=> Tribunale di Roma, 27 settembre 2018
In tema di mancato
esperimento della mediazione demandata (art. 5 comma 2 d.lgs. 28/2010), con riferimento alla condanna
per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., comma 3, l’ammontare della somma deve essere rapportato:
- allo stato
soggettivo del responsabile (valutato anche il chiaro contenuto
dell’ordinanza con cui il giudice ha inviato le parti in mediazione e la volontaria
scelta di renitenza nei confronti dell’invito del giudice di cercare di trovare
un accordo);
- alla qualifica
ed alle caratteristiche del responsabile,
persona fisica o giuridica che sia, ed alla sua maggiore o minore capacità anche in termini organizzativi, di
preparazione professionale, culturale, tecnica, di assumere condotte consapevoli (si tratta di un parametro che
riguarda la scusabilità, ove esistente, in misura maggiore o minore, della condotta
censurata);
- alla necessità che, in relazione alle caratteristiche
del soggetto responsabile, costituisca un efficace
deterrente ed una sanzione significativa
ed avvertibile (I).
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 17/2019
Tribunale di Roma
Sentenza
sezione tredicesima
27 settembre 2018
Omissis
Il fatto e la responsabilità esclusiva, della causazione del sinistro della Volkswagen Golf condotta
da omissis e di proprietà omissis (assicurata spa omissis) sono indiscutibili. Omissis. La frenata c’è stata e la
caduta è stata causata da tale frenata improvvisa che a sua volta è stata
determinata dalla scriteriata condotta di guida della irresponsabile conducente
della Golf.
omissis
Con ordinanza del 4.5.2017 il giudice disponeva un percorso di mediazione demandata.
Nel provvedimento il giudice
evidenziava fra l’altro che ai sensi e per l’effetto del secondo comma
dell’art.5 decr.lgsl.28/10 come modificato dal D.L.69/’13 è richiesta
l’effettiva partecipazione al procedimento di mediazione demandata, laddove per
effettiva si richiede che le parti non si fermino alla sessione informativa e
che oltre agli avvocati difensori siano presenti le parti personalmente; e che
la mancata partecipazione (ovvero l’irrituale partecipazione) senza
giustificato motivo al procedimento di mediazione demandata dal giudice oltre a
poter attingere alla stessa procedibilità della domanda, è in ogni caso comportamento
valutabile nel merito della causa.
Nonché ai sensi dell’art. 96 III° cpc.
Nonostante queste premesse, la spa omissis
non riteneva di partecipare al procedimento di mediazione pur ritualmente
convocata come attestato dal verbale negativo redatto dal mediatore
dell’organismo attinto dalla domanda degli attori.
omissis L’importo del risarcimento, previa devalutazione, rivalutazione e
interessi legali, ammonta ad €.10.700,00 Le somme riconosciute sono la
risultanza della rivalutazione alla data della decisione (secondo le tabelle
aggiornate): ed invero solo attraverso il meccanismo della rivalutazione
monetaria è possibile rendere effettivo il principio secondo cui il patrimonio
del creditore danneggiato deve essere ricostituito per intero (quanto meno per
equivalente); essendo evidente che, pur nell’ambito del vigente principio
nominalistico, altro è un determinato importo di denaro disponibile oggi ed
altro è il medesimo importo disponibile in un tempo passato). Omissis
In definitiva all’attrice spetta complessivamente la somma (ulteriore) di
10.700,00 = oltre interessi legali fino al saldo al cui pagamento i convenuti
(esclusa omissis) vanno in solido
condannati.
Le spese (che vengono regolate secondo le previsioni – orientative per
il giudice che tiene conto di ogni utile circostanza per adeguare nel modo
migliore la liquidazione al caso concreto-
della l. 24.3.2012 n.27 e del D.M. Ministero Giustizia 22.7.2012 n.140) vengono
liquidate e distratte (a richiesta) come in dispositivo. omissis
L’art. 96 dispone che:
I° se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio
con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la
condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche
di ufficio, nella sentenza.
II° Il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato
eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziaria, o
iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l’esecuzione forzata,
su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l’attore
o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La
liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente.
E per quel che qui interessa: III° In ogni caso, quando pronuncia sulle
spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì
condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di
una somma equitativamente determinata
La norma del terzo comma introdotta dalla l.18.6.2009 n.69 ed entrata
in vigore dal 4.7.2009 ha cambiato completamente il quadro previgente con
alcune importanti novità: in primo luogo non è più necessario allegare e
dimostrare l’esistenza di un danno che abbia tutti i connotati giuridici per
essere ammesso a risarcimento essendo semplicemente previsto che il giudice
condanna la parte soccombente al pagamento di un somma di denaro; non si tratta
di un risarcimento ma di un indennizzo (se si pensa alla parte a cui favore
viene concesso) e di una punizione (per aver appesantito inutilmente il corso
della Giustizia, se si ha riguardo allo Stato), di cui viene gravata la parte
che ha agito con imprudenza, colpa o dolo; l’ammontare della somma è lasciata
alla discrezionalità del giudice che ha come unico parametro di legge l’equità
per il che non si potrà che avere riguardo, da parte del giudice, a tutte le
circostanze del caso per determinare in modo adeguato la somma attribuita alla
parte vittoriosa; a differenza delle ipotesi classiche (primo e secondo comma)
il giudice provvede ad applicare quella che si presenta né più né meno che come
una sanzione d’ufficio a carico della parte soccombente e non (necessariamente)
su richiesta di parte; infine, la possibilità di attivazione della norma non è
necessariamente correlata alla sussistenza delle fattispecie del primo e
secondo comma.
