Va respinta
l'eccezione di improcedibilità della domanda riconvenzionale per omesso
esperimento della mediazione obbligatoria, perché la parte convenuta in
riconvenzionale non ha proposto l'eccezione
entro la prima udienza, né il giudice l'ha rilevata d'ufficio entro tale
momento processuale (art. 5 del d.lgs. 28/2010) (I).
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 21/2020
Tribunale di Roma
Sentenza n. 23389
5 dicembre 2019
Omissis
La domanda principale deve essere rigettata.
Risulta che omissis, dante
causa delle odierne contendenti, deceduta omissis,
acquistò omissis il bene immobile
meglio descritto in atti per il prezzo di euro omissis. Deduce l'attrice che l'acquisto avvenne con denaro proprio
e la natura fiduciaria dell'intestazione alla madre, che non aveva i mezzi per
riscattare l'immobile omissis, come
risultante dalla scrittura privata formata il giorno 5.03.2008.
Preliminarmente si rileva che le convenute hanno disconosciuto le
proprie sottoscrizioni in calce alle pagine che formano la predetta scrittura e
che è stata disposta una consulenza tecnica d'ufficio per verificare
l'appartenenza alle medesime delle firme apposte, avendo l'attrice dichiarato
di volersi avvalere del documento ai fini probatori. La consulenza tecnica, con
metodo corretto, ha accertato che il documento fu sottoscritto da omissis, smentendo così la fondatezza
del disconoscimento.
Passando all'esame del merito, si osserva che nella documentazione
prodotta a sostegno della domanda principale non si rinviene un contratto di
mandato finalizzato al ritrasferimento del bene, bensì una scrittura privata
formata in data 5.03.2008, anteriormente alla stipula dell'atto pubblico, che
contiene la rinuncia dei fratelli ai diritti spettanti in futuro sul bene oggetto
di trasferimento, ma non esprime l'obbligo di ritrasferimento del bene.
L'attribuzione apparente del diritto di proprietà a persona diversa da
quella che intende conservarne l'effettiva disponibilità può realizzarsi o con
l'interposizione fittizia, rientrante nello schema del negozio simulato, o con
l'interposizione reale, strumentale o non aspetto ad un negozio fiduciario.
L'interposizione reale di persona dà luogo ad una situazione di fatto diversa
da quella della simulazione, giacché, mentre nella prima si realizza una
manifestazione negoziale difforme da quella realmente voluta, con l'intesa
della sua inefficacia, nella seconda il negozio con la persona interposta deve
considerarsi valido ed efficace, sia pure sul presupposto che il soggetto contraente
sia obbligato ad un ulteriore trasferimento a favore del beneficiario effettivo
del rapporto (Trib. Milano, 2 Sez. XII, 23/09/2009).
Secondo il costante orientamento della Suprema Corte, il negozio
fiduciario rientra nella categoria più generale dei negozi indiretti,
caratterizzati dal fatto di realizzare un determinato effetto giuridico non in
via diretta, bensì indiretta (Cass. 9 maggio 2011, n. 10163). Il negozio, che è
realmente voluto dalle parti, viene infatti posto in essere in vista di un fine
pratico diverso da quello suo tipico e corrispondente in sostanza alla funzione
di un negozio diverso; che, pertanto, l'intestazione fiduciaria di un bene
comporta un vero e proprio trasferimento in favore del fiduciario, limitato
però dagli obblighi stabiliti inter partes, compreso quello del trasferimento
al fiduciante, in cui si ravvisa il contenuto del pactum fiduciae (Cass. 2
aprile 2009, n. 8024). Ne consegue come necessario corollario che se il pactum
fiduciae riguarda beni immobili, occorre che esso risulti da un atto in forma
scritta ad substantiam, atteso che esso è sostanzialmente equiparabile al
contratto preliminare per il quale l'art. 1351 c.c. impone la stessa forma del
contratto definitivo (Cass. 25 maggio 2017, n. 13216; Cass. 9 maggio 2011, n.
10163, secondo cui la mancanza dell'atto scritto non può essere surrogata
neppure da una dichiarazione confessoria dell'altra parte; Cass. 13 ottobre
2004, n. 20198; Cass. 19 luglio 2000, n. 9489; Cass. 29 maggio 1993, n. 6024;)
e per tale motivo "l'esistenza del patto scritto non può semplicemente
desumersi da altri documenti scritti che, sia pure implicitamente, ne lasciano
solo presumere l'esistenza (art. 2729 c.c., comma 2 e art. 2725 c.c., comma
2)" (così Cass. 1 aprile 2018, n. 9010). Pertanto il patto fiduciario in
questione avrebbe richiesto la forma scritta ad substantiam, comportando il
trasferimento di un bene immobile, in esecuzione del patto e la prova dello
stesso non avrebbe potuto essere fornita indirettamente attraverso altri documenti
o mediante prova testimoniale (Cassazione civile sez. I - 17/09/2019, n.
