=> Tribunale di Massa, 15 giugno 2020
Attesa l'immotivata
mancata partecipazione dei convenuti al procedimento di mediazione, in
vicenda che per rilevanza, contenuti e conflittualità personale tendenzialmente
emulativa (si vedano le querele, i referti e le stesse modalità narrative e
argomentazioni spese nei rispettivi atti) ben poteva essere risolta senza
abuso del processo, appare opportuno condannare i convenuti ex art 96
comma III c.p.c.
(I) Si veda l’art. 8, comma 4-bis, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2018).
Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 41/2020(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)
Omissis
Le domande avanzate da parte attrice risultano per buona parte infondate e possono essere accolte solo nei limitatissimi termini che seguono.
Non vi è dubbio che tutte le parti del
processo, sino alla data del provvedimento presidenziale emesso nella
separazione fra omissis,
costituissero un nucleo familiare convivente, sorto con il mutuo consenso delle
parti e in virtù del rapporto di affinità che lega il omissis ai parenti della coniuge omissis.
Nell'ambito di tale nucleo familiare, da
intendersi tale alla luce di quanto disposto dagli artt. 78 e 433 c.c. e dei
più recenti orientamenti in tema di famiglia, unito da un vincolo affettivo e
di coabitazione, pare applicabile con difficoltà il mero paradigma del comodato
precario nei confronti degli affini del coniuge, anche alla luce della lettura
della giurisprudenza di legittimità, che fa prevalere le esigenze di durata e
certezza sottese alla esistenza stessa di un nucleo legato da rapporti
affettivi e da esigenze primarie che devono ritenersi prevalenti sulle esigenze
del proprietario dell'immobile: il vincolo di destinazione alle esigenze
familiari, impresso dalle parti, è del tutto incompatibile con un godimento
caratterizzato da incertezza, tipico della fattispecie del comodato precario;
ne consegue che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del
godimento di cui al contratto, salvo un urgente ed imprevisto bisogno (Cass.
Civ., 2 ottobre 2012, n. 16769; Cass. Civ., 7 agosto 2012, n. 14177).
Va peraltro sottolineato che, anche ove si
volesse ricondurre l'ipotesi alla fattispecie del mero comodato, lo stesso
risulterebbe, per facta concludentia, pacificamente stipulato per il
soddisfacimento di esigenze abitative e deve quindi esser ricondotto
all'ipotesi di cui all'art. 1809 c.c., in forza del quale il contratto avrà
durata parametrata al permanere delle esigenze abitative per il cui
soddisfacimento è stato stipulato (Cass. civ. Sez.Un. 29 settembre 2014 n.
20448): in tale ipotesi il comodante potrà ottenere restituzione anticipata
solo ove alleghi il sopravvenire di una esigenza imprevista, grave ed urgente.
Il discrimine temporale circa la cessazione
delle esigenze abitative, per l'intero nucleo, non può che ravvisarsi nel
provvedimento presidenziale del 6 giugno 2019, che autorizza i coniugi a vivere
separati, anche se nulla dispone in ordine alla casa coniugale (in assenza di
prole affidata o di altre esigenze specifiche delineate dalle parti), dovendosi
comunque ritenere che la sospensione del vincolo coniugale sia fatto idoneo ad
interrompere anche le esigenze abitative del nucleo "allargato", che
in quel vincolo - e nelle connesse solidarietà - aveva trovato ragione.
La raccomandata del 15.1.2019, con cui il omissis intimava alla suocera e al
figlio della omissis di lasciare
l'immobile, non indica invece alcuno dei presupposti che, alla luce della
giurisprudenza testé richiamata, legittimano la risoluzione del vincolo
contrattuale in anticipo rispetto alla cessazione delle esigenze abitative.
Dal momento della emanazione dei
provvedimenti provvisori resi in sede di separazione, pertanto, sorge il
diritto del omissis a vedersi
restituito il bene da parte della coniuge omissis
e dei di lei parenti, mentre tutti costoro risultano (dato incontestato) aver
lasciato l'immobile del omissis in
data 1 settembre 2019.
Va ancora rilevato che le parti, in tal modo,
e sempre per facta concludentia, hanno dato luogo a risoluzione del vincolo, sì
che alla data di deposito del ricorso, nel novembre 2019, non vi era
ravvisabile in capo al ricorrente alcun concreto interesse ad agire per far
accertare tout court l'intervenuta risoluzione del vincolo, evento che - di
fatto - si era già concretizzato e risultando, invece, infondata, la pretesa di
veder retrodatare l'intervenuta risoluzione, per i motivi anzidetti.
