=> Tribunale di Pistoia, 19 ottobre 2020
Nessuna norma di legge impone
che l'oggetto della procedura di mediazione debba corrispondere
esattamente e unicamente a quello di un singolo giudizio contenzioso, essendo
ben possibile e perfino auspicabile (anche in ottica di economia di tempi e di
costi di attivazione e svolgimento della procedura stragiudiziale) che le
parti in un medesimo contesto conciliativo versino il complesso dei rapporti
giuridici fra sé intercorrenti, in modo da cercare una composizione
complessiva degli stessi senza che ciò, ovviamente, precluda – in caso di esito
negativo della procedura di mediazione – l'introduzione di diversi giudizi
contenziosi con riferimento ai diversi aspetti coinvolti nei rapporti inter
partes (I).
(I) Si veda l’art. 2, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).
Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 14/2021
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)
Omissis
La domanda di accertamento negativo oggetto del presente contendere è fondata e merita accoglimento nel contenuto e per le ragioni di seguito esposti.
Sulle varie questioni preliminari
interessanti la controversia in essere, può agevolmente ed esaustivamente
richiamarsi quanto dedotto a verbale d'udienza c.d. cartolare dell'1.10.2020,
nel quale si è osservato che:
a) la domanda riconvenzionale spiegata da
parte convenuta è da dichiarare inammissibile, non avendo la parte osservato il
disposto di cui all'art. 418 c.p.c. ossia non avendo rivolto al giudice
richiesta di fissazione di nuova udienza, adempimento espressamente previsto ex
lege “a pena di decadenza dalla riconvenzionale medesima”. Nella nitidezza del
dettato legislativo, che non meriterebbe altri commenti, è comunque intervenuto
l'insuperato chiarimento giurisprudenziale delle S.U. n. 13025/1991 per le
quali “Nel rito del lavoro, l'inosservanza del convenuto, il quale formuli domanda
riconvenzionale, all'onere di chiedere la fissazione di una nuova udienza,
secondo le previsioni dell'art. 418 primo comma cod. proc. civ., implica
decadenza e, quindi, inammissibilità della domanda medesima, che è rilevabile
anche d'ufficio ed in sede di legittimità”. Tanto basta per chiudere ogni
ulteriore disquisizione sul punto;
b) l'eccezione di parte convenuta di
inammissibilità/improcedibilità del giudizio per mancato previo esperimento
della procedura di mediazione obbligatoria è, da un lato, priva di oggetto
prima ancora che infondata relativamente alla domanda riconvenzionale azionata
dalla convenuta stessa, poiché all'evidenza l'inammissibilità di questa per le
ragioni spiegate sub a) travolge ogni altra discettazione in merito, ivi
compreso il profilo concernente le condizioni di procedibilità della domanda
sub specie di obbligatorio esperimento della procedura di mediazione ante
causam; dall'altro lato, ossia con riferimento alla domanda azionata da parte
ricorrente, è smentita per tabulas dalla documentazione versata in giudizio
dalla ricorrente stessa e attestante, per contro, la rituale introduzione della
procedura di mediazione sull'oggetto del presente contendere in relazione alla
domanda di parte ricorrente, secondo quanto ampiamente esposto a verbale
d'udienza 1.10.2020. Ed infatti, sotto un primo profilo è da dire come nessuna
norma di legge imponga che l'oggetto della procedura di mediazione debba
corrispondere esattamente e unicamente a quello di un singolo giudizio
contenzioso, essendo ben possibile e perfino auspicabile (anche in ottica di
economia di tempi e di costi di attivazione e svolgimento della procedura
stragiudiziale) che le parti in un medesimo contesto conciliativo versino il
complesso dei rapporti giuridici fra sé intercorrenti, in modo da cercare una
composizione complessiva degli stessi senza che ciò, ovviamente, precluda – in
caso di esito negativo della procedura di mediazione – l'introduzione di
diversi giudizi contenziosi con riferimento ai diversi aspetti coinvolti nei
rapporti inter partes; sotto un secondo profilo, non può fare a meno di
osservarsi come, anche a prescindere da quanto appena osservato, la domanda di
mediazione presentata dall'odierna ricorrente appare del tutto idonea a
costituire condizione di procedibilità del presente specifico contenzioso,
atteso che detta domanda è riferita testualmente ad annullamento di fatture
emesse dalla omissis s.r.l. in
spregio del contratto di locazione regolarmente registrato dalle parti (cfr.
pag. 2 domanda di mediazione di cui alla nota di produzione documentale di
parte ricorrente dell'1.9.2020).
Venendo quindi al merito della lite,
confermata la valutazione di superfluità delle istanze istruttorie svolte dalla
ricorrente per essere la presente causa definibile allo stato degli atti, va
dimessa come del tutto infondata la pretesa di parte locatrice avverso la quale
l'odierna ricorrente ha svolto domanda di accertamento negativo del credito.