23093). Per giurisprudenza costante il requisito della forma scritta prevista
"ad substantiam" può ritenersi soddisfatto solo se il documento
costituisca l'estrinsecazione formale diretta della volontà negoziale delle
parti e non anche quando esso si limiti a richiamare un accordo altrimenti
concluso, essendo in tal caso necessario che anche tale accordo rivesta la
forma scritta e contenga tutti gli elementi essenziali del contratto non
risultanti dall'altro documento, senza alcuna possibilità di integrazione
attraverso il ricorso a prove storiche, non consentite dall'art. 2725 c.c. (cfr. Cass.,
07/04/2005, n. 7274; Cass., 18/06/2003, n. 9687; Cass. 28/05/1997, n. 4709;
Cass., 04/06/1993, n. 6232; Cass., 07/03/1990, n. 1811; 07/06/1985, n. 3435). omissis
Passando alla domanda riconvenzionale, va respinta l'eccezione di
improcedibilità per omesso esperimento della mediazione obbligatoria, perché la
parte convenuta in riconvenzionale non ha proposto l'eccezione entro la prima
udienza , né il giudice l'ha rilevata d'ufficio entro tale momento processuale
(cfr art. 5d.lvo n. 28/2010 – per tutte Cassazione sez. III 13.11.2018 n. 29017).
Nel merito si rileva che il contratto di comodato omissis (doc. 7 prod. convenute) cessava per il recesso esercitato
dalle convenute omissis con
decorrenza omissis e non risulta che omissis abbia nel frattempo rilasciato
l'immobile.
Con riguardo alla domanda di risarcimento per la protratta occupazione
dell'immobile, è noto che nel sistema della comunione del diritto di proprietà
per quote ideali, ciascun partecipante gode del bene comune in maniera diretta
e promiscua purchè non ne alteri la destinazione e non impedisca l'esercizio
delle pari facoltà di godimento che spettano agli altri comproprietari (art.
1102 c.c.): allorchè per la natura del bene o per qualunque altra circostanza
non sia possibile un godimento diretto tale da consentire a ciascun
partecipante alla comunione di fare parimenti uso della cosa comune, i
comproprietari possono deliberarne l'uso indiretto (a maggioranza o
all'unanimità, secondo il tipo di uso deliberato: cfr. artt. 1105 e 1108 c.c.).
Tuttavia, prima e indipendentemente da ciò, nel caso in cui la cosa
comune sia potenzialmente fruttifera, il comproprietario che durante il periodo
di comunione abbia goduto l'intero bene da solo senza un titolo che
giustificasse l'esclusione degli altri partecipanti alla comunione, deve
corrispondere a questi ultimi, quale ristoro per la privazione
dell'utilizzazione pro - quota del bene comune e dei relativi profitti, i
frutti civili, con riferimento ai prezzi di mercato correnti: frutti che,
identificandosi con il corrispettivo del godimento dell'immobile che si sarebbe
potuto concedere ad altri, possono, in mancanza di altri più idonei criteri di
valutazione, essere individuati nei canoni di locazione percepibili per
l'immobile (Cass. 20394 del 2013, in motiv.; Cass. n. 5156 del 2012; Cass. n.
7881 del 2011). omissis
L'esito del giudizio suggerisce di compensare integralmente le spese
processuali, in ragione della reciproca soccombenza sulle domande principali e
riconvenzionale, ad eccezione delle spese di consulenza, che vanno poste a
carico delle parti convenute, in ragione dell'esito del disconoscimento della
scrittura.
PQM
Il Tribunale di Roma omissis accoglie
la domanda principale per quanto di ragione e condanna ciascuna delle coeredi omissis alla restituzione a omissis della somma omissis pari alla quota di un quarto della somma corrisposta per
l'acquisto dell'immobile, nonché della somma omissis versata per l'esercizio del diritto di prelazione e della
somma omissis per le spese
accessorie; sulle somme decorrono gli interessi nella misura legale dalla
domanda al saldo; accoglie la domanda riconvenzionale per quanto di ragione e
condanna omissis al risarcimento del
danno per l'occupazione dell'immobile a decorrere dal omissis e fino all'effettivo rilascio, quantificato in euro omissis per ciascuna delle convenute,
con interessi dalla domanda la saldo. Compensa le spese processuali; pone le
spese di consulenza definitivamente a carico delle convenute omissis.
AVVISO. Il
testo riportato non riveste carattere di ufficialità.