procuratore
del condominio convenuto fin dalla comparsa di costituzione e risposta, cessata
la materia del contendere.
Invero, è documentato in atti che con delibera del 7 novembre 2013 l’assemblea
condominiale ha provveduto a chiarire la portata della statuizione di cui al
punto 4 della delibera del 23 maggio 2013, qui impugnata, specificando che “la
medesima ha inteso annullare e porre nel nulla la delibera del 14-07-2011 solo
nella parte in cui autorizzava il risarcimento, in forma transattiva, dei danni
reclamati dal sig. X, ponendosi perciò in contrasto con la validissima e
unanime deliberazione sul medesimo argomento precedentemente assunta dall’assise
condominiale in data 28-06-2011, che – com’è noto – respinse la richiesta
risarcitoria del sig. X, ritenendola del tutto infondata. in sostanza, è da
ribadirsi che l’assemblea si è pronunciata a favore del definitivo ripristino
della decisione presa al punto 4) del verbale del 28-06-2011”.
Va a tal riguardo richiamato l'orientamento consolidato della
giurisprudenza di legittimità, secondo il quale in tema di impugnazione delle
delibere condominiali, la sostituzione della delibera impugnata con altra
adottata dall'assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la
specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la cessazione della
materia del contendere, analogamente a quanto disposto dall'art. 2377 c.c.,
comma 8, dettato in tema di società di capitali (Cass. 8/06/2020 n. 10847;
11/08/2017, n. 20071; 10/02/2010, n. 2999; 28/06/2004, n. 11961) rimanendo
affidata soltanto la pronuncia finale sulle spese (a differenza, peraltro, di
quello che espressamente statuisce il medesimo comma 8 dell’art. 2377 c.c., nel
testo successivo al d.lgs. n. 6 del 2003, il quale dispone che “… il giudice
provvede sulle spese di lite, ponendole di norma a carico della società”) ad
una valutazione di soccombenza virtuale.
La cessazione della materia del contendere conseguente alla revoca
assembleare della delibera impugnata si verifica anche quando la stessa sia
stata sostituita con altra dopo la proposizione dell’impugnazione ex art. 1137
c.c., in quanto la sussistenza dell’interesse ad agire deve valutarsi non solo
nel momento in cui è proposta l’azione, ma anche al momento della decisione.
Poiché possa verificarsi la rinnovazione sanante con effetti
retroattivi, alla stregua dell’art. 2377, comma 8, c.c. è necessario che la
deliberazione impugnata sia sostituita con altra che abbia identico contenuto,
e cioè provveda sui medesimi argomenti, della prima deliberazione, ferma
soltanto l’avvenuta rimozione dell’iniziale causa di invalidità (Cass.
9.12.1997, n. 12439; 30.12.1992, n. 13740; 19.04.1988, n. 3069): ciò che è
avvenuto nel caso in esame.
Ciò posto, ritiene il tribunale che, alla luce di un complessivo ed
unitario giudizio circa l’originaria fondatezza delle contrapposte domande ed
eccezioni proposte dalle parti, ricorrano i presupposti per disporre una
integrale compensazione delle spese di lite.
Ed invero, per come emerge nel riportato svolgimento processuale, con
ordinanza resa all’udienza del 21 ottobre 2014, l’allora giudice istruttore
delegò alle parti la procedura di mediazione ai sensi dell’art. 5 del d.lgs.
28/2010.
È noto che, per effetto della delega, la mediazione, al pari di quella
obbligatoria, diviene condizione di procedibilità della domanda, avvertimento,
peraltro, espressamente contenuto nella precitata ordinanza.
In materia di condominio, in particolare, occorre coordinare la
disciplina dettata dall’art. 4, comma 1, del D.lgs. cit. con la previsione di
cui all’art. 71 quater delle disposizioni di attuazione al c.c., ratione
temporis applicabile alla presente controversia, che al comma 2, statuisce
esplicitamente che “La domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di
inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione
del tribunale nella quale il condominio è situato” (id est nella specie Y).
In altre parole, la norma riconnette inequivocabilmente la sanzione
della inammissibilità alla ipotesi in cui la domanda di mediazione venga
inoltrata ad un organismo territorialmente incompetente.
Ebbene, nella specie risulta ex actis che la domanda di mediazione sia
stata depositata presso l’Organismo omissis
e, dunque, presso un organismo incompetente ai sensi della disposizione poc’anzi
richiamata.
Tanto basta, per quanto sopra detto, a ritenere la formulata domanda
inammissibile, a prescindere dal fatto che la mediazione si sia poi
concretamente svolta in Y.
A tale esito è connessa la declaratoria di improcedibilità della
domanda attorea, non potendo ritenersi validamente assolta la condizione di
procedibilità della mediazione delegata.
Tuttavia, la valutazione della condotta del condominio che ha partecipato alla procedura di mediazione, senza nulla eccepire in ordine alla incompetenza dell’organismo adito, formulando finanche una proposta transattiva non accettata dalla controparte, salvo poi a sollevare la questione alla prima udienza successiva, integra senz’altro un giusto motivo - alla luce della rilettura offerta dal Giudice delle Lecce con la sentenza n. 77/2018, a mezzo della quale è stato affermato che devono ritenersi riconducibili alla clausola generale delle “gravi ed eccezionali ragioni” tutte quelle ipotesi analoghe a quelle tipizzate espressamente nell’art. 92 c. 2 c.p.c., ovvero che siano di pari o maggiore gravità ed eccezionalità – per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite e non Procedimento - Sentenza - Pag. 4 trarre conseguenze in sfavore dell’attore per la mancata accettazione della proposta conciliativa formulata ai sensi dell’art. 185 bis c.p.c.
PQM
Il Tribunale di Foggia, Seconda Sezione Civile, nella persona della dott.ssa Donatella Cennamo in funzione di Giudice unico, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, eccezione o deduzione disattesa, così provvede: dichiara cessata la materia del contendere; spese compensate.
AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.