Costituisce infatti circostanza pacifica in
causa, incontroversa fra le parti, quella per cui le fatture in questa sede
impugnate sono state emesse dalla locatrice sulla base di una valutazione di
stima compiuta dal CTU incaricato nella procedura esecutiva immobiliare
promossa sull'immobile in oggetto in danno della locatrice medesima: laddove il
canone pattuito fra le parti come da contratto di locazione prevede una somma
ben inferiore.
Ciò è tanto vero che la convenuta ha proposto
domanda riconvenzionale (inammissibile, per i motivi anzidetti) volta alla
declaratoria dell'inadeguatezza del canone di locazione pattuito inter partes e
alla sua rideterminazione nell'importo indicato dal CTU nella causa
espropriativa immobiliare n. 3/2019 Tribunale di Pistoia: evidentemente
consapevole, la parte odierna convenuta e attrice in riconvenzionale,
dell'infondatezza giuridica della propria pretesa di ottenere in pagamento la
differenza, per i canoni pregressi, fra l'importo contrattualmente previsto e
l'importo ritenuto congruo dal consulente giudiziario ove siffatta pretesa non
sia sorretta, a monte, da una pronuncia giudiziale.
Ed infatti, ferma la regola di cui all'art.
1372 c.c. per cui il contratto ha forza di legge fra le parti, è fin troppo
evidente come le clausole in esso contenute non possano essere modificate o
invalidate se non previo accordo fra le stesse parti contraenti (mutuo
consenso) o in virtù di decisione emessa da autorità giurisdizionale adita da
una delle parti: non può certo valere a modificare o integrare una pattuizione
contrattuale, peraltro di importanza basilare siccome attinente alla
determinazione del quantum dell'obbligazione principale gravante sul conduttore
(pagamento del canone locatizio), la mera valutazione resa da un tecnico
incaricato nell'ambito di una procedura giudiziale nella quale, peraltro, la
parte conduttrice non è nemmeno parte con l'effetto che siffatta valutazione è
in ogni caso ad essa inopponibile. Ché se, poi, anche per ipotesi lo fosse,
nulla cambierebbe in punto di totale inidoneità di una mera perizia di stima a
determinare il mutamento di pattuizioni contrattuali intervenute fra altri
soggetti, rispetto ai quali il perito è terzo del tutto estraneo, occorrendo a
tal fine come detto o un nuovo accordo fra le parti, o l'intervento di autorità
statale dotata del potere giurisdizionale ovvero del potere di decidere le
controversie insorte fra privati e portate al suo vaglio.
Null'altro è da aggiungere per attestare la
fondatezza della domanda di accertamento negativo svolta da parte ricorrente
con riguardo alle fatture emesse ex adverso per differenze negli importi dei
canoni locatizi e adeguamento di questi.
Quanto alla fattura n. 7 dell'11.2.2020,
parimenti impugnata dalla ricorrente, recante come causale “danno ricevuto a
causa di beni mancanti di proprietà della società Massagli Costruzioni S.r.l.
In Liquidazione” è sufficiente evidenziare come, a fronte della contestazione
della locataria, parte locatrice nulla ha dedotto né dimostrato (né, invero,
offerto di dimostrare) laddove, vertendosi in tema di domanda risarcitoria,
l'onere della prova è a carico della parte pretesa danneggiata, omissis s.r.l. in liquidazione:
la quale invece, nella propria comparsa
costitutiva, neppure ha fatto cenno della questione in discorso, non avanzando
in merito alcuna domanda in riconvenzione. Ogni altra considerazione appare,
quindi, al riguardo superflua.
L'accoglimento della domanda di parte
ricorrente comporta il sostenimento delle spese di lite a carico della
convenuta, in forza del principio di soccombenza regolante la materia.
La liquidazione viene operata a mente del DM
55/2014 in base al valore della causa (importo delle fatture impugnate) e
considerata la consistenza dell'attività processuale svolta, in particolare con
assenza di istruttoria (e conseguente eliminazione del compenso per tale fase)
e semplificazione della fase decisionale, svolta senza deposito di scritti
difensivi (con conseguente riduzione del compenso per tale fase), non essendovi
per il resto motivo per discostarsi dai parametri medi dello scaglione di
riferimento.
PQM
Il Tribunale di Pistoia in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, respinta ogni diversa o contraria istanza ed eccezione, così provvede: accerta e dichiara l'inesistenza del diritto di parte convenuta, omissis s.r.l. in liquidazione, ad ottenere il pagamento delle fatture impugnate nel presente giudizio; condanna parte convenuta omissis s.r.l. in liquidazione alla refusione, in favore di parte ricorrente omissis S.p.a., delle spese del presente giudizio che liquida nell'importo di euro 8.500,00 per compensi, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e Cpa di legge, oltre esborsi (marca, c.u. e spese di notifica).
AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.