Quanto alla domanda di pagamento di indennità
per occupazione senza titolo e di risarcimento del danno, che per quanto sin
qui rilevato, atterrebbe semmai ai soli mesi di giugno, luglio e agosto 2019,
va rilevato che parte attrice non ha affatto assolto agli oneri probatori che
alla stessa incombevano, né in ordine all'an né relativamente al quantum, anche
se il primo aspetto risulta in sé dirimente: il danno da indebita occupazione
non può affatto riconoscersi in maniera automatica sulla sola scorta della
(co)dentenzione del bene:" "...il danno da occupazione abusiva di
immobile non può ritenersi sussistente in re ipsa e coincidente con l'evento,
che è viceversa un elemento del fatto produttivo del danno, ma, ai sensi degli
artt. 1223 e 2056 cod. civ., trattasi pur sempre di un danno-conseguenza,
sicché il danneggiato che ne chieda in giudizio il risarcimento è tenuto a
provare di aver subito un'effettiva lesione del proprio patrimonio, per non
aver potuto ad esempio locare o altrimenti direttamente e tempestivamente
utilizzare il bene, ovvero per aver perso l'occasione di venderlo a prezzo
conveniente o per aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli" (Cass
13071/2018).
Parte attrice non solo non ha offerto tale
prova, ma neanche ha dedotto le relative circostanze, di talché non ha assolto
all'onere probatorio che alla stessa incombeva, mancanza che va rilevata -
peraltro - anche sotto il profilo del quantum, posto che il ricorrente indica
un importo di euro cinquecento mensili, riferendosi ad una somma che la omissis versava quale contributo al
mantenimento, anche alimentare, del nucleo familiare e non certo quale
corrispettivo per il godimento del bene.
Le domande in punto di danno dovranno
pertanto essere integralmente respinte, non potendo il Giudice ricorrere a
principi di equità ove sia onere della parte fornire specifica prova (Cass.
22638/2016).
Sotto tale profilo risultano del tutto
ininfluenti le (poco commendevoli) contestazioni reciproche circa la
molteplicità di dispetti e soprusi che le parti si sarebbero inflitti, dalla
data del deposito del ricorso per separazione, e che hanno chiesto di provare
con inammissibili deduzioni (per le ragioni indicate nell'ordinanza 10.2.2020,
da intendersi ribadite), poiché l'unico dato rilevante - ed incontestato - è
che costoro abbiano tutti fruito del bene sino al 1 settembre 2019 (né avendo
alcuno dimostrato che lo stesso fosse parziariamente e separatamente fruibile
per avere più ingressi o servizi igienici o cucine).
Gli altri dati rilevanti, e sostanzialmente
non contestati, risultano che l'importo di 500 euro non sia più stato versato
dalla omissis quale contributo alle
spese di casa e al mantenimento, che il contatore elettrico servisse anche
l'immobile della sorella del omissis,
che il omissis si facesse intero
carico delle spese della linea telefonica fissa di cui fruiva anche il omissis, che dal gennaio 2019 le due
fazioni omissis provvedessero in via
autonoma al proprio sostentamento alimentare (non valendo a smentire tali
assunti, ex art 115 c.c., la genericissima contestazione effettuata dall'attore
alla prima udienza, arg. da Cass. 16162/2019).
Ne deriva omissis.
Tale importo potrà essere imputato alla omissis
e al omissis per i sei mesi dal
febbraio 2019 al settembre 2019, mentre alla Pe., dovendosi intendere paritario
l'apporto dei coniugi sino alla sospensione del vincolo coniugale, potrà essere
imputato per i soli mesi di giugno, luglio e agosto 2019.
Le spese del giudizio, attesa la parziale
reciproca soccombenza, vengono compensate per tre quarti e, per il restante
quarto, poste a carico delle parti convenute; tenuto conto delle
caratteristiche, dell'urgenza e del pregio dell'attività prestata,
dell'importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell'affare, delle
condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della
complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate sono liquidate in
misura prossima ai minimi di scaglione di cui al D.M. 55/2014 e succ. mod.,
avuto riguardo allo scaglione di valore relativo al decisum (1.100-5200, rito
lavoro)
Attesa l'immotivata mancata partecipazione
dei convenuti al procedimento di mediazione, in vicenda che per rilevanza,
contenuti e conflittualità personale tendenzialmente emulativa (si vedano le
querele, i referti omissis e le stesse
modalità narrative e argomentazioni spese nei rispettivi atti) ben poteva
essere risolta senza abuso del processo, appare opportuno condannare i
convenuti ex art 96 comma III c.p.c. al pagamento dell'importo omissis in via solidale fra loro, in favore
dell'attore.
PQM
Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa civile in epigrafe, dichiarato risolto il contratto di comodato relativo all'immobile di proprietà dell'attore in data 6.6.2019, condanna i convenuti omissis al pagamento in favore dell'attore dell'importo di euro 440 (60 euro mensili, per sette mesi e 10 giorni) ciascuno a titolo di contributo utenze e spese per il godimento dell'immobile di parte attrice dal mese di gennaio 2019 ad agosto 2019 e la convenuta omissis, per le stesse ragioni, al pagamento dell'importo di omissis (60 euro mensili, per due mesi e 24 giorni) relativamente ai mesi di giugno, luglio e agosto 2019, oltre interessi ex lege da ogni scadenza mensile al saldo; respinge ogni altra domanda delle parti; condanna le parti convenute a rifondere a parte attrice le spese di lite che liquida in omissis. Condanna i convenuti, in via solidale fra loro, a pagare a parte attrice l'importo di euro 1.500ex art 96 comma III c.p.c, nonché a versare all'Erario l'importo omissis.
AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.