Come rivela in modo inequivoco la locuzione in ogni caso la condanna di
cui al terzo comma può essere emessa sia nelle situazioni di cui ai primi due
commi dell’art. 96 e sia in ogni altro caso. E quindi in tutti i casi in cui
tale condanna, anche al di fuori dei primi due commi, appaia ragionevole.
Benché non sia richiesto espressamente dalla norma, si ritiene dalla
giurisprudenza necessario anche il requisito della gravità della colpa.
Nel caso di specie è indubbia la sussistenza della gravità della colpa
(se non del dolo, inteso come volontaria e consapevole volontà di disattendere l’ordine del Giudice) dell’omissis che non ha aderito alla convocazione
in mediazione.
La giurisprudenza richiede la sussistenza del dolo o della colpa grave
poiché non è ragionevole che possa essere sanzionata la semplice soccombenza,
che è un fatto fisiologico alla contesa giudiziale, ed è necessario che esista
qualcosa di più rispetto ad essa, esattamente come nel caso di specie. La
sussistenza di tali elementi soggettivi può essere riscontrata ricavandola da
qualsiasi indicatore sintomatico.
Nel caso in esame, in presenza di chiare circostanze che imponevano a
tutta evidenza di dismettere una posizione processuale di ostinata
pregiudiziale e pervicace resistenza, la condotta della spa omissis che ha scelto deliberatamente
quanto ingiustificatamente di non aderire alla mediazione demandata dal
giudice, integra certamente colpa grave se non dolo.
Che il mancato rispetto dell’ordine impartito dal Giudice ai sensi
dell’art. 5 co. II della legge integri colpa grave (se non dolo) è
indiscutibile, ampiamente motivato, dimostrato e confermato dalla
giurisprudenza, che si richiama, anche ai sensi dell’art.118 att. c.p.c.
L’ammontare della somma deve essere rapportato:
- allo stato soggettivo del responsabile. In questo caso, a fronte del
chiaro contenuto dell’ordinanza del 5.2017 vi è stata la volontaria scelta di
renitenza da parte della spa omissis
che, disattendendo il motivato e ragionevole invito del giudice di cercare di
trovare un conveniente accordo, ha preferito portare la causa alle estreme
conseguenze, aggravando inutilmente il lavoro del giudice, piuttosto che
ragionare e discutere responsabilmente in sede conciliativa;
- alla qualifica ed alle caratteristiche del responsabile, persona
fisica o giuridica che sia, ed alla sua maggiore o minore capacità anche in
termini organizzativi, di preparazione professionale, culturale, tecnica, di
assumere condotte consapevoli (si tratta di un parametro che riguarda la
scusabilità, ove esistente, in misura maggiore o minore, della condotta
censurata). In questo caso la condotta dell’omissis,
soggetto strutturato e organizzato, è
grave e non scusabile
- alla necessità che in relazione alle caratteristiche del soggetto
responsabile, costituisca un efficace
deterrente ed una sanzione significativa ed avvertibile. In questo caso si
tratta di una società per azioni di notoria elevata capacità finanziaria e
patrimoniale
Si ritiene, nel quantum, di liquidare una somma pari a quella per la quale vi è condanna alle
spese a favore dell’attrice: ed invero le conseguenze delle ingiustificata
renitenza e l’applicabilità dell’art. 96 cpc sono da tempo ubiqualmente note,
quali espresse da giurisprudenza (che si intende qui richiamata, anche ai sensi
dell’art.118 att. c.p.c.), edita su ogni sorta di rivista cartacea ed on line, e
conseguentemente, considerato pure l’espresso motivato avvertimento contenuto
nell’ordinanza del 12.5.2017, non sussiste neppure la ipotetica
giustificabilità della non conoscenza delle conseguenze della condotta di cui
trattasi, vale a dire del rifiuto del percorso di mediazione impartito dal Giudice.
La sentenza è per legge esecutiva.
PQM
Definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e
deduzione respinta, così provvede: condanna s.p.a. omissis in persona del legale rappresentante pro tempore in solido
con omissis al risarcimento dei danni
che liquida in favore di omissis
nella complessiva somma di 10.700,00= oltre agli interessi legali dalla data
della sentenza al saldo; condanna s.p.a. omissis
in solido con omissis al pagamento
delle spese di causa che liquida in favore omissis
per compensi in complessivi €. 5.000,00 oltre IVA, CAP e spese generali; oltre
alle spese della consulenza di ufficio; condanna ai sensi dell’art. 96 co. III
c.p.c. s.p.a. omissis al pagamento
della somma di €. 5.000,00 a favore di omissis;
condanna ex art. 8 co.4 bis decr. lgsl. 28/10, spa omissis al pagamento in favore dell’Erario di una somma pari al
contributo unificato dovuto per il giudizio.
Sentenza esecutiva
Roma lì 27.9.2010
Il Giudice dott. cons. Massimo Moriconi